Gososde Nostra Sennora de su Remèdiu: testo, storia, teologia
Transcript
Gososde Nostra Sennora de su Remèdiu: testo, storia, teologia
Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 1 Gosos de Nostra Sennora de su Remèdiu: testo, storia, teologia SOMMARIO 1. Critica testuale e “tradizione”dei Gosos . Premessa di metodo. 2. Varianti e cronologia delle fonti oggi disponibili: 2.1 La versione “antica” anteriore alla edizione del Soggiu; 2.2 La versione “riformata” di Mons. Soggiu; 2.3 Gli usi attuali. 3. Ipotesi di sviluppo storico: 3.1 Una forma iniziale breve; 3.2 La versione riformata di Mons. Soggiu; 3.3 Gli attuali usi conflati. 4. Testo e commento: 4.1 Proposta di “testi”; 4.2 Progressione narrativa dell’insieme; 4.3 Apparato critico e commento. FONTI INEDITE [So1, 1864] Manera de praticai beni su Mesi de Maria SS.ma, manoscritto conservato presso l’Archivio parrocchiale di Solarussa. Contiene le pratiche quotidiane per il mese mariano. I Gogius de N. S. de su Rimediu si trovano alle pagine 16 verso e 17 fronte. [So2, 1865] Manera pratica de su Mesi Marianu fatta prinzipalmenti po Solorussa. 1 de maju 1865. Manoscritto conservato presso l’Archivio parrocchiale di Solarussa. Costruito sul precedente del 1864 e destinato all’uso effettivo di Solarussa. I Gogius de N. S. de su Rimediu sono riportati per l’ottavo giorno, ai fogli 14 verso e 15 fronte. 3 [So , fine 1800] Raccolta miscellanea di Gosos, conservata presso l’Archivio parrocchiale di Solarussa, databile alla fine del 1800. I Gosos de N. S. de su Remédiu sono alle pagg. 312-315. [Vi, fine 1800 – inizio 1900] Manoscritto proveniente dall’archivio parrocchiale di Villarubana, messo s a disposizione in fotocopia dal dott. Giuliano Nocco; [Al1, fine 1800 – inizio 1900] Foglio manoscritto di una parrocchia della diocesi di Ales, proveniente da una raccolta di don Ignazio Orrù e messo a disposizione in fotocopia dal dott. Giuliano Nocco; [Al2, fine 1800 – inizio 1900] Foglio manoscritto di don Cossu Pietro (ord. Sac. 1901) della diocesi di Ales, proveniente da una raccolta di don Ignazio Orrù e messo a disposizione in fotocopia dal dott. Giuliano Nocco; [Ca, 1904] “Rituale” manoscritto di 540 pagine, di autore anonimo, conservato nella biblioteca privata di Don Titino Usai, già in possesso di Don Josto Murgia. I Gosus De sa Virgini de su Remédiu sono alle pp. 71-73, al termine di tutta la Novena relativa (pp. 56-73). FONTI EDITE [Me, 1920] Can. Antioco MELIS, Il Santuario del Rimedio presso Oristano (Sardegna). 3a edizione riveduta e ampliata, Milano, Tip. E Lib. Pont. E Arcv. Romolo Ghirlanda, 1920. I Gosos de Nostra Segnora de su Remedio (sic!) si trovano alle pp. 184-187. [1931] Giovanni SECHI, Gòggius. Raccolta la più completa di tutte le lodi sacre dialettali Sardo-Logudorese-Meridionale per tutte le solennità, feste e santi di tutta la Chiesa Cattolica celebrate in Sardegna, Fascicolo Primo. Tip. G. Pinna, Oristano 1931. [Se1, Se2,1934] Giovanni SECHI, Gòggius. Raccolta completa delle lodi sacre SardoLogudorese-Campidanese per le solennità e feste dei Santi della Chiesa Cattolica celebrantesi in tutta la Sardegna. Corretta sulla scorta di numerosi manoscritt e stampe e ordinata secondo la disposizione del Messale Romano. Oristano, Prem.Tip. S.Pascuttini & C., Aprile 1934-XII. (Ristampa Tip. Concu – Sanluri, Aprile 1984). Gosos antichi, pp. 295-296; Gosos riformati, pp. 296-297. [1979] Don Josto, Goggius de Santa Maria, Nuragus, settembre 1979. [Mu1, Mu2, Mu3, 1980] [Jostu MURGIA], Goccius de Santa Maria, Sanluri, 1980. Gosos antichi pp. 117-118; Gosos riformati, pp. 119-120; Gosos campidanesi, pp. 116-117. [Do, 1983] Giovanni DORE, Gosos e Ternuras. Teti e musiche religiose popolari sarde secondo l’antica e ininterrotta tradizione di pregare cantando, vol. 1, Lodi in lngua logudorese, in onore della Vergine, del Signore, della Trinità e per ricorrenze varie, Istituto Superiore Regionale Etnografico, Nuoro 1983. I Gosos della Madonna del Rimedio si trovano a p. 217. [Or, 2004] Giovanni CARTA – Pietro MUGGIANU, Novenas e Gosos della Diocesi di Nuoro, Edizioni Settimanale L’Ortobene, Grafiche Editoriali Solinas, Nuoro 2004. I Gosos di Orosei si trovano a pag. 422. [Ri1, 1952] Scritta monumentale all’interno del Santuario, comprendente Sa torrada “Tesorera celestiale” sull’arco centrale di accesso al Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 2 presbiterio, e la strofa “Consolu” nella cappella a sinistra del presbiterio, scritta oggi in parte nascosta per la nuova sistemazione dell’organo restaurato. [Ri2, 1998ss] SANTUARIO BASILICA NOSTRA SIGNORA DEL RIMEDIO, ORISTANO, Alcanzadenos, Segnora. Il pellegrino in preghiera, Ed. S’Alvure, Oristano 1998, 2002. I Gosos de Nostra Segnora de su Remediu sono alle pp. 81-84. 1. Critica testuale e “tradizione” dei Gosos. Premessa di metodo In genere, si riconosce alla critica testuale il compito di ricostruire la forma originale di un testo trasmesso in diverse varianti. Tale scopo, tuttavia, ha subito, nel corso della ricerca, qualche aggiustamento, man mano che si prendeva più coscienza di come i testi antichi nascevano e erano trasmessi secondo le modalità tra loro intersecantesi di una cultura certo “letteraria” o “scritta”, ma nello stesso tempo anche “orale”. La considerazione di una simile interazione continua tra “oralità” e “scrittura” porta a modificare l’importanza riconosciuta al cosiddetto testo originale e a studiare con più attenzione il rapporto di ogni variante con la sua propria situazione vitale. Di questo spostamento di attenzione da parte della critica testuale dobbiamo tenere conto nel caso dei nostri Gosos, in modo tanto più focalizzato, o puntuale o equilibrato, quanto più siamo consapevoli della continua e profonda interazione, tuttora sperimentata e direttamente vissuta, nell’ambiente della “tradizione” sarda, tra “oralità” e “scrittura”. Per questi motivi, nelle presenti note di critica testuale e storica sui Gosos Tesorera celestiale, del Santuario del Rimedio di Oristano (non prendiamo in considerazione altri Gosos presenti in Sardegna per il medesimo titolo), e a differenza delle usuali edizioni di un testo antico, preferiamo rendere disponibile prima una sinossi completa delle varianti da noi finora conosciute, e in un secondo momento accompagnarla di un commento la cui attenzione mantiene certo in vista, per quanto possibile, lo scopo di indicare un testo più “corretto”, ed eventualmente oggi da consigliare come adottabile nel culto, secondo le indicazioni del Concilio Plenario 1 Sardo n. 116,2-3, ma senza volerlo per questo indicare come unico 1 Il capitolo sedicesimo del Concilio Plenario Sardo è dedicato alla “Pietà Popolare”, e in esso il n. 116 ha come titolo “Per uno studio sistematico della pietà popolare”. Il testo afferma anzitutto, nel primo paragrafo, la necessità di “un vasto e delicato lavoro, a livello delle singole diocesi e a livello regionale, caratterizzato anche da rigoroso studio scientifico”, per verificare e reimpostare il raccordo tra pietà popolare, liturgia ecclesiale e autenticità di fede e di vita cristiana, e a tal scopo nomina espressamente il ruolo della Pontifica Facoltà Teologica e in particolare degli Istituti di Scienze Religiose. Auspica poi, nel secondo paragrafo, che “in questo modo si possa anche giungere a catalogare e selezionare adeguatamente canti (Gosos e lodi), testi delle novene, formule di preghiere e formule catechistiche”. Già in questo testo si farà attenzione a quanto il termine “selezionare” suppone come premessa e esige come conseguenza, ma subito dopo, al paragrafo terzo, il testo del Concilio ci tiene a precisare e avvertire che, soprattutto per i Gosos, inni e novene, “deve essere evitato il pericolo di una semplice catalogazione archivistica e di una conservazione ed esposizione museale. Esso deve rimanere espressione dell’autentica, viva e attuale ricerca di Dio, da parte del popolo della Sardegna” (cfr. CONFERENZA EPISCOPALE SARDA, La chiesa di Dio in Sardegna all’inizio del terzo millennio. Atti del Concilio Plenario Sardo, Annunciato nel 1987 Concluso nel 2001, Zonza Editori, Cagliari 2001, pp.233-234). normativo semplicemente poiché più antico. Tali concetti filologici mal si adattano, infatti, alle caratteristiche scritte-orali della nascita e dello sviluppo dei nostri Gosos, le cui varianti, invece, ci testimoniano quasi in diretta della vita delle nostre comunità popolari celebranti, nelle loro sensibilità, di volta in volta prevalenti, o locali o poetiche o teologiche. 2. Varianti e cronologia delle fonti oggi disponibili Alcuni interrogativi derivanti dal confronto delle poche varianti inizialmente a nostra disposizione hanno cominciato a trovare ipotesi di risposta per noi soddisfacente dopo aver letto il seguente passo (che riportiamo per intero) del Can. Antioco Melis circa l’azione di Mons. Soggiu a beneficio del Santuario: «Per molto tempo il Santuario del Rimedio non fu che una piccola Chiesa campestre. Quell’anima grande che fu l’Arcivescovo Mons. Don Antonio Soggiu, cominciò non solo ad ampliarne il locale, ma a spendervi del suo somme rilevanti in riparazioni. Dal 2 luglio 1877 al 22 giugno 1878 notava nelle sue memorie la bella somma di L. 2620, tutte spese a pro’ del nostro Santuario. E se, come dice S. Gregorio Magno: probatio dilectionis, exhibitio est operis, questa munificenza del grande Arcivescovo proveniva dalla tenerissima devozione che professava verso la Madonna del Rimedio, per cui fece correggere dagli alunni del Seminario e trascrivere con belli e ornati caratteri le Lodi «sos gosos» della Vergine, esprimendo il desiderio che essi vi si 2 portassero a cantarle nelle ore del passeggio». Il can. Antioco Melis, essendo entrato in Seminario nel 1976, fu alunno di Mons. Soggiu per almeno due anni, e dunque era a conoscenza diretta, e non solo documentale, degli interventi sistematici di correzione e di divulgazione, operati dal Rettore e 3 Arcivescovo Soggiu, riguardo ai Gosos del Rimedio. I nostri interrogativi poterono precisarsi e alcune nostre ipotesi di soluzione trovare conferma, quando abbiamo avuto a disposizione tre manoscritti di Solarussa sicuramente anteriori alle date del 18771878, riportate dal can. Melis e indicative della data degli interventi del Soggiu (=1878). Questo nostro articolo dedicato ai Gosos del Rimedio si inserisce in un lavoro che già da qualche tempo stiamo portando avanti nella Facoltà e nell’Istituto di Scienze Religiose di Oristano, in collaborazione con altri docenti, con lo scopo, ora, di rendere esplicito il cammino intravisto dal Concilio e con l’obiettivo di avviare altri “studiosi”, alunni e non, ad avanzare nel medesimo progetto, perfezionandolo con l’esperienza e superando, per quanto riguarda i Gosos, la tradizione di produrre raccolte il cui lodevole intento di conservazione quantitativa non era e non è sempre accompagnato da un altrettanto lodevole lavoro “critico” di selezione qualitativa, avente come méta quella “autentica, viva e attuale ricerca di Dio” che il Concilio pone al cuore della nuova evangelizzazione, quando inizia anche per la Sardegna un terzo millennio di “tradizione” di fede. 2 Can. Antioco MELIS, Il Santuario del Rimedio presso Oristano (Sardegna). 3a edizione riveduta e ampliata, Milano, Tip. e Lib. Pont. e Arc. Romolo Ghirlanda, 1920, p. 62. 3 Supponiamo, per i limiti di questo intervento, che i nostri lettori siano già a conoscenza delle molteplici attenzioni e iniziative a favore della lingua sarda di Mons. Soggiu. Non sarà inutile invece ricordare, qui, che egli continuò ad abitare in Seminario (dove operava con diverse mansioni dal 1826), e a svolgervi la funzione di Rettore, anche durante tutto il suo breve ma intenso episcopato (1871-1878). Tutta la sua opera in generale meriterebbe di essere fatta conoscere più di quanto ci si sia preoccupati di fare (l’Istituto di Scienze Religiose di Oristano dedicò allo studio di questa figura un corso opzionale di storia della Chiesa locale). Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 3 Che tale opera editoriale del Vescovo Arborense sia all’origine della distinzione anche oggi tradizionale tra Gosos “antichi” e “riformati” (distinzione attestata esplicitamente come tale nel 1932 dalla raccolta del Sechi), lo riteniamo ormai quasi certo, anche se in definitiva non determinante per la verosimiglianza delle nostre conclusioni. Tenendo conto di tutte le considerazioni che seguiranno, anteponiamo al commento dettagliato di critica testuale quella che, al presente e pur in attesa di nuovi confronti documentali, ci sembra la ricostruzione più attendibile e già abbastanza stabile dello sviluppo storico di questi Gosos. 2.1 La versione “antica” anteriore alla edizione del Soggiu Della forma dei Gosos anteriore alla “edizione” del Soggiu abbiamo attualmene a disposizione sette manoscritti. Tre appartengono all’archivio parrocchiale di Solarussa, dove la tradizione mariana si conserva attorno alla Chiesa delle Grazie; uno è di provenienza incerta, ma forse riconducibile alla tradizione della Cattedrale, dove una statua lignea policroma della Madonna del Rimedio si conserva nella cappella omonima, resto dell’antico edificio romanico; uno proviene dall’archivio parrocchiale di Villaurbana.e infine due fogli isolati, sempre manoscritti, provengono dalla diocesi di Ales Il primo [So1] di questi manoscritti ha come titolo Manera de praticai beni su Mesi de Maria SS.ma e riporta, nel testo di preghiera iniziale “Orazioni a N.S. de sa Grazia”, il preciso riferimento al mese di maggio del 1864. Esso è pensato per l’uso a Solarussa, ma avverte dell’opportunità di adattamenti a eventuali luoghi diversi di celebrazione. Le pratiche quotidiane del mese mariano sono concluse ogni giorno da Gosos dedicati a un appropriato titolo della Madonna. I Gogius de N. S. de su Rimediu si trovano alle pagine 16 verso e 17 fronte. Il secondo manoscritto [So2]è esplicitamente datato al 1865 già nel titolo stesso: Manera pratica de su Mesi Marianu fatta prinzipalmenti po Solorussa. 1 de maju 1865. Si tratta di un fascicolo costruito sul precedente e destinato all’uso effettivo di Solarussa (da qui il fatto di essere molto sciupato), e raccoglie espressamente gli “Esercizius / de divozioni fattus e / arregortus tottu in d’una / po onorai a sa Grandu Mama de Deus Maria SS.ma / in tottu su mesi de maju / in su Nou Santuariu suu de Solorussa / o in calisisiat atera Cresia Santuariu o Cappella / e chi a Issa unu indignu Serbidori suu / umilmenti / O. D. e Ce. / 1865”. I Gogius de N. S. de su Rimediu sono riportati per l’ottavo giorno, ai fogli 14 verso e 15 fronte. Tutti e due questi manoscritti del 1864 e del 1865 sono dovuti alla medesima mano di «Preidi Sisinni Santus de custa Bidda», come egli stesso si identifica in una nota al secondo verso della penultima strofa dei Gogius del primo giorno: “Cun affettu singulari / Unu Devotu piedosu (a) / Dedichesit cust’Altari / Cun sa Cresia tott’impari / A Bosu Mama sagrada”. L’alllusione è al restauro della Chiesa delle grazie e alla dedicazione di un nuovo altare , concluse nel precedente anno del 1863. Il terzo manoscritto [So3] di Solarussa è una raccolta miscellanea formante un libro di carta di paglia, con le righe segnate a matita, rilegato e includente dei fogli anche a stampa, databile alla seconda metà o fine del 1800 (nel foglio 382, appare per tre volte il timbro «Milis 19 ago 78»), ma con inseriti dei fogli verosimilmente risalenti all’inizio del secolo. I Gosos de N. S. de su Remédiu sono alle pagg. 312-315, secondo una forma che, per motivi interni, sembra posteriore a quella dei due manoscritti del 1864 (cfr. dettagli nel commento). Il quarto manoscritto [Ca] è di provenienza incerta, ma alcuni indizi indurrebbero a pensare che possa provenire da un sacerdote che ha esercitato il suo ministero nella stessa cattedrale di Oristano e che per quella chiesa avrebbe composto una specie di “rituale” di ben 540 pagine. La raccolta è databile almeno in modo indiretto, poiché nei due fogli bianchi iniziali è stata aggiunta una «Orazioni a sa Virgini Immac.