2 Giugno 2012

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2 Giugno 2012
4
News Daily
43° Congresso ANMCO 2012
Congress
Supplemento di “Cardiologia negli Ospedali”
di Stefano Capobianco
Oggi al
congresso
sabato 2
giugno 2012
➜ 8.30 - 9.30
Aula Elba
FORUM
Angioplastica
coronarica ad alto
rischio: strategie
attuali
➜ 8.30 - 9.30
Aula Pantelleria
FORUM
Scompenso Cardiaco:
aspetti trascurati
➜ 9.00 - 10.50
Aula Lipari
SIMPOSIO
Il trapianto cardiaco
➜ 9.35 - 10.50
Aula Ischia
SIMPOSIO FIC
Come eravamo e come
siamo: riflessioni sul
Censimento 2010 delle
Strutture Cardiologiche
italiane
➜ 9.35 - 10.35
Aula Elba
FORUM
Scelte terapeutiche
nell’anziano fragile
➜ 9.35 - 10.35
Aula Favignana
FORUM
Resincronizzazione
cardiaca: aspetti
controversi
➜ 10.55 - 12.40
Aula Ischia
SIMPOSIO
Convention 2012
delle UTIC italiane
Gli Studi Clinici
dell’ANMCO
Appuntamento tradizionale questo “vernissage” degli Studi
Clinici dell’ANMCO, momento prezioso di verifica degli sforzi
compiuti per la ricerca e il miglioramento delle cure in Cardiologia. Moderano il Presidente ANMCO Marino Scherillo
e il Direttore del Centro Studi ANMCO Aldo Pietro Maggioni.
Inizia la carrellata il Dott. Di Pasquale, illustrandoci i preziosi
dati di follow - up a sei mesi dello Studio MANTRA, nato con
l’intento di fotografare lo “Standard of Care”del paziente con
Sindrome Coronarica Acuta in Italia. Questo Studio di carattere osservazionale e che ha coinvolto cinquantadue centri in
Italia, ha arruolato circa 6.394 pazienti con sindrome coronarica acuta: di questi, il 44.7% con STEMI e il restante 55,3%
con NSTEMI. Il 63,7% dei pazienti con STEMI ricevevano
angioplastica primaria con un tempo medio Door to Ballon di
novanta minuti. Il 16,1% degli STEMI veniva trattato mediante
terapia trombolitica con un tempo medio Door to Needle di
trenta minuti e la restante percentuale non riceveva alcuna
terapia riperfusiva. Una buona percentuale di NSTEMI ri-
ceveva terapia riperfusiva invasiva entro le quarantotto ore.
Già nello Studio baseline, la mortalità intraospedaliera era
bassa nei centri che aderivano alle Linee Guida. Tale dato si
conferma nel follow up a sei mesi, con una bassa mortalità
intraospedaliera e a sei mesi nei pazienti con STEMI e NSTESCA, a patto che siano gestiti in Centri con elevata aderenza
alle Linee Guida. Come nello Studio baseline, anche nelle
osservazioni in follow - up i tempi per la terapia riperfusiva
continuano ad essere ancora lunghi, soprattutto nei pazienti
trasferiti dai centri spoke. L’esecuzione dell’ECG preospedaliero è ancora poco diffusa (22% STEMI; 13% NSTE-SCA)
e la durata della degenza è ancora elevata. Altre importanti
conclusioni riportano la bassa incidenza intraospedaliera
di emorragie maggiori (1.2%) e minori (3.1%). Si conferma,
come in altri Studi, l’associazione tra emorragie maggiori
intraospedaliere e mortalità intraospedaliera (19.0% vs 3.1%)
ed a sei mesi (26.6% vs 6.7%). I predittori delle emorragie
➜ Segue a pag. 2
maggiori intraospedaliere
di Cinzia Monda
I diritti degli uomini devono
essere di tutti gli uomini,
proprio di tutti, sennò chiamateli PRIVILEGI. Ebbene
sì… Sembra una favola
ed in realtà lo è a tutti gli
effetti. È la favola che Gino
Strada, fondatore di Emergency, ha scritto con la
figlia Cecilia per spiegare
cosa sono i diritti e come si
potrebbe creare un “paese
di bambini che sorridono”. Simposio carismatico
quello che si è tenuto alle
ore 15.45 nell’Aula Caprera
sulla malattia valvolare nei
Strada…
Per l’eccellenza
paesi africani. A moderare
l’evento due Chairman di
eccezione: il Dott. Mazzuoli e il Dott. Ottani che
entusiasti della numerosa
platea non hanno perso
tempo nel dare il via ad un
convivio di esperienze e
testimonianze che vanno
oltre l’umano operare e che
trasformano i protagonisti
in creature affascinanti che
hanno la grande capacità di
essere disponibili a condividere un mondo che “ai più”
è sconosciuto. Ad iniziare
l’opera è il Dottor Ferratini,
responsabile dell’Unità di
Cardiologia della IRCCS
Santa Maria Nascente di
Milano, il quale condivide con l’audience la sua
esperienza in Zimbabwe. Il
➜ Segue a pag. 2
Da non perdere!!! HIGHLIGHT | Il Congresso in pillole | Aula Ischia | ore 12.45 - 14.15
di Stefano Capobianco
di Cinzia Monda
➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA
➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA
sono il basso peso, il sesso
femminile, la vasculopatia
periferica, l’IRC, lo switch
di terapia antitrombotica e
l’impianto di IABP. Lo switch
di terapia antitrombotica e
l’accesso arterioso di IABP
sono fattori predittivi di
emorragie evitabili o controllabili, contrariamente ai
fattori predittori del rischio
trombotico. Il Dott. Mathieu
ci illustra i risultati di follow
up dello Studio ATA – AF,
osservazione che fotografa il
fenotipo clinico dei pazienti
con fibrillazione atriale. Si
tratta di uno Studio osservazionale che ha coinvolto
più di 7.100 pazienti afferiti a
circa 360 strutture tra Cardiologie e reparti di Medicina
Interna. La popolazione
era composta per il 47% da
donne; l’età era superiore a
settantacinque anni nel 56%
dei pazienti. La fibrillazione
atriale era permanente nel
62% dei pazienti ricoverati
in Medicina interna, contro
il 37% dei pazienti della
Cardiologia, mentre le forme
persistenti erano significativamente più rappresentate
nei pazienti cardiologici. L’età avanzata e le comorbidità
orientavano verso una strategia rate-control, mentre la
giovane età e le forme “lone”
dell’aritmia orientavano verso una strategia di ripristino
del ritmo sinusale. Cardioversione elettrica e farmacologica erano utilizzate in
proporzioni praticamente
sovrapponibili quando si sia
optato per il controllo del
ritmo. Per quanto riguarda
la prescrizione di terapia
anticoagulante, l’età > 75
anni condizionava spesso il
non-uso di tali farmaci. Molte di queste osservazioni si
confermano nel follow - up,
ma si sovrappongono dati
aggiuntivi molto interessanti: si osserva una tendenza
alla “Swopping Terapy”
ovvero a switchare da terapia anticoagulante orale e
quella antiaggregante orale
e viceversa dai sei ai dodici
mesi. Nonostante questo, si
osserva una bassa incidenza
di eventi emorragici e trombo embolici, lo scompenso
cardiaco si conferma la
maggiore causa di mortalità
in questo gruppo e viene
fuori un dato interessante
sulla qualità della vita di
questi pazienti, che appare
povera, soprattutto nei pazienti che assumono TAO. Il
Dott. Maggioni ci presenta
i risultati finali dello Studio
ESC-HF, uno Studio prospettico e multicentrico che
ha arruolato 5.118 pazienti
tra l’ottobre 2009 al maggio
2010 e nato con l’intento di
fornire informazioni riguardo alla epidemiologia clinica
e all’outcome a un anno di
pazienti con scompenso cardiaco. Il messaggio appare
chiaro e conciso: mentre
la mortalità a un anno dei
pazienti con scompenso cardiaco cronico appare in netto
miglioramento nel tempo,
la mortalità dei pazienti con
scompenso cardiaco acuto
appare ancora elevata. Nel
primo gruppo, la prima causa di morte appare di natura
cardiovascolare (54.4%), improvvisa nel 40.2% dei casi
e non improvvisa in circa la
metà dei casi. I predittori
indipendenti di mortalità in
questo gruppo erano l’età,
la bassa pressione sistolica
all’ingresso, la congestione
polmonare o sistemica e
l’utilizzo in terapia di beta
bloccanti. Nel secondo gruppo, la percentuale di morte
di origine cardiovascolare
appare più elevata (66.4%)
e i predittori indipendenti
di tale evento erano l’uso di
inotropi, l’età, la congestione
polmonare o periferica e
l’iposodiemia. Di estremo
interesse i dati del Censimento 2010 delle Strutture
Cardiologiche italiane: aumentano le Emodinamiche
in Italia che praticano anche
PTCA, aumentano sensibilmente anche le Strutture di
Emodinamica che forniscono servizio H24, aumenta il
numero di Ambulatori Cardiologici specialistici dedicati. Stabile la distribuzione
e il numero delle UTIC, ma
ancora troppo elevata la percentuale di UTIC non inserite
nel sistema di rete Hub/Spoke. Permane, in generale,
un gradiente di distribuzione
di risorse e strutture tra
nord e sud Italia. ♥
progetto della fondazione don Gnocchi in
collaborazione con il dipartimento cardiochirurgico De Gasperis dell’ospedale
Niguarda di Milano è quello di trasferire i
pazienti all’estero e nel particolare in Italia
per le cure cardiochirurgiche necessarie.
Vantaggi e limiti del progetto vengono paragonati a quelli di una soluzione diversa,
quella che lui stesso definisce “creazione
platea la voce di un personaggio illustre
della cardiochirurgia pediatrica internazionale: il prof. Lucio Parenzan. Con enfasi
e dall’alto della sua esperienza ha battuto
su una questione: bando ai numeri. Il
progetto Salam non è da identificare nel
2% della mortalità, non è questo l’aspetto
importante. «Gino ha salvato vite umane»
dice Parenzan, «bene, ma cosa importa? Il
Il Dottor Gino Strada, fondatore di Emergency, insieme al Dottor Francesco Mazzuoli
di strutture sanitarie hi-tech in loco”. Ed è
a questo punto che il dottor Ferratini rende
omaggio a quanto creato dal dottore Gino
Strada in Sudan: il Centro Salam. Da cosa
nasce il progetto e quali risultati sono stati
ottenuti? Si susseguono nelle relazioni
Rossella Miccio, Gino Strada e Gabriele
Risica, catturando l’attenzione di una platea
di Cardiologi giovani e non. Il Centro Salam
nasce nel 2007 come unico centro specializzato del continente capace di erogare
prestazioni di assistenza gratuite. Perché
questa esigenza? Le malattie valvolari cardiache rappresentano in Africa quasi il 10%
delle cause di morte. Si tratta in prevalenza
di patologie di natura reumatica. Le tre caratteristiche del Salam sono l’uguaglianza,
la qualità e la responsabilità, quest’ultima
intesa come gratuità del servizio. Ma Salam
vuol dire PACE ed infatti dal centro di Khartoum partono missioni di screening in altri
paesi africani che hanno il compito di selezionare pazienti da sottoporre ad intervento
cardiochirurgico. È ovvio che le difficoltà a
cui bisogna far fronte sono ancora tante.
