Piccolo è bello: pronti per i fuochi PIRotecnici!

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Piccolo è bello: pronti per i fuochi PIRotecnici!
Milano, 23 gennaio 2017
Piccolo è bello: pronti per i fuochi PIRotecnici!
a cura di Guglielmo Manetti, Vice Direttore Generale di Intermonte Advisory e Gestione, la divisione di
Intermonte SIM che si occupa di risparmio gestito ed advisory
Sono partiti i Piani Individuali di Risparmio (PIR)
I PIR sono stati costituiti dalla legge 11 dicembre 2016, n.232, e sono una nuova forma di risparmio fiscalmente
incentivato che nelle stime del governo (che sono per noi conservative) dovrebbe creare un nuovo mercato
da almeno 20 mld di euro in 5 anni.
In pratica sono una nuova opportunità di investimento a medio/lungo termine per i risparmiatori italiani che
permette esenzione da tassa sui capital gain e dividendi incassati (26%) e dall’imposta su successioni e
donazioni sotto determinati vincoli di patrimonio massimo investibile, permanenza nell’investimento e
caratteristiche degli strumenti finanziari oggetto dell’investimento.
In questo report riassumiamo brevemente le caratteristiche dei PIR e ci concentriamo soprattutto sull’universo
investibile e su quelli che possono essere i presumibili impatti sull’asset class privilegiata da questi prodotti, ovvero
le mid-small caps italiane.
Breve riassunto su cosa sono e come funzionano

Cos’è un PIR > è un “contenitore fiscale” (OICR, gestione patrimoniale, contratto di assicurazione,
deposito titoli), costituito dalla legge 11 dicembre 2016, n.232

A chi è riservato > risparmiatori individuali o fondi pensione/casse previdenziali

Agevolazione fiscale > esenzione da tassazione dei redditi (al 26%), qualificabili come redditi di
capitale derivanti dagli investimenti effettuati nel PIR

Esenzione da imposta sulle successioni e donazioni > il trasferimento per causa di morte degli
strumenti finanziari detenuti nel piano non è soggetto all’imposta sulle successioni e donazioni

Le 3 condizioni per beneficiare dell’agevolazione fiscale >
o 1) Vincoli relativi alla composizione del patrimonio dei PIR >
A) almeno il 70% in strumenti finanziari emessi da società italiane ed estere (UE e SEE) con
stabile organizzazione in Italia > il vincolo della stabile organizzazione in Italia è un vincolo
molto forte e per noi rende estremamente difficile l’investimento al di fuori di strumenti
finanziari italiani
B) di questo 70% almeno il 30% (pari al 21% del valore complessivo degli investimenti del PIR)
deve essere investito in strumenti finanziari emessi da società italiane ed estere (UE e SEE) con
stabile organizzazione in Italia diverse da quelle rilevanti ai fini del FTSE MIB o di altri indici
equivalenti di altri mercati regolamentati > anche questo è un vincolo molto forte. Riteniamo
che l’indicazione a “indici equivalenti in altri mercati regolamentati “ comprenda i principali
indici europei (DAX, CAC 40, IBEX 35, FTSE 100 ecc) e quindi andando ad escludere
direttamente i titoli dei principali indici, che sono di solito i grandi gruppi multinazionali, si
restringe in maniera ancora più stringente la possibilità di trovare società europee “con
stabile organizzazione in Italia”
C) il 30% può essere investito in qualsiasi strumento finanziario (ivi compresi depositi e c/c)
o
2) Vincolo di detenzione degli strumenti finanziari detenuti nei PIR > minimo 5 anni, altrimenti si
perde l’agevolazione fiscale
Intermonte Advisory e Gestione divisione di Intermonte SIM S.p.A. Milan 20122 (Italy) - Corso Vittorio Emanuele II, 9 - phone: +39-02-77115.1
New York - (USA) - Sales contacts: JPP Eurosecurities, 595 Madison Avenue, 10022 - phone: +1 (212) 521 6718
o
3) Vincoli alle somme investibili nei PIR > max 30.000 euro all’anno per persona fisica investibili
nel PIR, entro un limite complessivo di 150.000 euro in 5 anni
Stima dell’universo investibile dei PIR per la componente azionaria
Come evidenziato prima, riteniamo che l’universo di riferimento per la componente azionaria investibile dai PIR
sia costituito dalle mid-small caps italiane non appartenenti all’indice FTSE MIB (composto da 40 titoli).