(ulada)», dove si fa esplicita menzione di “custu solenni giubileu de sa proclamazioni de su domma chi os’hat annunziau a totu su mundu cuncebia senza peccau”. I testi raccolti rappresentano quindi una tradizione anteriore al 1904, cinquantesimo della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. I Gosus De sa Virgini de su Remédiu sono all pagg. 714 73, al termine di tutta la Novena relativa (pp. 56-73). Avendo ora a confronto i manoscritti di Solarussa, anteriori sicuramente al 1878, è ora possibile dire che questo testo del 1904 è del tutto autonomo dalla riforma del Soggiu, pur essendo ad essa posteriore di quasi un trentennio. Il quinto manoscritto [Vi] era nell’archivio parrocchiale di Villaurbana, non ha nessuna data al suo interno. Si tratta di un quaderno di 92 pagine, in scrittura corsiva ornata, dove i Gosos sono ordinati secondo la successione delle feste relative durante l’anno. Si potrebe verosimilmente indicare una datazione alla fine del 1800 o inizio del 1900. Inogni caso si tratta di una versione indipendente dalla riforma del Soggiu. Il sesto [Al1] e il settimo manoscritto [Al2], databili agli inizi del 1900, sono entrambi degli adattamenti dei medesimi Gosos in versione campidanese, su dei fogli isolati di quaderno a quattro facciate, e fanno parte di un archivio personale di un sacerdote della diocesi di Ales. In particolare, il secondo fa parte di una raccolta più ampia dovuta alla mano di Don Pietro Cossu, che risulta ordinato sacerdote nel 1901. Offriamo qui soltanto un primo “sopralluogo” generale della forma attestata dai manoscritti anteriori alla riforma del Soggiu, senza voler ancora indicare una conclusione sulla forma originaria dei Gosos stessi. In primo luogo, la forma “antica” testimoniata da tutti e cinque questi manoscritti si caratterizza per non avere le strofe “De su Babbu Fiza ermosa” e “Pianta mistica sagrada”. In secondo luogo, per quanto riguarda i manoscritti di Solarussa del 1864-65 e il manoscritto in campidanese di Al1, essi non hanno nemmeno la strofa “Ses de su mundu allegria”, che appare solo a partire dal manoscritto di Solarussa di fine 800, nel manoscritto di Villaurbana , nel rituale del 1904 e nel secondo dei manoscritti in campidanese di inizio 1900 Al2, con chiari segni di secondarietà (cfr. 3.2; 4.1 e 4.3 commento alla strofa 6). In terzo luogo, l’ordine delle strofe 3-4-5 “Connoschinde… Consolu… Sos chi de coro…” presente nei due manoscritti più antichi di Solarussa e in quello di Villaurbana (che però non ha la strofa 5), e che noi riterremo originale, appare modificato nell’ordine 3-5-4 “Connoschinde…Sos chi de coro… Consolu”, in So3 Ca Al1 Al2 Se1 Mu1 Or Ri2. Anche questo appare come un intervento secondario, ed è uno di quei casi in cui la versione cosiddetta riformata sembra in realtà restaurare una forma più antica. Per il resto delle strofe, ci si trova di fronte a uno stato complesso di tradizione. Da una parte, alcune lezioni si spiegano bene come risultato secondario, o corrotto, di un testo originario, che si potrebbe riconoscere invece nella edizione del 1910 del Can. Melis. In questi casi, la versione “riformata” potrebbe contenere delle lezioni in realtà più antiche e più corrette, così da meritare 4 Questo manoscritto si trova ora presso la biblioteca personale dell’attuale parroco della Cattedrale, sac. Titino Usai, che ci ha detto averlo ricevuto a sua volta dal sac. Josto Murgia. Non è per ora stato possibile identificarne l’autore, ma sapere che era a disposizione di don Josto, può aiutare a comprendere il modo con cui egli ha composto la sua antologia del 1980, dove ha tre versioni di questi Gosos. Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 4 meglio il titolo di “restaurata”. Il ritrovamento di manoscritti più antichi potrà confermare o smentire questa ipotesi (cfr. quanto si dirà sulla strofa 4 “Consolu sos affligidos”, 8 “Ses Giuditta chi has prostradu” e 9 “Turre Davidica forte”). D’altra parte, questa forma antica preserva sicuramente delle “lezioni” originarie, che trovano nelle edizioni successive, a partire da quella “riformata” del can. Melis, delle modifiche di esplicazione o di adattamento o anche di incomprensione, sempre in conformità ai modi tipici della “oralità” Si veda, per fare ora solo qualche esempio, quanto si dirà circa “querinde nos amparare” (1:5), “cun oculta relazione” (2:3), “pro su quale osi acreditan” (4:5). In sesto luogo, varianti minori sono presenti per la strofa 11 “Arca santa peregrina”, e in genere sembrano potersi dire secondarie, e quindi “riformate”, rispetto alla forma “antica”, che noi supponiamo far parte già della forma breve iniziale. Infine, la strofa 12 “Già chi in su regnu divinu” e la “chiusura” sono praticamernte identiche. L’unica “riforma” che ha avuto piena accettazione nella tradizione del Santuario è l’incipit della chiusura “Cando deet benner cudd’ora”, al posto della lezione “In cudda ultima ora”, attestata in tutti manoscritti antichi e a Orosei nella variante “Bennida cudd’ultim’ora”. 2.3 Gli usi conflati attuali 2.2 La versione “riformata” del Soggiu La dizione “riformati” si trova per la prima volta nella raccolta del Sechi del 1934, che sotto questo titolo riproduce, con minime varianti di dettaglio (cfr. commento) la forma pubblicata dal Can. Antioco Melis nel 1910, e attribuibile, come abbiamo detto, al Soggiu. Ne evidenziamo le differenze rispetto alla forma “antica” procedendo nell’ordine da quelle più macroscopiche e più certe sul piano dello sviluppo storico a quelle più di dettaglio e incerte sul piano della attribuzione a un’opera di “riforma” o di “restaurazione’. In primo luogo, dunque, essa si caratterizza per il ritorno all’ordine delle strofe 3-4-5 (Connoschinde… Consolu… Sos chi de coro…), presente nei manoscritti di Solarussa del 1864-65, conservato in parte dal manoscritto di Villaurbana, ma perso già in quello di fine 800 di Solarussa e nel “rituale” del 1904. In secondo luogo, è inclusa una versione “riformata” della strofa 6 “Ses de su mundu allegria”, non presente nei manoscritti più antichi del 1864-65, ma presente nel manoscritto di fine 800 di Solarussa, nel manoscritto di Villaurbana e nel “rituale” del 1904. La differenza più evidente rispetto alla edizione “antica” è anzitutto “formale”, nell’uso del vocativo “Oh de…” invece che dell’indicativo “Ses de …”. Guardando, poi, con più attenzione il contenuto dei versi, si notano però altre significative differenze. Al posto dei versi “de communi” della forma “antica” (ma già, come abbiamo detto, “secondaria”), i primi quattro versi sono ora costruiti in modo omogeneo attorno a due coppie di opposti “terra/chelu, giustos/errantes”, mentre gli ultimi due versi, “Sezis de Deus, Maria. / delizia e amore eternale”, appaiono del tutto nuovi, e introducono di fatto il tema teologico trinitario delle successiva strofa 7. In terzo luogo, la versione “riformata” si caratterizza per la presenza ex novo della strofa 7 “De su Babbu” (preparata, ripetiamo, dagli ultimi due nuovi versi della strofa precedente), e della strofa 10 “Pianta mistica”, le quali, per i motivi che diremo, possono verosimilmente essere il frutto dell’operazione, non solo di correzione ma anche di scrittura, attribuita al Soggiu (cfr. commento) In quarto luogo, appaiono completamente modificate (“riformate” o “restaurate”?) la strofa 8 “Ses Giuditta” e la strofa 9 “Turre davidica forte”. Rispetto ai versi formulari e intercambiabili “de communi” della versione “antica”, quelli della versione “riformata” appaiono ora specifici e attinenti alle caratteristiche del titolo del Rimedio. In quinto luogo, appaiono ritoccate nella forma e, in parte, nel contenuto, la strofa 3 “Connoschinde sa clemenzia” e la strofa 4 “Consolu sos affligidos”. Sarà possibile chiedersi se la versione “riformata” non nasconda in realtà la “restaurazione” di un testo anteriore alla forma “antica”, ma sicuramente il testo oggi diffuso appare secondario o conflato, ancora una volta secondo modalità ben conosciute della trasmissione orale (cfr. commento). Con questa dizione ci riferiamo al “foglio” distribuito nel Santuario, secondo la tradizione, e al testo riportato nella Novena del 1998, alla versione in uso a Orosei come pubblicata nella Raccolta CartaMuggianu del 2004, e alle versioni riportate nella antologia del Sechi 1932, da cui ancora molte parrocchie dipendono, e in quelle del Murgia 1980 e del Dore 1983, che invece non hanno avuto una vera diffusione a livello parrocchiale. Gli usi attuali testimoniati da queste fonti possono dirsi un misto della forma “antica” (ma in gran parte forse, come abbiamo detto, “secondaria”) con quella “riformata” (e in realtà almeno in parte più “originaria”, tanto da poter essere meglio chiamata “restaurata”). Le varianti attestano di volta in volta le usuali modalità della trasmissione orale, soprattutto tendendo ora a esplicitare un testo non più comprensibile, ora a facilitare una costruzione sintattica complessa, ora ad adattare concetti e immagini alle nuove sensibilità religiose o teologiche (vedi i particolari nel commento). 3. Ipotesi di sviluppo storico 3.1 Una forma iniziale breve In conclusione, noi supponiamo che i Gosos Tesorera celestiale siano nati in un tempo in cui il sardo era ancora molto influenzato dallo spagnolo, nel lessico e nella grafia (cfr. 1:2.4; 2:1; 5:3.5 del 1904), ad opera di un autore individuale, il quale, dotato di una buona “cultura scritta”, li ha saputi costruire secondo una struttura narrativa progressiva, con strofe sintatticamente articolate e con riferimenti precisi, ma non scolastici, alla “visione di fondazione” da parte di San Giovanni de Matha dell’Ordine Trinitario, di cui la Madonna del Rimedio è patrona (cfr. strofa 2). In attesa che si trovino attestazioni più antiche, considerando le forme secondarie presenti, secondo noi, fin dai manoscritti del 1864, si possono supporre a quella data già più secoli di sviluppo. Considerando, inoltre, più in particolare l’aggiunta, attestata da So3 Vi Al2, della strofa 6 “Ses de su mundu allegria; considerando anche gli aspetti secondari delle strofe 8 “Ses Giuditta chi has prostradu” e 9 “Turre Davidica forte”, e aggiungendo che fra queste strofe che fanno parte dell’attuale corpo centrale solo la strofa 11 “Nave mistica divina” contiene riferimenti precisi al titolo del Rimedio, abbiamo buoni motivi per supporre una forma iniziale breve, composta solo dall’introduzione, da sette strofe, più la “chiusura”: 1 “Po patrona e titulare”, 2 “Cherinde restaurare”, 3 “Connoschinde sa clemenzia”, 4 “Consolu de affligidos”, 5 “Sos chi de coro supplican”, 11 “Nave mistica divina” (con la menzione della “verdadera meighina” e/o del “remédiu medicinale”), 12 “Gia chi in su regnu divinu”. A favore di questa ipotesi sta anche il fatto che i Gosos antichi non avevano in origine un gran numero di strofe. Queste aumentano per “accrezione” soprattutto nelle antologie recenti, dove Gosos più lunghi hanno sovente evidenti segni di “conflazione” (in qualche raro caso addirittura con rima diversa!). In questa forma breve Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 5 ipotizzata come originaria, tutta la composizione usa coerentemente il pronome spagnoleggiante di rispetto di seconda persona plurale “Bos” (nella strofa 11 il pronome di terza persona “at” è riferito coerentemente alla “nave”), non ci sono strofe raccogliticce “de communi” e tutte le strofe dell’introduzione e del corpo hanno un preciso riferimento al culto del “Rimedio”. A ben osservare, anche la strofa conclusiva, di tradizionale invocazione escatologica, mantiene un riferimento al “pellegrinaggio” cultuale, evocato nella strofa 3 (“benit sa zente affannada ”) proprio nell’invocazione finale che la Madonna “mostri il cammino” della Patria celeste: “mustrade nos su caminu / de sa patria celestiale”. 3.2 La versione “antica” Questa forma originaria breve ha subito le trasformazioni tipiche della trasmissione orale, testimoniate, abbiamo detto, già dai primi manoscritti disponibili del 1864-65, fino all’epoca corrispondente all’azione di Mons. Soggiu (= 5 aprile 1878). Oltre ad alcune varianti di dettaglio, furono aggiunte, anzitutto, forse a causa del collegamento con il ricordo di Lepanto, la strofa 8 “Ses Giuditta” e la strofa 9 “Turre davidica forte”, con versi formulari e intercambiabili, attinti al “dizionario discorsivo” della tradizione orale. In un secondo momento, come attesta il manoscritto di Solarussa di fine 800 e quelli di inizio 1900 di Villaurbana e di Ales (Al2), fu inserita anche, e con la medesima tecnica “de communi”, la strofa 6 “Ses de su mundu allegria”. Questa forma con 10 strofe era quella che si trovava di fronte Mons. Soggiu, nel momento in cui, sicuramente motivato anche dall’entusiasmo vissuto nella diocesi durante gli anni di preparazione e di proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione (1854), e diventato ormai Arcivescovo (1871) o forse già ancora durante la sua lunga e diversificata presenza in Seminario (dal 1829), secondo la testimonianza citata, “fece correggere dagli alunni del Seminario e trascrivere con belli e ornati caratteri le Lodi «sos gosos» della Vergine, esprimendo il desiderio che essi vi si portassero a cantarle nelle ore del passeggio”. 3.2 La versione “riformata” di Mons. Soggiu Riassumendo in breve quanto precede, noi crediamo che lo stato di sviluppo popolare, precedente alla correzione e scrittura del Soggiu, sia oggi disponibile sicuramente nei manoscritti di Solarussa, ma anche, con ulteriori varianti, in quello del 1904, in quello di Villaurbana e nei due manoscritti campidanesi di Ales, mentre la versione “riformata”, del Soggiu sia disponibile nella pubblicazione del Can. Antioco Melis del 1910, poi riprodotta, con l’aggiunta ancora di varianti, dal Sechi 1934 e dal Murgia 1980. Gli interventi editoriali della edizione Soggiu possono essere ricostruiti come segue. Fu ripristinato l’ordine delle strofe 3-4-5 (Connoschinde… Consolu… Sos chi de coro…), in modo tale che ciascuna di esse, ritrovando la sua collocazione originaria, svolga la sua propria funzione nellla narrazione progressiva riconoscibile nelle prime strofe (cfr. commento). Varianti di dettaglio furono “riformati”, non sempre a dir il vero in modo felice, o “ripristinati”, nelle originarie strofe 1-5 e 1112 (cfr. 4.3 commento alle strofe relative). Ma gli interventi principali furono la creazione ex novo della strofa 7 “De su Babu Fiza ermosa” e della strofa 10 “Pianta mistica divina”. In vista di questa aggiunta, fu “riformata” anche l’antica, ma secondaria, strofa 6: per quanto riguarda la forma, sostituendo l’indicativo con il vocativo si fece scomparire l’incoerenza grammaticale del passaggio dalla seconda persona plurale “Bos/Bois” alla seconda persona singolare sottintesa “Tue”. Tale incoerenza Bos/Tue può con sicurezza considerarsi segno di aggiunta secondaria già nelle versioni di fine 800 e del 1904 (cfr. commento). Per quanto riguarda il contenuto, furono sostituiti i versi formulari “de communi”, omologando i primi quattro attorno alla 5 coppia di opposti già menzionata “terra/chelu, giustos/errantes” , e introducendo i temi specifici dei “rapporti trinitari” di Maria con l’affermazione generale degli ultimi due versi, riferita in modo generale a Dio: “Sezis de Deus Maria / delizia e amore eternale”. Altro intervento importante da attribuire alla “riforma” del Soggiu, è la riscrittura delle strofa 8 “Si sa conca una at truncadu” su Giuditta e della strofa 9 “Turre davidica forte”. Queste strofe, assenti nella forma breve che supponiamo originaria (cfr. sopra), furono introdotte non da un vero “autore” ma in modo “popolare” nel modo tipico della tradizione orale, con versi formulari e intercambiabili. L’opera di vero “autore” del Soggiu le tolse in qualche modo dall’anonimato e le rese più pertinenti ai temi teologico-biblici e storici del titolo del Rimedio, collegandole al tema militare della battaglia di Lepanto, che appare in trasparenza attraverso l’ “esercitu degogliadu” nella strofa su Giuditta e nella “inimiga coorte” della strofa sulla immagine della torre (cfr. commento). Al contrario, supporre il cammino inverso, che cioè il testo cosiddetto “antico” abbia sostituito le immagini militari bibliche o storiche presenti nella versione “riformata” (che in questo caso si dovrebbe però chiamare “restaurata”), facendo ricorso a versi intercambiabili “de communi”, attinti al tema della guerra ormai solo “metaforica” contro il peccato, sembra meno verosimile e argomentabile (cfr. commento). In conclusione, l’ipotesi che le due strofe risultanti siano un “miglioramento” di una forma antica, ma già essa stessa “secondaria” e non originaria, ci sembra a questo punto poter superare ogni dubbio. L’assoluta certezza potrebbe venire dall’eventuale, ma finora improbabile, ritrovamento dei testi su cui ha lavorato il Soggiu. 