Al di là dell’intervento chirurgico la vera
difficoltà e quindi la vera conquista ottenuta
dal dottore Strada è quella di poter consentire una continuità assistenziale a questi
pazienti. In questo senso come ha sottolineato Rossella Miccio, la medicina è uno
strumento attraverso il quale in un paese
sempre e da sempre in guerra, si riesce a
cooperare anche in momenti di conflitto. I
risultati dei primi 5 anni dall’inaugurazione
del centro parlano di una bassa mortalità:
il 2% su 3005 pazienti operati. Nell’accesa
discussione che ne è seguita spunta dalla
2 Congress news daily sabato 2 giugno 2012
successo per cui gioire e per cui continuare a
battagliare è l’aver creato un polo di eccellenza,
perché eccellenza vuol dire crescita». Ed infatti,
il dottor Strada ritiene che debba cadere il
tabù per il quale la medicina dell’Africa è
solo antibioticoterapia ed antidiarroici. Oggi
dall’esperienza del Salam si può dire che la
medicina di eccellenza in Africa si può fare.
Ribadisce Strada: «si può fare! se non la si fa,
è una scelta… condivisibile o meno… resta sempre una scelta». Al termine del Simposio una
chiacchierata tra i Dottori Mazzuoli e Strada, a cui con piacere assisto; una piacevole
discussione su nuovi progetti di cui Salam
costituisce il modello. Brillante ed esplosiva la partecipazione del Professor Parenzan che ruba il sorriso e l’attenzione di una
giovane cardiologa quale sono. Non poteva
trovare un epilogo migliore la mia partecipazione al Congress News Daily. Come
giustamente ha detto il Dottor Mazzuoli:
«Bambina, si tratta di persone che sono su un
altro livello». Approfitto di questo articolo per
ringraziare il Dottor Mazzuoli e l’ ANMCO
per avermi concesso la possibilità di vivere
60 minuti di medicina d’eccellenza. Gino
Strada si interroga sui grandi perché della
vita sapendo che non c’è una risposta se
non quella di dedicare completamente se
stesso, affinchè, nell’incomprensibilità di
tutto questo, almeno i più sfortunati possano essere trattati come essere umani e
non come carne da macello (tratto da una
recensione su “Pappagalli Verdi “ di Gino
Strada). Mi è sembrato il modo migliore di
concludere un articolo che mettesse in luce
la grandezza di un uomo, sicuramente di
un uomo “non qualunque”! ♥
di Annamaria Iorio
di Daniela Mutone
Modelli di rete per il
trattamento dello STEMI
nella fase pre - ospedaliera.
A che punto siamo in Italia?
È ormai noto che per un
corretto ed efficace trattamento dello STEMI nella
fase pre - ospedaliera i
modelli organizzativi rappresentano un punto fondamentale per migliorare
l’outcome del paziente. In
Aula Elba è stata discussa
la tematica in modo esaustivo, esponendo problematiche e obiettivi raggiunti
per la rete 118, diagnosi pre
- ospedaliere, e protocolli
di gestione e trattamento
per lo STEMI. Al Dott. Cassin è stata assegnata la
difficile, ma fondamentale
tematica dei modelli organizzativi già analizzata dalle
Linee Guida del 2008. Particolare enfasi è stata posta
sulla necessità di tempistiche precoci per la terapia
riperfusiva, ricordando che
le primissime ore dall’evento sono fondamentali
per l’outcome del paziente.
In tal senso quindi la rete
territoriale si pone come
obiettivo fondamentale la
riduzione dei tempi pre
- ospedalieri con una corretta strategia di trasporto,
diagnosi e trattamento precoce (Figura 1). Il Dott. Cassin ha ricordato come tutti
i registri siano concordi sul
fatto che le tempistiche
veloci sono un punto fondamentale per l’outcome
dei pazienti. Per le lunghe
distanze infatti, sebbene
sia nota la superiorità del
trattamento percutaneo, la
fibrinolisi può essere una
opzione per guadagnare
tempo. Particolare importanza è stata data alla
necessità della diagnosi
precoce con ECG pre ospedaliero. Questo però
prevede personale pronto a
rispondere alle esigenze e
in tal senso ha affrontato la
disomogenea realtà italiana, analizzando la situazione di regioni come il Friuli
Venezia Giulia, attualmente
gestito con comportamento
ideale di rete, da personale
infermieristico adeguato,
e altre realtà italiane in
FORUM CONGIUNTO
ANMCO - SIN
Parola d’ordine:
prevenire è meglio
che curare
Figura 1
90-120 min
02/06/2012
cui solo 1/3 dei pazienti
effettua ECG in fase pre ospedaliera. Il Dott. Galvani
ha focalizzato l’attenzione
sulla terapia antitrombotica, dalle ben note strategie agli ultimi sviluppi e
progressi nel trattamento
farmacologico. Anche nella
sua esposizione è stata
enfatizzata, a fronte delle
innovazioni delle nuove
terapie, l’importanza delle
tempistiche precoci. Tempistica, diagnosi, trattamento
si riflettono su esiti differenti, che vengono affrontati dal Dott. Carruba con una
interessante panoramica
italiana delle diverse realtà.
A tal proposito ha ricordato
come nonostante un buon
livello di infrastrutture operative delle reti su territorio
nazionale,
la rete italiana appare
ancora disomogenea e
non ottimale
(Figura 2).
Un esempio
sono i mezzi
propri per il
trasporto in
Ospedale,
soluzione
ancora frequente in
alcune regioni italiane,
con esisti
negativi sulle
tempistiche,
e quindi su
l’outcome del paziente. Pur
essendo ben riconosciuti gli
esisti positivi che si servono
dell’ ECG pre - ospedaliero
con teletrasmissione, tale
sistema attualmente è
scarsamente rappresentato su territorio nazionale.
È indispensabile quindi
un potenziamento di rete
al fine di migliorare esiti
e outcome del paziente
agendo soprattutto sulla
diagnosi pre - ospedaliera,
il trattamento e il recupero
di tempi riperfusivi. In tal
senso i protocolli di gestione potrebbero essere un
ottimo strumento per cercare di unificare discutere
e pianificare nella propria
realtà strategie attivabili ed
efficaci. ♥
Figura 2
Alle 14.30 in Aula Favignana l’aria è tesa e
alquanto polemica: si
inizia con circa mezz’ora
di ritardo a causa della
sessione precedente
tenuta dai colleghi Cardiochirurghi. A moderare
ci sono il Dott. Gaspardone e il Dott. Pizzarelli. Immediatamente prende la parola il primo relatore, il Dott. Angeli,
che affronta il tema della terapia dell’ipertensione arteriosa
nel paziente “cardionefropatico”. Tra tutte le classi farmacologiche a disposizione non sempre è facile districarsi tra
scelte e combinazioni terapeutiche che possano soddisfare le
differenti, seppur comuni, basi fisiopatologiche del paziente
nefropatico, iperteso e coronaropatico. L’associazione inibitori
del sistema renina angiotensina - calcio antagonisti sembra il
connubio ideale che riesce a preservare l’architettura cardia1
ca durante e dopo un insulto ischemico. Ma non dimentichiamoci dei betabloccanti che, secondo le Linee Guida, hanno
indicazione di classe I (livello di evidenza A) nei pz coronaropatici anche se con insufficienza renale. E i diuretici? Sembra
che senza il loro contributo terapeutico non sia proprio possibile raggiungere i target di efficacia proposti dal CARDIO-SIS
TRIAL. Segue il Segretario Nazionale SIN, il Dott. Pizzarelli
che, con grande senso pratico, illustra quello che dovrebbe
essere il corretto approccio metodologico da seguire per porre indicazione ai trattamenti sostitutivi nelle forme più avanzate di scompenso cardiaco. L’ultrafiltrazione è una chance
indispensabile, a volte, per sbloccare quelle criticità che nelle
acuzie sembrano non trovare altra via di fuga. Ma prevenire è
meglio che curare, continua Pizzarelli, per cui è fondamentale una preliminare valutazione corretta della funzione renale,
escludere quelle cause risolvibili in altro modo, correggere i
fattori di resistenza alla terapia diuretica (iposodiemia, acidosi metabolica, iponatriemia). Termina la sessione il Dott. Marenzi che affronta l’argomento della nefropatia da contrasto
la quale va prevenuta e non curata! Ed è proprio sulle disponibilità che noi Cardiologi e Nefrologi abbiamo per prevenirla
che Marenzi ha concentrato la sua relazione, mostrando a
noi del pubblico un primo dato inequivocabile: la nefropatia
da contrasto determina un aumento della mortalità dal 5 10% fino al 25 - 30% a seconda che si tratti di pz senza o con
disfunzione sistolica ventricolare sinistra. L’evidenza è che
l’idratazione con soluzione isotonica rappresenta l’unica reale
e concreta opportunità purché sia quantitativamente adeguata. L’N-Acetilcisteina ed il Bicarbonato di Sodio presentano
una indicazione meno evidente secondo le Linee Guida (Classe IIb, livello di evidenza A) ma pur sempre rappresentano
opzioni di scelta. Marenzi mostra, inoltre, i risultati ottenibili
con il Renal Guard che sono stati recentemente pubblicati. È
una pompa che automaticamente infonde soluzione fisiologica al paziente variando la velocità infusionale sulla base della
quantità della sua diuresi che viene pesata continuamente
da un sistema paragonabile ad una bilancia. La prevenizione
della CIN, conclude, può essere ottenuta sulla base di un
concetto emergente: mirare ad ottenere una esatta corrispondenza tra rimozione di liquidi e idratazione endovena per
evitare un sovraccarico di liquidi (emofiltrazione); mirare ad
ottenere una esatta corrispondenza tra idratazione endovena
e diuresi per evitare una ipovolemia (Renal Gurad). La sessione termina e, sulla scorta della polemica iniziale, a causa del
ritardo “ereditato dalla Cardiochirurgia” non resta spazio per
la discussione. ♥
www.anmco.it/formazione/CongressoNazionale/CongressNewsDaily 3
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AREA ARITMIE
di Roberto Rordorf, Massimo Grimaldi, Maurizio Landolina
Gestione del paziente con tachicardia
ventricolare stabile e cardiopatia strutturale: una questione aperta
Dopo il successo della scorsa edizione, anche
quest’anno l’Area Aritmie ha deciso di porre al
centro del proprio Simposio la discussione su
una questione aperta in campo aritmologico.
Il ruolo dello Studio elettrofisiologico nella
Sindrome di Brugada e le prospettive future
dei device compatibili con la risonanza magnetica erano stati gli argomenti “caldi” discussi
lo scorso anno. Il Simposio dell’Area Aritmie,
tenutosi oggi in una affollata Aula Panarea, ha
visto i partecipanti confrontarsi su quale sia il
trattamento ottimale per il paziente con cardiopatia strutturale, tachicardia ventricolare
emodinamicamente ben tollerata e frazione
di eiezione conservata o solo modestamente
ridotta. In preparazione del dibattito odierno,
i Soci ANMCO erano stati invitati a rispondere
on line a due domande sul tema. Le domande
e le relative risposte dei 187 Cardiologi italiani
che hanno aderito all’iniziativa sono riportati
nei grafici. Le risposte dimostrano chiaramente
la presenza di una eterogeneità di opinioni da
parte dei Cardiologi italiani sul tema del trattamento ottimale del paziente con tachicardia
ventricolare stabile. La maggior parte dei colleghi hanno sostenuto di essere contrari ad un
uso incondizionato del defibrillatore impiantabile in tutti i pazienti con tachicardia ventricolare e cardiopatia strutturale, indipendentemente
dal grado di disfunzione ventricolare sinistra.