In questa analisi ci focalizziamo quindi su queste società, e non sul mercato dei corporate bond che pure
potrebbe essere rappresentato nei PIR bilanciati. Si tratta quindi di 347 società (o 270 esclusi i titoli appartenenti
all’AIM) che capitalizzano circa 100 mld e rappresentano il 9% circa dei volumi scambiati sul mercato
regolamentato italiano (mercato MTA) .
Analisi del mercato azionario italiano (fonte: Borsa Italiana)
% sul totale
Capitalizzazione totale mercato (eur mln)
Dic 2016
465,712
Di cui FTSE MIB
Di cui Mid-Small caps ex-FTSE MIB
di cui indice Aim Italia
366,515
99,197
2,925
78.7%
21.3%
0.6%
Numero titoli quotati
387
Di cui FTSE MIB
Di cui Mid-Small caps ex-FTSE MIB
di cui indice Aim Italia
40
347
77
Volumi intermediati anno 2016 (eur mln)
624,327
Di cui FTSE MIB
Di cui Mid-Small caps ex-FTSE MIB
di cui indice Aim Italia
570,010
54,316
319
10.3%
89.7%
19.9%
91.3%
8.7%
0.1%
E’ un universo attraente o no?
Quando si parla di investire in azioni italiane il livello di attenzione da parte di potenziali investitori scende
comprensibilmente vicino a zero… Tuttavia è opportuno notare come l’universo azionario investibile dai PIR sia
in realtà piuttosto interessante.
Un confronto infatti tra le performance dei diversi indici mid-small caps rispetto ai principali indici large caps
italiani, quali FTSE MIB e FTSE Italia All Shares, mostra chiaramente come le mid-small caps italiane siano state un
ottimo investimento in termini assoluti e relativi negli ultimi 1, 3 e 5 anni.
Peraltro queste performance sono state ottenute con una volatilità notevolmente più bassa di quella degli indici
a larga capitalizzazione, grazie anche a un beta più basso. Un discorso a parte vale per l’indice AIM, che offre
una performance negativa su tutti gli orizzonti temporali e che non consideriamo interessante in assoluto, salvo
pochi casi specifici.
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Indici italiani - Performance e confronto tra large e mid small caps (fonte: Factset)
Indici
Volatilità Volatilità
1 anno
3 anni
Perf 1A
Perf 2A
Perf 3A
Perf 5A
19.7%
4.1%
11.2%
-9.5%
44.5%
29.8%
21.0%
-21.2%
56.9%
20.7%
10.7%
-31.4%
191.4%
86.5%
41.8%
17.9%
19.6%
19.2%
8.8%
17.5%
18.2%
17.4%
8.7%
0.9%
0.5%
3.4%
0.2%
-0.7%
-3.4%
30.9%
26.3%
28.5%
30.3%
25.2%
26.6%
Performance relativa rispetto a indice FTSE MIB
Perf 1A
Perf 2A
Perf 3A
Perf 5A
Italy All Stars - Index Price Level
Ftse Italia Mid Cap - Index Price Level
Ftse Italia Small Cap - Index Price Level
FTSE AIM Italia
19.1%
3.6%
10.7%
-10.0%
44.3%
29.5%
20.8%
-21.4%
60.2%
24.1%
14.0%
-28.0%
165.1%
60.2%
15.5%
Indici small caps
Italy All Stars - Index Price Level
Ftse Italia Mid Cap - Index Price Level
Ftse Italia Small Cap - Index Price Level
FTSE AIM Italia
Indici principali
Ftse Italia All-Share - Index Price Level
FTSE MIB - Price
Vuoi investire nelle eccellenze italiane? Compra le mid-small caps!