3.4 Gli attuali usi conflati La nuova versione “rifomata”, tuttavia, non soppiantò “l’antica”. Come è normale nella trasmissione orale, questa continuò a essere usata dal popolo, in modo autonomo, per almeno altri trentanni, come testimonia il rituale del 1904, fino a quando cioè il can. Melis non rese disponibile per tutti, nella sua pubblicazione a stampa, il lavoro del Soggiu e dei suoi alunni seminaristi, fino ad allora rimasto manoscritto e probabilmente senza sufficiente diffusione (non restano sussidi del Santuario per questo periodo). Con la “pubblicazione” del can. Melis, si sarebbe tentati di pensare che il testo a stampa potesse diventare finalmente “stabile”, e che dopo il 1910 e la seconda ristampa rivista e ampliata del 1920, con un testo scritto e “autorevole”, non ci fosse più la possibilità né per il sopravvivere indipendente delle precedenti varianti né soprattutto per lo svilupparsene di nuove. Ma questo significherebbe ignorare i modi di funzionamento di una cultura in cui l’oralità continua sempre ad interagire con la scrittura. Vediamo quindi, a partire fin dalla prima antologia successiva al 1910-1920, quella del Sechi 1934, che non solo si conservano affiancate le due forme precedenti, ma anche si continuano a produrre in ciascuna nuove varianti (cfr. antologie Murgia 1980 e Dore 1983, uso di Orosei), fino ad arrivare alla versione “mista” della Novena del 1998, dove, in una dinamica sempre viva, continuano ad apparire interventi 5 Questi versi sono così organizzati secondo la figura retorica del merisma: si ricorderà che il Soggiu istituì nel seminario una scuola di retorica. Cfr. Gigi SANNA, Pulpito, politica e letteratura. Predica e predicatori in lingua sarda,S’Alvure, Oristano 2002, «La “scuola oratoria” del seminario tridentino di Oristano nell’Ottocento. Le “lezioni” di sacra predicazione del canonico Antonio Soggiu», pp 71-82. Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 6 secondari, supposti come esplicativi o migliorativi di punti non ancora ritenuti soddisfacenti (cfr. i particolari nel commento). 4. Testo e commento Il compito del commento che segue sarà quello di argomentare nei dettagli quale testo supponiamo più “originario”, quale invece “secondario”, secondo quali modalità l’uno si spieghi come derivato o occasionato dall’altro. È chiaro che in questa proposta il nostro interesse non è soltanto e prevalentemente filologico, quanto mirato a fornire alcuni criteri orientativi per favorire una maggiore consapevolezza nelle eventuali selezioni e decisioni di uso liturgico che la tradizione cultuale continuerà a fare. Questo interesse spiega anche certe differenze o anomalie di forma metodologica, rispetto alle usuali “edizioni” critiche. Il nostro scopo non è dunque quello di indicare un testo “originario”come unico e normativo, quanto quello di aumentare la “consapevolezza” teologica e, perché no, anche artistica di quegli “autori” sempre contemporanei, che una tradizione orale continua ad attirare nel suo spazio di trasmissione creativa e fedele. Procederemo non tanto per singole strofe, quanto per gruppi di strofe a funzione simile, per meglio evidenziare la costruzione progressiva della “narrazione “ poetica e orante. Il testo continuo proposto delle strofe rappresenta la “versione” che crediamo sia meglio oggi adottare: esso corrisponde solo in genere al testo che crediamo più “originario”. 4.1 Proposta di “testi” Nella proposta del testo distinguiamo la “versione antica”, che comprende una forma a sette strofe, che noi riteniamo la versione più antica o iniziale (cfr. 3.1), e una forma a dieci strofe come risultato delle prime “aggiunte” popolari (cfr. 3.2), e, affiancata in colonna a destra, la “versione riformata”, di dodici strofe, risultante dalla edizione del Soggiu (cfr. 3.3). Si conserva l’ordine più antico e crediamo originario delle strofe 3-4-5 “Connoschinde… Consolu… Sos chi de coro…” (correggendo in questo l’uso attuale). Si mantiene la strofa 6, pur segnalandone l’aggiunta secondaria, già antica e popolare, ma nella versione “riformata”: cioè con l’uso del vocativo che elimina l’incoerenza Bos/Tue, con le due coppie di opposti nei primi quattro versi, e con i due versi finali che preparano i temi teologici delle altre due strofe aggiunte 7 e 10. Nella forma “antica” si trattava , come si vedrà meglio nel commento, di una strofa composta da versi autonomi e intercambiabili, formulari e “de communi”. Come tale, questa strofa potrebbe essere saltata, ma può anche costituire quello “spazio libero” che la tradizione orale usa per aggiornare la sua sensibilità culturale, poetica e teologica. Ciò che ha fatto proprio la “riforma del Soggiu, ma anche, in tempi recenti e in modo minore, la variante di Orosei, che, modificando solo l’ultimo verso, in realtà aggiorna il testo alla teologia mariana del Concilio Vaticanno II, dicendo “sezis lughe e vera ghia / de sa Ecclesia universale”. Della versione cosiddetta “riformata”, si mantiene la creazione aggiunta della strofa 7 “De su Babbu Fiza ermosa” (preparata, ricordiamo, dalla creazione degli ultimi due versi della strofa 6, perciò da mantenere in parallelo con la strofa 7, diversamente da come fa l’uso attuale del Santuario) e della strofa 10 “Pianta mistica sagrada”, composte, come crediamo, da Mons. Soggiu in occasione della proclamazione della dottrina dell’Immacolata Concezione. La ricchezza teologica e biblica, filtrate anche attraverso una sensibilità di inculturazione della fede (cfr. “bingia de ide seberada” nel commento), la bellezza e l’incisività dei versi dagli echi danteschi, fanno di queste due strofe le colonne portanti, e dunque difficilmente “saltabili” nel modo tradizionalmente libero del canto, della parte centrale di lode di questi Gosos, che a questo punto si trova articolata in ben quattro strofe (strofe 7-10). Ancora della versione “riformata”, e sempre nella parte centrale dello sviluppo teologico e biblico della lode, si riprende l’ “edizione” della strofa 8 su Giuditta (“Si sa conca una hat truncadu”, saltata del tutto nell’uso attuale del Santuario) e della strofa 9 “Turre davidica forte”. I vantaggi della edizione “riformata” sono quelli di eliminare l’incongruenza secondaria Bos/Tue, di introdurre dei versi più direttamente pertinenti dal punto di vista biblico e storico con il titolo del Rimedio, e di evitare il ricorso a versi formulari intercambiabili, in ogni caso secondari già nella versione “antica”. Se appare come improbabile che la versione “riformata” sia quella “originaria” da cui possa essere derivata la versione “antica”, per la tendenza, inverosimile in quei secoli, ad abbandonare i toni “militari”, è però in realtà proprio quello che succede nell’uso attuale che salta del tutto la strofa su Giuditta e sceglie il testo “de communi” della strofa sulla torre. Tuttavia, in tempi in cui gli avvenimenti portano a discutere se siamo o non di fronte a un “confronto di civiltà”, i cui risvolti drammatici rendono immediato per tutti il ricordo del “confronto di Lepanto”, cui il titolo della Madonna del Rimedio è collegato, le strofe sul tema di Giuditta e della torre, nella versione riformata e da combattimento, ci sembrano opportune, oltre che per la loro maggiore originalità, ricchezza e bellezza di scrittura, anche per la loro maggiore “attualità”, per ricordare cioè ai devoti di oggi che il “buon combattimento” della fede non è una realtà metaforica, ma da vivere all’interno della concretezza ambigua e soggetta a interpretazione della storia, combattimento che molti cristiani vivono ancora, del resto, in termini e in contesti di vero martirio e tentati a volte di rispondere a violenza con violenza. E se un dialogo pacifico è necessario per evitare alla radice il temuto confronto di civiltà, questo dialogo sarà efficace, soprattutto con il mondo islamico, solo se “fatto in piedi”, senza falsi irenismi o impauriti compromessi, convinti di stare davvero presso una torre “de armas lughentes frunida”, sopra una “rocca de sa vera vida / a ue no s’accostat morte”, ben difesi “contra inimiga coorte” da un “firmissimu antemurale”. Altre minori varianti secondarie da conservare, secondo la nostra opinione, sono segnalate come tali nel commento, quando rappresentano delle lezioni che, pur non essendo originarie, sono già state verosimilmente riconosciute come “felici creazioni”, perché utili a rendere più consapevole la celebrazione popolare dei Gosos stessi. Nello stesso tempo, non sarà del tutto inutile segnalare, invece, nel commento e come abbiamo già diverse volte fatto,sempre secondo la nostra opinione, quelle varianti da abbandonare nell’uso liturgico, in quanto rappresentano il prezzo pagato alle tendenze meno consapevoli, ma anche esse tipiche della tradizione orale, che portano a semplificare e facilitare una ripetizione collettiva non riflessa, portando a distorsioni di senso e impoverimenti di stile. 4.2 Progressione narrativa dell’insieme Per quanto riguarda il senso dell’insieme dei Gosos “Tesorera Celestiale”, presentiamo qui per comodità e brevità, prima del commento in dettaglio, la progressione che è possibile riconoscere da una strofa all’altra, o da un gruppo all’altro di strofe omogenee per funzione. Tale senso vale per tutte e due le forme dei Gosos, dal momento che quella “riformata“, con le sue aggiunte, restaurazioni Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 7 o miglioramenti, non fa che precisare o rendere più coerenti o sviluppare le caratteristiche già presenti nella forma “antica”. Le strofe 1-2 formano una specie di introduzione: la prima mette in relazione il “titolo” mariano universale della “Madonna del Rimedio” con il culto celebrato nel Santuario locale; la seconda contiene dei riferimenti alle origini storiche del culto mariano proprio dell’Ordine dei Trinitari, alludendo, in modo non scolastico, alla “visione” iniziale di San Giovanni de Matha, su Gesù, “Rimedio” di liberazione, nato dall’amore materno di Maria, con l’intervento creativo “singolare” dello Spirito Santo (cfr. commento). Queste due funzioni, di localizzazione e di storicizzazione, sono in genere assolte, nel tradizionale e pur vario genere letterario dei Gosos, proprio dalle strofe iniziali. Le strofe 3-4-5 sviluppano il tema del culto locale in modo descrittivo e narrativo. L’ordine corretto di queste strofe crediamo sia testimoniato dai due manoscritti più antichi di Solarussa, da quello di Villaurbana e dalla versione Melis. La strofa 3 “Connoschinde sa clemenzia” rappresenta il momento della “ricerca fiduciosa” di soccorso, espressa in generale e con riferimento (“votos e reverenzia”) alla forma del “pellegrinaggio al santuario”: si tratta, nei termini narrativi dell’analisi semiotica greimasiana, del momento iniziale della “manipolazione” (bisogni che scatenano la ricerca: “chircat sa zente affannada”) e della “competenza” (fiducia che origina il pellegrinaggio: “connoschinde sa clemenzia”). La strofa 4 “Consolu, sos affligidos” rappresenta uno sviluppo interessante del momento narrativo iniziale: non si tratta di una semplice “specificazione” dei vari bisogni prima detti solo in genere (“pro dogni dannu e dolenzia”), ma di un vero e proprio invito ai devoti ad aggiungere alla fiducia la “condivisione” delle pene altrui, quasi come una implicita condizione di “competenza” per essere esauditi: “affligidos… peccadores… zegos, zopos , tulidos, fertos de gutta corale… dimandant totus unidos”). La strofa 5 arriva come il momento narrativamente finale della “sanzione”, in cui si fa riferimento alla grazia ricevuta e si riconosce a Maria la ragione del titolo “del Rimedio”: “pro su cale bos acreditan de su titulu speciale”: per questo, per aver ricevuto la grazia cercata, vi accreditano, vi riconoscono, lo speciale titolo del Rimedio. Le strofe 6-7 sviluppano la funzione finale della “sanzione”, già annunciata in modo sintetico nella strofa 5: le “lodi” di ringraziamento si espandono in una serie di “esclamazioni acclamanti” nella strofa 6 “Oh de sa terra allegria”, già aggiunta dalla tradizione orale popolare, ma che la versione “riformata” rende più totalizzante attraverso una coppia di opposizioni di estremi “terra/chelu, giustos/errantes”; la strofa 7, “De su Babbu Fiza ermosa”, inserita ex novo con la strofa 10, come crediamo, dalla “edizione” colta del Soggiu, dal canto suo, aggiunge ulteriormente uno sviluppo di questa lode, “aggiornando” i Gosos ai temi propri del dogma dell’Immacolata Concezione, che coincidono del resto con i temi “trinitari” del titolo mariano del Rimedio. Queste due strofe, entrambe aggiunte, testimoniano in altre parole, da una parte, il bisogno che la tradizione popolare ha sentito di dare maggiore spazio alla lode di ringraziamento, e dall’altra la tendenza del genere letterario a tenere conto dei fatti nuovi che avengono nel mondo e nella chiesa. Diversamente da quello che comunemente si crede, caratteristrica della “tradizione orale” non è un conservatorismo fissista e nostalgico, ma, al contrario, un aggiornamento costante che sa innovare nella fedeltà, e perciò riesce a tramandare in tempi diversi valori profondi e duraturi. Le strofe 8-9-10-11 rappresentano il cuore teologico, biblico e catechistico, di questi Gosos, sempre sviluppato con immagini appropriate al titolo. Nella loro storia e in una cultura a prevalenza orale, i Gosos hanno svolto una funzione non solo di “inculturazione” ma anche di “acculturazione”: memorizzando fatti biblici e storici, come anche incisive affermazioni teologiche e morali, essi hanno istruito e educato generazioni di pellegrini “cantori”, trasformando, attraverso la mediazione soprattutto della bibbia e della storia, la loro sovente drammatica esperienza quotidiana in autentica e profonda esperienza di fede, facendola diventare preghiera, di volta in volta di intercessione o di lode o anche di protesta (cfr. i Gosos davvero “biblici” in tempo di siccità). Vediamo, così, nel nostro caso, che la strofa 8, “Si sa conca una at truncadu”, attraverso la figura biblica di Giuditta, parla in trasparenza del fatto storico della vittoria di Lepanto, collegata al titolo del Rimedio (“s’esercitu at degogliadu”). La strofa 9 sulle immagini ancora bibliche della torre di Davide, ma anche in filigrana delle locali bianche torri costiere che punteggiano le coste sarde (“Turre Davidica forte / de armas lughentes frunida”), inserisce il linguaggio salmico del tema salvifico della “roccia”, con ancora sullo sfondo la storia di Lepanto (“contra inimiga coorte / firmissimu antemurale”), ma anche le tante storie di sbarchi respinti, saraceni e non, che le torri costiere ancora rievocano. La strofa 10 “Pianta mistica sagrada”, anch’essa creata ex novo con la strofa 7 dalla edizione del Soggiu, aggiorna questo cuore teologico e catechistico con i temi biblici che maggiormente si adattano al dogma della Immacolata Concezione, ma aggiungendoci di suo un tocco di inculturazione, dal momento che l’appellativo di “bingia de ide seberada” è un hapax in tutti i Gosos mariani, e ben lascia trasparire quel “terreno” campidanese e oristanese dove il culto di Nostra Sennora de su Remédiu è ben radicato, allo stesso modo della vite “ben scelta” della vernaccia, che del resto rallegra con il suo gusto e il suo profumo gli arrosti di muggine che ancora sul sagrato del Santuario caratterizzano la ricorrenza annuale, immediatamente prima di quella altra tipicamente oristanese di Santa Croce. Scadenze e sensazioni di vita che diventano appuntamenti e sensi di fede. La strofa 11 conclude questo cuore biblico, storico e teologico, passando su un piano più direttamente pastorale e catechistico, con il tema della Eucaristia, sviluppato in modo “mariano” con l’immagine più biblica della “arca dell’alleanza” nella versione “riformata” (“Arca santa peregrina”), e con l’immagine della “nave” (“Nave mistica divina”), nella versione “antica”, più inculturata nelle leggende popolari di fondazione di santuari, nave che approda miracolosamente sulle rive sarde, finalmente non per portare nuovi dominatori o nuove razzie, ma una insperata sorgente di salvezza. È come l’invito conclusivo a scendere nel concreto della realtà quotidiana che continua, e insieme nel profondo della interpretazione della vita di fede, che vede nella celebrazione dell’Eucaristia, e quindi nella immedesimazione con la storia di Gesù, quel “remédiu” prima cercato per le sofferenze del corpo (4:3: “remédiu de sos dolores”) , e ora accettato per le malattie dell’anima (“De s’anima meschina / Remédiu medicinale” nella versione “antica”, “Sustentu vivu e vitale” nella versione “riformata). Le strofe 12-13, l’ultima con la “chiusura”, sono le strofe usuali di invocazioni conclusive, nella tradizionale prospettiva escatologica e nella invocazione per il momento della morte. Nel genere letterario più genuino dei Gosos, la preghiera di invocazione e di intercessione era riservata solo all’ultima unica strofa. È quanto succede in questi Gosos, ed è un segno ulteriore della loro antichità. Per questo, oltre che per altri indizi di secondarietà, si sono considerate come varianti da non conservare quelle che anticipavano tali invocazioni in qualche strofa precedente. La chiusura, infine, con il suo tono di “compimento”, riporta alla prospettiva cristologica che vede in definitiva nella figura di Gesù quel “remédiu generale”, di cui gli altri “rimedi” del canto non erano che segno e promessa. Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 8 4.3 Commento Strofe 1 e 2: Titolo e origini storiche di esso, con riferimento alla “visione” iniziale di San Giovanni de Matha, su Gesù, “Rimedio” di liberazione, nato dall’amore materno di Maria, con l’intervento creativo “singolare” dello Spirito Santo. 0. Tesorera celestiale, divina dispensadora, alcanzade nos, Segnora, Remédiu pro dogni male. Versione antica Versione riformata 1. Po patrona e titulare de su Remédiu bos giamant, ue totus bos acclamant protettora singulare Cherinde nos amparare in custa vida mortale 1. Sa patrona titulare de su Remédiu bos giamant, de totue bos acclamant protettora singulare Chi amades nos amparare in custa vida mortale 2. Cherinde restaurare custa santa devozione cun occulta relazione azis chèrfidu mostrare cudd’affettu singulare E s’amore maternale 2. Bos cherinde restaurare custa santa devozione pro piedosa dignazione hazis chèrfidu mustrare Cun amore singulare Vivu affettu maternale 0:3 alcanzade nos] So1 So2 So3 Vi Ca; Mu1 Mu2 alcanzadenos Me Se1 Se2 Do Ri1 Ri2; Accansa a nois Or; Alcanzainosì Al1 Al2; 0:3 Sennora] Mu1 Mu2; Segnora So1 So2 Se1 Se2 Ca Me Do Or ; Signora So3 Vi Al1 Al2 Ri1 Ri2; 0:4 dogni] donni So3 Vi Mu1Mu2; 1:1 Po patrona e titulare] So1 So2 Ca Al1 Al2 ; Pro patrona So3 Vi Se1 Mu1; Sa patrona Me Se2 Do Ri2; Che patrona Mu2; patrona titulare So3 Vi Me Se1 Se2 Mu1 Mu2 Do Or Mu3 Ri1 Ri2; 1:2 giamant] Me Mu1 (jamant) Do Ri2; giaman So3; lamant Se2 Mu2 Al1 Al2; laman So1 So2Vi Ca Se1 ; 1:3 ue totus] So1 So2 So3 Vi Ca Se1 Mu1 Do Or Mu3 Ri1 Ri2 con varianti grafiche; de totue: Me Se1 Mu1. E a bosu tottus s'acclamant Al1; Aundi tottus osi acclamant Al2; 1:5 cherinde] So1 So2 Vi Ca (Querinde); chergiades So3; chi amades Me Se2 Mu2; cheride Mu1 Do Ri2; Bollais nos'amparari Al2; Si pregaus tottus impari Al1; 2:1 Cherinde restaurare] So1 So2 So3 Vi Ca (Querinde) Se1 Mu1 Do Ri2; Bos cherinde Me; Nos cherinde Se2 Mu2; 2:1 Custa santa devozione] So1 So2 So3 Vi Ca Me Se1 Mu1 (divozione) Do Or Mu3 ; devozioni Al1 Al2; Ri1 Ri2 ; in sa santa devozione Se2 Mu2; 2:2 Cun occulta relazione] So1 So2 So3 Vi Ca Mu2 Mu1 Do Or Mu3 Ri2; relazioni Al1 Al2; Pro piedosa dignazione Me Se1 Se2; 2:4 mostrare] So1 So2 So3 Vi Ca Se1 Se2; mustrare Me Mu1 Mu2 Do Ri2; Eis bofiu dimostrai Al1 ; Heis offidu mostrai Al2; 2:5 Cuddu affettu singulare] So1 Vi Ca Se1 Mu1 Do Or Mu3 Al2 Ri1 Ri2 ; cun affettu So2; cuddu effettu So3; cun amore Me Se2 Mu2; cuddu esemplu singulari Al1; 2:6 E amore maternale] So1 So2 So3 Vi Ca Se1 Do Or Ri2 ; e amori maternali Al1 Al2; vivu affettu maternale Me Se2 Mu2; de s’amore maternale Mu1; 0:1-4. Istérrida e Torrada: I primi due versi della strofa di apertura (“istérrida”) sono sempre identici, in tutte la varianti, compresa quella di Orosei. Dei versetti 3 e 4 del ritornello (”torrada”), solo il v. 3 conosce delle minime variazioni di grafia, e un adattamento linguistico nella variante di Orosei. Per quanto riguarda le varianti grafiche, notiamo soltanto che la scrittura separata di “alcanzade nos” appare nei cinque manoscritti più antichi di So1 So2 So3 Vi Ca, mentre la scrittura unita comincia ad apparire con la pubblicazione del Can. Melis (che anche segna l’accento, seguito da Dore); la scrittura di “Signora” che ad alcuni appare italianizzata comincia ad apparire già in So3 Vi Al1 Al2 ed è ripresa dalla scritta monumentale del Santuario (Ri1 1952), tutti gli altri manoscritti hanno “Segnora” o “Sennora” (notiamo che quest’ultima grafia è quella che sottosta alla pronuncia usuale locale di “Nostra Sannora de s’Arramédiu”). La variante di Orosei attesta un duplice adattamento: usando “accansa a nois” invece di “alcanzade nos”, non solo adotta una grafia e una sintassi più locali, ma soprattutto omologa anche il ritornello all’uso della seconda persona singolare. Questa forma, infatti, quando si rivolge direttamente alla Madonna, usa il “tue” al posto del “bos/bois” originario, e anzi in due strofe passa anche all’uso indiretto della terza persona singolare (cf strofe 3.5). Ciò che, vedremo, appare un segno di sviluppo secondario locale. Istérrida e torrada diverse e del tutto indipendenti sono invece quelle di una forma campidanese, attestata nell’antologia del Murgia, ma senza indicazione di origine: “De sa culpa dilatada / divina reparadora, Serenissima Sennora / de su Remédiu lamada!”. 1:1 Crediamo originaria la distinzione tra “patrona e titolare”, sia per un motivo esterno di data (1864, 1865, 1904 e manoscritti anche campidanesi di inizio 1900), sia per un motivo interno, facendo riferimento alla “patrona” del santuario locale e alla “titolare” del culto trinitario della “Madonna del Rimedio”. Venendo nel tempo a prevalere la consapevolezza del culto locale rispetto a quello universale, il sostantivo “titolare” è stato sentito come aggettivo, essendo questo passaggio facilitato anche dalla scarsa evidenza della congiunzione “e” nel modulo del canto. La variante “Sa patrona” sembra apparire con la edizione del Soggiu (Me Se2); la variante “che patrona”, è probabilmente, come altre, adattamento proprio di Mu2. La variante da scioglilingua “pro patrona” sarà infine da mettere in conto agli infelici sviluppi orali popolari (So3 Vi), seguiti purtroppo dagli autori di antologie (So1 Mu1). Quanto al titolo della “Madonna del Rimedio”, o “del Buon Rimedio”, esso fu fin dall’inizio congeniale all’opera redentiva dei prigionieri cristiani propria dei Trinitari, e risulta ormai di fatto acquisito già alla fine del 1400, anche se la dichiarazione della Madonna del Rimedio come patrona principale dell’Ordine (insieme con S.Agnese) avvenne solo nel 1961, ad opera di Giovanni XXIII, in risposta a un voto espresso dal capitolo generale dell’Ordine nel 1959. Il collegamento del titolo con l’Ordine trinitario fu certamente favorito dall’ampia ricchezza etimologica del termine remédium, usato come sinonimo di redemptio anche in S.Gregorio Magno. La diffusione di tale culto mariano fu incentivata da un breve di Gregorio XIII, che parla della vittoria di Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 9 Lepanto come ottenuta grazie alla devozione di San Giovanni 6 d’Austria alla Madonna del Rimedio. 1:2 Giamant è esplicazione secondaria, ma utile da conservare, dell’originario spagnolismo laman (So1 So2Vi Ca Se1) o lamant (Se2 Mu2 Al1 Al2), residuo della prima epoca di sviluppo di questi Gosos, e che sopravvive curiosamente anche nella versione “riformata” del Sechi e del Murgia (che sembra copiare il Sechi). 1:3 “de totue” sembra far parte della “edizione” del Soggiu, e mette in relazione il culto locale con quello trinitario diffuso nella Sardegna e nella Chiesa in genere. Si potrebbe suggerire “Ue totus” per il canto nel Santuario, e “de totue” per il canto nelle altre chiese. Il manoscritto di Solarussa del 1864 prevede l’uso di adattamenti simili. 1:5 Cherinde nos amparare… La lezione antica e originaria crediamo sia “querinde nos amparare” (1904), secondo una costruzione con il participio/gerundio congiunto con valore causale da collegare con il precedente “bos”, complemento oggetto dei verbi “laman” e “acclaman” (querinde = volentem). Si tratta di una costruzione che l’autore di questi Gosos, costretto anche a una estrema sintesi dalla forma stessa del verso ottonario, utilizzerà ancora nella strofa 3 (“dande pro donni dolénzia”) e nella strofa 12 (“Bos tenimos pro avvocada… suplichende de continu”), ma anche con qualche differenza nella strofa 5 (“sende cosa cumbeniente”). Se la costruzione sottostante è dovuta quindi alla familiarità dell’autore, quasi sicuramente un prete, con il latino, o meglio con il tardo latino e il latino ecclesiastico (si ricordi ad esempio la figura e le composizioni di Giovanni Delogu Ibba), la forma e il senso del verbo “querinde” sono da intendere forse ancora sullo sfondo del verbo spagnolo quierer = “desiderare, amare”, come sentimento o volontà benevola di protezione da parte della Madonna, volontà che motiva il riconoscimento dei titoli di patrona e titolare da parte di chi acclama. La lezione “chi amades” (Melis 1910) deriva forse dalle correzioni del Soggiu, o in ogni caso corrisponde a una variante antica, poiché rispetta l’uso del “Bos” (cosa che non faranno altre correzioni o aggiunte più recenti). È possibile adottarla come lezione esplicativa e facilitante dal punto di vista sia lessicale sia sintattico (“cherinde” è un forma gerundiva meno diffusa rispetto al più comune “cherende”: cf “suplichende”, nella strofa 12). Ci sembra invece da sconsigliare l’adozione della variante “cheride”, non solo perché sicuramente secondaria, ma soprattutto perché non rispetta la genuina sequenza tradizionale nei Gosos, che riserva all’ultima strofa, o al massimo alle ultime due, il passaggio alla forma esplicitamente invocativa della supplica. A conclusione del commento di questa prima strofa, vogliamo aggiungere che il suo confronto con la prima strofa della composizione poetica Atobios N.S. de su Remediu di Bonaventura 7 Licheri, ci offre una via indiretta per far risalire di almeno un secolo, pur in assenza di manoscritti diretti, la testimonianza dell’esistenza dei nostri Gosos. Ecco il testo del Licheri, risalente al 1773: “Lughe celestiale, / su Remediu nos giamat, / e a totus nos aclamat / nostra Segnora”. Ci sembra fuor di dubbio che il Licheri per l’inizio della sua composizione (ma anche per il seguito) si sia ispirato al testo dei nostri Gosos. La sua ispirazione non è solo 6 Cfr. G. CIPOLLONE, “Trinitari (Fratres Ordinis Sanctae Trinitatis et redemptionis captivorum)”, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol IX, Ed. Paoline 1997, p. 1362. (pp. 1330-1371 . 7 Cfr. Eliano CAU (a cura di), Deus ti salvet Maria. Testi poetici inediti di Bonaventura Licheri, Ed. S’Alvure, Oristano 2005 , pp. 112-113. letterale per l’uso di identici termini (celestiale, giamant, aclamat) o espressioni (totus aclamat), ma direi profondamente spirituale. Se infatti nella prima strofa dei Gosos sono tutti i convenuti che “giamant” e “aclamant” la “patrona e titolare de su Remediu”, il Licheri inizia il suo testo come una specie di “torrada” o di “risposta” (modo in fin dei conti non sorprendente per chi conosca il canto sardo tradizionale) da parte della stessa Signora del Rimedio, identificata metonimicamente con il suo Santuario che ne assume, come luogo di luce e di guida, la caratteristica “celestiale”. È così che il “bos giamant” della prima strofa dei Gosos diventa ora “nos giamat”, e “ue totus bos aclamant” diventa “e a totus nos aclamat”. Se poi, a cominciare dalla seconda e terza strofa, dove il Licheri pone in posizione enfatica i termini “devozione”e “consolat”, dopo aver usato “afligidos”e “benidos”, si continuano a rilevare i termini che ora noi leggiamo nei Gosos (cfr. dae ogni logu, unidos, benit, benini, acansare, in su nostru caminu, singulare), la probabilità che il Licheri nel 1773 avesse di fronte un testo dei nostri stessi Gosos del Rimedio diventa certezza alla tredicesima strofa, dove leggiamo “Deus ti salvet Maria, Remediu de ogni male, sa Mamma singulare / sena peccadu” In questa strofa, oltre a usare il termine “singulare” che appare sempre nella nostra prima strofa, il Licheri abbina la chiusura dei Gosos “Remediu de ogni male” con l’inizio di quella sua composizione (o almeno di una sua versione) che maggiormente gli era cara e che ha trovato la più estesa diffusione fino ad oggi. 2:1 Cherinde restaurare – occulta relazione – cudd’affettu – e s’amore maternale. Una considerazione generale è necessaria per la comprensione di questa seconda strofa, la cui trasmissione ha conosciuto e conosce tuttora varie difficoltà. In genere, i Gosos provvedevano proprio nelle prime strofe a fornire ai cantori quelle informazioni storiche sul santo che poi diventavano patrimonio culturale comune e spunto di predicazione per il panegirico. Noi crediamo che la seconda strofa adempia proprio a tale compito tradizionale, alludendo alla “visione” che si trova all’origine dell’ordine trinitario e che costituisce il paradigma della sua iconografia. Delle tradizioni fondanti dell’ordine trinitario, infatti, fa parte il racconto che durante la sua prima messa, il primo gennaio del 1193, san Giovanni de Matha ebbe una visione, in cui Gesù gli appariva “in maestà” ma tenendo per mano, a destra e a sinistra, due schiavi, uno bianco e uno nero. Il bianco aveva le catene ai piedi slegate, ma collegate al trono del Cristo, e teneva nella mano sinistra una croce astata, il cui braccio verticale era rosso e quello orizzontale azzurro. Questa immagine rimane la costante storica dell’Ordine e trova un’importantissima rappresentazione in un mosaico del tempo presso San Tommaso In Formis a Roma. In questa rappresentazione della visione, la particolare raffigurazione della croce ha tradizionalmente la seguente spiegazione: il colore dello sfondo (giallo-oro del mosaico e il bianco dell’abito dell’Ordine su cui la croce stessa viene tessuta) rappresenta Dio Padre nella sua divinità, il rosso del braccio verticale rappresenta l’azione creatrice dello Spirito che viene sulla Vergine e sugli Apostoli, e quindi richiama il concepimento di Gesù e la nascita della Chiesa, mentre l’azzurro del braccio orizzontale rappresenta Gesù deposto nella mangiatoia e nel sepolcro, e quindi richiama la maternità di Maria e l’umanità di Gesù. Se si tiene conto di tutto questo, si chiariscono i versi della seconda strofa che dicono: “cun occulta relazione / azis chèrfidu mustrare / cudd’affettu singulare / e s’amore maternale”. Quando il sardo usa l’espressione deittica “cuddu” fa riferimento a una cosa ben precisa, importante e tanto nota che non c’è bisogno di chiarire maggiormente. In questo caso, riteniamo che “cuddu affettu singulare” si riferisca all’amore divino dello Spirito Santo nell’opera del concepimento verginale (braccio verticale della croce) e Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 10 “s’amore maternale” si riferisca invece alla