lezion ee “dalla cognizione alla metacognizione prof . riccardo fragnito

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lezion ee “dalla cognizione alla metacognizione prof . riccardo fragnito
LEZIONE
“DALLA COGNIZIONE ALLA METACOGNIZIONE”
PROF. RICCARDO FRAGNITO
Indice
1
Le nuove frontiere dell’educazione: la metacognizione------------------------------------------- 3
2
Le mappe: cognitive, mentali e concettuali---------------------------------------------------------- 8
3
Ausubel: l’apprendimento significativo------------------------------------------------------------ 18
Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 22
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Le nuove frontiere dell’educazione: la
metacognizione
La conoscenza dell’uomo ha questo di speciale:
passa necessariamente attraverso la conoscenza di se stessi.
Italo Calvino
La comunicazione elettronica ha determinato una globalizzazione economica e socioculturale di
notevole complessità tanto che un adeguato processo conoscitivo può svolgersi solo se sostenuto da
un processo gestito da una “mente metacognitiva”. La costruzione di menti libere, aperte, creative e
critiche diventa elemento indispensabile per poter gestire la complessità della realtà.
Le istituzioni educative, hanno il delicato ruolo di essere il trait d’union tra il soggetto e la realtà; a
loro spetta il compito di rappresentare e far apprendere in una varietà di modi differenti le
rappresentazioni multiple della conoscenza. A tal proposito Wittgenstein sostiene che la conoscenza
sia un criss-crossed landscape 1 (attraversamento non lineare e multiprospettico) o meglio essa può
essere raggiunta e posseduta solo se viene vissuta da diverse prospettive per cui il raggiungimento
di qualsiasi obiettivo educativo deve analizzare e valutare i possibili percorsi conoscitivi.
In questo ambito pensiamo alla concettualizzazione come una sorta di costruzione progressiva, di
itinerario da percorrere nel tempo, un passaggio dalla capacità di cogliere e di trasformare gli
attributi sensibili del contesto in quelli simbolici. «Il cervello impara meglio e fissa molte più cose
quando 1’organismo è attivamente impegnato nell’esplorazione di luoghi fisici e di materiali e nella
formulazione di problemi che desidera realmente risolvere» 2 . Si tratta di abituarsi alla percezione
di uno schema d’azione teso a risolvere un problema, a raggiungere un obiettivo.
La concettualizzazione rappresenta il processo di organizzazione della conoscenza inteso come
un’attività che riduce la complessità del mondo a proporzioni cognitivamente governabili,
individuando in esso le informazioni già esistenti, ricorrenti e significative. Ciò consente
all’individuo di risolvere problemi rendendolo parte, soprattutto attraverso il linguaggio, di un
sistema di conoscenze condivise e comunicabili.
La nostra «visione del mondo consiste nell’insieme di credenze e di valori che plasmano il modo in
1
2
Wittgenstein L., Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino 1999, p. 3.
Gardner H., Sapere per comprendere, op. cit., p. 83.
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cui consideriamo gli eventi o gli oggetti e anche ciò che ci interessa o che vogliamo apprendere.
Essa è formata dai valori e dal coinvolgimento emotivo che associamo agli avvenimenti che sono
parte del nostro universo ed è il risultato di tutta una vita di esperienze culturali, religiose, familiari
e interpersonali» 3 .
Possiamo partire dalla considerazione che la mente ha un ruolo attivo nella “costruzione” del
modello di rappresentazione del mondo, ovvero che la comprensione non consiste nella
“ripetizione” dell’esperienza o nella riproduzione tout court, nella nostra mente, del mondo esterno.
La grande svolta del cognitivismo si potrebbe riassume in una frase di Piaget: «è chiaro che
un’educazione della scoperta attiva del vero è superiore ad un’educazione che consista unicamente
nell’allenare i soggetti a volere per volontà precostituite e a sapere per verità semplicemente
accettate» 4 . Non c’è niente di meglio per far comprendere qualcosa al bambino che lasciargliela
sperimentare in prima persona.
Occorre dirigersi verso una cultura metacognitiva della conoscenza, che deve diventare l’elemento
principale di ogni forma del processo educativo in quanto potenzia la capacità di comprensione e di
interpretazione della realtà; una realtà complessa, globale, così come vuole la natura e di cui il
cervello ha bisogno per non atrofizzarsi, per non creare patologie, per rimanere lucido, attivo,
creativo; un cervello allenato a sfruttare al meglio il mosaico di funzioni e relazioni, potenzialmente
incontrollabili e poco ortodosse, di cui dispone. La cultura metacognitiva si avvale dei contributi
delle varie teorie della mente ponendosi alla confluenza di una serie di approcci scientifici ed
epistemologicamente consolidati, quali: la computer science, la linguistica, la psicologia, la
didattica, la sociologia, le neuroscienze.
La metacognizione si riferisce in particolare alle idee che il soggetto possiede sul proprio
funzionamento cognitivo che viene delineato da Cornoldi 5 con il termine “conoscenze
metacognitive” e che riguardano la consapevolezza da parte di un individuo di non riuscire ad
ottenere un determinato risultato in un preciso lasso di tempo come, ad esempio, leggere un
romanzo in una serata. Il secondo aspetto riguarda i processi cognitivi che controllano qualsiasi
momento del funzionamento cognitivo e che viene definito con il termine “processi metacognitivi
di controllo”; in questo caso il soggetto dopo aver letto i primi capitoli del romanzo si domanda se
3
Novak J., L’apprendimento significativo, Le mappe concettuali per creare e usare la conoscenza, Erickson, Trento
2001, p. 110.
