Saccagnana, Le Mesole e Lio Piccolo

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Saccagnana, Le Mesole e Lio Piccolo
Collalto – “tra le colline dei Conti della Marca”
Questa escursione-camminata della nostra Associazione, ha lo scopo di
 condividere tutti assieme, walkers e istruttori delle varie sedi, le bellezze di una zona che è parte importante
dell’origine e storia del nostro territorio e regione
 essere un momento di approfondimento personale della propria tecnica di camminata, coordinazione e movimento,
 avere la possibilità di verificare come migliorarle su un percorso con fondo alternato, cioè sterrato, sentiero e asfalto
PROGRAMMA
Ritrovo e partenza Mestre : ore 08.00 Mestre, parcheggio Decathlon
Ritrovo e partenza borgo di Collalto (Treviso) : ore 9.30, parcheggio Trattoria “Alla Torre Vecchia”
partenza camminata : ore 10.00 circa
fine camminata e rientro : ore 13h00 circa
sosta ENOnsoloNordic (facoltativa) dopo camminata : presso locale tipico della zona
Come Arrivare e dove parcheggiare
All’uscita del casello autostradale di Treviso Nord, alla rotonda prendere la terza uscita a sinistra (via Liviana Scattolon),
seguendo le indicazioni Conegliano; proseguire sempre diritto passando una rotonda e alla seconda rotonda prendere la
prima uscita a destra (via della Cartiera) verso la strada statale Pontebbana;
in prossimità del sottopasso, tenere la destra e immettersi sulla statale verso nord, in direzione Conegliano;
passati i centri di Visnadello e Spresiano, proseguire verso Ponte della Priula, attraversando il ponte sul fiume Piave;
in centro a Ponte della Priula, girare a sinistra in direzione Pieve di Soligo e proseguendo in via Mercatelli, attraversando il
centro di Colfosco; all’incrocio di Falzè di Piave, tenere la destra e per Pieve di Soligo;
dopo circa 800 metri, fare attenzione (riferimento osteria “al Portico”) all’incrocio: girare sulla destra per via Piave e quindi
all’incrocio successivo seguire a destra per via Lierza che conduce a Collalto;
in prossimità del centro, tenere la destra e parcheggiare nell’area della trattoria “Alla Torre Vecchia”.
Informazioni e suggerimenti per la camminata
Il percorso è ad anello e si snoda tra le colline dei Conti di Collalto per circa 13 chilometri totali
- grado di difficoltà : facile - medio
- tempo di percorrenza : stimato di 3 ore circa
- è consigliato avere al seguito:
 scarpe da trekking o da ginnastica con suola corrugata (si cammina su terreno collinare di strada sterrata);
 bevande (acqua);
 binocoli per ammirare il paesaggio e apparecchio fotografico
- è buona norma fermarsi ad osservare gli animali e le piante senza disturbarli nel loro ambiente;
- il percorso è percorso è su strada sterrata, asfaltata e sentiero di collina;
- dopo gli esercizi di defaticamento, si rientra….
… e per chi vuole è prevista la sosta di ristoro in una trattoria tipica con cucina del luogo.
Descrizione del percorso
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Le colline di Collalto e di Susegana, con le roccaforti medievali e le sconfinate
distese di pascoli, vigneti, boschi e casolari, rappresentano una delle zone più
incantevoli e suggestive dell'Alta Marca trevigiana.
La zona è attraversata da una delle più belle strade panoramiche della
provincia di Treviso. Questa strada non asfaltata parte dai ruderi del castello
del borgo di Collato, e tra alberi e colline conduce verso sud, al castello di San
Salvatore di Susegana.
Dai piedi della chiesa del castello di San Salvatore, la strada prosegue poi
ritornando a Collalto.
Sarà un piacere camminare applicando le varie tecniche e attraversare questo territorio, lungo sterrati e saliscendi non
impegnativi.
I walkers, preparati di bastoncini e tutto il necessario al seguito, iniziano la
camminata partendo da sotto il castello di Collalto e percorrendo la strada
sterrata, si dirigono scendendo verso il Castello di San Salvatore a Susegana.
La direzione è quella di Col Meneghin con vedute tipiche collinari, pascoli e
vigneti, giungendo a Colle della Tombola (toponimo senza dubbio derivato da
"tumba" che può significare, oltre a tomba, sepoltura, anche tumulo o motta
con funzioni difensive; ritrovamenti archeologici risalenti all'età del ferro
intorno alla sommità, e la testimonianza di una cronaca cinquecentesca,
indica in questo luogo la presenza dei ruderi dell'antico castello dei conti di
Colfosco, e sembra confermare la reale importanza strategica ed insediativa
del colle).
