Il ritorno dei cevelloni: " Qui c`è molto da fare "

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Il ritorno dei cevelloni: " Qui c`è molto da fare "
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CRONACA
30/09/16, 09:31
30 settembre 2016
Il ritorno dei cervelloni: “Qui c’è
molto da fare”
LE STORIE / TRE CASI DI STUDIOSI CHE HANNO LAVORATO A CAMBRIDGE, A KASSEL E IN FRANCIA E
ADESSO HANNO SCELTO DI RIENTRARE A PALERMO
GRAZIA LA PAGLIA
C’è chi è stato in Germania, chi in Francia e chi in Inghilterra. C’è chi torna per approfondire gli studi e chi per approfittare
di una nuova opportunità lavorativa. Sono ricercatori nati in Sicilia, che avevano lasciato l’Isola da giovani e hanno scelto di
tornare a puntare sulla loro terra natale dopo un’esperienza di lavoro all’estero.
«Sì, qui c’è ancora molto da fare ma dobbiamo smetterla di pensare che la Sicilia è solo un luogo in cui trascorrere le
vacanze estive. Il mio progetto di ricerca inizierà a gennaio ma ho già iniziato a prendere contatti con chi nell’Isola, da
sempre fa ricerca. Insieme possiamo pianificare azioni future e io offrirò la mia esperienza di respiro internazionale».
Sono questi i progetti di Nunzio Iraci, 37 anni, da sei a Cambridge per studiare terapie contro le malattie degenerative.
E con il suo ritorno nell’Isola, lasciata a 19 anni per studiare e poi avviare la sua carriera accademica a Bologna, cercherà
per tre anni una nuova cura al morbo di Parkinson. «Senza la mia esperienza in una realtà di alto livello come Cambridge
non avrei trovato una nuova opportunità in Sicilia» racconta il ricercatore, nato a Barcellona Pozzo di Gotto. Infatti in
Inghilterra ha imparato ad utilizzare una parte delle cellule staminali, le vescicole, per trovare nuove soluzioni contro queste
malattie. «Adesso all’università di Catania e con i finanziamenti della Fondazione per il Sud potrò sperimentare l’utilizzo
delle vescicole per combattere il Parkinson».
E dopo i tre anni di lavoro? «Potrò accedere all’abilitazione nazionale che permette di diventare ricercatore di tipo B». Una
possibilità, spiega, che non si può lasciare scappare.
Alla città di Palermo è stata riadattata la ricerca dell’architetto Gaetano Licata, nata più di dieci anni fa in Germania. «Con il
mio ritorno nell’università in cui mi sono laureato, e dopo aver insegnato nell’università tedesca di Kassel, ho pensato di
non fermare il mio studio sulla trasformazione in edifici moderni delle strutture danneggiate dai bombardamenti della
Seconda guerra mondiale ».
Ma come dare continuità al progetto? «Adattando la ricerca alle conseguenze del “sacco di Palermo” – continua – Ho preso
in considerazione la Zona espansione nord e gli immobili del centro. Non sono più adatti o sono in cattive condizioni? Non
abbattiamoli, modernizziamoli. La ricerca è stata ampliata anche con lo studio degli universitari: ad oggi si contano 24 tesi
sull’argomento.
Ma la ricerca siciliana non vede solo il ritorno di suoi ex studenti ma anche l’arrivo di studiosi che qui trovano un terreno
fertile per i loro lavori. «Sono una studiosa di arte bizantina – racconta Cristina Rognoni che ha studiato prima a Roma e poi
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in Francia – Per poter analizzare meglio il mio oggetto di ricerca ho deciso di spostarmi nell’ateneo di Palermo. In questa
città ci sono testimonianze importantissime che sono state occultate da una tradizione storiografica ormai superata. Per
riportare alla luce questo patrimonio siciliano organizziamo incontri in cui mettiamo a disposizione di studenti e studiosi
locali le nostre conoscenze».
«La Sicilia può dare molto alla ricerca, grazie a gruppi che portano avanti studi di alta qualità conclude Iraci – Se fossimo
messi sempre nelle condizioni di poter fare, potremmo fare bene».
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“Abbiamo studi di qualità se fossimo messi sempre nelle condizioni di fare potremmo fare bene”
LE CELLULE
Nunzio Iraci 37 anni lavora con le staminali
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