esperienza materna e drammaticamente umana di Maria (braccio orizzontale della croce rievocante Gesù nella mangiatoia e nel sepolcro). L’ “occulta relazione” fa dunque riferimento alla misteriosa visione di fondazione dell’Ordine Trinitario, di cui la Madonna del Rimedio è patrona, visione che non può essere compresa se non appunto svelandone “la relazione” fra le parti e soprattutto per quanto riguarda il “signum ordinis” della croce e dei suoi bracci, distinti e messi in relazione dal diverso colore. Il risultato finale è che, qualora la strofa sia di nuovo ben compresa nel suo riferimento storico, essa porta fin dall’inizio a centrare in modo cristologico non solo tutta la composizione, ma anche la devozione stessa verso la Madonna del «Rimedio», termine in genere sempre scritto in maiuscolo e che principalmente è sinonimo stesso del nome del suo figlio, Gesù. Ciò resterebbe vero anche se si volesse intendere il termine “relazione” nel suo significato più antico di “comunicazione” (oggi in questo senso si va riaffermando l’uso di “relata”). In tal caso, “occulta relazione” sarebbe da tradurre “misteriosa comunicazione”, e il riferimento sarebbe ancora alla visione fondante avuta da San Giovanni de Matha. Non avendo, invece, più presente una tale coordinata storica, la tradizione orale (o la riforma del Soggiu?) ha sostituito all’ormai incomprensibile e quasi equivoca espressione “occulta relazione” quella più generica e universale di “pro piedosa dignazione” e ha unito o confuso in una unica espressione ridondante il duplice riferimento al concepimento e alla maternità, dicendo in genere che “azis cherfidu mustrare / cun amore singulare / vivu affettu maternale”. Per questi motivi, preferiremmo sostituire “e s’amore maternale” al più implicito “ed amore maternale” dei manoscritti antichi, in modo da distinguere e coordinare meglio i due fatti mariani e cristologici cui l’autore voleva alludere: l’affetto singolare operante nel concepimento e la conseguente maternità amorosa di Maria. Da ciò credo si possa vedere confermato che i primi compositori di Gosos erano in possesso di una vasta informazione storica, di cui i Gosos stessi erano strumento di propagazione, almeno fino a quando essi furono non solo tradizionale espressione di lode, ma anche forma privilegiata di catechesi e di cultura, in un mondo ancora più “orale” che “scritto”. Circa gli altri dettagli, può apparire ora chiaramente che il “bos” iniziale in “Bos cherinde restaurare” (Me) è un’aggiunta musicalmente facilitante e parte di un più ampio intervento esplicativo (Soggiu) su questa seconda strofa, non più compresa però nel suo riferimento storico. Se2, e Mu2 al suo seguito, hanno voluto ancora facilitare una certa comprensione del testo, e hanno deciso qui di non seguire il Melis, ma di sostituire “nos” come complemento oggetto, al posto di “bos” soggetto riferito alla Madonna, e di conseguenza hanno anche corretto “in sa santa devozione” al posto di “cudda santa devozione”. Strofe 3-4-5: Invocazione ed esaudimento: la “ricerca” pellegrinante e le domande di “grazie” si fondano sulla fiducia che il titolo del “Rimedio” è ben giustificato Versione antica Versione riformata 3 Conoschinde sa cleménzia de bois, virgen sagrada, benit sa zente affannada cun votos e riverénzia, dande pro dogni dolénzia consolu meighinale. 3 Conoschinde sa cleménzia chi hazis, virgin sagrada, chircat sa zente affannada de bois cun reverénzia, pro donni dannu e dolénzia confortu meighinale. 4. Consolu de affligidos, refúgiu de peccadores, remédiu de sos dolores dimandant totus unidos zegos, zopos e tulidos, de dogni guta corale. 4. Consolu sos affligidos, refúgiu sos peccadores, remédiu pro sos dolores dimandant totus unidos zegos, zopos e tulidos, fertos de guta corale. 5. Sos chi de coro suplicant, sende cosa cumbeniente, alcanzant subitamente sa grazia chi necessitant, pro su cale bos acreditant cun su tìtulu speciale. 5. Sos chi de coro suplicant, sende cosa cumbeniente, alcanzant subitamente sa grazia chi necessitant, ca de bois s’acreditant Cun su tìtulu speciale. 3-4-5] ordine delle strofe 3-4-5 So1 So2 Me Se2 Mu2; ordine 3-5-4 So3 Ca Se1 Mu1 Do Or Al1 Al2 Ri2; 3-4 Vi (omette 5); 3:1 Connoschinde] Conoscendu Al1 Al2; 3:2 de bois]: So1 (prima mano) So2 So3 Vi Ca Se1 Mu1 Do Ri2; de bosu Al1 Al2 ; a bois So1 (correzione su de bois); chi hazis Me Se2 Mu2; de custa Or ; 3:3 benit] So1 So2 So3 (benint) Vi Ca Se1 Mu1 Do Al1 Al2 Ri2 Or ; chircat Me Se2 Mu2; 3:4 cun votos e riverenzia] So1 So2 So3 Vi Ca Se1 Al1 Al2; … reverenzia Mu1 Do Ri2 Or ; de bois cun reverenzia Me Se2 Mu2; cun votos de reverenzia Or. 3:5 dande] So1 (prima mano) So2 So3 Vi Ca Se1 Do; donendi Al1 Al2; pro dogni dannu Me Se2 Mu2; dade So1 (correzione) Ri2; dades Mu1; e issa Or; 3:6 Consolu] So1 (prima mano) So2 So3 Vi Ca Me Se1 Mu1 Do Al1 Al2 Ri2 ; confortu Me Se2 Mu2 (cunfortu); Remédiu So1 (correzione); dat remédiu Or; 3:6 meighinale] medicinale So1 Ca Se2 Mu1 (mediçinale) Al1 Al2 ; particulare Or; 4:1-6] la strofa è presente con i necessari adattamenti linguistici anche nella forma camidanese Mu3, che per il resto è una versione del tutto indipendente; 4:1-3 Consolu de… Refúgiu de… Remédiu de…] So1 So2 So3 Ca Se1 Mu1 Do Al2 Mu3; Consolu de… Refúgiu de… Remédiu pro Vi Ri1 Ri2 Al1 (po is doloris); Consolu sos…Refúgiu sos… Remédiu pro… Me Se2 Mu2 ; Remédiu a… Or; 4:4 dimandant totus unidos] So1 So2 So3 Vi Ca Me Se1 Se2 Mu2 Mu1 Do Ri1 Ri2 Al1 (tott’unius) Al2 (tottus unius); ti dimandant tottu unidos Or Mu3 (ti domandant totu unius) ; 4:5 zegos zoppoz et tulidos] So1 So2 So3 Vi Ca Me Se1 Se2 Mu2 Mu1 Do Ri1 Ri2 Al2 (Zegus, zoppus e tulidus); malaidos e pessighidos Or; e sunt totu favorius Mu3; Zurpus, zopus e dolius Al1; 4:6 de dogni guta corale] So1 So2 So3 Vi Ca Se1 Mu1 Al1(E de…) Al2; fertos de guta corale Me Se2 Mu2 Ri1 Ri2 Do; sullevas de ogni male Or; cun caridadi sobrada Mu3; 5:4 Sa grazia] So1 So2 So3 Ca Me Se1 Se2 Mu2 Mu1 Do Ri2 Al2; is grazias Al1; su rimediu Or ; 5:4 necessitant] Me Se1 Se2 Mu2 Mu1 Ri2 Al1 Al2; necessitan So1 So2 So3 Ca Do; necessitat Or; 5:5 Pro su cale] So1 So2 Ca (quale) Ri1 Mu3; cun sa cale So3 Mu1 (quale) Al2; pro sa cale Me Se1 (quale) Do Ri2 ; ca de bois Se2 Mu2; et pro cussu Or ; Aundi Al1; Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 11 5:5 bos accreditant] Mu1 ; osi So1 So2 Ca ; si acreditant So3 Me (s’) Se1 (s’) Do Al1 (s’) Al2 (s’) Ri2;de bois s’accreditant Se2 Mu2; li replicant Or ; 5:6 cun su titulu speziale] So1 So2 So3 Vi Ca Se2 Mu2 Do Ri2 ; de su titulu Me Se1 Mu1; custu titulu ispeciale Or ; in su titulu speciali Al2; 3-4-5 Per la successione 3-4-5 e ilsuo senso, cfr. quanto detto in 2.1 e 4.2. 3:2 La lezione “de bois” appare originaria e sintatticamente più naturale e coerente rispetto al “chi hazis” del Melis 1910, che probabilmente fa parte dei “miglioramenti” del Soggiu, che sposta “de bois” al verso 4. 3:3 La variante chircat appare far parte di una “ristrutturazione” della strofa da parte dell’edizione del Soggiu, e non di una “restaurazione” di un testo più antico, di cui ci mancano attestazioni. Tuttavia, la scelta di usare la versione “antica” o la versione “riformata” può dipendere da diverse sensibilità, e non solo da considerazioni filologiche. È vero che, considerando stabile il termine “consolu” come inizio della strofa 4, la sua ripetizione anche alla fine della strofa 3 sembra tecnicamente non felice, e potrebbe essere un indizio di secondarietà per gli stessi manoscritti antichi (ma cfr. la correzione da “consolu” in “remédiu” nel manoscritto del 1864). Tale giudizio di secondarietà, però, non sarebbe decisivo per la strofa nel suo insieme, anche perché altre “ripetizioni” in questi Gosos sembrano far parte del testo originario (cfr. “cherinde… cherinde… dande… connoschinde… consolu… consolu… sende… supplichende…). La scelta di “chircat” potrebbe dunque affiancarsi alle altre di questa strofa, non tanto come originario, quanto come miglioramento esplicativo e sintattico, operato dalla edizione “riformata” del Soggiu. Questo miglioramento, però, non sembra essere stato seguito dall’uso popolare, che ha continuato a usare la strofa con struttuazione “benit”, dove, secondo l’uso orale, ogni verso ha quasi vita autonoma (o al massimo è collegato al verso precedente o seguente), e non resta sospeso in una costruzione sintattica di una unica frase articolata in sei versi (verbo “chircat” al v. 3 e oggetto “cunfortu” al v. 6). Cfr. quanto si dirà circa la strofa 4 “Consolu”. 3:4 Cun votos… Crediamo che la lezione “cun votos e riverenzia” sia quella più antica, indipentemente dalla scelta tra “chircat” e “benit”, per il fatto che la menzione dei “voti” corrisponde alla tradizione dei Gosos di fare riferimenti precisi alle situazioni locali, in questo caso il pellegrinaggio con l’impegno o lo scioglimento de sa promissa. La lezione “de bois” si presenta come inteso miglioramento della edizione Soggiu, parallelo alla sostituzione della medesima espressione con “chi hazis” nel v. 2, e forse anche corrispondente a una certa presa di distanza dalla tradizione dei “voti” popolari, frequente nel clero colto. 3:5 Dande… La lezione più antica (confermata dalla versione campidanese “Donendu”) crediamo sia “dande pro dogni dolenzia”, con lo stesso uso del gerundio già incontrato alla strofa 1:5 “querinde non amparare”.”. Come già prima, così anche ora, da tale uso, dettato dalla brevità del verso ottonario, sono nate delle varianti per semplificazione o incomprensione (cfr. correzione So1; “dades” Mu1; “e issa… dat” Or; “dade” dell’uso attuale). Può essere preferibile, se scelta in accordo con le modifiche omogenee, la lezione della versione “riformata”, “pro donni dannu e dolenzia”, che verosimilmente qui interviene non restaurando, ma esplicitando la sintassi e chiarendo il significato, e nello stesso tempo mantenendo la strofa con più chiarezza e coerenza nel momento iniziale della “narrazione” (“manipolazione” e “competenza” nei termini della semiotica greimasiana): la fiducia nel bisogno origina la ricerca, nella certezza che la Madonna ha una risposta appropriata per ogni situazione. La menzione di “ogni danno e dolore” prepara bene del resto l’enumerazione della strofa seguente. Le lezioni invocative, chiaramente secondarie, “dades, dade,” sono da abbandonare, anche perché non conformi alla struttura tradizionale che riserva la supplica esplicita alla fine, mentre la lezione “e issa … dat” di Orosei, anch’essa secondaria (come appare anche dall’uso indiretto della terza persona singolare), anticipa l’esaudimento, che è invece il momento narrativo della strofa 5 “Sos chi de coro suplicant”. 3:6 La tradizione ha oscillato tra “consolu / remédiu / confortu”. La lezione più anticamente attestata è “consolu”. “Remédiu” è secondario fin dal manoscritto del 1864, dove il termine appare come correzione di “consolu”, correzione però non presente nel manoscritto della stessa mano del 1865. La secondarietà appare anche dal fatto che tale verso finale sarebbe ripetuto identico nella strofa 11, dove il termine “remédiu” appare come prevalente nei manoscritti antichi (So1 So2 So3 Ca Al1), pur cambiando l’aggettivo (“remédiu universale” So3 Al1). Si potrebbe anche qui preferire l’uso della lezione riformata: “confortu” non appare altre volte in questi Gosos, e può essere meglio riferito a “ogni danno e dolore”, evitando pure la ripetizione di “consolu” rispetto al primo verso della strofa seguente, dove il termine è più appropriato per gli “afflitti”. Si terrà conto, del resto, che qui si tratta di uno di quei versi intercambiabili, tipici del carattere formulare della tradizione orale, dove alla fissità della forma dettata dalla rima si abbina una grande flessibilità e libertà di contenuto, nella scelta dei sinonimi. 4:1-3 Notiamo anzitutto che nei manoscritti antichi i primi tre versi sono costruiti tutti al genitivo (“consolu de affligidos / refúgiu de pecccadores / remédiu de sos dolores”), forma che era conosciuta ancora da Sechi 1932 (e in seguito riprodotta da Murgia 1980 e Dore 1983), e che ritroviamo anche nelle versioni campidanesi di Mu3 e Al2. La lezione variante oggi in uso con la preposizione de nei primi due versi, come nella versione “antica” (“Consolu de affligidos, refúgiu de peccadores”) e la preposizione “pro” nel terzo, come nella versione “riformata” (“remédiu pro sos dolores”) o “a” nella variante di Orosei (“remédiu a sos dolores”) appare come una lectio conflata che mette insieme parte della versione antica e parte della versione riformata, ed è quindi secondaria, anche se attestata pure in Vi e Al1, manoscritti dicui ignoriamo con precisione la data di fine 1800 o inizio 1900, ma che sembrano in ogni caso posteriori alla edizione del Soggiu. Dal punto di vista filologico, resterebbe da decidere per l’originarietà o della versione antica, con i tre genitivi, o della versione riformata, che in questo caso si rivelerebbe “restaurata”, con i primi due nominativi “sos” e il terzo dativo “pro/a”. Diciamo subito che per l’uso nella liturgia, soprattutto nel caso della tradizione orale e scritta dei Gosos , la filologia è certo un criterio importante, ma non determinante. Se la versione riformata sembra preferibile per chiarezza e bellezza della strofa, la si potrà adottare senza bisogno di dimostrare che è anche originaria. Di fatto, tuttavia, l’uso popolare, sia pure in modo inconsapevole delle questioni filologiche, ha preferito finora una variante che non è né l’antica né la riformata. Che cosa tutto questo può significare? Partiamo da una considerazione che può essere detta “di scuola”, ma che a un secondo livello può essere applicata al mancato “successo” della versione riformata di questa strofa. Se la Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 12 lezione riformata fosse quella originaria (e quindi “restaurata”, cosa che ci appare improbabile, data la situazione dei manoscritti), le varianti che ne sarebbero derivate, compresa quella “antica” e in questo caso secondaria, si spiegherebbero con le seguenti considerazioni. È una costante della tradizione orale dei Gosos procedere a una semplificazione sintattica delle strofe, qualora esse siano state originariamente costruite (più verosimilmente da un autore letterario) come un’unica frase articolata in sei versi. Una tale semplificazione ritorna così alla forma caratteristica della oralità di versi “formulari”, quasi autosufficienti o al massimo collegati melodicamente in coppia, facilmente riutilizzabili (o già utilizzati) in altri contesti, secondo il bisogno della rima (si ricordino, ad esempio, i ricorrenti “epiteti” formulari omerici). È quanto potrebbe essere successo nella strofa 4, che ha appunto una unica costruzione sintattica articolata sui sei versi, e questo del resto in continuità con le precedenti strofe 2 e 3, costruite tutte e due sull’uso di due gerundi iniziali e uno finale (“cherinde…” , “connoschinde… dande”). Il verbo principale del “domandare” è situato al quarto verso, “dimandant totus unidos” (nella strofa precedente era al terzo verso “chircat/benit sa zente affannada”), mentre i complementi oggetto sono posti in posizione retorica enfatica all’inizio dei primi tre versi, con il verbo “dimandant” sottinteso nei primi due: “consolu [dimandan] sos affligidos, refúgiu [dimandan] sos peccadores, remédiu pro sos dolores / dimandant totus unidos ”. Si noterà che la posizione enfatica è ben in continuità con la strofa precedente, che, dal canto suo, aveva raggiunto lo stesso effetto retorico riservando solo all’ultimo verso la menzione di quel “consolu/cunfortu meighinale” che rappresentava l’oggetto comune della “ricerca”. La strofa in questo modo è ben costruita, dal punto di vista dello “scritto”, ma in realtà avrebbe messo in difficoltà la “tra-dizione orale”, che, tendendo a isolare in modo formulare i singoli versetti, ha sentito non usuale e “difficile” la sequenza “consolu sos … refúgiu sos…(cfr la scrittura di Murgia 1980 che inserisce una virgola facilitante, manovra tipica di una cultura “scritta”) e ha trovato più semplice sostituire la costruzione