In merito all’indicazione al trattamento con
ablazione transcatetere, poco più del 60% dei
Cardiologi hanno dichiarato di ritenere l’ablazione transcatetere terapia di prima scelta,
alternativa all’ICD, nei pazienti con frazione di
eiezione normale o solo modestamente ridotta
(FE≥45%). Al contrario, poco più del 15% dei
colleghi hanno sostenuto di non considerare
mai l’ablazione transcatetere una possibile
terapia di prima scelta nel paziente con cardiopatia strutturale e tachicardia ventricolare.
Durante il Simposio odierno il quesito specifico
se sia sempre necessario l’impianto di un defibrillatore nel paziente con tachicardia ventrico-
lare e cardiopatia strutturale, è stato sottoposto
a due riconosciuti esperti nel settore. Gianluca
Botto (Como) ha cercato di convincere l’audience della opportunità di proteggere con il defibrillatore tutti i pazienti con tachicardia ventricolare e cardiopatia strutturale. Massimo Tritto
(Castellanza) ha, invece, sostenuto la tesi che
la scelta del trattamento vada individualizzata
nel singolo soggetto. L’opinione di Tritto è che il
paziente con frazione di eiezione solo modestamente ridotta abbia un rischio trascurabile di
morire improvvisamente e, di conseguenza, non
tragga beneficio dall’impianto di un defibrillatore, potendosi invece avvantaggiare dell’ablazione transcatetere. Al termine delle relazioni
dei due esperti ai partecipanti è stato chiesto
di esprimere nuovamente il parere sui quesiti
precedentemente posti sul Sito WEB ANMCO. Il
pubblico ha pronunciato il voto mediante alzata
di mano, confermando sostanzialmente i risultati del sondaggio effettuato prima del Simposio. In conclusione del dibattito Antonio Raviele
(Venezia Mestre), nominato giudice della controversia, ha espresso una equilibrata sentenza
ricordando l’importanza di fare riferimento alle
Linee Guida che indicano l’impianto del defibrillatore. Tuttavia la decisione finale dovrebbe
essere individualizzata in base alle caratteristiche cliniche. I due relatori, dopo il precedente
acceso dibattito, hanno anch’essi concordato
sull’importanza di una attenta valutazione del
singolo paziente edotto dei rischi e benefici di
ciascuna strategia. Nella seconda parte del
Simposio si è tenuta l’annuale Riunione degli
Iscritti all’Area Aritmie. Il Chairman dell’Area,
Maurizio Landolina (Pavia), ha presentato i
risultati della Survey sui percorsi diagnostico terapeutici per la cura della fibrillazione atriale
in Italia, condotta in collaborazione con la
Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) e
iniziata dal precedente Chairman Massimo Zoni
Berisso. Maurizio Landolina ha inoltre illustrato
la prossima pubblicazione di un documento italiano sulle indicazioni all’impianto del defibril-
Domanda n㼻1
Tutti i pazienti con cardiopatia strutturale e tachicardia
ventricolare emodinamicamente ben tollerata
dovrebbero ricevere l’ICD indipendentemente dal grado di
frazione di eiezione:
Domanda n㼻2
In quale/i delle seguenti situazioni ritieni che l’ATC della
TV emodinamicamente ben tollerata possa essere
considerata terapia di prima scelta (alternativa all’ICD),
nel paziente con cardiopatia strutturale?
latore in prevenzione primaria. Roberto Rordorf
(Pavia) ha presentato lo stato di avanzamento
del progetto di raccolta dati sull’orientamento
clinico - terapeutico delle Cardiologie Italiane
nel paziente con tachicardia ventricolare stabile. Giuseppina Belotti (Treviglio) ha presentato
il progetto formativo per i Cardiologi Generalisti. La sezione è stata conclusa da Massimo
Grimaldi (Acquaviva delle Fonti), Co - Chairman
dell’Area Aritmie, che ha presentato i progetti
futuri per il biennio 2013 - 2014. L’incremento
delle richieste di risarcimenti per malpractice,
la diffusione dei farmaci antiaritmici “orfani”
(mexiletina e nadololo) e la prevenzione della
morte improvvisa nel giovane, mediante screening elettrocardiografico nelle scuole, sono alcuni degli argomenti che l’Area Aritmie intende
approfondire nei prossimi anni.♥
AREA CARDIOCHIRURGIA
Il Simposio dell’Area CardioChirurgia: “Heart
Team come progresso. A che punto siamo”
di Pier Luigi Stefàno
Il cammino dell’Heart
Team
Il filo conduttore del Simposio di Area CardioChirurgia
quest’anno è rappresentato
dall’Heart Team. Siamo
infatti sempre più convinti
che solo un approccio multidisciplinare ed integrato
tra diversi ambiti e tra figure professionali differenti,
per storia, formazione,
obiettivi, possa costituire
un metodo moderno ed
evidence - based capace
di offrire le migliori opportunità di trattamento per i
nostri Pazienti, espandere
le indicazioni, intercettando
esigenze non soddisfatte
e talora nemmeno ancora
espresse. Parlare di Heart
Team però è solo apparen-
temente facile: la costruzione di una vera squadra
passa attraverso fasi
spesso difficili, e lo scopo,
complessivamente inteso,
di questo Simposio è fare il
punto sul cammino sinora
percorso e soprattutto su
quello che resta da percorrere, nei tre grandi capitoli
dell’insufficienza mitralica,
della patologia valvolare
4 Congress news daily sabato 2 giugno 2012
aortica e della rivascolarizzazione miocardica.
L’insufficienza
mitralica
Per quanto attiene l’insufficienza mitralica e i possibili sviluppi del trattamento
percutaneo, viene sottolineato quanto sia prioritario
individuare con maggiore
definizione i sottogruppi che
potrebbero trarne maggior
giovamento, ovvero i casi
di insufficienza mitralica
funzionale, nei pazienti
anziani con ridotta funzione
ventricolare sinistra. Vengono altresì discusse alcune
metodiche innovative, allargando lo sguardo oltre che
al device con azione sui soli
lembi valvolari anche verso
le tecniche rivolte alla anuloplastica.
I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area
di Gian Piero Perna
Guida all’uso appropriato
dell’Imaging non invasivo nella diagnosi
di cardiopatia ischemica. Un “Position Paper”
dell’Area CardioImaging ANMCO
Il Simposio dell’Area
CardioImaging è stato
realizzato con una modalità innovativa, a forte
interattività, per discutere
il work - up diagnostico di
un paziente con sospetta
cardiopatia ischemica, a
probabilità intermedia di
malattia, estremamente
“attraente” nella sua apparente complessità, espressiva di quell’iter contorto
che può essere definito
come “l’odissea del paziente alla ricerca della
sua diagnosi e della sua
terapia”. Il Simposio è stato realizzato per ricercare
e stimolare un confronto
tra esperti e tra pubblico
ed esperti per ricercare un consenso nell’uso
dell’imaging cardiaco non
invasivo nel work - up diagnostico e prognostico di
questi pazienti. Il Simposio
è stato vivace, e la partecipazione dei presenti molto
attiva. Sono state messe
a confronto Ergometria
tradizionale, Scintigrafia
Miocardica, ECHO - stress,
Risonanza Magnetica Cardiaca e Coronaro - TC, le
cui potenzialità e limita-
zioni sono state esposte da
esperti delle singole metodiche. Alcuni “statement”
scaturiti dalla discussione
e inseriti nel documento di
consenso che è stato stilato sono sicuramente da
segnalare.
1. Nel paziente con probabilità intermedia di
Cardiopatia Ischemica è
necessario strutturare
percorsi diagnostici e di
stratificazione del rischio
accurati e costo - efficacia
in relazione alle risorse disponibili e alle competenze
presenti nella singola
struttura e nella propria
rete professionale.
2. La preoccupazione di
una possibile mancata diagnosi di cardiopatia ischemica e quindi di eventi
cardiovascolari avversi può
determinare un sovrautilizzo delle metodiche di
imaging nella popolazione
generale e nel singolo
paziente. Tali comportamenti possono ingenerare
spreco di risorse, aumento
improponibile dei costi,
confusione negli operatori
e nei pazienti.
3. Nei pazienti con sospet-
ta cardiopatia ischemica
una percentuale non trascurabile di test di imaging
è non conclusivo; costituisce un obiettivo importante
il miglioramento culturale
degli operatori, nonché
nella tecnologia e nell’accuratezza di esecuzione e
refertazione dei test non
invasivi. L’organizzazione
e l’ adeguamento delle
tecnologie rappresentano
obiettivi altrettanto importanti della formazione
degli operatori.
4. Gran parte del gap culturale nella valutazione
diagnostica e prognostica
della cardiopatia ischemica sospetta nei pazienti a
probabilità intermedia di
malattia è dovuta a due
errate interpretazioni che
sono però diventate “patrimonio” dei Cardiologi non
solo italiani:
a) i test provocativi di
ischemia sono considerati
un “equivalente” di malattia coronarica, e sono
stati “testati” con un gold
- standard anatomico (coronarografia) per definirne
sensibilità, specificità e
valore predittivo;
b) la dimostrazione di
malattia coronarica è considerata un “equivalente”
di cardiopatia ischemica e
se severa un equivalente
di ischemia, ingenerando
la “caccia alla stenosi da
trattare” in assenza di
qualsiasi dimostrazione di
ischemia.
5. Il test ergometrico
convenzionale se correttamente eseguito e valutato,
rimane uno strumento
valido, di basso costo, di
ampia diffusione, di rapida
esecuzione, anche se con
valore predittivo non ottimale.
6. Le tecniche di imaging
aggiungono alla valutazione ergometrica dati
sulla localizzazione e sulla
estensione della ischemia,
e sulle sue conseguenze
funzionali (FEVS) essenziali per il passaggio “diretto”
dalla valutazione diagnostica a quella prognostica.
7. ECHO - stress e
G-SPECT-Gated costituiscono a tutt’oggi le tecniche caratterizzate dal rating di appropriatezza (A9)
e dal grado di raccomandazione più elevati (IA).
8. La scelta tra le varie
tecniche va fatta sulla base
di una serie di valutazioni
relative a costi, disponibilità, quesito clinico, contesto
clinico, esperienza del
centro, dotazione tecnologica, caratteristiche del
paziente, rischio biologico.
9. La Coronaro - TC è molto accurata nella diagnosi
di malattia coronarica, e in
particolare è elevato il suo
potere predittivo negativo
(esclusione di malattia
coronarica): è pertanto
utile e appropriato il suo
impiego nel “ruling - out”
della malattia coronarica
in soggetti con probabilità
intermedia di malattia.
Tuttavia la Coronaro - TC
non è attualmente raccomandata in nessuna linea
guida cardiologica per la
stratificazione prognostica.
10. I percorsi diagnostico - terapeutici per la
diagnosi e la valutazione
dei pazienti con sospetta
CAD dovrebbero prevedere
la valutazione in centri di
comprovata esperienza,
dotati di tecnologia adeguata, con protocolli ed
operatori “certificati”. ♥
Solo un approccio multidisciplinare ed integrato
può offrire le migliori opportunità di trattamento per i nostri
Pazienti ed espandere le indicazioni
La patologia aortica
Nel trattamento della
stenosi aortica l’approccio
percutaneo è di fatto una
realtà in via di consolidamento, e con il crescere
dell’esperienza aumenta
anche la nostra capacità di
case selection, così come di
converso si assiste al modificarsi dello spettro delle
complicanze: è immaginabile che affrontare i casi
con un serio ed imparziale
approccio integrato possa
limitare la tentazione delle
indicazioni off - label e portare ad ottimizzare l’appropriatezza del trattamento di
volta in volta programmato.