4
Piaget J., Psicologia e pedagogia, Loescher, Torino 1973, p. 76.
5
Cornoldi C., Metacognizione ed apprendimento, Il Mulino, Bologna 1995.
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tra una settimana riuscirà a ricordarsi tutti i personaggi e conseguentemente stabilisce se è il caso di
appuntarsi i nomi dei personaggi secondari ed eventualmente la trama del racconto.
È necessario distinguere tra il sapere acquisito e trasferibile in altri contesti e ciò che si è capaci di
imparare per facilitare le performaces. Quindi, se da un lato abbiamo le abilità di base che
rappresentano il fondamento di acquisizioni più complesse e articolate o più mirate e specifiche:
come il saper leggere, il saper scrivere, l’acquisizione degli strumenti di spazio e di tempo, ecc.;
dall’altro lato abbiamo le abilità complesse, che rappresentano dei veri e propri sistemi di
padronanza governati dal linguaggio e, quindi, dalla comunicazione. Si tratta di vere e proprie
strategie di controllo dei propri processi di costruzione della conoscenza e del sapere, procedure di
controllo, dunque, di che cosa si conosce e di come si conosce.
Ciò conduce alla metacognizione, e quindi a quelle strategie che lo studente deve conoscere,
esprimere e verificare in maniera costante e regolare sia per sviluppare e applicare ciò che conosce,
sia per correggere e verificare ciò che ha imparato. La metacognizione si riferisce alla conoscenza
che ciascuno ha sui propri processi cognitivi e sui prodotti ad essi connessi.
Flavell prospetta anche una schematizzazione di ciò che rientra nella dimensione del metacognitivo.
Egli distingue due funzioni metacognitive: quelle afferenti alla sensibilità metacognitiva e quelle
relative alla conoscenza dei fattori che presiedono alle prestazioni.
Abbiamo, quindi, un primo campo che sovrintende alle capacità di intuito e di comprensione come
quelle relative alle operazioni di ricordo, comprensione, spiegazione, argomentazione, comando,
divieto.
Il secondo aspetto è relativo al controllo delle variabili cognitivo/informazionali che possono
influenzare la prestazione individuale.
Egli distingue, a loro volta, tali variabili in tre tipi:
«a) quelle relative alla persona, che riguardano tutto ciò di cui si diventa consapevoli rispetto a se
stessi o agli altri nella interazione cognitiva: si ricordano più i nomi che i visi, non si ricorda un
numero telefonico se non lo si scrive, si diffida di chi dichiara di memorizzare indirizzi e recapiti
telefonici senza altro ausilio, ecc.);
b) quelli relativi al compito, che riguardano la conoscenza differenziale del quoziente di difficoltà
connesso ai compiti più difficili da risolvere: si ricordano meglio i testi a più basso livello di
organizzazione semantica interna;
c) quelle relative alla strategia che includono sia la conoscenza delle operazioni o procedure o
azioni che si possono attivare per correggere o amplificare o consolidare una determinata strategia
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cognitivo/conoscitiva, sia per garantirle il successo auspicato; evitare, ad esempio, di leggere
l’introduzione di un volume ovvero esaminare un testo annotando strada facendo le parole chiave e
memorizzandole o ancora esaminare una sequenza di testi cercandovi consapevolmente solo quanto
di inedito c’è rispetto a ciò che si sa e che ha spinto la motivazione originaria a leggerlo o usarlo» 6 .
Flavell aggiunge alla conoscenza metacognitiva e alle esperienze metacognitive altre due
componenti:
-
gli obiettivi metacognitivi;
-
le strategie metacognitive.
Gli obiettivi metacognitivi rappresentano l’assestamento delle conoscenze e delle esperienze
metacognitive mentre le strategie o azioni metacognitive sono le sequenze riguardanti le procedure
di acquisizione di padronanza delle variabili cognitive e che Flavell definisce come cognitive
monitoring.
La metacognizione è un andare oltre il processo cognitivo; rappresenta la capacità di riflettere sulla
attività cognitiva e sul suo farsi esecutivo durante i processi di apprendimento. La metacognizione
è, dunque, una consapevolezza generale del pensiero ma anche un controllo operativo dei
comportamenti cognitivi. Flavell sostiene che il significato centrale della metacognizione è la
«cognizione della cognizione» 7 .
I concetti di base sulla metacognizione sono l’introspezione e l’auto-consapevolezza. Una
articolazione del pensiero dello studioso ha, inoltre, incluso il controllo sui processi cognitivi e cioè
l’anticipare, il monitorare, il coordinare e 1’ordinare la realtà. Il costrutto è stato diviso in
componenti multiple, che includono la “metamemoria” (la consapevolezza di imparare
comportamenti strategici e sistemi di memoria). Il concetto di metamemoria viene introdotto da
Flavell nel 1971 e si riferisce alla conoscenza e consapevolezza che il soggetto possiede del
funzionamento della propria memoria o di qualsiasi altro processo riguardante l’immagazzinamento
ma anche il recupero di notizie e informazioni. Il concetto di metamemoria riguarda, quindi,
“l’agire della mente”, ed è per tale motivo che spesso viene sostituito con il termine
metacognizione.
La “autoregolamentazione” consiste nel modificare strategie basate sull’esperienza passata e
monitorare la performance. A tal proposito è possibile evidenziare una stretta correlazione tra abilità
di controllo metacognitivo e motivazione, in base a tale processo possiamo definire la
6
7
Flavell J. H., Miller P.H., Miller A. S., Psicologia dello sviluppo cognitivo, Il Mulino, Bologna 1996, p. 186.
