La spiritualità dell`Oriente cristiano

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La spiritualità dell`Oriente cristiano
Novalesa, 1 agosto 2004
La spiritualità dell’Oriente cristiano
Relatore : Padre Paolo Maria Gionta
Phôs hilaron: « Luce gioiosa della santa gloria del Padre immortale,
celeste, santo, beato, o Gesù Cristo
andando verso il tramonto del sole, vedendo la tua luce vespertina,
inneggiamo al Padre, al Figlio e al Santo Spirito di Dio.
È degno inneggiarti in ogni momento con voci propizie,
o Figlio di Dio, che donasti la vita, perciò il mondo ti glorifica».
S. Silvano del Monte Athos: «La mia anima ha sete del Signore e con lacrime io Lo cerco.
Come non dovrei cercarti?
Tu per primo mi hai cercato e mi hai concesso di gustare la dolcezza dello Spirito Santo, e la mia
anima Ti ha amato sino alla fine».
Premesse
In Oriente vi è:
- distinzione, ma anche congiunzione tra teologia e spiritualità
- disamore verso schematismi e moralismi
- la persuasione che la spiritualità è una vita.
A. Elementi di spiritualità ortodossa
1. Creazione dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio
a) La dignità “divina” dell’uomo
Immagine e somiglianza. Categoria fondamentale in Oriente, dall’epoca dei Padri
Varie spiegazioni, ma comune riferimento cristologico
Traduce: la dignità dell’uomo, in quanto partecipe dei beni divini
Bellezza
L’Oriente parla spesso di bellezza1.
Cosa buona, molto buona
Destinazione dell’umanità a divenire partecipe della divina bellezza
Dice: armonia, pace
Questa idea trasmette: idea positiva della creazione; il peccato non compromette il disegno di Dio
né l’apertura dell’uomo a Dio.
b) La vocazione cosmica dell’uomo
L’uomo, notano vari Padri greci, è fatto di una componente materiale e di una spirituale; egli
riunisce in sé due mondi, quello dei corpi e quello degli spiriti. Questa sua costituzione complessa è
indizio della sua vocazione fondamentale: essere l’auriga della creazione materiale nel suo
congiungersi al Creatore.
2. Il peccato
Ma l’uomo, sedotto da Satana, prevaricò. E fu una sventura.
a) Conseguenze della caduta
Il peccato:
1
Cf Voci dal Monte Athos, Servitium, Sotto il Monte 1994, pp. 10-12.
1
o offusca l’immagine di Dio nell’uomo, ne rende più debole la capacità di contemplare Dio e
di leggerne facilmente le tracce nel mondo creato;
o indebolisce, mentre la virtù dona forza;
o rende instabile nella persecuzione del bene;
o rende schiavo.
Aspetto cosmico:
o il peccato frantuma l’ordine sociale e cosmico;
o esso ha anche un’influenza sul mondo. Dice san Giovanni Crisostomo che «a causa della
cattiveria degli uomini, la terra è stata maledetta». Il peccato poi sporca la terra e la rende
sempre più inospitale e nemica dell’uomo.
b) La porta del peccato. I “pensieri”
I Padri greci e gli scrittori orientali sono attenti alla dinamica psicologica del peccato e spesso
parlano del peccato come di un pensiero (cattivo) che si introduce nell’animo e porta a commettere
il male.
Il termine
In realtà con “pensiero” non si intende un ragionamento, quanto piuttosto un’immagine che si
produce nella mente dell’uomo, la quale possiede un’attrazione, per cui spinge a commettere un atto
contrario alla legge di Dio. I Padri sovente dicono che all’origine di un pensiero cattivo c’è l’azione
del diavolo.
Avere un pensiero è peccato?
No. Il male non sta nel presentarsi alla mente di un pensiero, ma nell’accoglierlo: «Che tutti questi
pensieri turbino o no l’anima, non dipende da noi; che essi si attardino o non si attardino, che
suscitino le passioni o non le suscitino, questo sì che dipende da noi» (Evagrio Pontico, Pratico, 6).
Lo stesso pensiero si ritrova in Isacco il Siro: «Cos’è l’apatheia? Non sta nel non sentire le passioni,
ma nel non accoglierle» (Sermone, 81).
Vediamo meglio.
Come un pensiero cattivo entra nel cuore e conduce al peccato
-
All’inizio vi è la suggestione (προσβολη), una semplice idea o immagine che si affaccia
allo spirito;
- poi viene una certa attenzione all’immagine, poi il legame (συνδυασµοσ) ossia il fatto
di “conversare” o dialogare con l’oggetto suggerito, spesso accompagnata da una lotta;
- poi vi è l’acconsentimento al piacere (συνκαταθεσισ), che è propriamente il peccato;
- infine si crea la passione e la schiavitù del peccato.