La rivascolarizzazione miocardica
Il medesimo tema dell’ap-
propriatezza è poi al
centro del terzo confronto, che riguarda
la rivascolarizzazione
miocardica. In pochi altri
ambiti come in questo
le Linee Guida sono tanto diffuse e dettagliate
quanto poco rispettate,
sotto l’impulso di spinte
provenienti da varie fonti,
spesso anche patient-
driven. Infatti, nonostante recenti ed ampi
Studi (SYNTAX 4-Yrs,
ASCERT), abbiano fornito
evidenze importanti sulla
superiorità della Chirurgia in gran parte delle
condizioni anatomiche
e cliniche complesse, la
procedura percutanea è
tuttora adottata in modo
spesso inappropriato.
Il goal del Simposio
Soprattutto nella Discussione finale, si confrontano
in modo critico e costruttivo
l’atteggiamento attuale delle figure coinvolte nel trattamento di queste patologie,
per fare un ulteriore passo
avanti verso l’Heart Team
concepito come prospettiva
reale e non solo teorica. ♥
I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area
AREA CARDIOIMAGING
www.anmco.it/formazione/CongressoNazionale/CongressNewsDaily 5
I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area
I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area
AREA EMERGENZA - URGENZA
di Alessandro Capecchi e Ignazio Maria Smecca
TRATTAMENTO DELLA SCA AD ALTO
RISCHIO. È TUTTO CHIARO?
Dalla scelta della tienopiridina al timing
della somministrazione
Il Simposio dell’Area Emergenza - Urgenza, tenutosi in Aula Ischia, anche
quest’anno non ha deluso le aspettive di una platea particolarmente
numerosa. Sono state presentate due controversie: la prima ha
riguardato “Il paziente con SCA NSTEMI ad alto rischio: pretrattare
tutti con DAPT o aspettare l’angiografia coronarica”, i cui duellanti sono
stati rispettivamente il Dott. D. Ardissino ed il Dott. S. Savonitto e l’altra
controversia “Recidiva ischemica in paziente in DAPT: modifico l’inibitore
del recettore P2Y12 in tutti i casi o solo in casi selezionati”, ha avuto
come protagonisti rispettivamente il Dott. C. Cavallini e ed il Dott. M.
Valgimigli. Arbitri del confronto la Dott.ssa M. Lettino ed il Dott. L. De
Luca, rispettivamente Chairman e Co - Chairman dell’Area Emergenza
- Urgenza. Molto gradita è stata inoltre l’iniziativa di sollecitare
l’uditorio a manifestare la propria opinione su alcuni snodi decisionali,
tramite votazione, prima e dopo aver ascoltato i due sostenitori della
controversia.
Il paziente con SCA NSTEMI ad alto rischio: pretrattare tutti con DAPT
Il Dott. Ardissino partendo dalle indicazioni delle Linee Guida ESC
che raccomandano il trattamento con duplice terapia antiaggregante
(includendo vecchie e nuove tienopiridine) prima possibile per tutti i
pazienti con SCA NSTEMI, ha evidenziato che in determinati sottogruppi
di pazienti come quelli ad alto rischio emorragico e ad alta probabilità
di essere sottoposti a by pass aortocoronarico, l’associazione ASA
+ Clopidrogrel potrebbe dare adito a molte perplessità. Di contro
l’associazione ASA + Ticagrelor potrebbe risultare più vantaggiosa per il
profilo farmacocinetico e farmacodinamico della tienopiridina (rapidità di
azione e reversibilità dell’inibizione).
Il paziente con SCA NSTEMI ad alto rischio: aspettare l’angiografia
coronarica
Il Dott. Savonitto, non accettando il gioco delle parti, ha sostenuto con
decisione la posizione di attendere l’angiografia coronarica nei pazienti
con SCA NSTEMI ad alto rischio versus il pretrattamento di tutti i pazienti
con DAPT e lo ha fatto attraverso diverse argomentazioni. Relativamente
al Clopidogrel non disponiamo infatti di dati di letteratura “forti” relativi
al trattamento upstream (riportato dalle LG europee in classe I ma
con livello di evidenza C) ed alla riduzione dell’IM periprocedurale.
Abbastanza critica è risultata la sua posizione anche nei confronti delle
nuove tienopiridine, in particolare del Prasugrel, di cui ad oggi non
disponiamo di dati pubblicati relativi esclusivamente alla popolazione
NSTEMI.
Recidiva ischemica in paziente in DAPT: modifico l’inibitore del
recettore P2Y12 in tutti i casi
Il Dott. Cavallini non è stato meno determinato nel difendere la strategia
che prevede la sostituzione del Clopidogrel con le nuove tienopiridine in
tutti i casi di recidiva ischemica occorsa entro 12 mesi dal trattamento
di rivascolarizzazione. A sostegno della sua posizione ha portato diverse
considerazioni: 1) relazione inversa tra effetto antipiastrinico e ricorrenza
di eventi ischemici, 2) non assoluta certezza di poter correggere la “causa
della stent thrombosis” (sottoespansione), 3) l’eventuale utilizzo dei test
di funzionalità piastrinica è stato dimostrato non avere grande valore nel
singolo paziente - valore predittivo molto basso 4) ed infine, di fatto, sono
già disponibili farmaci di provata maggiore efficacia (Prasugrel) per la
riduzione degli eventi ischemici ricorrenti.
Recidiva ischemica in paziente in DAPT: modifico l’inibitore del
recettore P2Y12 in casi selezionati
Il Dott. Valgimigli ha accolto, con spunti ironici, la sfida lanciata dal Dott.
Cavallini affermando subito che l’inibitore del recettore P2Y12 “non è
la panacea di tutti i mali”; in tal senso le evidenze più forti riguardano il
pretrattamento e la riduzione della “stent thrombosis”. Ma la ricorrenza
degli eventi ischemici è anche legata ad altri fattori quali la restenosi e
l’evoluzione della malattia aterosclerotica in vasi non precedentemente
rivascolarizzati, situazioni per le quali risulta importante un
ottimizzazione del risultato dell’angioplastica e la stretta correzione
dei fattori di rischio. Non di poco conto, infine, situazioni cliniche come
l’anemia e la piastrinopenia che da dati recenti di letteratura sono
risultati tra i predittori più importanti di ricorrenza di eventi ischemici.
Tutte le argomentazioni sostenute nelle controversie hanno fatto breccia
sull’uditorio riuscendo a modificare le scelte manifestate inizialmente.
In conclusione dai confronti proposti non è emerso un vero vincitore, i
duellanti hanno mostrato senso critico, valutando attentamente pro e
contro degli aspetti controversi, suggerendo approcci terapeutici non
univoci ma che vanno adattati alle esigenze del singolo paziente tenendo
sempre presenti le indicazioni delle Linee Guida internazionali. ♥
AREA MALATTIE DEL CIRCOLO POLMONARE
Embolia ed ipertensione polmonare:
di Loris Roncon
Question Time: tempo destinato alle interrogazioni
È questa la formula che
L’area Malattia del Circolo Polmonare ha scelto
quest’anno per il proprio
Simposio e la Riunione degli
Iscritti. Nell’introduzione i
Moderatori Roncon e Zonzin
hanno sottolineato come
sia tempo di interrogarsi su
alcuni degli aspetti principali
in discussione nell’embolia
ed ipertensione polmonare
È tempo di interrogarsi su
alcune scelte terapeutiche
e sulle ricadute cliniche ed
organizzative che queste
comportano. A rispondere su
quesiti specifici il Comitato
di Coordinamento dell’Area,
presente come Discussant,
ha chiamato i maggiori
esperti nazionali. Cuccia
e Rubboli hanno valutato
l’opportunità di eseguire la
6 Congress news daily sabato 2 giugno 2012
trombolisi nell’embolia a rischio intermedio ed i dati ed
i rischi di tale scelta, Ghio ha
analizzato se dobbiamo iniziare la terapia nell’ipertensione arteriosa polmonare
in classe NYHA II, Arcangeli
però su chi prescrive e con
che rapporto costo/beneficio.
Sul quesito se continuare la
terapia anticoagulante orale
nell’embolia polmonare o
se, a chi, come e quando sospenderla si sono confrontati
Favretto e Beccatini. I dubbi
nel rapporto gravidanza,
pillola ed embolia polmonare sono stati presentati da
Rugolotto con i consigli nella
risposta di D’Agostino. La discussione coordinata dal Co
- Chairman Azzarito con tutti
i componenti del Comitato di
Coordinamento ha riportato
il contributo dell’Area in questo biennio nell’aumentare
le conoscenza in tema di
embolia ed ipertensione polmonare In particolare Roncon ha ricordato come uno
dei compiti dell’Area Malattie
del Circolo Polmonare per
I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area
di Giuseppe Trocino e Cristiana Caredda
Il Congresso di quest’anno affronta gli aspetti
clinici ed assistenziali del paziente con scompenso cardiaco nelle varie fasi della malattia. L’inizio è stato affidato ad una Main Session in cui è
stato presentato il quadro generale della patologia come emersa dall’analisi dei registri e delle
survey che ANMCO e le altre principali Società
Scientifiche hanno disegnato e realizzato nel
corso degli ultimi anni. Le ricadute assistenziali
e le implicazioni organizzative ed etiche sono
state gli argomenti delle due successive presentazioni. Il Congresso si è poi articolato su varie
Sessioni parallele alternate alla presentazione
dei numerosi contributi scientifici accettati per le
presentazioni orali. Come negli anni precedenti
si è scelto di rendere centrale nel programma,
ed in seduta plenaria, la Sessione di presentazione delle 6 Migliori Comunicazioni, che sono
state premiate. Sono stati presentati 48 lavori in
sessioni di comunicazioni orali oltre ai 29 poster,
sessione che ha consentito di portare ulteriori
esperienze scientifiche alla discussione. L’Assemblea degli Iscritti all’Area, alla quale hanno
partecipato molti degli Iscritti al Cardionursing,
ha visto la presentazione delle attività dell’Area
Nursing e la presentazione dei progetti in essere
e futuri. Di prossima attuazione è il Censimento
degli ambulatori scompenso, che avrà una fase
iniziale di raccolta dati a cui verranno chiamate
tutte le strutture ambulatoriali dedicate alla gestione dello scompenso. Dal Censimento ci si attendono informazioni utili a fotografare la realtà
attuale,
ma fondamentali anche
per disegnare successivi progetti sperimentali. Particolare rilievo è stato dato alle tematiche di de - ospedalizzazione e alla gestione delle
problematiche di fine vita, argomenti dibattuti e
di impatto rilevante in una patologia cronica in
crescita come lo scompenso cardiaco. Il Congresso si conclude nella giornata di oggi con una
Main Session dedicata alla discussione delle
problematiche relative al trapianto cardiaco che
precede il tradizionale Simposio Congiunto con
il Congresso medico dedicato alla Convention
2012 delle UTIC Italiane. Gli Highlight di oggi
riassumono in spot i contenuti del Cardionursing
insieme a quelli del Congresso medico. ♥
AREA SCOMPENSO CARDIACO
Donne e Scompenso Cardiaco
di Stefania De Feo e Gianfranco Misuraca
Ieri in Aula Capri si è svolto il Simposio dell’Area Scompenso Cardiaco, quest’anno dedicato allo scompenso cardiaco nella donna. Perché la scelta di questo argomento? Il
Dott. Misuraca, Coordinatore del Simposio e i Moderatori, la Dott.ssa De Maria e il Dott. Di Tano, sottolineano come sia ormai chiaro che l’epidemiologia delle cardiopatie non è
identica tra i due sessi: la protezione conferita dagli ormoni sessuali ritarda l’insorgenza delle malattie cardiovascolari nella donne di circa un decennio. Questo ha determinato
una ingiustificata sottostima ed una scarsa consapevolezza da parte della stessa donna dell’importanza delle malattie cardiovascolari, che rappresentano però la prima causa
di morte nelle donne ancor più che negli uomini; la crescente prevalenza di fattori di rischio (fumo, diabete, ipertensione ed obesità) sta determinando inoltre un preoccupante
aumento dell’incidenza delle cardiopatie anche nelle donne più giovani. La Dott.ssa Scardovi delinea l’attuale profilo epidemiologico e clinico dello scompenso cardiaco nel sesso
femminile: la donna affetta da scompenso cardiaco è più anziana, presenta una maggior incidenza di fattori di rischio cardiovascolare, quali ipertensione e diabete, e comorbidità,
quali patologie tiroidee e depressione; ha meno frequentemente una eziologia ischemica della cardiopatia e in oltre la metà dei casi presenta un quadro di scompenso a funzione
sistolica conservata, con un cuore poco dilatato, con ipertrofia concentrica e una minor compliance delle grandi arterie. La Dott.ssa Russo affronta alcuni fattori di rischio che
presentano un particolare peso per la donna. Il diabete aumenta drammaticamente il rischio cardiovascolare e riduce in misura maggiore la speranza di vita nel sesso femminile.