Ivi, p. 216.
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metacognizione come coscienza del compito e delle caratteristiche di un processo cognitivo e
capacità di autoregolamentazione della propria attività cognitiva. La dimensione metacognitiva
implica non solo l’autocontrollo, ma anche capacità di autovalutazione, di pianificazione e di
regolazione del processo cognitivo pianificato.
La “acquisizione di schemi” (sviluppare strategie cognitive che generano la comprensione di una
cornice per le informazioni); il “trasferimento” (applicazione di strategie apprese per compiti
differenti), e l’”attribuzione di stati mentali” (capacità di attribuire stati mentali a sé e agli altri).
Possiamo definire la metacognizione come un processo mentale il cui oggetto è sia un’attività
cognitiva che un prodotto mentale di tale attività.
L’adottare strategie metacognitive prevede:
a) essere cosciente delle dinamiche dei processi cognitivi in genere e dei propri in
particolare;
b) essere in grado di elaborare strategie adeguatamente finalizzate a scopi specifici;
c) essere capace di adeguare le strategie agli scopi;
d) saper valutare in itinere se le azioni messe in atto siano adeguate allo scopo in relazione ai
risultati attesi;
e) acquisire come indicatore di efficacia dei propri processi metacognitivi un aumento del
senso di autoefficacia, di autostima e della motivazione.
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2 Le mappe: cognitive, mentali e concettuali
Tra le metodologie utilizzate per percorsi di apprendimento metacognitivo, occupano un posto
privilegiato le mappe concettuali.
Le mappe concettuali possono essere considerate come dei sistemi di rappresentazione
metacognitiva della conoscenza, quindi, in qualche modo, rappresentano graficamente la reticolarità
delle mappe cognitive interne al soggetto. Esse possono rappresentare il pensiero in tutte le sue
attività ovvero nella sua dinamicità, nelle sue associazioni, nella sua attività razionale, deduttiva,
induttiva, associativa, immaginativa ripercorrendo e rinforzando processi di pensiero pregressi e
arricchendoli di nuovi e più potenti tasselli conoscitivi. Così come accade con il nostro pensiero
anche con una mappa possiamo ritornare su un’idea di partenza, liberare la fantasia o anche
frenarla, complicare o semplificare i percorsi e processi mentali.
Negli anni ‘60 Joseph D. Novak muovendo dalle teorie di David P. Ausubel 8 , ha elaborato la
metodologia delle conceptual maps ideate al fine di formalizzare la conoscenza strutturata e
rappresentare il modo in cui i vari concetti sono correlati tra loro all’interno di un determinato
dominio conoscitivo.
Novak teorizza che lo scopo principale dell’educazione è quello di consentire a chi impara di farsi
carico della propria personale costruzione di significato. Ogni volta che alunno e docente riescono a
concordare e condividere il significato di un’unità di conoscenza si verifica, infatti, un
apprendimento significativo. «L’apprendimento significativo è alla base dell’integrazione
costruttiva di pensieri, sentimenti e azioni e induce all’empowerment finalizzato all’impegno e alla
responsabilità» 9 .
8
Ausubel D. ha favorito il passaggio dai modelli comportamentisti di apprendimento ai modelli cognitivisti che
studiano i processi che si attivano nei soggetti nella costruzione di nuovi significati. L’apprendimento, secondo i
cognitivisti, è un processo conoscitivo che trae origine dal bisogno di costruzione (e di strutturazione) del reale,
implicito nell’interazione uomo/ambiente, e analizza i cambiamenti che avvengono nelle strutture cognitive del soggetto
e nella sua personalità.
9
Ivi, p. 26.
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LE MAPPE
CONCETTUALI
rappresentano
LA CONOSCENZA
è
è
per favorire
CONCETTI
combinati per
formare
DIPENDENTE
DAL CONTESTO
PREPOSIZIONI
L’INSEGNAMENTO
sono
COSTANTI
PERCEPITE
STRUTTURATI
GERARCHICAMENTE
possono
essere
L’APPRENDIMENTO
in
COLLEGAMENTI
TRASVERSALI
OGGETTI
ETICHETTATI
con
è una
base
PAROLE
favoriscono
EVENTI
per mostrare
SIMBOLI
INTERRELAZIONI
LA CREATIVITÀ
combinati per
formare
in
DIFFERENTI SEGMENTI
DELLA MAPPA
Figura 1: Esempio di mappa concettuale che descrive le idee chiave e i principi per la realizzazione di una buona mappa
concettuale 10 .
Novak e Gowin 11 propongono la costruzione di mappe concettuali attraverso le parole-concetto che
rappresentano i nodi della mappa, mentre le parole-legami rappresentano le relazioni che
congiungono i vari nodi per poi articolarsi in vari livelli gerarchici. Le mappe concettuali sono
dunque rappresentazioni diagrammatiche per la strutturazione e l’organizzazione visiva della
conoscenza.
Le regole per sviluppare mappe concettuali furono illustrate da Novak, con l’intento di cogliere le
modificazioni nella comprensione dei concetti scientifici da parte dei bambini. Il programma di
10
11
Novak J., L’apprendimento significativo, Le mappe concettuali per creare e usare la conoscenza, op. cit, p. 46.
Cfr. Novak J. D., Gowin D. B., Imparando ad imparare, SEI, Torino 1989; Novak J., L’apprendimento significativo,
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ricerca si basava sulla teoria dell’apprendimento di David Ausubel, un pioniere nello sviluppo della
psicologia cognitiva.