retorica “oggetto+soggetto”, con ellissi del verbo (“consolu [dimandant] sos affligidos / refúgiu [dimandant] sos peccadores”), in quella diretta “oggetto+specificazione”, con il verbo non più sottinteso ma semplicemente posposto (“consolu de affligidos… dimandant totus unidos”). D’altra parte, però, la lezione attestata da tutti i manoscritti più antichi (eccetto quello di Villaurbana), ha la triplice sequenza con i tre genitivi “de” sempre con la medesima funzione sintattica di oggetto+specificazione (come appare bene dalla versione campidanese e in parte indipendente contenuta nell’antologia Murgia 1980, dove “totu unius” e “totus favorius” mette sicuramente insieme chi domanda consolazione “degli” afflitti, rifugio “dei” peccatori e rimedio “dei” dolori). Tale costruzione, però, è linguisticamente naturale per il terzo verso riferito a una “cosa” (“dimandan remédiu de sos dolores”), ma non è altrettanto naturale per i primi due versi riferiti a “persone” (dimandant consolu de affliglidos, dimandant refúgiu de peccadores). Simili forzature sintattiche possono essere talvolta dovute alla costrizione derivante dalla brevità del verso ottonario, ma possono essere anche segno di “degrado” nella trasmissione orale. Si potrebbe credere che sia il caso di questa strofa, poiché la medesima costruzione con il genitivo la troviamo nell’ultimo verso, “de dogni guta corale”, dove “tulidos / de dogni guta corale” non offre un buon senso logico o probabile legame sintattico (si dovrebbe tradurre “paralitici / di ogni colpo apoplettico”, supp[onendo una specie di diagnosi sui vari tipi di ictus), e la cui presenza, al posto di una corretta ulteriore enumerazione “fertos de guta corale”, si spiegherebbe solo con la tendenza a ripetere inconsapevolmente formule ricorrenti, autonome, e in questo caso “superlative”. Si noterà poi che in nessuna altra simile e ricorrente enumerazione appare una 8 specificazione né di tulidos né di un altro termine. La versione campidanese di Al1, che aggiunge una “e” a inizio verso (“E de dogni gutta corali”), fa supporre appunto che si pensasse a una specificazione ulteriore di altri casi di malattia, senza collegamento con il precedente termnine di “tulidos/tulidus”. A questo punto, soprattutto nella scansione melodica della tradizione orale a coppie di versi, i primi due versi, inizialmente oggetto+specificazione, sarebbero stati, e sono in realtà oggi effettivamente sentiti, invece, come “vocativo+specificazione”, nel senso di “tu che sei consolu de affligidos”, “tu che sei refúgiu de peccadores”, mentre si mantiene la funzione oggetto+specificazione per il terzo verso: “a te domandano tutti uniti remédiu de sos dolores”. Tale discontinuità di funzione nella triplice sequenza dei genitivi, altrimenti unitaria e omogenea, è però chiaramente innaturale. Così, a questo punto, tutto è pronto per la versione conflata, che trova molto più coerente e chiaro l’uso differenziante della proposizione “pro sos dolores ” (foglio e novena del Santuario) o “a sos dolores” (Orosei) al posto dell’uso “antico” e omologante della proposizione “de”. In conclusione di questo lungo sviluppo, e in un momento in cui, grazie anche agli studi sulla “cultura orale”, questa diventa più consapevole delle sue caratteristiche e della sua interazione con la “cultura scritta”, crediamo si possa esortare a riconoscere i meriti della edizione “riformata” del Soggiu, anche quando non ci sono gli elementi sufficienti per vedere in essa una versione originaria “restaurata”. Tenendo conto, però, dei risultati della “sperimentazione” orale successiva, sarebbe anche possibile ritornare alla sequenza “antica”, ed eventualmente originaria, dei primi tre versi con “de”, con la sola correzione di “fertos de gutta corale” al posto di “de dogni gutta corale” nell’ultimo verso. 5:5 “Pro su cale” è altro spagnolismo, da por que, cfr. anche il latino propter quod = “per la qual cosa, per questo”. Quando il costrutto spagnolo non era più capito, il maschile/neutro “su cale” fu trasformato in femminile “sa quale”, riferendolo all’antecedente “sa grazia”. Il testo originario è sicuramente “Pro su cale osi/bos acreditan / cun su titulu speziale”, con il significato di “perciò vi danno credito/fiducia / con il titolo speciale”. Simmetricamente all’incomprensione dello spagnolismo “pro su cale”, intervenne la trasformazione del pronome personale “bos”, che, grazie anche alla scrittura con la duplice elisione della consonante iniziale “b” e della vocale finale “i”, non pronunciate, “ ’os’accreditant” , divenne “s’accreditant”, pronome riflessivo riferito ormai al soggetto della supplica e non più promone personale transitivo riferito alla 8 L’elencazione “zegos, zoppos e tulidos” in realtà si trova diverse volte nei Gosos. Si vedano, ad esempio, i Gosos di Nostra Signora de sa Colunna : “Cun sa bostra invocazione / sanan mancos et tulidos / zegos, zoppos, destituidos…” (cfr. Murgia 1980, p. 47), versi presenti tali e quali anche nei Gosos di Nostra Signora de Adam (cfr. Idem, p. 8); nei Gosos de Nostra Signora de is Acuas : “Zoppus, istrupiaus / zurpus e addolorius / de Bosu sunt assistius…” (idem, p. 14); nei Gosos de Nostra Signora de Itria: “Zoppus, fertus, istrupiaus / poberus, zurpus, tulius, / de bosu sunt assistius…” (idem p. 67) e in una variante dei medesimi Gosos: “Zoppus, maccus istrupiaus / zurpus, poberus, tulius / de bosu sunt assistius…”; nei Gosos di Nostra Signora de Luc: “A peis bostus totus / accudint is afligius, / zoppus, zurpus e tulius / offerendi meda votus…”. Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 13 Madonna, alla quale, come momento finale di “sanzione”, il titolo speciale “del Rimedio” è con fiducia e giustamente riconosciuto. Strofe 6-7: Lodi in ringraziamento, con particolare riferimento alla dottrina dell’Immacolata Concezione. Versione antica (aggiunte) Versione riformata Ses de su mundu allegria Ses de su Chelu bellesa De sos Anghelos princesa De sos Santos melodia Ses consolu e vera ghia Contra sa culpa mortale 6. Oh de sa terra allegria! Oh de su chelu bellesa! Oh de sos giustos firmesa! Oh de sos errantes ghia! Sezis de Deus, Maria, Delizia e amore eternale. 7. De su Babbu Fiza ermosa, De su Fizu Mamma ondrada, De s’Ispìritu formada Sezis dignissima Sposa, S’Unu e Trinu cale rosa Bos tenet, donu reale. 6:1-6 ] So1 So2 Al1 non hanno la strofa; 6:1: Oh de sa terra allegria] Me Se2 Mu2 ; Ses de su mundu allegria So3 Vi Ca Se1 Mu1 Do Or Al2 Ri2; 6:2 Oh de su chelu bellesa] Me Se2 Mu2; Ses de su chelu bellesa So3 Vi Ca Se1 Mu1 (v. 3, inverte ordine) Do Or Al2 (de su Xelu) Ri2; 6:3 Oh de sos giustos firmesa] Me Se2 Mu2; De sos Anghelos princesa So3 Vi Ca Se1 Mu1 (v. 2, inverte ordine) Do Al2 (de is angelus) Ri2 ; de sos ómines difesa Or; 6:4 Oh de sos errantes ghia] Me Se2 Mu2 ; De sos Santos melodia So3 Vi Ca Se1 Mu1 Do Al2 (de is santus) Ri2; de sos anzelos melodia Or; 6:5 Sezis de Deus, Maria] Me Se2 Mu2 ; Ses consolu e vera ghia So3 Vi Ca Se1 Mu1 Do Al2 Ri2; ses lughe e vera ghia Or; 6:6 Delizia e amore eternale] Me Se2 Mu2 ; Contra sa culpa mortale So3 Vi Ca Se1 Mu1 Do Al2 Ri2; de sa Ecclesia universale Or ; 7:1-6 De su Babbu Fiza ermosa…] Me Se2 Mu2 Ri2, con varianti grafichein ciascuna forma. 7:2 ondrada] Me Se2 Mu2; onorada Do Ri2; 6:1-6 Ses de … / Oh de…: Cfr. 2.2 e 3.3. Abbiamo già detto che questa strofa è assente dai manoscritti più antichi a nostra disposizione del 1864-65, mentre appare nel manoscritto di fine ‘800 di Solarussa e in quelli di inizio ‘900 sia di Villaurbana sia della Cattedrale (1904), e è presente solo in uno dei manoscritti campidanesi (Al2). Il cambiamento nell’uso dal pronome di seconda persona plurale “bos/bois” a quello di seconda personale singolare, anche se sottinteso, “(tue) ses”, è segno di aggiunta secondaria, tanto più che la strofa fa ricorso a versi formulari intercambiabili, che si possono ritrovare tali e quali in altri Gosos. L’edizione del Soggiu accetta l’inserimento della strofa, ma elimina tale incongruenza nei primi due versi e sostituisce i quattro versi formulari successivi, inserendo una seconda coppia di opposizioni di estremi, “giustos/errantes” (in parallello a quella di “mundu/chelu” dei primi due versi, che ha reso ancora più esplicita trasformandola in “terra/chelu”), e infine anticipando negli ultimi due versi, con il coerente uso della seconda persona plurale (“Sezis de Deus Maria / delizia e amore eternale”) i temi teologici trinitari che svilupperà nella strofa seguente, creata ex novo, “De su Babbu Fiza ermosa”. La funzione della strofa, come abbiamo detto, è quella di espandere la “sanzione” di lode per essersi sentiti esauditi, e, nella versione “riformata”, anche quella di introdurre i temi teologici del “corpo” centrale della composizione. Trattandosi di una strofa aggiunta che non porta elementi strutturali nuovi, essa potrebbe essere facilmente tralasciata, nella tradizionale libera scelta delle strofe da cantare. L’antichità del suo inserimento, però, suggerisce di mantenerla nell’insieme della proposta, soprattutto tenendo conto che la tradizione popolare approfitta di questo genere di strofe “de communi” per aggiornare o adattare il canto ai tempi e alle circostanze. È quanto succede, ad esempio, nella variante di Orosei, dove il v. 3, “de sos ómines difesa” evoca i sensi di insicurezza della vita quotidiana (cfr. simmetricamente i “pessighidos” della strofa precedente), e il v. 6, terminando l’espressione formulare del v. 5, “aggiorna” il testo alla teologia del Concilio Vaticano II (“ses lughe e vera ghia / de sa Ecclesia universale”). 7:1-6: Strofa creata ex novo, verosimilmente dalla edizione Soggiu, parallelamente con gli ultimi due versi della strofa 6 e poi con la strofa 10, per “aggiornare” la composizione ai temi teologici del dogma dell’Immacolata Concezione. Il fatto che sia composta ex novo non significa che sia del tutto originale e nuova: alcune delle figure usate (fizza ermosa, isposa dignissima, formada de s’Ispìridu, rosa) fanno parte del deposito tradizionale delle lodi della Madonna, e in particolare dell’Immacolata. Strofe 8-9-10-11: Immagini bibliche che sviluppano la lode, con un riferimento all’avvenimento storico della battaglia di Lepanto sullo sfondo del racconto di Giuditta. Versione antica (aggiunte) Versione riformata Ses Giuditta chi has prostradu A Olofernes mortale Chi cun istragu fatale Hat destruidu su peccadu Lassende incadenadu A Luciferu infernale. 8. Si sa conca una hat truncadu De s’Oloferne brutale, E cun istragu fatale S’esercitu hat degogliadu, Est de su podere armadu De Maria almu segnale. Turre Davidica forte Rosa mistica sagrada Oliva frutificada Cipressu de s’altu monte De sos navigantes norte E ghia universale. 9. Turre Davidica forte De armas lughentes frunida, Rocca de sa vera vida A ue non s’accostat morte, Contra inimiga coorte Firmissimu antemurale. 10. Pianta mìstica sagrada, Fiore de fruttu divinu, Serradu santu giardinu, Bìngia de ‘ide seberada, De dogni gràzia istimada Immancàbile canale. Versione antica Versione riformata Nave mìstica divina Chi de su chelu hat portadu Su pane sacramentadu, 11. Arca santa peregrina Chi de Gesùs hat portadu Su pane sacramentadu, Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 14 Verdadera meighina E de s’ànima meschina Remédiu meighinale. Verdadera meighina E de s’anima meschina Sustentu vivu e vitale. 8:1-6] Or Ri2 non riportano la strofa; 8:1 Si sa conca una hat truncadu] Me Se2 Mu2 (Sa conca…); Ses Giuditta chi has prostradu So1 So2 So3 Ca Do Mu3 Al1; chi as portau Vi; Ses Judith qui hat prostradu Mu1 Al2; Cale Giudita has prostradu Se1; 8:2 De s’Oloferne brutale] Me Se2 Mu2; a Olofernes mortale So1 So2 So3 Vi Ca Se1 Mu1 Do Al1 Al2; s’Oloferne infernali Mu3 ; 8:3 E cun istragu fatale] Me Ri2 Mu3 (fatali); Chi cun istragu fatale So1 So2 So3 Vi Ca Se1 Mu1 (qui) Se2 Mu2 Do Al1 Al2; 8:4 S’esercitu hat degogliadu] Me Se2 Mu2; Hat destruidu su peccadu So1 So2; Ha destruttu su peccau Al1; Has … So3 Vi Ca Se1 Mu1 Do Al2 Mu3; 8:5 Est de su podere armadu] Me (a<r>madu)Se2 Mu2; Lassende incadenadu So1 So2 So3 Vi Ca Se1 Do (lassande) Al1 Al2 (lassenduru [sic!] incadenau); cun lassare incadenadu Mu1 ; sendu su celu serrau M3 ; 2 2 8:6 De Maria almu segnale] Me Se Mu ; A Luciferu infernale So1 So2 So3 Vi Ca Se1 Do Al1 Al2; Luciferru s’infernale Mu1 ; tui has abertu s'istrada! Mu3; 9:1-6] Vi Mu3 omettono la strofa; medicinale Vi Mu1 (mediçinale) Do Al2 (medicinali) ; remediu singulare Or; remediu vivu e vitale Ri2; sustentu vivu e vitale Me Se2 Mu2; Strofe 8-11: circa la funzione di questo gruppo di strofe, corpo teologico e catechistico della composizione, cfr. sopra 4.1 e 4.2. Strofe 8 e 9: la figura di Giuditta e l’immagine della torre. Cfr. 3.2. Riteniamo queste due strofe secondarie, ma aggiunte da lungo tempo al testo breve dei Gosos che supponiamo iniziale. Il riferimento alla figura di Giuditta è frequente nei Gosos mariani, e alcune volte, come qui, accostata all’immagine della “torre”. Il fatto che le espressioni di questa strofa si ritrovino molto simili in altre composizioni, sia anche e di nuovo l’incoerenza del passaggio dal plurale di rispetto “Bos” (più spagnolo) al singolare “(Tue) ses” (più sardo), incoerenza estesa in alcuni manoscritti nel contemporaneo uso della terza persona singolare “at” nel v. 4, indicano una situazione testuale secondaria già nei manoscritti più antichi di So1 So2 e poi in Mu1 (So3 Vi Ca Se1 Do Mu3 mantengono sempre la seconda persona singolare). Strofe 10-11 : Alcuni commenti a queste strofe sono già stati in 4.2. Strofe 12-13: strofe usuali di invocazioni conclusive: prospettiva escatologica e invocazione per il momento della morte 9:1 Turre davidica forte] identico in tutti i manoscritti; 9:2 De armas lughentes frunida] Me ; De semas de lughe frunida Se2 ; de tantas lughes frunida Mu2; rosa mistica sagrada So1 So2 So3 Ca Se1 Mu1 Do Ri2 Or (sacrada) Al1 Al2; 9:3 Rocca de sa vera vida] Me Se2 Mu2 ; Oliva frutificada So1 So2 So3 Ca Mu1 (olia) Do Ri2 Or (ulia furtificada) Al1 (oliva fortificada) Al2; 9:4 A ue non s’accostat morte] Me Se2 (Ue) Mu2 (Ube); Cipressu de s’altu monte So1 So2 So3 Ca Mu1 Do Ri2 ; de altu monte Or Al1 Al2 (monti); 2 2 9:5 Contra inimiga coorte] Me ; s’inimiga Se Mu ; De sos navigantes norte So1 So2 So3 Ca Mu1 Ri2 Al2 (Norti); sorte Do; Ses dae terra a chelu ponte Or; De is navigantis ponti Al1; 9:6 Firmissimu antemurale] Me Se2 Mu2; E ghia universale So1 So2 So3 Ca Se1 Mu1 Do Al1 (Ses ghia universali) Al2 (… universali) Ri2 ; Isperanzia de sos mortales Or; 2 2 2 Versione antica Versione riformata Già chi in su regnu divinu Bos tenimos pro avvocada, Pro s’ànima tribulada Suplichende de continu, Mostrade nos su caminu De sa pàtria celestiale. 12. Già chi in su Regnu Divinu Bos tenimos avvocada Pro dogn’ànima affannada Supplicamus de continu Mostràde nos su caminu De sa pàtria celestiale. In cudda ultima ora De s’agonia mortale Alcanzade nos Segnora Su remediu generale 13. Cando deet benner cudd’ora De s’agonia mortale, Alcanzade nos, Segnora, Su Remédiu generale. Alcanzade nos, Segnora, Remédiu pro dogni male. 12:1-6] Al2 omette; Mu3 la inserisce nella rima campidanese; 10,1-6] Me Se Mu Do Ri ; la strofa non conosce se non minime varianti grafiche; 12:1 Già chi] Giaichì Mu2 Mu3 11:1-6] La strofa è presente in tutti i manoscritti, eccetto che nella variante indipendente campidanese Mu3; 12:2 pro] So1 So2 So3 Vi Ca; po Mu3 Al1; gli altri omettono; 12:2 bos tenimos] ti Or Mu3 (ti teneus); si (= osi = bos) teneusAl1 ; 11:1 Nave mistica] So1 So2 So3 Vi Ca; Se1 Mu1 Do Or Al2 Ri2 ; Barca mistica Al1; Arca santa peregrina Me Se2 Mu2; 12:2 avvocada] So1 So2 (advocada) So3 (avocada) Me Do Or Me; avvocata Ca Se1 Se2; abogada Vi Mu1 Mu2Al1; 11:2 de su chelu] de Gesùs Me Se2 Mu2; de su Xelu Al1 Al2; 12:3 Pro s’ànima tribulada] De s’ànima Vi ; Pro dogn’anima affannada Me Se2 Mu2 ; tribuliada Mu1 Mu3 11:2 hat portadu] So1 So2 Me Se2 Mu2 Mu3 Ri1 Al1; has/as So3 Vi Ca Se1 Mu1 Do Or Al2 Ri2; 11:3 su pane] su pani Al1 Al2; 11:4 meighina] meixina Al1 Al2; 11:5 meschina] mischina So3 Vi Mu1 Al2; 11:6 remediu meighinale] remediu medicinale So1 So2 (midicinale); remediu universale So3 Al1 (rimediu universali) ; consolu 12:4 suplichende] supplicamus Mu Se2 Mu2 Or ; supplicai Al1 ; interçedi Mu3; 12:5 mostrade nos] So1 So2 So3 Ca Mu1 (mustrade nos) Ri2; mustràdenos Me Se1 (mostradenos) Se2 Mu2 Do; mustra a nois Or ; alcanzade nos Vi ; mostrainosì Al1; ghianosi in Mu3; 12:5 su caminu] in caminu Mu1; 12:6 celestiali] suspirada Mi3 (per la rima in campidanese); Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 15 13:1-6] So2 scrive solo i primi due versi; So1 Se2 Mu2 scrivono solo i primi 4 versi; So3 Or Al1 scrivono solo i primi tre versi e il sesto verso; Vi Do Al2 non la riportano per niente. 