Le donne diabetiche raggiungono con minor frequenza l’obiettivo terapeutico per i diversi fattori di rischio cardiovascolare e sono trattate in modo meno intensivo. La fibrillazione
atriale è tra i fattori più importanti nel determinare l’insorgenza di scompenso acuto nelle donne. Il rischio di sviluppare fibrillazione atriale è maggiore nelle donne rispetto agli
uomini tra gli affetti da scompenso cardiaco, diabete mellito e valvulopatie, e questa aritmia è un moltiplicatore del rischio trombo embolico più importante nel sesso femminile.
Ancora, la Dott.ssa Russo sottolinea come il miglioramento della prognosi delle pazienti affette da cancro della mammella, e la lunga aspettativa di vita delle donne in genere,
siano destinati ad ampliare la platea delle pazienti a rischio di sviluppare manifestazioni cliniche conseguenti alla cardiotossicità dei trattamenti antitumorali, in particolare degli
anticorpi monoclonali diretti contro i recettori HER2 (il trastuzumab). Tuttavia il danno cardiaco indotto dai chemioterapici può essere reversibile ed una consistente percentuale
dei pazienti può completare la terapia. Il Dott. Cipriani affronta un ulteriore paradosso di genere a proposito della terapia di resincronizzazione cardiaca, che è stata ed è
largamente sottoutilizzata nelle donne: solo un quarto dei pazienti sottoposti a CRT nei trial e nei registri sono donne. Eppure i dati che abbiamo oggi a disposizione concordano
nel rilevare una più favorevole risposta, in termini sia di rimodellamento inverso sia di sopravvivenza, nel sesso femminile rispetto a quello maschile. Inoltre le donne sottoposte
a trapianto cardiaco rappresentano circa un quinto di tutti i soggetti trapiantati e analoga disparità a sfavore del sesso femminile si conferma anche per l’impianto di supporti
meccanici al circolo (VAD). Una volta candidate al trapianto, le donne aspettano meno, a causa di una maggiore gravità, un minore indice di massa corporea e un minore ricorso
all’assistenza ventricolare. Quando trapiantate, la loro sopravvivenza è pari a quella maschile, sebbene esse lamentino una qualità di vita peggiore rispetto agli uomini. Non
poteva mancare un intero spazio dedicato alla gravidanza in donne cardiopatiche: le patologie cardiache sono la principale causa di mortalità e morbilità sia materna che fetale
e complicano circa l’1 - 4% delle gravidanze; abbiamo tuttavia a disposizione poche evidenze da trial randomizzati e prospettici. Si tratta di una problematica in forte crescita
perché molte donne con patologia cardiaca, congenita o acquisita,
sopravvivono ormai fino all’età fertile e desiderano affrontare una
gravidanza; d’altra parte vi è un deciso aumento dell’età media
delle donne e dei fattori di rischio coronarico nelle gravide, come
fumo, ipertensione, diabete ed obesità. La Dott.ssa De Feo riprende
qui le recenti Linee Guida ESC pubblicate nel 2011, che cercano di
chiarire alcuni punti chiave, pur non riuscendo esse stesse a dare
certezze. Le donne a rischio moderato - alto richiedono un adeguato
counseling con integrazione multidisciplinare tra le diverse
il biennio 2011 - 2012 era
Trombectomia Polmonare
tomy Registry) che servirà a
competenze, ginecologiche, anestesiologiche e cardiologiche, al
di promuovere, diffondere e
saranno inviati a breve a tutconoscere quei centri dove si
fine di ridurre i rischi materni e fetali connessi alla gravidanza. Di
sviluppare metodi di rilevate le Cardiologie il questioutilizza tale terapia, il numenotevole interesse la relazione del Dott. A Camerini che presenta
zione sistematica non solo
nario per INCIPIT 2 (indagine
ro di procedure effettuate e
i dati del Registro italiano IN-HF Outcome. Nelle Cardiologie
della diffusione delle maconoscitiva sull’ipertensione
per chi non ha il laboratorio
italiane le donne con scompenso acuto sono più anziane, fumano
lattie del circolo polmonare
polmonare in Italia) per capidi emodinamica se viene
meno, hanno maggiore incidenza di scompenso de novo, maggiore
ma anche delle modalità di
re cosa succede ai pazienti in
presa in considerazione e
prevalenza di ipertensione arteriosa e minore prevalenza di
approccio organizzativo sia
cui c’è riscontro occasionale
verso quali centri si avvia il
cardiopatia ischemica. Esse vengono sottoposte meno spesso ad
per la fase diagnostica che
di elevati valori pressori in
paziente per eseguirla. Alla
accertamenti invasivi quali il cateterismo destro e la coronarografia,
terapeutica.
arteria polmonare all’ecofine i discussant e relatori
e sono meno spesso portatrici di dispositivi elettrici. Fra i pazienti
“Informazioni precise genecardiogramma e quello sulla
hanno confermato che se le
con scompenso cronico nell’IN-HF Outcome si rilevano tassi simili
rano strategie efficaci”
Trombectomia Polmonare,
informazioni precise generadi prescrizione di terapia betabloccante, ma maggior frequenza
Con l’approvazione nell’ulpreliminare alla formaziono strategie efficaci, queste
di utilizzo nel sesso femminile di digitale. L’analisi non mette in
timo Consiglio Nazionale
ne di un registro nazionale
generano comportamenti
evidenza differenze nella mortalità e morbilità della sindrome in
ANMCO di due indagini
(acronimo PETER - Pulmoterapeutici efficaci ed approacuto e ad un anno. L’argomento conclusivo del Simposio è stata la
conoscitive INCIPIT 2 e
nary Embolism ThrombEcpriati. ♥
presentazione del progetto VAD-EMECUM da parte del Dott. Oliva. ♥
è tempo di interrogarsi
I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area I simposi di area
AREA NURSING
Cardionursing 2012
www.anmco.it/formazione/CongressoNazionale/CongressNewsDaily 7
di Annamaria Iorio
di Vincenzo Comito
Miocardite! Le Domande...
Strategie e controversie
standard per la diagnosi di
ne non sono del tutto chiari,
certezza, diagnosi eziologica
così come i predittori di oute per orientamento terapeucome. Le ipotesi avanzate
A CHI?
QUANDO?
PERCHE’?
tico e prognostico. Tale medai diversi Studi necessitano
A TUTTI i pz con
Presentazione
Esclusione altre
todica, sebbene gode di priancora di essere confermate
SC de novo, dolore Follow-up (seriati)
pato, prognosi,
vilegi, non è esente da limiti
su
casistiche
più
ampie.
risposta a tp
ECO toracico, aritmie
ipo- o ipercinetiche
tra cui invasività e compliAlla Dott.ssa Macera è stato
canze. Tra i vari consensus,
affidato
il
difficile
compito
A tutti i pz con
All’esordio
Diagnosi
sospetta miocardite A 4(-8) settimane
quello dell’ANMCO sottodella diagnostica invasiva
Flogosi: entità e
RMN e alterazioni
(se alterazioni
sede (! BEM?)
linea l’importanza di effete
non
invasiva
nel
contesto
ecocardiografiche
“basali”)
Evoluzione, LGE (?)
tuare tale metodica in cui le
di diagnosi e stratificazione
AHF/shock
Prima possibile
Ricadute su tp
ricadute complessive di una
prognostica. Sebbene siano
Con IHC, PCR
Prognosi (recovery
BEM No risposta a tp
diagnosi di certezza sulla
ben
note
incertezze
in
tale
(centri
di
3°
livello)
vs
TxC)
AIV, BAV avanzato
gestione clinica del paziente
campo la relatrice ha espo(Figura 3). Aspetti terapeusto con grande chiarezza
tici vengono affrontati in
cercando di rispondere alle
Dott. Patrigiani ha affrontaCon il termine di miocardite
modo originale e chiaro daldomande più frequenti e into l’argomento in maniera
si intende un processo inla Dott.ssa Russo del centro
sidiose in tale campo affroncompleta illustrando i vari
fiammatorio del miocardio.
di Trieste, soffermandosi su
tando potenzialità, certezze
quadri clinici: dalle forme
Nonostante la patologia sia
aspetti terapeutici specifici
e limiti delle varie metodiche
paucisintomatiche, come le
stata descritta da tempo, a
della malattie dove regna
sia in ambito diagnostico
forme simil influenzali, alle
tutt’oggi molti aspetti della
incertezza e controversia!! A
che prognostico (Figura 1).
manifestazioni più gravi che
malattia dall’eziopatogesi
riprova di ciò la Dott. Russo
Interessante è stata la espovanno dalla morte improvalla diagnosi, alla terapia
apre la sua relazione con
sizione circa il
esposizione di tre casi clinici
ruolo della RMN
con simile presentazione
in tale contesto.
ma approccio terapeutico
Il vantaggio della
BEM
diverso, sottolineando come
caratterizzazione
G Ital Cardiol 2009;10(suppl 1-­‐9):55
una unica malattia si presta
tissutale
in
amLa specifica patologia che si vuole diagnosticare (o escludere)
a molteplici ipotesi e gebito diagnostico
La presenza/assenza di alternative diagnostiche non invasive
stione clinico-terapeutico.