Secondo l’autore, esistono quattro tipi possibili di apprendimento:
- per scoperta, quando gli attributi dei concetti sono identificati autonomamente dal discente;
- per ricezione, quando gli attributi sono descritti mediante il linguaggio e trasmessi al discente;
- meccanico, quando la nuova conoscenza viene acquisita per mezzo della semplice
memorizzazione ed è incorporata senza alcuna interazione con la conoscenza preesistente;
- significativo, quando le conoscenze primarie interagiscono con le nuove, in questo caso
«1’apprendimento significativo corrisponde a un sistema di attività in cui (e con cui) 1’allievo
prende coscienza dei sistemi di significati, se ne appropria e li attribuisce agli eventi in funzione
delle sue esperienze» 12.
È bene sottolineare la differenza tra le mappe concettuali e le mappe mentali ideate da Tony Buzan
alla fine degli anni ‘60. Lo studioso sostiene che «Le mappe mentali sono intimamente connesse
alla funzione della mente, e possono essere usate in quasi tutte le attività che coinvolgono il
pensiero, il ricordo, la pianificazione o la creatività» 13 .
Le mappe mentali sono anche conosciute come mappe di parole o di idee. Esse hanno una struttura
“ad albero” o anche “radiale” costruita a partire da un’idea principale (nodo) e sviluppata secondo
la rigida struttura gerarchica con l’associazione di idee secondarie o discendenti a cui se ne possono
associare tante altre 14 . Esse si differenziano dalle mappe concettuali per la semplicità della forma,
infatti, se da un lato permettono di realizzare compiti molto specifici e con maggiore velocità, dal
punto di vista della completezza e dell’efficienza, la loro fruizione risulta molto più circoscritta.
Le mappe concettuali per creare e usare la conoscenza, Erickson, Trento 2001.
12
Ivi, p. 54
13
Buzan T., Usiamo la testa, Frassinelli, Cles 2003, p. 129.
14
Cfr. Buzan B., Buzan T., Mappe mentali, NLP Italy, Milano 2003, p. 38.
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Figura 2: Esempio di mappa mentale
Le mappe mentali riproducono graficamente dei concetti collegati ad un concetto centrale attraverso
relazioni logico-associative, che seguono criteri determinati dalla soggettività e creatività
dell’autore (modello associazionista). Hanno una struttura gerarchica e le relazioni tra i concetti non
vengono precisate da etichette descrittive. Le mappe mentali rappresentano, dunque, adeguati
strumenti per presentare in modo sintetico le strutture di pensiero complesse e per assolvere
funzioni diagnostiche, ma sono ben lontane dal rappresentare la conoscenza concettuale.
Le mappe concettuali, invece, pur essendo simili alle mappe mentali, si differenziano da esse in
quanto presentano una strutturazione delle informazioni di tipo reticolare e non gerarchico; la loro
matrice cognitiva di riferimento è di tipo connessionista e non associazionista e il legame tra i nodi
solitamente viene esplicitato mediante etichette descrittive testuali.
Le mappe concettuali mettono in evidenza le connessioni di significato tra i concetti (nodi) che
formano le proposizioni (unità semantiche). Una proposizione è rappresentata da una relazione che
connette due concetti. Novak sostiene che «Le proposizioni sono la combinazione di due o più
parole che formano un’affermazione riguardo a un evento, a un oggetto o a un’idea» 15 .
Ora proviamo a dare delle delucidazioni degli elementi che costituiscono una mappa concettuale ed
in particolare al significato di concetto.
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Nell’ambito pedagogico ritroviamo Vygotskij, Piaget, Bruner che «parlano di concetti come
rapporti logici tra oggetti attribuiti a regole di composizione» 16 ; nell’ambito psicologico abbiamo la
Rosch e la Nelson che hanno affrontato la formazione dei concetti nell’ambito dello sviluppo
cognitivo attribuendo loro la funzione di un’attività essenzialmente previsionale.
I concetti sono «le unità con le quali pensiamo il mondo, ne combiniamo gli elementi e li
trasformiamo mentalmente in ordine ai nostri scopi; non sono arredi, ma utensili per dominare
l’esperienza, anticiparla e promuoverla» 17 .
I concetti sono organizzati in una scala inclusivo-gerarchica. La Rosch 18 ha individuato tre livelli
principali a cui gli elementi della realtà possono essere categorizzati: il livello sovraordinato (il più
generale ed astratto); il livello base e il livello subordinato (il più specifico e legato ai dati empirici).
La relazione è un altro elemento fondamentale delle mappe concettuali in quanto attraverso di essa
si determina la caratteristica del collegamento tra i vari concetti. Esistono vari tipi di relazioni:
gerarchica;
causa-effetto;
spazio/tempo;
istanza
(esemplificazione
di
un
concetto)
e
equivalenza/diversità (esprime uguaglianza o differenza).
La struttura della mappa è un altro elemento che caratterizza la natura della mappa; in particolare la
“struttura radiale” rimanda al modello associazionista ed è tipico delle mappe mentali. Mentre la
struttura verticale-reticolare fa riferimento al modello connessionista ed è tipico delle mappe
cognitive e concettuali.
Per la costruzione della mappa concettuale Novak fornisce un elenco di passaggi fondamentali 19
che consistono nel:
1. Identificare la tematica o l’ambito conoscitivo che si desidera mappare e poi creare una lista dei
concetti generali e specifici;
2. Mettere in ordine i vari concetti di ordine superiore e inferiore e individuare le gerarchie;
3. Rivedere la lista e, se necessario, aggiungere altri concetti;
4. Iniziare a costruire la mappa dall’alto verso il basso;
5. Sistemare i concetti specifici/subordinati sotto ogni concetto generale;
15
Novak J., L’apprendimento significativo, Le mappe concettuali per creare e usare la conoscenza, op. cit., p. 53.