Intorno al Colle della Tombola, immersi in uno scenario di boschi e praterie, si inseriscono le vedute del Montello e del
Piave, o meglio "la Piave" come familiarmente viene chiamata, che nell'attraversare la stretta collinare delimitata dal
Montello e dalle pendici dei Mercatelli, sembra quasi prepararsi a diventare un un tranquillo fiume di pianura, stemperando
il suo impeto tra incertezze e divagazioni.
Il percorso incrocia via San Salvatore in frazione San Daniele, e proprio qui proseguendo sotto il colle della Tombola,
continuiamo a scendere con una veduta spettacolare della pianura veneta.
Attraversati alcuni poderi, sulla sinistra si nota già l'imponente Castello di San Salvatore; proseguendo per la strada
asfaltata, ci transitiamo dinanzi e non possiamo non notare il magnifico colpo d’occhio che rende questo luogo uno dei più
scenografici: da una parte fitti vigneti degradano verso i piedi del colle, dall’altra l’imponente fortificazione che fin dal
trecento domina sulla pianura.
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Al termine della discesa di via Salvatore, ai piedi del colle, sulla destra troviamo la
Chiesa dell'Annunziata; qui siamo a metà del percorso e ci attende un punto di
piccolo ristoro (identificato con "R" sulla mappa del percorso qui sotto), prima di
intraprendere la strada di ritorno al borgo di Collalto.
Proseguiamo per via Sottocroda con la vista del Castello di San Salvatore sulla
sinistra e dopo un tratto asfaltato, la strada diventa sterrata e sale verso Col
Schiavon.
Ancora paesaggi collinari stupendi con casolari e pascoli. In vista di uno di questi
sulla sinistra, lasciamo la strada sterrata e proseguiamo diritti seguendo la traccia del
sentiero.
Qui una salita leggermente impegnativa ci porta a Col Viscardello.
Il percorso diventa pianeggiante e costeggiando Col di Guarda, ci ritroviamo nuovamente sulla strada del borgo di Collalto,
e quindi al punto di arrivo.
Dopo gli esercizi di defaticamento di fine camminata, i walkers potranno quindi rientrare…
oppure, per chi volesse, ristorarsi in un locale, facendo rilassare la mente e il corpo nello spirito “ENOnsoloNordic”,
gustando prodotti della tradizione tipica della zona…
l’importante è aver condiviso tutti assieme, noi dell’Associazione, una bella esperienza in questo percorso ricco di paesaggi
e luoghi del nostro territorio, “tra le colline dei Conti di Collalto”, che hanno segnato la storia della nostra regione.
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La Marca Trevigiana: cenni storici di Collalto
Il toponimo Collalto deriva dal latino "collis alto" cioè "colle alto".
La storia degli insediamenti sul colle di Collalto, nonché sulle vicine
dorsali collinari è molto antica. Ritrovamenti archeologici lungo i
crinali che portano al fiume Piave, confermano l'esistenza di veri e
propri villaggi organizzati fin dalla preistoria.
La favorevole posizione, luogo naturale di transito tra le prealpi
venete, il fiume Piave, le ricche fasce collinari pedemontane e la
grande pianura alluvionale, fece di Collalto un centro di scambi
commerciali in epoca pre-romana.
Non vi sono notizie di insediamenti militari romani sul colle, tuttavia la presenza di alcuni
ponti di epoca romana nella zona di Sant’Anna, dove il fiume Soligo si getta nel Piave,
prova che da lì passavano e si incrociavano due importanti vie di comunicazione di età
imperiale; in particolare una delle diramazioni dell'importantissima strada militare Claudia
Augusta Altinate.
Essa venne percorsa da commerci così anche in epoca romana Collalto continuò ad
essere luogo deputato a veri e propri scambi.
In epoche seguenti divenne "l'antica via dei Mercatelli", come si può realisticamente
ipotizzare dal toponimo Marcadelli (significativamente derivato dal passaggio di
mercanti-mercatores), divenuto poi Mercadelli e quindi Mercatelli, ancora oggi in uso.
Sicuramente, fin dai primi anni del 1100 la sommità del colle fu luogo di un
centro fortificato dei Longobardi, a guardia del passo sul fiume Piave tra il Col
di Guardia ed il Montello: l’embrione del castello di Collalto.
