BRUNO BETTINELLI Nato nel 1913, Bruno Bettinelli ha

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BRUNO BETTINELLI Nato nel 1913, Bruno Bettinelli ha
BRUNO BETTINELLI
Nato nel 1913, Bruno Bettinelli ha compiuto gli studi al Conservatorio di Milano, in un’epoca
d’oro, come lui stesso ricorda che "la situazione musicale del Conservatorio di Milano durante gli
anni Trenta era orientata sulla base di studi seri […], si avevano molti concerti di musica da camera,
pressoché ogni sera, e sinfonici […]; mi ricordo di aver ascoltato Horowitz, Milstein, Casals,
Mainardi, Rachmaninov e fra gli autori eseguiti c’erano Stravinskij, Hindemith, Ravel, Honegger,
Prokof’ev, Schoenberg e molti altri ancora".
Ha vinto numerosi concorsi nazionali e internazionali ed è stato membro dell’Accademia Nazionale
di Santa Cecilia a Roma e dell’Accademia Filarmonica di Bologna. E’ stato anche critico musicale e
revisore di molta musica strumentale (Corelli, Nardini, Bomporti, Sammartini ecc.). Nel 2003 è
stato insignito dal Capo dello Stato del titolo di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica
Italiana; si è spento a Milano nel 2004, all'età di 91 anni. Per ricordare la sua figura, sono quasi
subito nati in tutta Italia competizioni musicali e concorsi dedicati al suo nome.
Bruno Bettinelli appartiene a quelle che si chiamano "generazioni di mezzo", quelle cioè che stanno
fra avvenimenti di primaria importanza: nascendo nel 1913, infatti, è stato di poco più giovane della
prima generazione che ha dato alla musica italiana una svolta internazionale, quella di Petrassi e
Dallapiccola (entrambi nati nel 1904), e ha preceduto di poco la generazione degli anni Venti
(quella dei Maderna, Nono, Berio, Donatoni, Clementi) che ha consolidato l’importanza primaria
della nostra musica. La sua figura però non ne ha sofferto, anzi: la sua produzione musicale è
riconosciuta unanimemente tra le più interessanti dell’intero panorama nazionale, grazie sia alla sua
dote di robusto costruttore, sia alla straordinaria padronanza tecnica, sia alla severità e umanità con
il quale ha sempre affrontato il lavoro. Ma c’è anche un altro aspetto che rende la figura di Bettinelli
straordinaria e forse unica, quello didattico: infatti dalla sua classe di Composizione presso il
Conservatorio di Milano sono usciti musicisti del calibro di Abbado, Chailly, Muti, Pollini, Canino,
Ughi e moltissimi altri.
Bettinelli è autore di tre Opere teatrali (Il pozzo e il pendolo del 1957, La smorfia del 1959 e Count
Down del 1969), di molte composizioni per sola orchestra, fra cui sette Sinfonie (che dalla Quarta in
poi non hanno nulla a che vedere con la forma tradizionale), e di composizioni per solisti o
orchestra. Da segnalare anche la produzione per coro, sia a cappella, sia con l’orchestra, sia con
organo e pianoforte; in più, è anche nutrito il suo catalogo di musica da camera, con una particolare
sezione di musiche vocali.
Le opere teatrali di Bettinelli sono nate dal desiderio di cimentarsi con questo genere così
importante per la tradizione musicale italiana e il fatto di aver svolto, in gioventù, il ruolo di
maestro sostituto in teatro (nelle stagioni pre-Scala e al Teatro Dal Verme) ha spinto Bettinelli ha
cercare dei libretti adatti al proprio temperamento portato alle tensioni drammatiche (fa eccezione
l’operina buffa La smorfia).
La musica per coro, sacra o profana, lo affascina invece per il colore delle voci, le sonorità morbide
o potenti, gli impasti derivati dalle infinite varietà di trattamento. "Ho sempre sentito una grande
attrazione per le infinite possibilità timbriche dell’orchestra e del coro" – dice Bettinelli – "mi ha
aiutato la fortuna di sentire dentro di me, senza che nessuno me lo abbia mai spiegato, il colore, gli
impasti sonori, il peso, il timbro degli strumenti, le proporzioni e gli equilibri nella distribuzione
delle varie sezioni. Da tale sensibilità timbrica deriva la mia predilezione per il sinfonico e per
l’ampiezza del respiro, per l’infinita gamma di colori che offre la possibilità di concepire alla
grande e in piena libertà formale". I lavori orchestrali sono davvero dei capolavori, dalle lontane
Sinfonie n. 5 (1976), n. 6 (1976) e n. 7 (1978) ai più recenti Quarto Concerto (1988) e Salmo IV per
coro e orchestra (1992), opere dove si riscontra un’accesa e vigorosa articolazione del linguaggio,
basato su un libero atonalismo volto a fini comunicativi.
Il linguaggio corale di Bettinelli si estrinseca tramite il totale cromatico, inteso come libero e
fantasioso atonalismo, non vincolato a schemi fissi o a formule pre-costituite: ne consegue un
discorso basato su strutture e cellule tematiche in continuo movimento, che si sviluppano per
germinazione spontanea, secondo il principio della variazione continua e delle formule speculative
della tecnica contrappuntistica, germinazione che fa derivare anche degli agglomerati accordali
complessi, fino a raggiungere il totale cromatico. In certe partiture, quando il colore degli impasti
strumentali lo richiede, Bettinelli ha pure adoperato un’ aleatorietà controllata, nella quale si
fondono parti ritmicamente casuali (scaturite però da suggerimenti seriali) con altre sezioni
assolutamente controllate.
La musica di Bettinelli mantiene sempre, però, una concezione dialogica, un criterio costruttivo
chiaro e dialettico, di profonda partecipazione emotiva, in cui il pulsare ritmico e la sottile
inquietudine armonica sono altre due caratteristiche fondamentali. "La mia musica ha sempre
un’articolazione discorsiva" – dichiara Bettinelli – "il ritmo e l’armonia sono i fattori costanti che,
da sempre, caratterizzano la mia produzione. Costituiscono un’ossatura che consente di portare
avanti un discorso coerente, strutturato sulla base di un continuo variare degli elementi proposti
all’inizio e, successivamente, scomposti, rielaborati per germinazione spontanea, rovesciati,
riesposti nelle figurazioni cellulari più svariate che, derivate dalla speculazione contrappuntistica
dei fiamminghi, costituiscono anche la complessa elaborazione della tecnica seriale ortodossa. Una
tecnica che io, dopo alcuni esperimenti, ho abbandonato, perché troppo vincolante. Ho preferito
quindi attenermi al solo totale cromatico, più libero e ricco di risultati altrettanto coerenti, ma, al
tempo stesso, più spontanei".
Anche il mottetto “Canite tuba” riflette questa poetica costruttiva ed espressiva, coinvolgendo
coristi ed ascoltatori in un crescendo emotivo continuo, fino all’esplosione dell’Alleluja conclusivo:
non è un’opera particolarmente difficile tecnicamente, ma si eleva fra le più significative del
repertorio bettinelliano per la notevole coerenza ritmica e melodica e per lo slancio di passione
umana e civile (non dimentichiamoci che fu scritto nel settembre 2001, pochi giorni dopo l’attentato
alle Torri Gemelle).