Damiano E., Insegnare con i concetti, Un modello didattico fra scienza e insegnamento, SEI, Torino 1994, p. 15.
17
Ivii, p. 20.
16
18
Rosch E., Principles of Categorization, in «Cognition and Categorization», Rosch E. e Lloyd B. (a cura di), Lawrence
Erlbaum Associates, New York 1978.
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6. Creare i legami tra i concetti con link etichettati con parole legame;
7.Rielaborare la struttura della mappa, aggiungendo, sottraendo o cambiando i concetti;
8. Cercare di creare legami trasversali tra i concetti nelle diverse sezioni della mappa e tracciare le
linee di collegamento;
9. Applicare ai concetti degli esempi specifici;
10. Inoltre, le mappe possono essere realizzate in modi diversi per lo stesso gruppo di concetti.
Infatti se cambia la comprensione delle relazioni tra concetti, cambierà anche la mappa che ne
risulta.
Ci sembra non irrilevante procedere, in questo contesto, ad illustrare i vantaggi dell’utilizzo delle
mappe concettuali nelle attività scolastiche. Uno degli aspetti principali nell’utilizzo delle mappe è
che esse permettono di rivelare, in fase di sviluppo, una eventuale disinformazione e/o mancanza di
comprensione da parte degli allievi.
Mentre, in fase finale la valutazione di una mappa concettuale è basata sulla verifica dei seguenti
elementi: acquisizione di conoscenze, cambiamento concettuale e apprendimento significativo.
La realizzazione di una mappa per la sua intrinseca rappresentazione spaziale dei contenuti stimola
la percezione visuale e rende più interessante e incisivo l’apprendimento migliorando la
sedimentazione dei contenuti oggetto di studio.
La ricerca ha dimostrato che l’apprendimento visuale è uno dei migliori metodi per spronare le
abilità del pensiero. Le tecniche basate sull’apprendimento visivo come il metodo grafico
predispongono gli studenti a pensare con chiarezza, ad elaborare, organizzare e dare una posizione
alla nuova informazione secondo una rappresentazione grafica ben strutturata.
La caratteristica visiva della mappa attiva la parte destra del cervello e il pensiero laterale, che va ad
integrarsi con la parte sinistra dei processi logici-lineari, potenziando la comprensione,
l’apprendimento, la comunicazione.
La dimensione iconico-visuale nel contesto educativo rappresenta il completamento della
formazione e quindi della conoscenza in quanto attiva dei processi intellettivi afferenti alla sfera
aptico-cinestesica e ancor più rappresenta significati che amplificano e aggiungono nuove
prospettive cognitive che il linguaggio verbale non può “produrre”.
A tal proposito studi in campo psicologico e fisiologico hanno accertato che la mente riflette la
struttura del cervello: una struttura a moduli fatta di facoltà separate. Gardner, infatti sostiene che
«tutto ciò che avviene nella mente sia prodotto dal cervello [...] da un cervello situato in un corpo
19
Novak J., L’apprendimento significativo, Le mappe concettuali per creare e usare la conoscenza, op. cit., p. 269.
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umano che si sviluppa in un ambiente umano in perenne cambiamento [...]. Il cervello non si trova
in un vuoto. È in un corpo che, a sua volta, vive in una cultura. Il cervello può svilupparsi in
un’enorme varietà di culture ma una volta che lo sviluppo neurale sia incominciato (e cioè dopo
poco il concepimento), la cultura in cui gli accade di vivere diventa una determinante decisiva della
sua struttura e della sua organizzazione» 20 .
L’utilizzo delle mappe concettuali nel contesto educativo costituisce, dunque, un approccio
razionale, una strategia metacognitiva dell’insegnamento, in sintonia con le modalità naturali di
lavoro del cervello umano, dove l’informazione viene memorizzata, recuperata e riutilizzata per
collegamenti diretti nonché reticolari.
La realizzazione di mappe concettuali permette un apprendimento significativo che nasce da fattori
come la creatività, la collaborazione e la cooperazione. Il singolo discente è incentivato nel processo
“del venir a conoscenza” in modo tale da compiere operazioni mentali complesse come scoprire,
selezionare, collegare, gerarchizzare, mettere in relazione e generalizzare le nuove conoscenze ne
consegue che questa modalità didattica include diverse forme di apprendimento.
Un aspetto fondamentale è anche come il discente viene coinvolto in questo suo percorso, occorre
facilitarlo e orientarlo, dunque, crediamo che la risposta migliore sia rappresentata dal
costruzionismo di Seymour Papert in quanto, in base a tale orientamento, lo studente diventa il
protagonista del suo processo di apprendimento attribuendo così una forte preminenza al pensiero
operatorio-concreto rispetto a quello logico-formale.
Al di là dell’educazione formale, le mappe concettuali sono al servizio dell’apprendimento di
gruppo, buona parte di esso deriva da interazioni informali all’interno del gruppo e dal supporto
fornito da colleghi, attraverso quella che Illich 21 , diversi anni fa, chiamò “rete di apprendimento”.
«Le mappe diventano, così, una risorsa per trovare delle motivazioni intrinseche ad imparare,
perché forniscono “il piacere” di apprendere e riconoscere l’emozione che si prova quando ci si
accorge di aver capito di più e meglio. Svolgono una funzione socializzante, favorendo il confronto
sui concetti stessi, sulla validità dei legami e delle relazioni […]. La discussione fa emergere anche
l’esistenza di due approcci alle mappe: quello concettuale oggettivo e quello cognitivo più
personale soggettivo. Servono agli studenti a riflettere sulla struttura della conoscenza e del suo
processo di produzione, aiutandoli ad acquisire un metodo di lavoro e di studio. A livello linguistico
abituano a concepire i concetti e le proposizioni in senso gerarchico, con un’affermazione principale
20
21
Gardner H., Sapere per comprendere, op. cit., p. 79.