Questo è ipotizzabile anche dal culto locale testimoniato dai toponimi di San
Giorgio e San Martino, due santi militari presenti nella tradizione religiosa
longobarda e particolarmente venerati da quel popolo.
La zona diede il nome ai Conti Collato (di origini longobarde), che qui, nel
medioevo ebbero i loro possedimenti e feudo.
Ad Ansedisio I (o Ensedisio I), Conte di Treviso e di famiglia nobiliare
probabilmente di origine longobarda, già presente a Treviso fin dal IX secolo,
venne assegnata la contea col compito di insediarsi definitivamente sulla riva
sinistra del fiume Piave e controllare così i guadi del medio corso.
La prima costruzione di un solido castello, ad esclusivo uso militare sul ben
protetto colle di Collalto, risale alla prima metà del XII secolo, con l'erezione di un possente torrione di guardia.
E' il gigantesco mastio che ancor oggi spicca solitario tra i ruderi della cittadina fortificata, con quell'aspetto di faccia triste e
sbrecciata, testimone del passare del tempo e della storia vissuta.
Il primo documento che certifica la presenza di un’entità amministrativa a
Collalto risale però soltanto al 1138. Si tratta di una copia settecentesca del
testamento del conte Alberto, in partenza per la Crociata in Terrasanta ed il
Santo Sepolcro, che menziona dell'esistenza di un castello e assegna
importanti donazioni alla chiesa del borgo sul colle di Collalto.
La tradizione popolare attribuisce proprio al Conte Alberto l'aver portato a
Collalto, di ritorno dalla crociata del 1138, una delle Sacre Spine della corona
che cinse il Cristo, avuta in dono dai Cavalieri del Tempio a Gerusalemme. La
veneratissima reliquia si trova ancor oggi nella parrocchiale di Collalto.
Al castello, nel 1186, nacque la beata Giuliana, figlia di Rambaldo VI, attiva
protagonista della vita religiosa, collaboratrice di Beatrice d'Este e fondatrice
del monastero dei Santi Biagio e Cataldo a Venezia ; per aver dedicato l’intera
vita al soccorso dei poveri, fu popolarmente considerata una santa.
Nel 1245, con la vendita della collina di San Salvatore, che domina Susegana,
da parte del podestà di Treviso Alberico da Romano al conte Schenella III, i
signori di Collalto arrivarono a controllare un’altra importante fetta di territorio.
Ben presto vi edifica un nuovo castello, anche qui probabilmente sulle tracce
di precedenti strutture. Il castello di San Salvatore viene completato da
Rambaldo VIII che lo trasforma in palazzo residenziale principale, lasciando a
Collalto un esclusivo ruolo militare.
I Collalto si distinsero per ingegno e coraggio. Nel 1312, il conte Rambaldo VIII
(Rangbaldus), grande guerriero noto per le guerre in Lombardia, Piemonte e il
saccheggio di Mantova (l'episodio è ricordato nei Promessi Sposi del Manzoni
nel capitolo XXVIII), e abile diplomatico nel periodo di Carlo Magno, ottenne
per sé e per la sua discendenza, la piena giurisdizione politica e
amministrativa sulle contee di Collalto e San Salvatore, come attesta un
documento dell'Imperatore Enrico VII (o Arrigo VII).
Il conte Rambaldo VIII fece così legittimare la definitiva consacrazione feudale della famiglia Collalto che da allora fu
sottoposta solo all’autorità imperiale.
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Il territorio divenne quasi un principato indipendente con leggi proprie ("Statuta Collalti"); gli Statuti di Collalto furono il primo
codice di promulgazione signorile del Trevigiano, e rimasero in vigore fino al 1797. La Repubblica veneziana, alla quale
tutte le contee di terraferma veneta si "donarono" fin dal 1400, era in effetti uno stato fortemente federale, con amplissime
concessioni, con propri statuti, a Comunità, Contee, Regole e Città, specie quelle verso i confini. Così l'autonomia della
contea di Collalto rimase anche fino all'ingresso degli austriaci, dopo la caduta della Serenissima e la breve stagione
napoleonica.
La fortezza di Collalto godeva fama di inespugnabilità e le storie dei Collalto s'intrecciano con gli Ezzelini ed i
Camposampiero, rendendoli protagonisti di quello che fu il periodo più vivace e delicato dell'epopea feudale italiana, che
portò ben presto alla costituzione dei liberi Comuni nelle grandi città di pianura.