Come mai le mid-small caps italiane hanno avuto una performance molto migliore delle large caps, sui diversi
orizzonti temporali?
Se confrontiamo la concentrazione settoriale dei titoli membri del FTSE MIB con quella dell’universo delle midsmall caps da noi identificato (ovvero il paniere di tutte le società quotate sul mercato azionario italiano,
escludendo i titoli AIM e i titoli risparmio o privilegio) vediamo delle differenze significative:
-
Il peso dei settori finanziari e utilities tra le mid-small caps è circa la metà di quello dell’indice FTSE MIB
(26% della capitalizzazione totale vs 48% per il FTSE MIB)
I settori dei servizi e della produzione industriale rappresentano invece oltre il 50% delle mid-small caps
italiane, rispetto al 25% circa del FTSE MIB
Si può pertanto concludere che l’universo delle mid-small caps è molto più rappresentativo della realtà
economica italiana rispetto a quello rappresentato dall’indice FTSE MIB
Large vs mid-small caps italiane – Confronto tra composizione settoriale indice FTSE MIB (a sx) e indice mid-small caps (a dx)
(fonte: Factset)
E i fondamentali delle mid-small caps come sono? ottimi!
Guardando ai fondamentali di questo comparto, abbiamo conferma che ad una ottima performance si sono
accompagnati, in questi anni di profonda crisi per l’economia italiana, anche ottimi fondamentali.
L’aggregato da noi analizzato comprende 140 società mid-small caps (su un universo di riferimento
precedentemente individuato di 184 società).
I risultati mostrano come il settore abbia beneficiato di una significativa leva operativa negli ultimi
anni, con il margine operativo che è a doppia cifra ormai da 3 anni e l’Ebitda atteso per il 2016 più
che raddoppiato rispetto ai minimi della crisi del 2009.
Il leverage del settore, misurato come rapporto debito/Ebitda, rimane piuttosto basso intorno alle
1.5x. Questo mostra la capacità del settore mid-small caps di generare cassa, fattore distintivo
importante anche in periodi di crisi economica
Mid-small caps italiane - Performance reddituali dal 2008 al 2017S (fonte: dati Intermonte SIM)
Se si rapportano poi con le società a larga capitalizzazione (cioè appartenenti all’indice FTSE MIB) il
confronto appare ancora più eclatante: gli utili delle società mid-small caps italiane sono il 60% più
alti rispetto al periodo pre-crisi 2006, al contrario dell’indice FTSE MIB i cui utili sono ancora il 30% sotto
i livelli di 10 anni fa!
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Confronto tra andamento degli utili panel mid-small caps italiane vs indice FTSE MIB (fonte: Factset)
Solidi fondamentali, aziende eccellenti e ottime performance… dov’è il rischio?
Vediamo due rischi principali all’investimento in mid-small caps italiane:
-
Capacità di trovare, analizzare e seguire le società investibili
Un rischio liquidità tipico dell’investimento in società a più bassa capitalizzazione
Dal punto di vista dell’analisi, quello delle mid-small caps italiane rimane un settore molto poco presidiato dalle
case di investimento: il 30% delle 184 società che compongono il nostro universo investibile non ha nessuna
copertura da parte dei broker e del rimanente 70%, la metà ha al massimo 2 broker che seguono queste società
su base regolare.
Questo rischio è per noi allo stesso tempo un opportunità: si tratta di identificare quei gestori che abbiano
spiccata vocazione e riconosciuta capacità in-house di analisi sull’universo delle mid-small caps italiane, dove
le performance storiche evidenziano che ci sono grandi opportunità di guadagno.
Mid-small caps italiane - Analisi sulla copertura da parte dei broker (fonte Factset)
Indice STAR
Numero di società quotate
Copertura totale**
% sul totale
70
Indice FTSE Indice FTSE Italia Universo
Italia Mid Caps
Small Caps
totale*
60
122
184
66
94%
60
100%
69
57%
128
70%
Numero coperture medio primo quartile***
5
10
2
8
Numero coperture medio secondo quartile***
2
9
1
4
Numero coperture medio terzo quartile***
2
5
1
2
Numero coperture medio quarto quartile***
1
4
0
1
* Nota: escludendo double counting su stessi titoli in diversi indici
**Nota: copertura attiva intesa dove c'è una almeno stima di EPS sull'anno in corso negli ultimi 6 mesi
***Nota: quartili ordinati per capitalizzazione dei titoli all'interno del paniere
Per quanto riguarda invece il rischio liquidità, tipico dell’investimento in società di media-piccola dimensione,
la situazione non ci sembra così negativa.