Illich I., Descolarizzare la società, Mondadori, Milano 1983.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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e generale ed altre legate ad essa da nessi logici (perché, poiché, quindi, prima di, ecc.) o dai
significati inclusivi» 22 .
Esistono due tipologie di mappe: le mappe cognitive e le mappe concettuali.
Le mappe cognitive sono soggettive perché rappresentano la conoscenza individuale, ovvero il
proprio modo di pensare e di raffigurare il sapere, fatto di immagini, ricordi, esperienze; inoltre,
l’analisi della mappa cognitiva permette all’insegnante di adattare percorsi formativi adatti al
contesto particolare della classe o del singolo soggetto.
Tale tipo di mappa può essere sia un prodotto individuale che un prodotto della collaborazione tra
soggetti, pertanto sia nell’uno che nell’altro caso esse possono essere la base per poter avviare una
discussione e poter iniziare una dibattito su ciò che può o non può essere un “percorso” da
intraprendere.
Introdurre l’uso del computer
Ha
Hardware e Software ai
bambini della scuola primaria
le motivazioni
riguardano
è necessario
riduzione dei rischi inerenti
all’analfabetismo informatico e
al digital divide
nel contesto didattico permette
di migliorare l’offerta formativa
l’istituto attrezzi il laboratorio
multimediale di almeno 30 PC
sussidi didattici multimediali
ricerche in Internet
iter da percorrere per
recupero fondi
richiesta al Comune di appartenenza
-Poche possibilità
-Tempi medio lunghi
Progetto P.O.R. misura 3.1
è necessario un team per
l’elaborazione del progetto
formulare richiesta
all’assessore all’istruzione
In entrambi
casi occorre
una delibera del Collegio
dei docenti
-Molte possibilità
-Tempi medio lunghi
Figura 3: Esempio di mappa cognitiva
22
Taurino G., Cremieux E., Mappe cognitive e concettuali al computer, «Informatica&Scuola», Hugony Editore,VI, 3,
Milano 1998.
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Le mappe concettuali, invece, sono oggettive e organizzate in modo chiaro e ben definito. Pertanto
se le mappe cognitive sono ‘interne’ e soggettive le mappe concettuali sono ‘esterne’ e oggettive.
Molto importante per l’evoluzione dei contenuti da rappresentare in una mappa è il cosiddetto
brainstorming o “tempesta di cervelli” una forma di stimolazione mentale che conduce
all’esternazione delle pre-conoscenze attraverso libere associazioni.
Il principio del brainstorming è la generazione di idee spontanee e senza filtri, in questa fase il
giudizio di valore è completamente assente in quanto è essenziale che la fase di generazione delle
idee sia separata dalla fase di giudizio del pensiero non perché la fase di giudizio non sia importante
ma perché essa potrebbe ostacolare la libertà di esposizione delle conoscenze e potrebbe precludere
la possibilità di una piena libertà di pensiero.
Il brainstorming raggiunge la sua piena attuazione in gruppo ma non è da sottovalutare quello
individuale in quanto i singoli possono esplorare meglio le idee, senza assilli di tempo, senza paura
del criticismo e senza essere dominati da altri membri del gruppo.
Questa tecnica di gruppo sviluppa le idee più profondamente in quanto le eventuali difficoltà
individuali che potrebbero nascere nell’elaborazione di un’idea, potrebbero essere superate
facilmente utilizzando la creatività e l’esperienza altrui; ovviamente il contesto di sviluppo e di
elaborazione delle conoscenze deve essere adeguatamente supportato e guidato dall’insegnante che
deve evitare che i soggetti più estroversi possano reprimere i soggetti discreti.
Vi è un passaggio graduale che va dal brainstorming che genera una prima mappatura di idee
generali alla mappa concettuale; diventa quindi indispensabile selezionare i concetti in base alla
loro importanza e pertinenza. Attraverso la mappa concettuale ci rendiamo conto come sia possibile
comprendere una quantità di cose nello stesso momento, con lo stesso “colpo d’occhio”. La visione
è istantanea e sinottica o meglio si vede tutto nello stesso momento e se ne percepiscono
immediatamente la struttura, i nodi e i legami nonché le derivazioni e le relazioni.
La didattica metacognitiva deve essere assunta, dunque, come una complessa strategia formativa
orientata verso la padronanza da parte dei discenti dei propri stili cognitivo-apprenditivi come quelli
descritti da Cornoldi e De Beni: intuitivo-sistematico, impulsivo-riflessivo, globale-analitico,
verbale-visuale ecc.
Questi stili sono cruciali per far emergere le peculiarità individuali e dimostrano che gli individui
ragionano e pensano in modo diverso 23 , pertanto è fondamentale una programmazione didattica per
mappe concettuali
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Il valore di una mappa concettuale di per sé non va quindi misurato in riferimento al prodotto finale,
ma agli aspetti di rappresentazione dinamica del processo cognitivo che lo ha reso possibile» 24 ,
allora possiamo impostare l’uso didattico delle mappe secondo due prospettive ovvero come
“strumento di indagine e di studio” e come “strumento di sintesi conoscitiva finale” .