Dominarono la scena militare dell'alta marca trevigiana del XIII secolo, contrastati dall'altra potente famiglia feudale: i Da
Camino (i Camino erano insediati nella zona di Serravalle di Vittorio Veneto).
Nel 1378 si registra un assedio delle truppe Ungare guidate dall'odiato
Gherardo da Camino. Un nuovo tremendo assedio avviene nel 1412 ad
opera del condottiero Pippo Spano, mercenario del re d'Ungheria nella
guerra contro la Serenissima. Questi sfogò la sua rabbia assediando e
distruggendo il Castello del Credazzo, già possedimento dei Collalto.
Mentre il castello di Collalto controllava amministrativamente anche le
località di Col San Martino, Musestre, Selva del Montello, Falzè di Piave,
Sernaglia (ora comune Sernaglia della Battaglia), Barbisano (ora frazione
di Pieve di Soligo) e Refrontolo, quello di San Salvatore amministrava
Santa Lucia di Piave, Colfosco di Susegana e Susegana.
Di questa epoca rimangono i centri di Rai di San Polo (resti di una torre),
Credazzo a Farra di Soligo (castello ben conservato) numerose ville sul
territorio.
I Collalto collaborarono molto con la Chiesa e nelle loro terre fiorirono
pievi, ospizi e monasteri, come quello benedettino di Sant’Eustachio di
Nervesa della Battaglia.
Dopo l'unione alla federazione Veneziana venne a mancare il ruolo
strategico militare ed il castello di Collalto divenne sempre più edificio
civile e artigianale.
A partire dal 1461 nel castello di Collalto si insedia un monastero
francescano voluto dal conte Antonio II, soppresso dalle leggi
napoleoniche, allorquando vennero soppresse anche la Certosa del
Montello e l'Abbazia di Sant'Eustachio, prospere per la ricca protezione
dei Collalto.
Per faide interne alla famiglia nel 1585 il castello venne pesantemente
devastato.
Tuttavia nel XVI secolo, durante la Pax Veneziana, celebri nomi della
letteratura e della pittura italiana arricchiscono il luogo con i propri
capolavori..
Le proprietà dei Collalto furono meta e ospitarono personaggi illustri,
artisti, poeti, pittori, musicisti e letterati.
S'ingrandì il borgo con la costruzione di una nuova cerchia muraria, fiorì il
commercio. Nelle chiese e nei castelli collaltini operarono già dal primo
decennio del 1500 artisti come Giovanni Antonio de’ Sacchis detto "il
Pordenone", Francesco da Milano e Tommaso da Modena.
Il paesaggio di Collalto, compare anche in una delle opere di Giovanni
Battista "Cima" da Conegliano ("Madonna con Bambino tra i santi Michele
e Andrea", Galleria Nazionale di Parma).
Monsignor Giovanni della Casa, ospite della famiglia Collalto nell’Abbazia
di Nervesa, intorno al 1551, scrive il suo celebre Galateo.
Il Settecento, secolo dell’avanzata francese, è per il Feudo Collalto un
periodo di grande fioritura agricola e produttiva. Viene edificato anche
Palazzo Odoardo, per volontà del Conte da cui prende il nome.
L’Ottocento è secolo di grande fervore economico ma anche di declino
del feudo.
Nel 1806 Napoleone I re d’Italia abolisce l’organizzazione feudale e
nasce così il Comune di San Salvador, divenuto successivamente
Susegana.
Per Collalto continua un declino inesorabile che porta il capoluogo
dell’ormai ex feudo a diventare frazione, unitamente a Barbisano, del
Comune di San Pietro di Feletto, per unirsi in età austriaca a Refrontolo e
ritornare poi, ma soltanto nel 1889, al patrocinio amministrativo del
Comune di Susegana, che, come il resto del Veneto, era entrato a far
parte dell'Italia Unita non nel 1861, ma cinque anni dopo.
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Gli avvenimenti storici della Grande Guerra (1915-1918) vede la collina di Collalto sotto il tiro delle artiglierie italiane perchè
il borgo era un osservatorio della zona di occupazione Austro-Tedesca (a seguito della rotta di Caporetto il fronte si era
attestato sul fiume Piave che distava meno di 3 km).
Il borgo era costituito da un grande palazzo signorile segnato dalle rughe della decadenza, appoggiato al grandioso torrione
medioevale, i suoi palazzi e la rocca, circondato da due distinte cinte murarie.