La nostra analisi mostra come l’universo delle mid-small caps italiane sia ragionevolmente ben distribuito oltre
che per settori anche per capitalizzazione e soprattutto offre una buona liquidità giornaliera (superiore ai 3 mln
di euro al giorno di controvalore scambiato).
Ovviamente le società dell’indice STAR (il migliore come performance) tendono ad essere più liquide, ma nel
complesso vediamo come i primi 60 titoli per capitalizzazione abbiano scambi medi giornalieri superiori ai 2
milioni di euro al giorno.
Ovviamente rimangono oltre un centinaio di società con liquidità più bassa, soprattutto quelle con
capitalizzazione più bassa. Tuttavia pensiamo che proprio la creazione dei PIR possa portare liquidità a questo
segmento e creare un circolo virtuoso, magari attraendo anche IPO di nuove società, che possono migliorare
di molto la fotografia attuale.
Mid-small caps italiane - Analisi su capitalizzazione e liquidità (fonte Factset)
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Conclusioni di investimento: riteniamo che i PIR siano una interessante opportunità di investimento e
che possano beneficiare sia il mercato dei fondi comuni che le mid-small caps italiane
Riteniamo che il mercato di riferimento dei PIR sia quello dei fondi azionari Italia, oltre che quello dei fondi
bilanciati e flessibili Italia.
Le stime ufficiali del governo sui PIR, che prevedono di arrivare oltre i 10 mld di euro in 4 anni, si basano su un
numero di conferimenti iniziali di 120.000 sottoscrittori per 15.000 euro a testa, con una crescita di 60.000 nuovi
sottoscrittori all’anno che si aggiungono ogni anno alle sottoscrizioni ricorrenti. Con questa stima (che riteniamo
conservativa) arriviamo a 18 mld di euro di nuove masse in 5 anni.
Stime del governo sulla diffusione dei PIR (fonte: Redazione Tecnica al DDL Bilancio)
Prospettive stimate dal Governo sui PIR
2017
2018
2019
2020
2021
Numero atteso PIR
120,000
180,000
240,000
300,000
360,000
Conferimento medio (euro)
15,000
15,000
15,000
15,000
15,000
Totale conferito nell'anno (mln euro)
1,800
2,700
3,600
4,500
5,400
Totale conferito cumulato (mln euro)
1,800
4,500
8,100
12,600
18,000
Se invece di un conferimento di 15.000 euro a testa usassimo invece il massimo annuo conferibile, ovvero 30.000
euro all’anno, arriveremmo a numeri doppi rispetto alle stime del governo e cioè quasi 40 mld di masse investite
in PIR nei prossimi 5 anni.
Anche la stima di sottoscrittori complessivi fatta dal governo ci sembra eccessivamente conservativa. Il governa
stima 300.000 sottoscrittori in 4 anni, cioè meno del 5% dei sottoscrittori totali di fondi comuni in Italia (dato a fine
2015).
Totale sottoscrittori fondi a fine 2015 (fonte: Assogestioni)
(Dati in mln)
Tot
%
Flessibili
2.28
36%
Obbligazionari
2.15
34%
Liquidità
0.21
15%
Azionari
0.53
8%
Bilanciati
0.28
4%
Nessuna
0.95
3%
Totale
6.40
100%
Considerando l’indubbio appeal del vantaggio fiscale, riteniamo che ci potrà essere anche un effetto di switch
indotto dalle stesse case di investimento per convogliare risparmio dentro questi nuovi prodotti con logica di
medio/lungo periodo, per cui pensiamo che le stime ufficiali del governo siano troppo prudenziali.