Nel primo caso la mappa rappresenta le conoscenze pregresse ovvero quanto già si conosce e
dunque fornisce la presentazione del percorso di indagine conoscitiva preliminare. Nel secondo
caso, la mappa indica ciò che si è appreso e del percorso conoscitivo effettuato in quanto
l’argomento, che è stato analizzato in tutte le sue parti e aspetti, viene presentato attraverso la
mappa in modo più completo ed esauriente, evidenziando legami e concetti che, inizialmente, non
erano evidenti o conosciuti 25 .
Possiamo, alla luce delle riflessioni fin qui elaborate, affermare che esercitarsi nella costruzione di
mappe concettuali consente di sviluppare notevolmente quel processo metacognitivo che sempre
più si presenta come necessario per poter comprendere la società della complessità tecnocomunicativa.
In conclusione possiamo dire che, se vogliamo uno sviluppo armonico del soggetto, vanno
privilegiati alcuni di questi canali comunicativi, in particolare quelli che sviluppano prima una
struttura cognitiva, il libro ed il computer, e poi una capacità metacognitiva, ovvero la possibilità di
vedere e controllare il proprio pensiero.
Questo ultimo aspetto richiede un particolare sforzo di concentrazione e di riflessione, non è dato
“una volta per sempre” ma è un continuo esercizio, che può servirsi di strumenti quali le mappe
concettuali, e che si rivela determinante per potersi inserire in un contesto di comprensione delle
dinamiche culturali complesse e “costruire”, in tal modo, una mente in grado di “governare la
conoscenza”.
23
Cfr. Cornoldi C., De Beni R., Imparare a studiare, Erickson,Trento 1993.
Guastavigna M., Mappe per i testi, in «Italiano&oltre», VI, n. 1, 2000, p. 120.
25
Cfr. Berritta C., Mappe concettuali e information technology, in «Informatica e Scuola»,VII, 3, Hugony Editore,
Milano 1999.
24
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3 Ausubel: l’apprendimento significativo
Nell’affrontare gli aspetti della teoria dell’apprendimento significativo, elaborata da Ausubel, non
possiamo dimenticare che è da questa teoria che nasce la logica delle mappe concettuali. Ausubel,
si può definire un “costruttivista interazionista” in quanto ritiene che il soggetto svolge un ruolo
attivo ed intenzionale nel processo di costruzione della conoscenza26 . Il costruttivismo ritiene,
infatti, che chi apprende deve necessariamente attuare un processo di costruzione dei propri
concetti e delle conoscenze.
La teoria dell’apprendimento significativo di Ausubel appare per la prima volta nel 1962, con il
libro A subsumption theory of meaningful learning and retention successivamente approfondita nel
libro The psychology of meaningful verbal learning (1963), ma la presentazione più completa si
ritrova in Educational Psychology: a cognitive view del 1968, considerata una delle più importanti
opere di psicologia dell’educazione.
Per Ausubel si verifica un apprendimento significativo quanto l’esperienza del soggetto che
conosce trova una sua collocazione in una struttura cognitiva preesistente altrimenti ci troviamo in
presenza di un apprendimento meccanicistico che viene a sovrapporsi e non ad integrarsi e quindi
diventa poco significativo.
Mentre l’apprendimento meccanico avviene quando chi apprende memorizza le nuove
informazioni senza collegarle alle conoscenze precedenti, o quando il materiale da studiare non ha
alcuna relazione con le conoscenze fin qui acquisite.
L’apprendimento puramente meccanico e quello altamente significativo rappresentano i due
estremi della modalità di apprendimento.
Comunque l’apprendimento meccanico è la base principale per la successiva fase di
apprendimento significativo e rappresenta certamente alcuni essenziali vantaggi, è opportuno,
quindi, evidenziare che non tutto l’apprendimento meccanico è da ritenere inutile e tanto meno
dannoso; vi sono delle conoscenze di base che richiedono necessariamente tale processo come
quello legato alla conoscenza di informazioni come numeri, concetti, principi, definizioni, regole,
ecc. che non possono essere collegate alle conoscenze presenti nell’individuo ed anzi vanno a
formare quel nucleo di base intorno al quale costruire un processo di assimilazione significativa e
26
Cfr. Varisco B. M., Costruttivismo socio-culturale. Genesi filosofiche, sviluppi psico-pedagogici, applicazioni
didattiche, Carocci, Roma 2002, p. 97.
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devono essere ricordati parola per parola, come anche i nostri comuni numeri telefonici, dove non
è permesso un grado o livello di approssimazione; anzi l’apprendimento significativo in molti casi
può essere del tutto svantaggioso o addirittura dannoso.
L’apprendimento diventa un processo interattivo di costruzione di conoscenze sulla base di
concezioni già esistenti. Questo significa che il soggetto che apprende non è tabula rasa, ma
possiede una serie di conoscenze, di idee, di aspettative, dunque una struttura cognitiva capace di
elaborare, nella sua interazione con l’ambiente esterno, le informazioni che dall’ambiente riceve.
Si tratta, quindi, di individuare quali sono queste strutture e conoscenze consolidate ed intorno a
queste, a livello gerarchico, “agganciare” le nuove conoscenze. In questo modo esse assumono
significato in quanto contestualizzate.
Per poter facilmente rappresentare il pensiero di Ausubel possiamo fare ricorso ad un esempio
della geometria, insegnare il teorema di Pitagora è impossibile se prima l’allievo non conosce il
significato di cateto, ipotenusa, triangolo, etc.