13.1 Cando deet benner cudd’ora] Me Se2 Mu2 Ri2 ; In cudda ultima ora So1 So2 So3 Ca Se1 Al1 ; Ma essende in s' ultim'ora Mu1 ; Bennida cudd'ultim'ora Or ; 13:3 Alcanzade nos] So1 So3 Ca ; alcanzàdenos Me Se1 Mu1 Se2 Mu2 Ri2; accansa a nois Or; Alcanzainosì Al1. 13:4 Remediu] Rimediu Al1 12:1-6 e 13:1-6 Alcuni commenti a questo gruppo di strofe sono stati già proposti in 2.2 e 4.2 Bibliografia Fonti (vedi all’inizio dell’articolo) Documenti e Opere: CONFERENZA EPISCOPALE SARDA, La chiesa di Dio in Sardegna all’inizio del terzo millennio. Atti del Concilio Plenario Sardo, Annunciato nel 1987 Concluso nel 2001, Zonza Editori, Cagliari 2001. CAU , Eliano (a cura di), Deus ti salvet Maria. Testi poetici inediti di Bonaventura Licheri, Ed. S’Alvure, Oristano 2005. CIPOLLONE, G. , “Trinitari (Fratres Ordinis Sanctae Trinitatis et redemptionis captivorum)”, in Dizionario degli Istituti di Perfezione , vol IX, Ed. Paoline 1997, (pp. 1330-1371). MELIS, Can. Antioco , Il Santuario del Rimedio presso Oristano (Sardegna). 3a edizione riveduta e ampliata, Milano, Tip. e Lib. Pont. e Arc. Romolo Ghirlanda, 1920. SANNA, Gigi, Pulpito, politica e letteratura. Predica e predicatori in lingua sarda,S’Alvure, Oristano 2002. Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 16 Appendice Testo del Novenario attestato in un manoscritto del 1904 In appendice, provvediamo a “editare” il testo di “Su Novenariu de sa Virgini Santissima de su Remediu” contenuto nel manoscritto che abbiamo chiamato “rituale di Cattedrale” (Ca), una raccolta di 540 pagine, conservata dall’attuale parroco della Chiesa Cattedrale di Oristano. Circa la datazione di questa raccolta, come abbiamo detto nella presentazione dei Gosos, essa è certamente da considerarsi conclusa nel 1904, come si ricava da un foglio di apertura, che riporta, per aggiunta della stessa mano, una preghiera alla Vergine Immacolata, “in custu solenni giubileu de sa proclamazioni de su domma chi os’hat annunziau a totu su mundu cuncebia senza peccau”, e inoltre da una “immaginetta” inserita nello stesso manoscritto e appunto datata al 1904, cinquantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. L’interesse di questo Novenariu è dovuto anzitutto al fatto che esso è anteriore a quello, sempre in sardo, riportato nel noto volumetto del Can. Antioco Melis del 1920 e 1920, già pecedentemente citato, rispetto al quale il nostro testo manifesta non solo una maggiore antichità e genuinità di lingua, ma anche una maggiore “tradizionalità” e, talvolta, varietà di contenuti. Si vedano, ad esempio, le cinque varianti principali dell’Attu de cuntrizioni, rispetto all’unica formula riportata nel volumetto del Melis. Per l’interesse di questa varietà di formule, ne riportiamo in conclusione una tavola sinottica che mette a confronto le diverse varianti, ordinate e segmentate in base ai vari “momenti” teologici della preghiera stessa. Trascriviamo il testo del Novenario utilizzando i noti segni diacritici utilizzati per le “edizioni” dei manoscritti, senza ulteriori commenti. Notiamo soltanto, in mancanza di qualsiasi documentazione relativa negli archivi del Santuario, che tale testo deve essere rimasto in uso per lungo tempo, e forse anche qualche secolo, con i consueti adattamenti linguistici da un periodo all’altro, come il testo spagnolo-sardo dei Gosos lascia intravedere. Che il testo “riformato” del Novenario riportato dal Melis fin dal 1910 (data della prima edizione del suo volumetto) sia, come il testo “riformato” dei Gosos, da attribuire al lavoro di edizione (e in questo caso anche di semplificazione e abbreviazione) di Mons. Soggiu, è una questione che ora segnaliamo, senza volerla approfondire. Così come non affrontiamo un lavoro di confronto tra le due “edizioni”, in vista di precisare se già in questo testo del 1904 sia presente in qualche modo la ‘mano” del Soggiu. Di sicuro, il testo che di seguito editiamo era in uso fino al primo decennio del 1900 come eredità di una storia locale di fede lunga già diversi secoli, e noi lo presentiamo come testimonianza di un tempo in cui la fede in Sardegna aveva delle caratteristiche di inculturazione dalle quali abbiamo ancora molte lezioni da trarre e rinnovare, in un continuo aggiornamento della “tradizione” ricevuta. Novenariu de sa Virgini Santissima de su Remediu Prima Dii Attu de Contrizioni Signori miu Gesu Cristu, Deus i Omini vertaderu, po essiri bosu chini seis infinitamenti amabili e poita chi os amu prus de tottus is cosas, mi pentu cun totu su coro de tottus is ofensas chi happu fattu a sa Divina Magestadi Bosta infinita, e propongu firmamenti cun s’agiudu de sa Divina grazia bosta sa vera emenda de sa mala vida mia, e de fuiri totus is occasionis perigulosas de peccai. Confirma, o Signori custus disigius chi deo tengu de os essiri fideli e gratu assumancu de imoi innantis, po is santissimus meritus de sa dignissima e gloriosissima Mama bosta Maria, sa cali cun totu coru veneru basciu su titulu de su Remediu. Aici siat. Orazioni A Maria Santissima Clementissima Signora e Reina Soberana de su Remediu, chini mai hat a poderi arribai a cumprendiri is eccellentis virtudis, e insignis prerogativas de is calis su Divinu Signori cun manu liberali hat arrichiu e adornau sa santissima anima bosta finzas de su primu istanti de s’Immaculada Concezioni bosta, mentras hos hat eligiu Mama de s’Unigenitu Fillu, po operai cun issu sa redenzioni de su generu umanu. Nosaturus torraus infinitas grazias de custu trattu de providenza a sa Trinidadi Augustissima; mentras inalzendusì a una dignidadi aici nobili e sublimi, hat boffiu constituirisi amorosa dispensadora de is immensus tesorus de is beneficenzias suas po s’eterna salvazioni nosta. Si narant noi Ave Maria e unu Gloria Patri po cuddus noi mesis, chi issa fiat istada in is intragnas de sa gloriosa Mama sua Sant’Anna Orazioni O Virgini santissima e gloriosissima de su Remediu, nosaturus umilmenti osi suplicaus, chi si digneis ottennirinosì de Fillu bostu Gesus grazia sufficienti i efficazi po provai is effettus de sa santissima Redenzioni sua, po chi purificaus de sa culpa e mancia de su peccau, goseus sa gloria de su paradisu. Bosu potantu o virgini santissima po cuddu infinitu poderi, chi Deus os hat cuncediu siais sa Defensora de sa fidi Catolica, sa Medianera de s’esaltazioni sua, sa destruzioni de is eresias, s’abogada de sa paxi e de s’unioni tra is Principis Cristianus, sa Consoladora de is poberas e affligidas animas de su Purgatoriu, e de is infelizis isclavus Cristianus, finalmenti s’unicu Rifugiu de nosaturus in dogna bisongiu, necessidadi e perigulu, fendunosi dignus de is grazias de Fillu bostu Gesus, e in particulari de cudda chi osi dimandaus in custa Santa Novena, mentras serbat a maggiori gloria bosta, e profittu nostru spirituali. Aici siat. Dognunu dimandit sa grazia. Depustis si resat sa Salve Regina Sub tuum pr(ae)sidium confugimus Sancta Dei Genitrix nostras deprecationes ne despicias in neccessitatibus nostris, sed a periculis cunctis libera nos semper Virgo gloriosa et benedicta. V. Ora pro nobis Sancta Dei Genitrix R. Ut digni efficiamur <promissionibus Christi> Oremus Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 17 Famulorum tuorum, qu(ae)sumus Domine, delictis ignosce: ut qui tibi placere de actibus nostris non valemus, Genitricis Filii tui Domini Nostri intercessione salvemur. Qui tecum vivit et regnat <in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum>. Amen. Si cantant is Gosus, comenti a pag. <71> Segunda Dii Attu de Contrizioni Misericordia Signori, mi pentu cun totu su coru de is peccaus mius mi ’ndi pentu po is benis chi hapu perdiu, e pos is malis chi hapu meresciu pechendi, ma principalmenti mi ’ndi pentu poita chi happu offendiu unu Deus tantu bonu, e tantu amabili comenti seis Bosu: bolia essiri mortu innanti de os’ hairi offendiu, e propongu firmamenti cun sa Divina grazia Bosta de non s’offendiri mai prus; poita chi os amu prus de totus is cosas. Aggradessei o Deus miu custus disigius, chi osi presentu po is santissimus meritus de custa Divina Mama Bosta invocada cun su nomini de Nostra Signora de su Remediu, chi tantu aggradesseis essiri venerada. Aici siat. Orazioni A Maria Santissima O Virgini santissima chi devotamenti osi veneraus cun su gloriosu nomini de su Remediu, chi osi arregordat is singularis privilegius chi Bosu heis arriciu finzas de su primu istanti, chi festis destinada Mama de su Fillu de Deus fatt’Omini. Ringrazieus po tantu infinitamenti s’Onnipotenti Signori, chi finzas de su primu istanti de s’essiri Bostu s’hat arrichiu de totus is donus, e grazias de su Spiritu Santu, essendu Bosu istada cudda prima creatura chi hat provau is meravigliosus effettus de s’umana redenzioni, portendu in is purissimas intragnas Bostas s’universali Remediu a su peccau de su primu Babu Nostru, interponei po tantu is validissimas pregadorias Bosta cun su Rei Soberanu de su Xelu e de sa terra, chi heis portau in su purissimu sinu Bostu, po chi canteus cun Bosu po sempiri is Divinas misericordias Bostas. Aici siat. Si narant noi Ave Marias e unu Gloria Orazioni O Virgini santissima dignissima, e gloriosissima Mama de Deus potenti Rifugiu de is peccatoris; nosaturus cun sa prus profunda umilidadi e riverenzia a Bosu summamenti depida nosi allirgaus cun Bosu po is immensas i eternas felicidadis, chi a preferenzia de totus is ateras creaturas heis arriciu e benedixeus cuddu Divinu Signori chi hat boffiu arrichiriosi de is infinitas grazias suas. Eccu duncas o Maria santissima, chi os offereus tott’is corus nostus ancoras chi plenus de inichidadis, po essiri de Bosu purificaus de dogna viziu i affettu terrenu po chi cun prus fidelidadi corrispondaus a is immensas grazias chi de Bosu heus arriciu invochendusi cun su nomini de Nostra Signora de su Remediu unidamenti a cudd’atera particulari chi osi dimandaus in custa Santa Novena. Aici siat. Dognunu dimandit sa grazia. ׀ Depustis si cantat sa Salve Regina e is Gosus. Terza Dii Attu de Contrizioni O cantu mi displaxit, o Deus miu su os hairi aici gravementi offendiu cun d’una infinita multitudini de inichidadis cun is calis happu medissimu oltraggiau sa Divina Magestadi Bosta, e po cussu mi ndi pentu cun totu su coru, e osi dimandu umilmenti perdonu, e propongu cun s’agiudu de sa grazia Bosta de non s’offendiri mai pius. Osi ringraziu de tot’is favoris e benefizius, chi de sa manu bosta liberalissima happu arriciu, tantu in s’anima comenti in su corpus; e disigiu biviri e morri cun sa santa grazia bosta. Benedixei o Signori, custus affettus, chi custu debili coru miu osi presentat po is santissimus meritus de custa Divina Mama bostra Maria, chi veneru cun su nomini de su Remediu. Orazioni A Maria Santissima O gloriosa Virgini, e Mama de su Remediu; nosaturus giustamenti osi invocaus cun custu gloriosu titulu chi sempiri Bosu heis accettau, i aggradessiu; non solamenti poita nos heis donau s’universali Remediu chi est Gesu Cristu Signori nostru; ma ancoras nos impetrais dogna remediu spirituali, e temporali, serbendunosi de Abogada e Prottetora nostra speciali in totus is infermidadis de anima e de corpus, a is calis seus miseramenti suggettus in custa valle de lagrimas. E po tantu Virgini Santissima, e gloriosissima de su Remediu aumentai e cunservai in nosaturus sa divozioni bosta, cun sa cali pozzaus essiri dignus de su validissimu amparu e protezioni bosta. Aici siat. Si narant Noi Ave Marias e unu Gloria. Orazioni O pietosissima Mama de Deus, e Signora nostra amabilissima de su Remediu, a su potentissimu amparu e in su dulcissimu coru de sa misericordia bosta raccumandaus nosatrus is corpus nostrus po ddus diffendiri e is animas po ddas salvai. A bosu duncas consignaus cantu seus e possideus po chi cun su efficazissimu poderi bostu, tot’is penzamentus, paraulas e operas nostas siant gratas e azzettas a Deus nostru Signori po mesu de is calis assistius de s’intercessioni bosta, e po is infinitus meritus de Fillu bostu Gesus osi dimandaus cudda grazia tantu importanti e neccessaria cali est s’eterna salvazioni de is animas nostras, unidamenti ai cudda atera grazia particulari, chi osi dimandaus in su cursu de custa Santa Novena, mentras siat a maggiori gloria de Deus, e a onori de su santissimu nomini bostu. Aici siat. Dognunu dimandit sa grazia. Depustis sa Salve Regina, e su restanti comenti in sa 1a dii. Quarta Dii Attu de Contrizioni Signori miu Gesu Cristu, Deus i Omini vertaderu, mi pentu cun totu su coru de hairi offendiu sa Divina Magestadi bosta cun is culpas e peccaus mius, mi pentu po hairi perdiu su Xelu, e po hairi meresciu s’inferru, ma principalmenti mi ‘ndi pentu, poita pechendu appu oltraggiau s’infinita Magestadi bosta chi seis unu Deus dignu ׀ di essiri amau, e serbiu fidelmenti prus de totus is cosas. Disigiu po tantu morri milli bortas, che offendiriosi de nou in su restanti de sa vida mia, medianti s’agiudu de sa Divina grazia bosta, chi osiddu dimandu po is santissimus meritus de sa Divina Mama bosta Maria Santissima, chi dd’heis costituida dispensadora fidelissima de is grazias bostas. Orazioni Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 18 A Maria Santissima O Santissima Mama de su Remediu, giaichì Bosu aggradesseis di essiri comenti seis istada sempiri su Rifugiu de is peccadoris, nosaturus disigiosus de essiri de imoi innantis verus fillus e fidelis serbidoris bostus, osi supplicaus cun totu s’affettu de is corus nostrus, e poi is meritus infinitus de sa passioni e morti de fillu bostu Gesus, si digneis assistiri cun su potentissimu agiudu bostu in tot’is affannus e tribulazionis nostas, tantu spiritualis, comenti corporalis, donendunosi cuddu prontu e salutari Remediu, chi hat essiri prus cumbenienti a s’eterna salvazioni nosta, chi est su perdonu de totus is culpas e peccaus nostus, cun is calis nosi seus fatus reus de is penas eternas de s’inferru. Si cantant noi Ave Marias e unu Gloria. Orazioni O Virgini santissima de su Remediu est totu giustu, chi osi venereus cun custu gloriosu nomini, e invocazioni, depustis chi medas seculus innantis de oi os’heis fattu connosciri su grandu impegnu e premura, chi heis tentu sempiri a favori de cuddus chi os’hant invocau cun custa distintiva e celestiali prerogativa bosta. E po cussu nosaturus cun sa prus sincera gratitudini e riconoscenza teneus presentis is istrepitosus miraculus de Bosu operausu in totus is tempus logus e circumstanzias cun cuddus chi os’hant invocau cun custu gloriosu nomini e titulu de su Remediu, e po custu maternu amori bostu osi pregaus, chi nosi libereis de is cadenas de s’inimigu infernali, e nosi fazzais gosai sa perfetta libertadi propria de is fillus de Deus, impari cun cudd’atera particulari grazia chi osi dimandaus in custa Santa Novena. Aici siat. Dognunu dimandit sa grazia. Depustis si cantat sa Salve Regina, e su restanti comenti in sa prima dii. Quinta Dii Attu de Contrizioni O Deus de infinita misericordia piedadi e clemenzia dignu de infinitu amori, os amu cun totu su coru miu prus de totus is cosas, e poita happu offendiu a Bosu Summu Beni miu, mi ‘ndi pentu cun totu su coru e mi displaxit prus de totus is malis, e propongu firmamenti cun sa Divina grazia bosta de morri innantis che offendirisi, e si dimandu imoi e po sempiri custa grazia aici importanti, e necessaria, senza de sa cali non pozzu essiri fideli e gratu a Bosu: disigiu po is santissimus meritus de Maria Mama Bosta santissima, de