Così del castello di Collalto e delle sue mura, la Grande Guerra restituisce un ammasso di macerie dalle quali emerge,
ancora una volta, il sornione torrione rimasto pressoché indenne, e una delle torri delle mura. Poco o nulla rimane dei
palazzi, delle antiche chiese e delle torri di guardia, mentre il castello di San Salvatore è danneggiato solo parzialmente
(segni delle cannonate sono ancora visibili sulle mura esterne).
Oggi del borgo di Collalto sono visibili solo la torre principale con il blocco centrale delle mura, e tratti di mura esterne con
una porta di accesso al borgo medievale e un'altra alla chiesa.
Nel 1927, su progetto dell’architetto Domenico Rupolo, venne costruita l’attuale Chiesa di San Giorgio, dopo che quella
fatta edificare nel 1851 (la consacrazione del vescovo Manfredo Bellati è del 1857) cadde anch’essa sotto i colpi
dell’artiglieria durante la Prima Guerra Mondiale. Il campanile è stato ricavato da una torre.
Da questo disastro della Grande Guerra, Collalto non si riebbe più e solo dal secondo dopoguerra il paesino inizia a
rivivere.
Come per ogni castello che si rispetti non mancano le leggende, e anche il castello di Collalto è legato alla storia di Bianca
da Collato, damigella del castello.
In un’intervista rilasciata nel maggio del 1925 al giornale austriaco Neues Wiener Journal, la Contessa Maria di Collalto
raccontò :
“… Le più potenti famiglie dei dominii di terra ferma della Repubblica di Venezia erano quella dei Da Camino (Caminesi) a
Ceneda e quella dei Conti di Collalto a Treviso, tutt’e due di origine longobarda, che erano divise da un odio accanito.
Nemiche per secoli si combatterono furiosamente. Finalmente, venne il giorno in cui compresero che la pace e l’accordo
erano più preziosi della lotta alla loro esistenza e decisero di conciliarsi e di stringere vincoli di parentela. Il Conte Tolberto
di Collalto chiese pertanto la mano di Chiara (od Aica), la bella figlia dei Da Camino. Sembrava così che la concordia fosse
suggellata. Ma la donna era gelosa all’estremo. Questa gelosia offuscava la felicità del matrimonio della coppia, tanto che
Tolberto non accolse con rammarico l’opportunità di partire in guerra. Fra le persone della servitù dei Collalto vi era Bianca,
figlia di un loro dipendente. Graziosa e buona era stata allevata con i figli del vecchio Conte, ai quali era affezionatissima.
Tolberto l’aveva posta poi a capo del personale femminile addetto alla contessa Chiara. Il giorno che Tolberto dovette
partire per la guerra, egli si recò completamente armato nella camera della moglie per licenziarsi da lei. Qui vi era anche
Bianca che stava pettinando la signora. Costei, che era dinanzi allo specchio, vide in esso come il Conte, dalla porta,
salutasse con un gesto la sua cameriera e come costei avesse le lacrime agli occhi. Tacque, ma appena il Conte fu
lontano, ardendo la gelosia, fece rinchiudere la giovane nelle carceri sotterranee del castello e quindi, benché la disgraziata
giurasse di non aver mai avuto una relazione amorosa con il Conte Tolberto, la castellana diede ordine di murarla viva in
una torre del castello, probabilmente nella sua stanza. Allorché Tolberto tornò dalla guerra e apprese il tremendo caso, non
si sentì di vivere al fianco di Chiara, che la passione aveva condotto a tanto delitto e la cacciò. Da allora la tradizione dei
Collalto narra che il fantasma di Bianca apparisse ai membri della famiglia, cui aveva portato tanto affetto, quando era
imminente e una grande gioia od una grande sciagura.
Coloro che affermavano di aver veduto il fantasma, narravano che esso si mostrava vestito di bianco, e se annunciava
sventura, nascondeva il volto con un velo nero”.
Nell’intervista la Contessa Maria di Collalto testimonia che il nonno, Principe di Solmshich, disse di aver avuto l’apparizione
di Bianca nel castello di Pirnitz in Moravia il giorno in cui chiese la mano di sua nonna.
“…Nello stesso castello Bianca sarebbe apparsa anche quando morì mio fratello Rambaldo. Nessuno di noi peraltro la vide
quando sulla nostra famiglia piombò la suprema sventura nell’ultima guerra (1915-1918), devastando la nostra Patria e
distruggendo i nostri beni”.
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