Il male si pone dunque al di là della semplice suggestione, quando cioè si pone attenzione ad essa, si
comincia a provare piacere, finché, dopo un più o meno lungo tergiversare, si decide di
abbandonarsi all’oggetto propostoci dal pensiero.
3. L’opera di Cristo
A questo punto non possiamo non tacere il punto nevralgico della tragedia umana, che ne
costituisce anche la soluzione: la venuta del Figlio di Dio nella carne e nella storia. Egli viene per
distruggere il diavolo e le sue opere e per ridonarci la dignità perduta.
a) Aspetto negativo. Distruzione del male
Tema di Cristo vincitore
Le prime generazioni cristiane considerano la redenzione come una vittoria liberatrice in cui Cristo
ha trionfato.
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1. Dall’ignoranza
Concezione antica dell’ignoranza e della verità
La prima era legata al male, e nell’accezione dei Padri significa rifiuto di conoscere Dio.
Viceversa la conoscenza di Dio è qualcosa che tocca l’essere profondo dell’uomo.
Con il dono della verità ci è dato anche il modo di accoglierla.
Grande rilievo accordato alla funzione rivelatrice del Verbo incarnato
«Non avremmo potuto neanche conoscere le realtà divine se il nostro Maestro non fosse
divenuto uomo, pur restando il Verbo, dal momento che nessuno avrebbe potuto rivelarci
chi è il Padre se non il suo Verbo» (Ireneo, Adv. Haer V,1,1; cf IV,6,7). È lui che ci svela i
segreti della vita trinitaria.
2. Dalla morte
La morte è concepita nel suo stretto rapporto con il peccato e la corruzione. Il dono di Cristo è la
partecipazione alla sua vita divina, la quale ci consente di sconfiggere il peccato e di ottenere
l’incorruttibilità.
3. Dal Maligno
La redenzione assume i contorni di uno scontro personale drammatico tra il diavolo e Cristo: questo
combattimento fa parte della missione del Signore ed è computato da Eusebio di Cesarea come una
delle cinque ragioni dell’incarnazione (Demonstratio evangelica, IV,12,10-12).
Questa prospettiva ottiene tutta la sua chiarezza se la si situa nel contesto della caduta originale
dell’uomo che lo ha portato ad uno stato di schiavitù nei confronti del peccato e del diavolo. La
salvezza assume allora i contorni di una ripresa totale da parte di Dio della condizione umana, per
permetterle il riscatto. Ma ciò solo attraverso la vittoria sul tentatore.
Cristo compie la vocazione cosmica dell’uomo2
b) Aspetto positivo. Dono della vita divina
La vita del cristiano è un partecipare alla vita e alla opera di Cristo; e questo nei suoi due elementi:
- lotta al male (Gesù fu tentato);
- adesione a Dio e alla sua volontà.
4. Conversione – compunzione
a) La conversione
Riconoscersi peccatori
Piangere i propri peccati
Cambiare vita
b) Combattere i “pensieri”
L’affrancamento dal peccato avviene dunque con la lotta e la purificazione dei pensieri.
Grande mezzo per la purificazione dei pensieri è la vigilanza (nepsis), sulla quale insistono i Padri
del monachesimo e soprattutto Esichio il Sinaita (8°-10° secolo). Essa rappresenta «un metodo
spirituale che libera interamente l’uomo, con l’aiuto di Dio e mediante una pratica sostenuta e
decisa, dai pensieri e dalle parole passionali, come pure dalle azioni cattive» (Centurie, I,1).
2
V. LOSSKY, La teologia mistica della Chiesa d’Oriente, EDB, Bologna 1985, pp. 128-129.
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La perfezione comunque non sta, secondo la spiritualità orientale, nella lotta ancorché vittoriosa
contro il male, ma nell’acquisto della tranquillità dell’anima (ησυχια), cioè nell’approdo ad uno
stato di pace interiore, in cui si è ordinariamente esenti dalle suggestioni del male, o almeno le si
vince con un semplice atto di resistenza.
Richiamo all’esicasmo.
c) Conversione continua
Chiesero una volta ad uno ieronda athonita: «Cos’è l’Haghion Oros?». Rispose: «Nel cielo c’è gioia
per un solo peccatore che si converte. Qui ne abbiamo molti»3.
Compunzione
Negli asceti il perdono di Dio non prosciuga la sorgente delle lacrime. Il cristiano – e soprattutto il
monaco – è chiamato a dolersi sempre delle proprie colpe, a riconoscere la propria condizione di
peccatore davanti al Dio Santo. La compunzione va dunque al di là della penitenza.
Differenze maggiori:
- la perpetuità;
- se la penitenza è personale, la compunzione può essere eccitata anche dalla
considerazione altrui;
- la penitenza riguarda peccati determinati, la compunzione è spesso un sentimento
generale;
- mentre la penitenza è essenzialmente un tornare a Dio allontanandosi dal male, la
compunzione è per natura accompagnata da risonanze affettive.