arriciri in vida, e in morti is santus sacramentus Bostus. Aici siat. Orazioni A Maria Santissima O Virgini Santissima de su Remediu, Mama de Misericordia, Signora de su mundu, Reina de su Xelu, Virgini de is Virginis, gloria de is giustus, vista de is zurpus, lingua de is mudus, intendimentu de is surdus, speranza de is peccadoris, cunfortu de is affligius, cunfianza de is disperaus, fortalesa de is debilis, saludi de is maladius, ׀vida de is mortus, in chini poneus totu sa cunfianza nosta, po essiri Bosu intercessora nostra cun su Divinu Fillu bostu Gesu Cristu. Dignaiosi o Virgini santissima de mostrai cun nosaturus is meraviglias de sa pietosa intercessioni bosta cuncedendu a totus nosaturus su Remediu a dogna sorti de maladia tantu spirituali, comenti ancoras temporali. Aici siat. Si cantant noi Ave Marias e unu Gloria. Orazioni O Mama Santissima de su Remediu Soberana Reina de su Paradisu, giaichi Bosu seis intre totus is creaturas sa prus felizi, e fortunada, po essiri Bosu sa prus amabili, e sa prus amada de Deus, e sa prima amanti sua; dignaiosi Virgini Santissima, chi os ameus ancoras nosaturus, chi finzas a imoi seus istaus ingratus, e sconoscentis a is immensus benefizius, chi de s’amparu, e protezioni bosta liberalissima eus arriciu, invochendusi cun cust’insigni e gloriosu titulu de su Remediu, cun su cali heis dimostrau, e dimostrais sempiri is sinnalis prus distintus de su maternu amori bostu, chi nosi difendat in vida, e nosi cunfortint in morti, chi est sa grazia prus manna chi osi dimandaus in custa Novena chi os’offereus. Aici siat. Dognunu dimandit sa grazia. Depustis si cantat sa Salve Regina, e su restanti comenti in sa prima dii. Sesta Dii Attu de Contrizioni Signori miu Gesu Cristu, Deus i Omini vertaderu, po essiri Bosu chini seis infinitamente amabili, e poita chi os amu prus de totus is cosas, mi pentu cun totu su coru de is offensas chi happu fattu a sa Divina Magestadi bosta infinita, e propongu firmamenti cun s’agiudu de sa Divina grazia bosta sa vera emenda de sa mala vida mia, e de fuiri totus is occasionis perigulosas. Cunfirmai, o Signori, custus disigius, chi deu tengu de os essiri fideli e gratu a su mancu de imoi innantis po is santissimus meritus de sa degnissima e gloriosissima Mama bosta Maria, chi in custu santu altari veneru cun custu gloriosu titulu de su Remediu. Orazioni A Maria Santissima O Virgini Santissima, Signora i Abogada nosta amorosissima, nosaturus ancoras chi siaus indignus peccadoris, si gloriaus nienti de mancu di essiri fillus e serbidoris bostus, e po cussu prostaus a is santissimus peis bostus, cuntemplaus is sublimis, e amabilis prerogativas bostas, cun is calis finzas de is seculus eternus festis de sa Santissima Trinidadi predestinada vasu de totus is perfezionis e virtudis; osi pregaus cun sa prus profonda umilidadi de is corus nostus, chi si digneis intercediri e pregai po nosaturus, po chi ottengaus unu perfettu connoscimentu de is immensus benefizius, chi Deus nostu Signori nos hat cuncediu po s’eterna salvazioni de is animas nostas, chi est su chi prus disigiaus ottenniri de s’amparu e protezioni bosta. Aici siat. Si cantant noi Ave Marias e unu Gloria. ׀ Orazioni O Virgini Immaculada, e Abogada nosta potentissima po cudd’insigni privilegiu, cun su cali festis cuncebida in sas intragnas de sa gloriosa Mama bosta Sant’Anna, comenti sprigu Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 19 luminosissimu senza nissuna mancia de culpa originali; Osi pregaus umilmenti chi si digneis intercediri po nosaturus cun su Divinu Fillu bostu Gesu Cristu po chi siaus castus in is penzamentus, modestus in is paraulas, esemplaris in is operas, po chi essendu fidelis e perfettus imitadoris de is virtudis, e massimas de s’evangeliu, fortis e coraggiosus, abbandoneus su falsu e abominabili caminu de su viziu, chi est sa grazia sa prus necessaria, chi osi pozzais alcanzai unidamenti ai cudd’atera particulari, chi osi dimandaus in custa santa Novena, mentras siat a gloria bosta, e a profittu nostu spirituali. Dognunu dimandit sa grazia. Depustis si cantat sa Salve Regina, e su restanti comenti in sa prima dii. Settima Dii Attu de Contrizioni Misericordia Signori, mi pentu cun totu su coru de is peccaus mius, mi ‘ndi pentu po is benis chi happu perdiu, e po is malis chi happu meresciu pecchendu; ma principalmenti m’indi pentu, poita happ’offendiu unu Deus tantu bonu, e tant’amabili comenti seis Bosu; bolia essiri mortu innantis de os hairi offendiu, e propongu firmamenti cun sa Divina grazia bosta de non s’offendiri mai prus, poita chi os amu prus de totus is cosas. Aggradessei o Deus miu custus disigius, chi osi presentu po is santissimus meritus de sa Divina Mama bosta Maria Santissima invocada cun su nomini de Nostra Signora de su Remediu chi tantu accettat, e aggradessit essiri venerada, e ossequiada. Orazioni A Maria Santissima O Virgini purissima, e Signora nosta de su Remediu, po cudd’eccelsa e gloriosa prerogativa, chi Bosu teneis in essiri dilettissima filla de s’ Eternu Babu, Mama ammirabili de su Verbu Divinu, viva imagini de sa Divina Bondadi, osi pregaus umilmenti, chi si digneis intercediri cun su Divinu Fillu bostu Gesus po chi totus is azionis nostas, e operas siant gratas e accettas comente fattas de verus divotus e fillus bostus, po sa diffesa de is calis seis istada sempiri impegnada in totus is abbisongius, perigulus e neccessidadis nostas tantu spiritualis, comente temporalis, de is calis pozzant essiri issus opprimius e aggravaus; Bosu ddus libereis, ddus protegeis comente Mama pietosissima,e amorosa. Si cantant noi Ave Marias e unu Gloria. Orazioni O Mama gloriosissima de su Remediu, Abogada, e protettora nosta speciali, po cudda insigni prerogativa, cun sa cali festis de s’Arcangelu Gabrieli annunziada, e prescelta Mama de Deus, templu vivu, e sacrariu augustu de sa santissima Trinidadi. Osi pregaus cun sa prus profunda umilidadi e riverenzia a Bosu summamenti depida, chi si digneis alcanzainosi de Fillu bostu Gesus grazia sufficienti ed efficazi, po chi siaus fidelis, e gratus in s’osservanza de is santus cumandamentus ׀po chi bivendu comenti bonus e devotus cristianus in custu mundu, ddu goseus in sa gloria de su paradisu unidamenti ai cudd’atera particulari grazia chi dimandaus in custa santa Novena. Aici siat. Dognunu dimandit sa grazia. Depustis si cantat sa Salve Regina, su restanti comenti in sa prima dii. Ottava Dii Attu de Contrizioni O cantu mi displaxit o Deus miu su os hairi gravementi offendiu cun d’una infinida multitudini de peccaus cun is calis happu medissimu oltraggiau sa Divina Magestadi bosta, e po cussu mi ndi pentu cun totu su coru miu e osi dimandu umilmenti perdonu, e propongu cun s’agiudu de sa Divina grazia bosta de non s’offendiri mai prus; osi ringraziu de totus is favoris e benefizius chi de sa manu bosta liberalissima happu arriciu tantu in s’anima comenti in su corpus, e disigiu de biviri, e morri cun sa santa grazia bosta. Benedixei o Signori, custus affettus, chi custu debili coru miu osi presentat po is santissimus meritus de custa Divina Mama bosta Maria Santissima, chi veneru, e ossequiu cun custu gloriosu titulu de su Remediu. Orazioni A Maria Santissima Divina e amabilissima Mama de su Remediu, nosaturus umilmenti riconosceus, chi sa vida chi teneus in cantu a s’anima e in cantu a su corpus provenit de cuddu primu principiu, chi est Deus Autori de totus is cosas creadas, e aici osi protestaus chi a Issu boleus amai cun totus is prus bivus affettus de is corus nostus e poita beni conosceus sa insufficienzia nosta, nos accostaus cun rendimentu a sa pietosa intercessioni bosta, po chi inflammaus is corus nostus, a talis chi si destruant is mundanus affettus nostus, siant solamenti po amai Bosu unicu centru de tot’is amoris, e tesoru abundanti de tot’is richesas, de sa cali partecipazioni non depint essiri privus is chi cunfidant in s’amparu bostu, poita essendu Bosu Mama de su Verbu Divinu, speraus otteniri is grazias chi abbisongiaus. Si cantant noi Ave Marias e unu Gloria. Orazioni O piedosissima Mama de su Remediu, amabilissima Protettora nosta, a su potentissimu amparu, e dulcissimu coru bostu raccumandaus is animas de ddas salvai, e is corpus po ddus diffendiri, a Bosu duncas cunsigiaus cantu seus, e cantu possideus, po chi cun s’efficacissimu poderi bostu, totus is penzamentus, paraulas e operas nostas siant gratas e accettas a Deus nostru Signori, po mesu de is calis assistius de sa potenti intercessioni bosta, e po is infinitus meritus de Fillu bostu Gesu dimandaus cudda grazia tantu importanti, e necessaria cali est s’eterna salvazioni de is animas nostas, unidamenti ai cudd’atera particulari grazia, chi osi dimandaus in custa santa Novena, mentras siat a maggiori gloria de Deus, amori bostu, e profittu nostu spirituali. Aici siat. Dognunu dimandit sa grazia. Salve Regina, e su restanti comenti in sa prima dii. Nona Dii Attu de Contrizioni Signori miu Gesu Cristu, Deus i Omini vertaderu, Creadori e Redentori de s’anima mia, po essiri Bosu chini seis, e po chi os’amu Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 20 prus de totus is cosas mi pentu de non s’hairi amau, e propongu firmamenti de mai prus peccai assistiu de sa Divina grazia bosta, de mi cunfessai interamenti de totus is culpas e peccaus mius, e de fai sa depida penitenza. Osi dongu grazias de totus is favoris, chi mi heis fattu; os offergiu sa vida mia, operas e trabballus in satisfazioni de totus is peccaus mius, e cunfiu in sa piedadi bosta, chi mi ddus heis a perdonai, e m’heis a donai grazia po m’emendai, e perseverai in su santu serviziu bostu finzas a su fini de sa vida mia, po is meritus de custa Mama bosta Maria Santissima. Aici siat. Orazioni A Maria Santissima O Virgini Santissima de su Remediu, po totus custus singularis privilegius e celestialis prerogativas veramenti dignas, e sumamenti depidas a is infinitas grazias, chi Deus os’hat cuncediu a preferenzia de totus is ateras creaturas is calis heus cuntemplau[[s]] in custu divotu Novenariu. Cun su prus bivu affettu ed ardenti disigiu de is corus nostus os’offereus totus is orazionis e pregadorias nostas fattas in custa santa Novena, po chi si digneis proteggirinosi in totus is abbisongius e neccessidadis nostas spiritualis e temporalis, po is calis os’heus elegia Abogada e Protettora nosta speciali, in chi poneus totu sa cunfianza nosta, po essiri cudda chi prus podeis intercediri cun su Divinu Signori nostu Gesu Cristu. Aici siat. Si cantant noi Ave Marias e unu Gloria. Orazioni O Maria Santissima de su Remediu, osi donaus infinitas grazias de nos hairi cuncediu logu e tempus de s’adorai e venerai (in custu sacru altari) (e Cresia bosta) baxiu cuddu bellissimu aspettu cun su cali fiais aparessida in sa vigilia de su nascimentu bostu a su fidelissimu serbidori bostu Santu Felici de Valois; osi pregaus o Virgini Santissima, chi bengant cumplidas a favori nostu is promissas fattas a is Religiosus Trinitarius de bolliri amparai e proteggiri is divotus bostus baxiu su mantu de sa pietosa protezioni bosta, po chi siaus assistius de Bosu in custa vida, e proteggius in s’ora de sa morti nosta, tengaus sa grazia chi disigiaus de osi connosciri una dii in sa gloria de su paradisu po alabai, e glorificai a Deus, e is infinitas misericordias suas po sempiri. Aici siat. Dognunu dimandit sa grazia. Depustis si cantat sa Salve Regina Su restanti comenti in sa prima dii. Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 21 S’Attu de cuntrizioni : confronto sinottico dei vari “motivi” teologici della preghiera 1=6 Signori miu Gesu Cristu, Deus i Omini vertaderu, 2=7 Misericordia Signori, 3=8 O cantu mi displaxit, o Deus miu, su os hairi aici gravementi offendiu cun d’una infinita multitudini de inichidadis [8: de pecaus] cun is calis happu medissimu oltraggiau sa Divina Magestadi Bosta [8: bosta], 4 Signori miu Gesu Cristu, Deus i Omini vertaderu, po essiri bosu chini seis infinitamenti amabili e poita chi os amu prus de totus is cosas, mi pentu cun totu su coro de totus is offensas chi happu fattu a sa Divina Magestadi Bosta infinita, mi pentu cun totu su coru de is peccaus mius, e po cussu mi ndi pentu cun totu su coru [8: miu], mi ’ndi pentu po is benis chi hapu perdiu, e pos is malis chi hapu meresciu pechendi [7: pecchendu], ma principalmenti mi ’ndi pentu poita chi happu offendiu [7: happ’offendiu] unu Deus e osi dimandu umilmenti perdonu, mi pentu cun totu su coru de hairi offendiu sa Divina Magestadi bosta cun is culpas e peccaus mius, mi pentu po hairi perdiu su xelu, e po hairi meresciu s’inferru, ma principalmenti mi ’ndi pentu, poita pechendu appu oltraggiau s’infinita 5 O Deus de infinita misericordia, piedadi e clemenzia, 9=4 Signori miu Gesu Cristu, Deus i Omini vertaderu, Creadori e Redentori de s’anima mia, dignu de infinitu amori, po essiri Bosu chini seis, os amu cun totu su coru miu prus de totus is cosas e poita happu offendiu a Bosu Summu Beni miu, mi ’ndi pentu cun totu su coru e po chi os’amu prus de totus is cosas, e mi displaxit prus de totus is malis, mi pentu de non s’hairi amau, Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 22 1=6 e propongu firmamenti cun s’agiudu de sa Divina grazia bosta sa vera emenda de sa mala vida mia, e de fuiri totus is occasionis perigulosas [6: .] de peccai. 2=7 tantu bonu, e tantu amabili [7: tant’amabili] comenti seis Bosu: bolia essiri mortu innanti de os’ hairi offendiu, e propongu firmamenti cun sa Divina grazia Bosta de non s’offendiri mai prus; poita chi os amu prus de totus is cosas. 3=8 e propongu cun s’agiudu de sa [8: Divina] grazia Bosta [8: bosta] de non s’offendiri mai prus. Osi [8: osi] ringraziu de tot’is [8: totus is] favoris e benefizius, chi de sa manu bosta liberalissima happu arriciu, tantu in s’anima comenti in su corpus; e disigiu [8: de] biviri e morri cun sa santa grazia bosta. 4 Magestadi bosta chi seis unu Deus dignu | di essiri amau, e serbiu fidelmenti prus de totus is cosas. Disigiu po tantu morri milli bortas, che offendiriosì de nou in su restanti de sa vida mia, medianti s’agiudu de sa Divina grazia bosta, 5 9=4 e propongu firmamenti cun sa Divina grazia bosta de morri innantis che offendirisì, e propongu firmamenti de mai prus peccai assistiu de sa Divina grazia bosta, de mi cunfessai interamenti de totus is culpas e peccaus mius, e de fai sa depida penitenza. Osi dongu grazias de totus is favoris, chi mi heis fattu; os affergiu sa vida mia, operas e trabballus in satisfazioni de totus ios peccaus mius, e cunfiu in sa piedadi bosta, chi mi ddus heis a perdonai, e m’heis a donai grazia po m’emendai, e perseverai Pinna, Gosos de N.S. de su Remédiu : testo, storia, teologia – pag. 23 1=6 2=7 3=8 4 5 Confirmai, o Signori, custus disigius chi deu tengu de os essiri fideli e gratu assumancu de imoi innantis, Aggradessei, o Deus miu, custus disigius, chi osi presentu Benedixei, o Signori, custus affettus, chi custu debili coru miu osi presentat, chi osiddu dimandu po is santissimus meritus de sa dignissima e gloriosissima Mama bosta Maria, po is santissimus meritus de custa Divina Mama Bosta [7: Santissima] po is santissimus meritus de custa Divina Mama bosta Maria [8: Santissima] , po is santissimus meritus de sa Divina Mama bosta Maria Santissima, e si dimandu imoi e po sempiri custa grazia aici importanti, e necessaria, senza de sa cali non pozzu essiri fideli e gratu a Bosu: disigiu po is santissimus meritus de Maria Mama Bosta santissima, 9=4 in su santu serviziu bostu finzas a su fini de sa vida mia, po is meritus de custa Mama bosta Maria Santissima. de arriciri in vida, e in morti is santus sacramentus Bostus. sa cali cun totu coru veneru basciu su titulu de su Remediu. [6: chi in custu santu altari veneru cun custu gloriosu titulu de su Remediu.] Aici siat. invocada cun su nomini de Nostra Signora de su Remediu, chi tantu aggradesseis [7: accettat, e aggradessit] essiri venerada [7: e ossequiada]. Aici siat. chi veneru [8: e ossequiu] cun su nomini [8: cun custu gloriosu titulu] de su Remediu. chi dd’heis costituida dispensadora fidelissima de is grazias bostas. Aici siat. Aici siat.