E` UNA SALA GIOCHI E NON UN CASINÒ, MA LA DIFFERENZA LA

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E` UNA SALA GIOCHI E NON UN CASINÒ, MA LA DIFFERENZA LA
E’ UNA SALA GIOCHI E NON UN CASINÒ, MA LA
DIFFERENZA LA FA IL COMUNE di Marilisa Bombi
(Jamma) Se una sala giochi vuole promuovere la sua attività utilizzando nell’insegna il nome
“Casinò”, sta al Comune competente autorizzare o meno l’uso ambiguo del termine. L’ha
deciso il Garante antitrust, interpellato in merito, ma l’aveva già affermato mesi fa il Ministero
dell’interno.
Marilisa Bombi, per la rivista telematica PL.COM, approfondisce la questione e, su gentile
concessione dell'editore EDK, il contributo è messo a disposizione per la Comunità di pratica a
questo indirizzo.
Polizia Amministrativa
E’ una sala giochi e non un casinò, ma la differenza la fa il Comune
Se una sala giochi vuole promuovere la sua attività utilizzando nell’insegna il nome “Casinò”,
sta al Comune competente autorizzare o meno l’uso ambiguo del termine. L’ha deciso il
Garante antitrust, interpellato in merito, ma l’aveva già affermato mesi fa il Ministero
dell’interno.
Insomma, questa sussidiarietà verticale incomincia a stare un po’ stretta, perché più che
l’attuazione di un principio costituzionale che vuole trasferire all’ente più vicino al cittadino
l’esercizio della funzione sembra uno scaricamento di responsabilità. Infatti, riguardo alla
questione sulla legittimità, o meno, dell’utilizzo dell’insegna Casinò da parte delle sale giochi
in cui sono installati gli apparecchi da intrattenimento di cui al comma 6 dell’art. 110 TULPS
(e in un prossimo futuro le VLT), la partita, in sostanza, è tutta in mano al Comune, perché
se una sala giochi espone l’insegna "Casinò", pur non essendo tale, l’Antitrust competente ad
intervenire nelle ipotesi di pubblicità ingannevole non c’entra nulla. Secondo il Garante, la
faccenda non è affar suo perchè “la questione riguarda l’assenza delle dovute autorizzazioni
ed attiene pertanto ad eventuali problematiche di competenza delle autorità amministrative”.
E’ questo che, laconicamente, afferma l’Autorità garante concorrenza e del mercato nella
risposta del 6 novembre ad una specifica segnalazione alla stessa inviata, nella quale si
richiedeva al Garante di intervenire per dirimere la questione collegata all’abuso nell’utilizzo
del nome. Il problema, quindi, sorto in conseguenza del fatto che molti esercizi pubblici, bar o
sale gioco, nei quali sono installati apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro e che
non potrebbero fregiarsi di tale insegna perchè dovrebbe caratterizzare soltanto le sale da
gioco autorizzate espressamente con legge deve essere gestito dal Comune. In Italia, com’è
noto, il gioco d’azzardo è vietato dal codice penale. Ma in deroga a questo divieto lo Stato ha,
nel tempo, autorizzato sei casinò situati rispettivamente a Campione d'Italia, Saint-Vincent,
Sanremo e Venezia. Ultimo della serie è quello aperto quest’anno a Bagni di Lucca (Casinò
delle Terme di Bagni di Lucca). Anche se a dire il vero, per quello di Bagni di Lucca, si tratta
di una riapertura tenuto conto che questa località ha il vanto di essere stata la prima in
Europa a far girare nel lontano 1839 la pallina della roulette, anche se il casinò di Venezia,
ospitato dal 1638 nella Ca' Vendramin sul Canal Grande, si definisce la casa da gioco più
antica del mondo. Casinò e sala da gioco, quindi, sinonimi di un luogo dove si gioca d’azzardo
e dove le slot machine si stanno facendo sempre più spazio tra i tavoli verdi. La questione
posta all’attenzione del Garante è complessa perché parte dal fatto che le cosiddette new slot
installate in bar, sale giochi, circoli ed altri esercizi pubblici consentono vincite in denaro in
percentuali di gran lunga inferiore rispetto le vincite che hanno la possibilità di riscuotere
coloro i quali si recano a giocare nei casinò regolarmente autorizzati. In questi casinò,
infatti, le slot machine installate erogano percentuali nettamente superiori. rispetto
le slot machine da bar che pagano soltanto il 75% di quanto complessivamente
giocato, contro il 95% di media delle slot nei casinò. Insomma una bella differenza che
i giocatori non conoscono perché nessuno li ha informati e che dovrebbe essere considerata,
quindi, pubblicità ingannevole. Ma, sotto questo punto di vista, tuttavia, anche il Ministero
dell’interno si è lavoro le mani. Infatti, con nota del 24 marzo di quest’anno ha, pure lui
laconicamente, affermato che “le autorizzazioni all’installazione delle insegne di esercizio
pertengono ai comuni dove le attività economiche operano”.