Cf Nilo Sorskij (Cf ŠPIDLÍK, p. 49ss.).
5. La vita in Cristo
a) L’ideale teantropocentrico. La divinizzazione
Dio si è fatto uomo, affinché l’uomo divenisse dio. È l’adagio fondamentale dei Padri greci, da
sant’Ireneo a sant’Atanasio a san Gregorio di Nazianzo.
Esso traduce l’amore infinito di Dio. «Amore dell’uomo (φιλανθρωπια), che trova il
cammino della nostra indigenza (συνκαταβασισ), partecipa nella sua carne e nel suo cuore
le miserie del nostro peccato (ελεοσ), non retrocede davanti all’ingratitudine
(µακροθυµια), si sacrifica per servire (χρηστοτησ), prodiga le delicatezze di una madre
(στοργη) e le seduzioni di un amante (φιλτρον, ερωσ), non cercando altro fino alla morte
che di farci vivere»4.
Carattere positivo della spiritualità orientale
b) La “via”
Non tanto imitazione di Cristo, quanto vita in Cristo
Motivo: attenzione più che all’umanità di Cristo alla sua divinità
c) Un mezzo fondamentale: la preghiera. L’esicasmo
d) Dimensione pasquale
Durezza, ma apertura alla gioia e alla trasfigurazione
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4
Voci dal Monte Athos, p. 46.
J. KIRCHMEYER, Grecque (Église), Dictionnaire de Spiritualité VI, Beauchesne, Paris 1967, col. 865.
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e) Trasfigurazione
La bellezza dell’asceta
Il santo, che è passato attraverso le dure lotte e fatiche dell’ascesi, approda – quasi senza rendersene
conto – ad uno stato di bellezza spirituale, che nasce dall’unione con lo Spirito Santo.
Il rapporto nuovo e pacifico con la natura
Il “cielo sulla terra”
Tensione mistica, all’Invisibile ed all’Eterno: vedi la liturgia (cf Mistagogia di Massimo il
Confessore) e il monachesimo, compreso quale paradigma di vita cristiana.
f) Tensione al cielo
B. Il monachesimo come paradigma della Chiesa Orientale
«Una via sicura per comprendere la spiritualità ortodossa è accostarla attraverso il monachesimo
che ha avuto una parte primaria nella sua formazione e caratterizzazione perfettamente omogenea.
Infatti vi è una sola spiritualità per tutti, senza alcuna distinzione tra clero, monaci e laici; ed è la
spiritualità monastica»5.
Il monachesimo rappresenta l’essenza stessa della perfezione cristiana, nel senso che è lo stato di
vita organizzato a partire dalle esigenze evangeliche e in vista del loro compimento integrale.
«Quando parliamo perciò dell’essenza della vita monastica, parliamo di una realtà familiare ad ogni
cristiano ortodosso»6.
«Se la spiritualità greca ci appare, nello stile e nel linguaggio, una spiritualità di tipo monastico, ciò
è dovuto in buona parte ad un’illusione ottica: essa è cristiana, ma nel rigore del termine e con
l’austerità»7.
Questo pensiero lo possiamo rintracciare già nell’epoca antica. Giovanni Crisostomo ne è testimone
eminente. Da una parte il santo, con le sue esortazioni, fa capire molto chiaramente che l’ideale di
perfezione per monaci e laici è lo stesso. Gli stessi sono i mezzi fondamentali da adoperare:
mortificazione, preghiera, carità, temperanza nell’uso dei beni e lettura della sacra Scrittura. «Il
laico non ha niente di più del monaco se non la coabitazione con una donna. Ivi è, infatti, la
differenza; nel resto non ve n’è nessun altra e perciò è obbligato agli stessi doveri dei monaci».
D’altronde san Giovanni Crisostomo indica nella vita monastica il modello che tutti i cristiani
devono seguire. «Quelli che vivono nel mondo, benché siano sposati, devono in tutto il resto essere
simili ai monaci»8. E alludendo alla divisione tra monaci e cristiani comuni, il santo scrive: «Le
Sacre Scritture non sanno niente di una tale divisione; esse vogliono che tutti conducano la vita dei
monaci, anche se sono sposati»9.
5
P. EVDOKIMOV, La novità dello Spirito, Milano 1979, p. 40.
SOFRONIO, Ascesi e contemplazione, Servitium Interlogos, Sotto il Monte 1998, p. 16.
7
J. KIRCHMEYER, Grecque (Église), cit., col. 811.
8
In ep. ad Hebr. Hom., 7,4 (PG 63,68).
9
Adversus oppugnatores vitae monasticae 3,15 (PG 47,373 A).
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