L’apprendimento significativo deve, per Ausubel, essere inteso come partecipazione globale in
quanto si chiede un impegno sia sul piano conoscitivo che su quello affettivo ed emozionale. In
questo contesto la motivazione ad apprendere non nasce da una sollecitazione esterna ma da un
desiderio di conoscere, di capire e di operare presente all’interno della persona.
Dunque, gli apprendimenti sono significativi se vanno ad integrarsi compiutamente nel quadro
complessivo delle esperienze e degli interessi di chi studia; non è sufficiente che il materiale che si
trasmette abbia semplicemente una coerenza logica interna quanto piuttosto che nei materiali siano
ben presenti i nessi intercorrenti tra i diversi tipi di organizzazione mentale dell’allievo e i
materiali da apprendere.
Tre devono essere le condizioni presenti per definire un apprendimento significativo:
-
i contenuti da apprendere devono avere una coerenza interna retta da una struttura
d’insieme non contraddittoria;
-
il soggetto conoscente deve possedere una struttura cognitiva che contenga delle
informazioni che possono entrare in rapporto con le nuove conoscenze;
-
il soggetto conoscente deve essere motivato a mettere in relazione la sua struttura cognitiva
con le nuove informazioni.
Le analisi filosofiche che sottendono all’impianto pedagogico determinano l’approccio didattico
utilizzato in classe. Una “ontologia realista” porta ad un modello di formazione che mira alla
selezione per far emergere gli allievi “migliori”, ovvero quelli per natura sono maggiormente
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dotati di capacità. Secondo Ausubel, però, gli allievi che otterranno risultati “migliori” al termine
di questo intervento formativo saranno quelli che si accostano all’intervento stesso con un
bagaglio di conoscenze preliminari già strutturate, sulle quali l’intervento formativo va ad
innestarsi senza particolari difficoltà.
Pensare, quindi, che si sia proceduto ad una selezione che abbia privilegiato chi per natura è stato
dotato di maggiori capacità, e quindi si sia privilegiata una metodologia di “selezione naturale”
rappresenta un errore in quanto in realtà si è proceduto a valorizzare potenzialità socialmente
acquisite in quanto provenienti da ambienti più stimolanti. Si tratta di ragazzi cresciuti in un
contesto culturale più ricco e neurotonico che ha sollecitato e costruito strutture cognitive più
reticolari e articolate, quindi questi allievi si trovano in vantaggio ancor prima di iniziare la
formazione.
Allievi scarsamente stimolati sul piano culturale, abituati a ragionare per “soluzioni semplici” e
stereotipi si troveranno in difficoltà quando si tratterà di assimilare concetti complessi.
Quando ci si troverà in presenza di allievi abituati a ragionare per “strutture semplici” sarà più
difficile puntare allo sviluppo del pensiero critico, del pensiero divergente, della creatività e ciò a
prescindere dalla qualità dell’insegnamento impartito. In questo caso abbiamo una sola possibilità
di intervenire, ovvero si rende indispensabile colmare quel gap esistente tra esperienze pregresse,
sulle quali innestare l’insegnamento, ed il programma che si intende svolgere, solo in questo modo
potremmo incidere in modo efficace ovvero “significativo”, direbbe Ausubel, sulla struttura
cognitiva preesistente.
Alla luce di queste considerazioni possiamo dedurre che un modello selettivo non favorisce
l’empowerment del soggetto, ossia lo sviluppo del suo pensiero, ma solo l’accettazione di un
apprendimento mnemonico e passivo non in grado di essere poi trasferito in altre situazioni dove
sarebbe utile fruirne mostrando, in tal modo, di avere sviluppato intelligenza.
L’apprendimento significativo, deve tendere ad integrare in modo costruttivo pensieri, sentimenti e
azioni, finalizzandoli all’impegno e alla responsabilità 27 . Siamo in presenza di una vera e propria
teoria dell’educazione.
Per consentire un insegnamento efficace bisogna, allora, tener presente che solo l’apprendimento
significativo può portare ad un progressivo sviluppo della struttura cognitiva e quindi alla reale
crescita di un individuo. Attraverso l’apprendimento significativo, le nuove informazioni
specifiche che riguardano una singola disciplina vengono collegate ed assimilate a concetti
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generali che sono preesistenti e che formano la struttura logica cognitiva di un soggetto.
L’apprendimento significativo si verifica quando chi apprende è in grado di mettere in relazione le
nuove informazioni con le conoscenze che già possiede.
Ausubel evidenzia, in più occasioni, che un aspetto determinante nel processo di apprendimento è
relativo alla necessità di sapere, da parte del docente, quali sono le conoscenze pregresse
dell’allievo e su queste impostare il lavoro di insegnamento. Diventa elemento principale, dunque,
la coerenza tra quello che fa già parte del nostro bagaglio culturale e quello che viene su di esso ad
innestarsi; ogni elemento deve avere un significato ben specifico e deve essere adeguatamente
relazionato con le restanti parti.
Possiamo concludere, dunque, affermando che sforzo, scoperta, impegno e ricerca sono le basi che
oltre a sviluppare un intuito intellettivo, consentono di catturare perennemente le nuove
informazioni apprese significativamente, potendole quindi ricordare per lungo tempo anche nel
corso di tutta la nostra esistenza.
27
Novak J. D., L’apprendimento significativo, Erickson, Trento 2001, p. 26.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Bibliografia
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Editore, Milano 1999.
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Taurino G., Cremieux E., Mappe cognitive e concettuali al computer, «Informatica&Scuola»,
Hugony Editore,VI, 3, Milano 1998.
Varisco B. M., Costruttivismo socio-culturale. Genesi filosofiche, sviluppi psico-pedagogici,
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Wittgenstein L., Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino 1999.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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