(edema/flogosi
Le ricadute complessive di una diagnosi di certezza sulla
Unica certezza che emerge
vs ipertrofia vs
gestione clinica del paziente
dalla letteratura, è la promal infiltrative)
gnosi peggiore nei pazienti
e più importante
non esistono metodiche alternative capaci di fornire una diagnosi
Grado 1
di certezza. Le ricadute cliniche della diagnosi sono certe.
in cui persiste il genoma
ruolo nella strativirale, mentre unica terapia
ficazione
prognonon esistono metodiche alternative capaci di fornire una diagnosi
Grado 2 a
di certezza. Le ricadute cliniche della diagnosi sono incerte
con risultati concordanti e
stica con latepositivi è la terapia immuenhancement
esistono metodiche alternative capaci di fornire una diagnosi
Grado 2 b non
di certezza. Non ci sono tuttavia ricadute cliniche certe, ma solo
nosoppressiva in pazienti
(fibrosi/necrosi)
conoscitive.
senza genoma virale. Poiché
(Figura 2). Il
esistono metodiche diagnostiche alternative capaci di fornire una
Grado 3
diagnosi di certezza.
la diagnosi resta rara e la
difficile e controterapia non codificata, sono
verso ruolo della
auspicabili collaborazioni
Biopsia Miocarmulticentriche che creino
diaca in tale contesto è stato
visa in giovani adulti allo
rimangono dibattuti. La
protocolli di trattamento e
affrontato con grande chiascompenso cardiaco. Simile
prevalenza della Miocardiregistri in grado di uniforrezza dalla Dott.ssa Macera,
panoramica è stata fatta per
te è ancora sconosciuta e
mare i percorsi diagnostici
ricordando che sebbene
le varie eziologie così come
probabilmente sottostimata
terapeutici. ♥
invasiva, la BEM resta il gold
sull’esordio: da forme virali
considerato l’ampio spettro
alle forse giganto
di forme cliniche. Infatti, tale
cellulari, che posmalattia presenta vari quasono causare la
dri clinici e differente storia
RMN cardiaca
malattia, da forme
naturale, controversie inolfulminanti a quelle
tre sono varie sia in ambito
Cara$erizzazione +ssutale post-­‐contrasto: early-­‐enhancement acute e sub-acute.
di stratificazione prognostica
(iperemia) e late-­‐enhancement (fibrosi/necrosi)
Punto cruciale e
che terapeutica. Nel pomecontroverso in tale
riggio il difficile e controcontesto resta la
verso argomento è stato afdifferente storia
frontato nel Forum ANMCO
naturale della
Giovani in Aula Caprera.
malattia che può
Il tema è stato aperto con
risolversi spontapanoramica dei differenti
Late enhancement post-Gd
Late enhancement post-Gd
neamente oppure
quadri clinici di presentazioevolvere verso le
ne e di esordio, con le varie
forme di cardiopatia
eziologie possibili. Le miodilativa. I meccanicarditi sono caratterizzate
smi alla base della
da una presentazione clinica
differente evoluzioestremamente variabile. La
LE DOMANDE…
8 Congress news daily sabato 2 giugno 2012
Nell’ischemia miocardica
cronica, rivascolarizzazione
e terapia medica ottimale
vengono spesso visti come
trattamenti in contrapposizione. Nonostante la notevole dimensione del problema,
nelle relative Linee Guida le
raccomandazioni con i massimi livelli di evidenza (A)
rappresentano solo il 6,4 %
del totale delle raccomandazioni, mentre ben il 55 %
sono il frutto del consenso
degli esperti (livello C), a dimostrazione della mancanza
di solide evidenze scientifiche in questo contesto
clinico. Come dire c’è ancora
la necessità di fare chiarezza su questo tema che
da diversi anni ha dato vita
ad una serie di confondenti
controversie sull’opportunità
o meno di rivascolarizzare.
Di questo si è parlato ieri
in Aula Favignana. Al Dott.
Bocconcelli l’onore e, soprattutto, l’onere di entrare
nel merito dell’argomento
con un aggiornamento
sull’incidenza dell’angina
stabile, la storia naturale
della patologia e la valutazione degli score di rischio per
la stratificazione prognostica
di questi pazienti. Vi è, infatti,
la necessità di stratificare
il rischio all’interno della
popolazione con angina
stabile, come dimostrano i
dati dell’Euro Heart Survey
on Stable Angina in cui sono
emerse differenze significative, per quanto riguarda
la mortalità annuale e l’incidenza di infarto non fatale,
nella casistica generale
rispetto al sottogruppo con
documentata malattia coronarica, incidenza maggiore
nel sottogruppo. Bocconcelli
ricorda che la stratificazione
del rischio di questi pazienti
può essere utile anche per
scegliere il tipo di strategia
terapeutica (conservativa o
invasiva). Dalla parte della
terapia medica, in questa
controversia, il Dott. Capuano che puntualizza come la
terapia medica del paziente
con angina da sforzo deve
essere finalizzata a prevenire
nuovi eventi e a controllare
di Fabiola Angelozzi
Snodi clinici controversi
nell’angina stabile
Angina Stabile…
Terapia medica vs
PCI vs CABG
la sintomatologia. Fondamentali nel primo caso gli
antiaggreganti, le statine e la
terapia antipertensiva, capisaldi invece del trattamento
antianginoso i betabloccanti,
i calcioantagonisti e i nitrati,
utilizzabili eventualmente in
associazione come espresso
dalle Linee Guida del NICE.
In particolare, per quanto
riguarda i betabloccanti, nel
pz con sola angina stabile,
non si sono dimostrati superiori nel ridurre la mortalità
rispetto agli altri farmaci
antianginosi. Ancora ”sotto
esame” i farmaci immessi
sul mercato da meno tempo, come l’ivabradina e la
ranolazina, di cui è stato
testato finora solo l’effetto
antianginoso, mentre saranno necessari nuovi Studi
per sapere se questi farmaci
possano avere un ruolo di
rilievo anche nel ridurre
l’incidenza di nuovi eventi.
Conclude il Forum il Dott.
Fontanelli parlando delle
strategie appropriate di rivascolarizzazione, trattamento
che applicato alla popolazione con malattia stabile
ha portato ad una riduzione
di mortalità di appena il 5
%, nel ventennio dal 1980 al
2000. Le premesse non sono
quindi delle migliori. Ma
veniamo a dati più recenti
come quelli dello Studio
ASCERT, pubblicati un mese
fa sul New England, che ha
screenato 190.000 pazienti
(escludendo quelli con SCA,
con malattia del TC e con
malattia monovasale) ed ha
mostrato una superiorità in
termini di sopravvivenza a
lungo termine, nei pazienti
di età superiore di 65 anni
con malattia multivasale
sottoposti a CABG rispetto
a quelli trattati con PCI. Lo
Studio ha quindi confermato
le raccomandazioni delle
Linee Guida ESC-EACTS per
la rivascolarizzazione miocardica del 2010. Fontanelli
ricorda l’importanza dell’utilizzo degli score di rischio
clinici, angiografici e chirurgici, così come la necessità
di collaborare in Team per
prendere le decisioni migliori
soprattutto per i pazienti con
CAD complessa e presenza
di comorbilità. Ancora sui
dati del SYNTAX, in linea con
i precedenti Studi, con l’unica
“attenuante” che finora gli
stent utilizzati nel confronto
con il CABG erano quelli di
prima generazione. Conclude con lo Studio FAME che
ha messo in evidenza come
la misurazione di routine
della FFR durante la PCI con
DES nei pazienti con malattia multivasale riduca la
mortalità e l’infarto, nonché
il numero di stent utilizzati e
la quantità di mezzo di contrasto usato, quando confrontata con l’attuale strategia angiografia-guidata.
Cosa dire…speriamo che gli
Studi con gli stent di ultima
generazione diano risultati
tali da far pendere la bilancia
più a favore della PCI, sciogliendo quella controversia
che sembra più presente
nella testa del Cardiologo
che non in quella del Cardiochirurgo! ♥
Dronedarone nei pazienti
con Fibrillazione Atriale
Dottor Jekyll e Mr. Hyde?
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Figura 4
Questa mattina in Aula Elba il Dott. G. L. Botto ha brillantemente trattato un tema di grande attualità nella pratica clinica: l’utilizzo del Dronedarone nei pazienti con Fibrillazione Atriale (FA).
Numerosi i partecipanti, tutti molto interessati all’argomento. La FA è una aritmia che tende
ad auto mantenersi, favorisce il rimodellamento dell’atrio, che a sua volta è responsabile del
perpetuarsi dell’aritmia. È stato visto che, rispetto ai pazienti con FA parossistica e persistente,
quelli con FA permanente sembrano essere associati ad un maggior rischio di stroke, morte
per ogni causa, scompenso cardiaco e per patologie coronariche. I pazienti affetti da FA sono
spesso pazienti con molteplici fattori di rischio (ipertensione, cuore polmonare, sleep apnea,
malattia coronarica etc.). Una eccellente strategia, una ottima prevenzione primaria, potrebbe
essere quella di correggere alcuni di questi fattori per diminuire il rischio di insorgenza della
FA e per poi comunque, in prevenzione secondaria, tentare di mantenere il ritmo sinusale e
prevenire il rischio tromboembolico. Tutti i trial clinici mostrano un aumento del tasso di ospedalizzazione, del rischio di morte, stroke e scompenso cardiaco nei pazienti affetti da FA, così
come viene osservata una peggiore qualità di vita negli stessi pazienti. Lo Studio AFFIRM mostra che non ci sono differenze statisticamente significative sulla morte per tutte le cause tra la
strategia “controllo del ritmo” versus “controllo della FC” (Figura 1). Non sono state neanche
riscontrate sostanziali differenze sul tasso di ospedalizzazione. Ma quale ruolo potrebbe avere
il Dronedarone nei pazienti con FA? In quali pazienti intraprendere tale terapia? Quando iniziarla? Il Dronedarone nasce come antiaritmico con l’ambizione di superare gli effetti collaterali
dell’amiodarone e di migliorarne le proprietà farmacocinetiche. Nello Studio ATHENA infatti, i
risultati erano stati molto promettenti. In questo Studio controllato ed in doppio cieco, il Dronedarone somministrato 400 mg due volte al dì nei pazienti con fibrillazione o flutter atriale, si era
dimostrato utile nel ridurre le ospedalizzazioni e le morti di natura cardiovascolare. Una post
- hoc analysis aveva poi dimostrato addirittura una riduzione degli ictus nella popolazione studiata. Sulla base di questi presupposti, era nata l’idea che questi benefici potessero applicarsi
anche ai pazienti con fibrillazione atriale permanente e da qui lo Studio PALLAS i cui risultati
però sono andati esattamente nella direzione opposta. In questo Studio infatti, i pazienti con
fibrillazione atriale permanente (> 2 aa) ed alto rischio per eventi vascolari che assumevano
l’antiaritmico hanno avuto un aumento di incidenza di scompenso cardiaco, di ictus e di morte
su base cardiovascolare, aritmica o per qualsiasi causa. Per queste ragioni il trial è stato interrotto prima della sua conclusione. Ma com’è possibile che due Studi così importanti e ben
condotti diano risultati così contrastanti? In precedenza era inoltre uscito lo Studio ANDROMEDA che metteva in guardia circa la sicurezza del Dronedarone nei pazienti con scompenso
cardiaco. In questo Studio, il farmaco, somministrato in pazienti con funzione ventricolare compromessa, determinava un aumento delle morti per causa cardiovascolare conseguente ad un
peggioramento dell’insufficienza cardiaca. Nello Studio PALLAS vi erano un maggior numero
di pazienti più anziani e con insufficienza cardiaca, i pazienti presentavano inoltre FA permanente > 2 aa rispetto al trial ATENA. Inoltre un maggior numero di essi era in trattamento con
anticoagulante e con digossina. Il Dronedarone come l’Amiodarone determina un aumento
della concentrazione plasmatica di digossina, la quale, si sa, ha un effetto proaritmico, ma nello
Studio PALLAS solo il 30% dei pazienti assumeva digitale. (Figure 2, 3 e 4). Questi fattori sono
sufficienti a causare un risultato così differente? Al momento attuale non è così facile stabilire
le ragioni che abbiano portato ad outcome così differenti. L’atteggiamento più giusto è quindi
al momento attuale muoversi con prudenza, controindicando l’uso del Dronedarone ai pazienti
con FA permanente, con importante disfunzione ventricolare sinistra (Classe NYHA III-IV e FE <
35%) ed in pazienti con documentata pregressa tossicità epatica o polmonare da Amiodarone. Il
suo uso sembrerebbe più corretto nei pazienti con ripristino di ritmo sinusale dopo episodio di
FA parossistica o persistente sottoposta a cardioversione, e quando ogni altra alternativa terapeutica è stata valutata. Ultima novità sul farmaco è quella della sua prescrizione: può essere
fatta solo da specialisti in Cardiologia, medicina d’urgenza, cardiochirurgia! ♥
www.anmco.it/formazione/CongressoNazionale/CongressNewsDaily 9
di Sebastiano Verdoliva
RM e Angio TC: illustri sconosciuti
Obiettivo davvero ambizioso
per la sessione tenutasi
nell’Aula Capri alle ore
14.00. Dare degli indicatori di appropriatezza per
l’Angio TC e la RM cardiaca
nella patologia ischemica.