Per vedere l’impatto potenziale di questi nuovi prodotti sul mercato dei fondi italiani, vediamo la fotografia ad
oggi del sistema fondi Italia. Partendo dall’assunto che riteniamo che la maggior parte di questi flussi dovrebbe
essere investita in small caps italiane, dato lo scarso appeal generale dell’indice principale FTSE MIB rispetto a
quello delle small caps, ed è ragionevole pensare che metà circa dei PIR possano andare in fondi bilanciati o
flessibili, dove la componente azionaria può pesare diciamo per il 30%. Come abbiamo specificato prima,
riteniamo che i fondi europei specializzati in small caps non siano eligibili per PIR e li escludiamo pertanto dal
conto.
Riteniamo anche che oltre a fondi bilanciati, ci saranno fondi più specificamente rivolti all’investimento
azionario in mid-small caps italiane, e che tali fondi beneficiari dell’esenzione fiscale come PIR possano essere
usati come “mattoncini” all’interno di un asset allocation più ampia che, tipicamente, ha lasciato poco spazio
in passato alle azioni italiane.
Nel mercato dei fondi di diritto italiano, la componente fondi specializzati azionario Italia è ormai meno del 1%
del totale FUM, e il numero di fondi specializzato in mid-small caps è bassissimo (ma in presumibile crescita grazie
proprio ai PIR). Al terzo trimestre 2016 il totale delle masse gestite da fondi bilanciati (71 mld di euro) e azionari
puri Italia (10 mld di euro) ammontava a circa 81 mld di euro.
Dimensione del mercato dei fondi di diritto italiano (fonte: Assogestioni e Morningstar)
Dimensioni dei fondi azionari Italia
Sett 2016
% sul totale
Totale FUM fondi aperti italiani (mln euro)
874.8
Totale FUM fondi flessibili (mln euro)
212.9
24%
Totale FUM fondi bilanciati (mln euro)
71.5
8%
Totale FUM fondi azionari Italia (mln euro)
10.1
1%
Numero fondi azionari Italia
39
di cui gestiti da società italiane
16
41%
di cui specializzati in mid-small caps italiane
5
13%
Usando le assunzioni (prudenti per noi) del governo, e partendo dall’assunzione che il 50% dei nuovi fondi PIR
appartenga alla categoria dei bilanciati ed il restante 50% specializzato in fondi azionari Italia small caps, di
8
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fatto in 5 anni le masse dei fondi azionari Italia potrebbero quasi raddoppiare passando dagli attuali 10 mld a
19 mld di euro e quelle dei fondi bilanciati potrebbero aumentare del 13% a circa 80 mld di euro.
Di queste masse, i volumi presumibilmente investiti in azioni italiani sarebbero quindi circa 12 mld di euro, pari al
25% del flottante totale delle small caps italiane (ovvero esclusi i titoli del FTSE MIB). Questi impatti, lo ripetiamo,
sono basati sulle assunzioni ufficiali del governo che ci sembrano molto prudenziali, per cui gli impatti effettivi
potrebbero essere molto più ampi.
In conclusione, riteniamo che i PIR rappresentino una interessante ed attraente opportunità per investire in un
asset class di eccellenza (le mid-small caps italiane) con un orizzonte tipicamente di lungo periodo e con un
vantaggio fiscale importante. In effetti dal nostro punto di vista il principale difetto è rappresentato proprio
dall’importo massimo annuo conferibile (i 30.000 euro all’anno) che lo rendono un prodotto marginale per la
clientela private di medio-alto livello, più tipicamente sensibile al vantaggio fiscale ed anche più abituata a
pianificare su orizzonti di più lungo termine.
Chiaramente si tratta di scegliere il gestore che abbia una vera expertise su un segmento che è tipicamente
poco conosciuto e poco oggetto di ricerca dalle case di ricerca globali, per cui pensiamo che i gestori e/o
advisor domestici con capacità di analisi e ricerca in-house e una presenza di lungo periodo sul mercato italiano
siano da privilegiare nella scelta del prodotto, soprattutto per la componente più tipicamente azionaria.
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