In un epoca di difficoltà
economiche in campo sanitario, caratterizzate da
una inarrestabile riduzione
delle risorse, l’utilizzo di
tecniche tecnologiche ad
elevato costo rappresentano un momento di difficile
scelta diagnostica. Questo è lo spirito con cui
nasce questa sessione di lavori. Sicuramente
in una sessione moderata dal Dott. Mazzanti di
Ancona e il Dott. Tedeschi di Napoli il panel di
esperti che è stato invitato a “far chiarezza” è di
primo ordine. L’intervento del Dott. E. Picano è da
subito chiaro, con i riferimenti in tema di materia
politico - sanitaria, in pochi anni infatti si è passati
dall’auspicio di diagnosi precoce a tutti i costi alla
necessità di perseguire, invece, l’appropriatezza
diagnostica. Per ottenere un elevato indice di
appropriatezza bisogna valutare 4 principi fondamentali: costo, rischio, evidenza ed opportunità.
Costi che per metodiche ad alta tecnologia sono
elevati e che parallelamente si accompagnano a
di Ivana Basile
Sindrome di Yentl: cuore di donna
«La donna è come un puzzle composto da numerosi e piccoli pezzi, non tutti gli uomini
sono in grado di tenerli uniti e di capirne l’incastro» (Cit. Marco P.)
Chi mi conosce bene guardandomi negli occhi mi
direbbe che ho l’aria nostalgica e così effettivamente
è. Mi appresto a scrivere
l’ultimo articolo, a salutare
voi che mi leggete ed i miei
colleghi/amici della Redazione che hanno reso questo compito, a volte arduo,
ben più piacevole; a voi ed
a loro và il mio più sentito
“grazie”. È questo forse
il problema delle donne?
Una maggiore sensibilità?
Non a caso introduco così il
tema della sessione che ho
avuto il piacere di seguire:
“Sindrome di Yentl, cuore
di donna”. Manifesto a voi
la mia ignoranza nel non
sapere prima d’ora che
cosa fosse la famosa
sindrome oggetto
della sessione,
ma il fantastico
mondo di internet ed una
telefonata a casa
al mio colto papà
mi hanno illuminato! Yentl è la
protagonista di uno
dei più bei racconti di
Singer su una ragazza
ebrea costretta ad assumere le sembianze di un
maschio per poter studiare
le sacre scritture. La medicina ha preso in prestito il
nome della protagonista di
questo racconto per definire
la discriminazione, frutto
di un retaggio culturale,
che fa ritenere le donne
protette dalle malattie cardiovascolari. È noto che la
cardiopatia ischemica abbia
degli aspetti peculiari nelle
donne, non solo in termini
di presentazione e prognosi,
ma anche relativamente a
meccanismi fisiopatologici
ed impatto di specifici fattori di rischio. La cardiopatia
ischemica è la principale
causa di morte in entrambi
i sessi. Nella donna l’ischemia miocardica si associa
più frequentemente a riscontro di coronarie angiograficamente indenni o
prive di stenosi significative, erosione
piuttosto
che rottura di placca,
cardiomiopatie da stress.
Gli estrogeni, cari amici
delle donne, conferiscono
loro un vantaggio temporale
rispetto agli uomini, facendo
sì che la coronaropatia si
manifesti prevalentemente
nel periodo menopausale.
Le alterazioni del profilo
lipidico che contribuiscono
all’aterosclerosi sono di
fatti regolate dagli steroidi
sessuali che modulano il
metabolismo epatico delle
lipoproteine. Di conseguenza , dopo la menopausa, i li-
10 Congress news daily sabato 2 giugno 2012
velli di colesterolo LDL e dei
trigliceridi salgono mentre
quelli del colesterolo HDL
precipitano con un deciso
incremento
del rischio cardiovascolare.
Sulla scorta di
tali dati , nel corso
degli ultimi anni, sono
stati effettuati numerosi
tentativi per prevenire gli
effetti avversi tramite la
terapia ormonale sostitutiva con impatto positivo
sui fattori di rischio e sulla
modificazione del profilo
cardiovascolare nel caso in
cui la terapia sostitutiva sia
iniziata in assenza di segni
di aterosclerosi. Parlando
sempre in termini di terapie, ci si pone la domanda:
dobbiamo noi donne avere
più paura delle emorragie?
Le risposte sono controverse. Per la terapia an-
tiaggregante in prevenzione
primaria il rischio di eventi
emorragici è inferiore rispetto agli uomini, lo stesso
non può dirsi per le situazioni acute dove si impiegano
contemporaneamente diversi farmaci antitrombotici
(vedi eparina e trombolitici).
Per la prevenzione dell’ictus
in pazienti con fibrillazione
atriale emerge da ampi Studi
che la terapia anticoagulante
orale presenta un minor
rischio di emorragie nelle
donne. E lo scompenso cardiaco? La minor prevalenza
di eziologia ischemica, l’ipertensione arteriosa ed il diabete, si traducono in oltre la
metà dei casi in un quadro di
scompenso cardiaco a funzione sistolica conservata,
con un cuore poco dilatato,
con ipertrofia concentrica
ed una minor compliance
delle grandi arterie. Lo
scompenso cardiaco acuto è
prevalentemente correlato
all’insorgenza di fibrillazione atriale, aritmia che funge
da moltiplicatore del rischio
tromboembolico nelle donne. Le donne, non a caso
definite il “sesso forte”, rappresentano ad oggi un puzzle (diritti d’autore al mio
amico Marco P.) complesso
i cui numerosi elementi
vanno incastrati l’un altro
con non poca maestria, agli
studiosi di entrambi i sessi,
la soluzione del “gioco”. ♥
condizioni di rischio di radiazioni ionizzanti. In tal
senso sottolinea le Linee Guida EU Imaging del
2001 che raccomandano l’uso della risonanza
magnetica allorquando vi sia un pari livello di
informazioni se confrontata alla TAC; ma le Linee
Guida australiane in tema di RM cardiaca, ad
esempio, danno indicazione solamente quando vi
siano complesse patologie congenite sottostanti
o quando trattasi di giovani donne. Un cenno a
quelle che sono le indicazioni per la diagnosi di
coronaropatia ostruttiva sia in pazienti asintomatici (classe III: non appropriata) che in pazienti
sintomatici (IIa e IIb) per la TC multi slice. Segue
l’intervento del Dott. Faletra, l’intento è di chiarire
le possibilità diagnostiche per la Angio TC nella
ricerca di coronaropatia in scenari clinici diversi.
Ne ha caldeggiato un possibile uso in alternativa
all’esame coronarografico in una particolare po-
polazione di pazienti candidati a cardiochirurgia
come valutazione pre-operatoria. Popolazione
con bassa probabilità di CAD: uomini > 35 anni
e/o donne in post-menopausa in assenza di fattori
di rischio coronarico. In questi pazienti l’angio
TC può inoltre fornire informazioni addizionali
sull’anatomia. Un altro scenario clinico di utilizzo potrebbe essere la valutazione dei by pass in
pazienti sintomatici anche se potrebbe essere
difficoltosa la valutazione delle coronarie native
per l’elevata componente calcifica. Per il controllo
degli stent potrebbe avere un senso solo in condizioni specifiche: stent > di 3 mm (ad esempio
stent del tronco comune). Infine la possibilità di
utilizzare l’angio TC in pazienti con precordialgia
che accedono al pronto soccorso che hanno una
bassa probabilità di cardiopatia ischemica al fine
di ottenere una più veloce e accurata dimissione.
Infine l’intervento del Dott. Iliceto che ha messo in
luce l’appropriatezza della CT ed RM nella valutazione del post - infarto. Davvero molto affascinanti i concetti divulgati, innanzitutto quello relativo
alla caratterizzazione tissutale che permette
l’indagine di risonanza magnetica, come da lui
definita una sorta di anatomia patologica “in vivo”.
La RM in caso di ischemia prolungata permette
lo Studio, in maniera più o meno esauriente e
dettagliata, delle condizioni susseguenti all’insulto ischemico: edema, danno strutturale, danno
microcircolo, del rimodellamento del ventricolo
sinistro e infine del rischio aritmico. Il tentativo è
stato efficace? Direi davvero di si, gli uditori vanno
via con una maggiore consapevolezza sull’appropriatezza in campo di imaging cardiaco, grazie al
contributo dei relatori che hanno avuto la capacità
di esprimere concetti semplici e chiari. ♥
di Francesca Bux
Nuove strategie terapeutiche nella
prevenzione del rischio tromboembolico
The Thrombin Hypothesis
Nuova tappa formativa che caratterizza questa 43° edizione
del Congresso ANMCO riguarda
l’innovativa strategia terapeutica
nella prevenzione del rischio tromboembolico. I Chairmen S. Pirelli
e F.M. Bovenzi introducono l’interessantissima sessione sui NOAC.
Tutti ci aspettiamo tanto dal loro
impiego ad ampio raggio, come
vedremo superando il semplice
rischio tromboembolico arrivando
fino alla cardiopatia ischemica. Introduce uno in particolare di questi
farmaci D. Imberti: il rivaroxaban
come “single drug approach” nel
trattamento del tromboembolismo
venoso. Inibitore diretto del fattore
Xa, biodisponibilità dell’80 - 100%,
1/3 escrezione renale, 2/3 epatica,
basso potenziale di interazione con
alimenti e farmaci, del quale ora
abbiamo i dati sul TEV con gli Studi
di fase III (EINSTEIN PE e DVT). I
NOAC hanno dimostrato di essere
efficaci e sicuri nella riduzione del
TEV, in particolare rivaroxaban
ha dimostrato maggiore efficacia
rispetto al trattamento standard
(EBPM + vka), con una sicurezza
sovrapponibile (riduzione dei sanguinamenti maggiori, meno frequenti le emorragie intracraniche).
La nuova opzione per il trattamento
del TEV con rivaroxaban sarebbe
quindi il trattamento con un singolo
farmaco (single drug approach)
fin dal primo giorno dopo l’evento
con un regime intensivo nella fase
acuta per le prime tre settimane
(15 mg/bid), seguita dalla dose di
mantenimento in monosomministrazione giornaliera alla dose
di 20 mg. Le stesse alternative
sarebbero possibili ovviamente per
l’embolia polmonare acuta. E nei
pazienti con EP a basso rischio ci
sarebbe la possibilità di dimissione
precoce con terapia anticoagulante
a domicilio? Le nuove Guidelines
ACCP indicano che si possano utilizzare i NOAC già dal primo giorno
in questa categoria di pazienti, anche a domicilio. Interessante prospettiva. Ma la vera novità sarebbe
quella illustrata nella relazione
dell’esperto in materia di SCA,
D. Ardissino, ossia l’impiego di una
bassa dose di rivaroxaban (2,5 mg
BID) on top alla doppia antiaggre-
gazione dopo l’evento ischemico,
oggetto dello Studio ATLAS ACS
TIMI-51. L’affascinante “ipotesi della trombina”, mirabilmente spiegata dal relatore, si basa sul fatto che,
nella fase iniziale delle SCA ci sia
una attivazione della cascata della
coagulazione accanto all’attivazione
piastrinica, due meccanismi intimamente legati dalla trombina. Il
Rivaroxaban con la sua specificità
si rende molto attraente per spegnere l’effervescenza del sistema
coagulativo, ed è stato studiato in
uno Studio di fase 2 con dimensioni
decisamente ampie (circa 3.500
pazienti). Il risultato è che la bassa
dose Rivaroxaban si è dimostrata superiore al placebo rispetto
all’endpoint primario (CV death, IM,
stroke) oltre che superiore nella
riduzione di trombosi dello stent
a distanza. Questo troverebbe il
razionale nel fatto che l’attivazione
della coagulazione avrebbe un ruolo fisiopatologico importante e sarebbe perciò causa della ripetizione
degli eventi. Scoperta rivoluzionaria
senza dubbio, che modificherebbe
il nostro approccio alla patologia. E
che dire del ruolo del rivaroxaban
nella FA? Ex Presidente ANMCO
e FIC, G. Di Pasquale ce ne parla
introducendo lo Studio Rocket AF,
Studio in doppio cieco condotto
su pazienti con FA non valvolare,
profilo di rischio tromboembolico
elevato, CHADs 3-4, età media 73
anni, esclusi i soggetti con clearance creatinina <30. Rivaroxaban 20
mg in monosomministrazione giornaliera vs warfarin, ha dimostrato
di essere non inferiore per l’end
point primario di stroke ischemico/
emorragico e l’embolia sistemica
nella popolazione intention to treat
e la superiorità nella popolazione
on treatment. Stessi risultati per
gli end point secondari di efficacia
e superiorità dimostrata nella riduzione delle emorragie maggiori.
Unica nota grigia è che il TTR non
fosse particolarmente alto, 58%,
ma giustificato dalle caratteristiche della popolazione arruolata.
Dunque “Siamo vicini al tramonto
del warfarin?” Per rispondere alla
domanda con la nostra esperienza
sugli straordinari NOAC, attendiamo solo l’approvazione dell’AIFA! ♥
Divisione di Cardiologia
Parma
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di Fabiola Angelozzi
Prevenzione della morte
cardiaca improvvisa giovanile:
diagnosi e stratificazione
prognostica
Il Forum svoltosi oggi pomeriggio nella affollatissima Aula Caprera ha trattato un argomento
molto interessante e di grande attualità clinica, anche in virtù dei recenti fatti di cronaca che
hanno visto protagonisti giovani sportivi: la morte cardiaca improvvisa (MCI). Nel 10-20% circa
di tutte le morti improvvise non si identificano anomalie cardiache strutturali. Cause potenziali
importanti di morte cardiaca improvvisa in assenza di cardiopatia sono rappresentate dalle
malattie elettriche primarie come la sindrome di Brugada, la sindrome del QT lungo (long QT
syndrome, LQTS), la sindrome del QT corto, le tachiaritmie ventricolari polimorfiche catecolaminergiche. Altre cause frequenti sono poi attribuibili alle CMP in special modo alla CMP
ipertrofica e alla CMP aritmogena del ventricolo destro. Il Dott. Potenza nella prima relazione
ha brillantemente esposto concetti interessanti riguardanti la Sindrome di Brugada. L’ereditarietà della sindrome di Brugada sembra seguire un modello di trasmissione autosomico dominante a penetranza variabile, sebbene siano conosciute delle forme sporadiche. La prima
mutazione associata alla sindrome fu scoperta da Chen ed è stata identificata nel gene SCN5A codificante la subunità del canale cardiaco del sodio. Attualmente nello stesso gene sono state riconosciute più di 80 mutazioni associate alla sindrome. La mutazione del gene SCN5A in
ogni caso attualmente viene riscontrata in una percentuale di pazienti che va dal 18% al 30%,
questo dato suggerisce che all’interno della patologia ci sia una certa eterogeneità genetica.
La diagnosi di Sdr di Brugada viene fatta principalmente dal pattern ECGgrafico. Più frequente e diagnostico il tipo 1, più variabili le caratteristiche del tipo 2-3 (Figura 1). Il pattern ECGgrafico di tipo 1 inoltre può essere stabile, intermittente o indotto (pasto abbondante, farmaci,
febbre, ipertonia vagale). Quali sono gli aspetti prognostici importanti da prendere in considerazione nei pazienti con sindrome di Brugada? La stratificazione del rischio in questa malattia
è ancora poco definita e il ruolo della stimolazione elettrica programmata nell’identificazione
dei pazienti ad alto rischio è controverso. Senz’altro un ruolo rilevante viene è attribuito a 3
caratterisctiche salienti: il sesso maschile, l’ECG di presentazione e la sintomatologia (episodi
sincopali, o pregressi episodi di TVS-FV resuscitati). L’uso dell’ICD in prevenzione secondaria
nei pazienti con Sindrome di Brugada è indicato in tutti quei pazienti sopravvissuti ad arresto
cardiaco. La scelta dell’ICD in prevenzione primaria è una scelta difficile. Questa opzione è
riservata a pazienti con episodi sincopali ed in presenza dei fattori di rischio sopra descritti. La
seconda relazione brillantemente illustrata dalla Dott.ssa L. M. Diehl incentra il suo interesse
sulla sindrome del QT lungo e del QT corto. La stratificazione del rischio in questi pazienti si
basa soprattutto sui criteri ECGgrafici, sulla storia familiare e sull’anamnesi (eventi sincopali,
aritmie). La prevenzione primaria della MCI in questi pazienti è principalmente basata sul
trattamento con betabloccanti. l’ICD in prevenzione primaria è riservato solo ai pazienti ad alto
rischio con pregressi episodi sincopali. Il Dott. L. Corò nell’ultima relazione ci ha parlato delle
CMP ed in special modo della CMP ipertrofica e della CMP aritmogena del ventricolo destro.
La CMP ipertrofica è una malattia relativamente comune di cui la morte improvvisa rappresenta l’evento più temibile che interessa principalmente pazienti giovani anche se precedentemente asintomatici. Uno degli obiettivi principali della prevenzione della MCI nella cardiomiopatia ipertrofica consiste nel l’identificazione del sottogruppo di pazienti ad alto rischio su cui
svolgere interventi specifici. L’impianto di ICD in prevenzione primaria nei pazienti con CMP
ipertrofica è riservato a pazienti con storia familiare di morte cardiaca improvvisa, sincope, IVS
> 3 mm, TVNS, risposta ipotensiva durante test da sforzo, L’ICD in previsione secondaria viene
riservato ai pazienti resuscitati da arresto cardiaco. La CMP aritmogena del ventricolo destro
è una delle principali cause di MCI nei soggetti di giovane età. Anche se i fattori predittivi di
MCI in questa patologia non sono ancora stati definiti in ampi Studi prospettici, la MCI avviene
più frequentemente in pazienti con marcate alterazioni del ventricolo destro e nei pazienti che
presentano anche alterazioni a carico del ventricolo sinistro. Sulla base di Studi non randomizzati, si ritiene che pazienti
con tachicardia ventricolare
monomorfa sostenuta, possano beneficiare del trattamento con farmaci antiaritmici. In
pazienti con anamnesi positiva per arresto cardiaco (prevenzione secondaria), nei soggetti con tachicardia ventricolare resistente alla terapia
farmacologica antiaritmica e
nei pazienti ad elevato rischio
con tachicardia ventricolare
resistente ai farmaci, è indicato l’ uso dell’ICD. ♥
Figura 1
12 Congress news daily sabato 2 giugno 2012
di Francesca Bux
Fibrillazione
atriale: strategie
di trattamento
antitrombotico
Durante queste giornate
congressuali abbiamo
sentito più volte parlare dei
nuovi anticoagulanti orali
e dei loro vantaggi: dose –
risposta prevedibile (dose
fissa giornaliera), la non
necessità di monitoraggio
dell’anticoagulazione, l’elevata efficacia e sicurezza,
la significativa riduzione
del rischio emorragico,
l’inizio ed il termine d’azione rapidi (non necessità
di bridge con eparina), le
minime interazioni farmacologiche e l’ assenza di
interazioni alimentari. Ma il
Forum dell’Aula Capri sulla
FA è stato il primo in cui
si sono messe a confronto
le nuove strategie di trattamento antitrombotico.
S’inizia con l’apixaban, ce
ne parla il Dott. L. Calò,
inibitore diretto altamente
selettivo del fattore Xa,
biodisponibilità del 50%,
assorbimento rapido, non
influenzato dai pasti, emivita di 12 ore, via di eliminazione in parte renale e
non sono state riscontrate
alterazioni d’organo, né
tossicità epatica. Sono
stati analizzati due trial; il
primo, l’AVERROES, mette
a confronto l’apixaban con
l’ASA in una popolazione
di pazienti che non erano
in buon range di INR con
il warfarin o che avevano
avuto sanguinamenti.
Tale Studio ha dimostrato
che il farmaco riduce lo
stroke del 54% comparato
all’aspirina, senza un si-
gnificativo incremento di
sanguinamenti maggiori e
che è ben tollerato senza
aver dato segni di tossicità
epatica. Il secondo Studio
analizzato è l’ARISTOTLE,
Studio di confronto col
warfarin, su un campione
enorme di popolazione
(>18000), molto eterogenea. Obiettivo è la non
inferiorità dell’apixaban
5 mg BID (o 2,5 mg BID
in pazienti selezionati) vs
warfarin per gli outcome
primari (stroke/embolie
sistemiche). In pazienti
con FA e che abbiano alto
profilo di rischio per stroke
l’apixaban ha significativamente ridotto lo stroke
o l’embolia sistemica del
21%, ridotto i sanguinamenti maggiori del 31%
e la mortalità dell’11%.
Risultati questi significativi
in sottogruppi eterogenei di persone per razza,
sesso, età. È la volta del
Dabigatran che, tra i NOAC,
è stato il primo che ha dimostrato effetti positivi in
termini di prevenzione degli eventi tromboembolici.
È un profarmaco, inibitore
potente e diretto del fattore
IIa, escrezione per 80%
renale (immodificato), biodisponibilità 6.5%, non ha
dimostrato tossicità epatica
ed in Italia è in commercio
in fascia H nei dosaggi 75
mg e 110 mg per la prevenzione tromboembolica
negli interventi di chirurgia
ortopedica di anca e ginocchio. Re-volution è un
di Valentina D’Andria
Forum Congiunto ANMCO - ISF
Problematiche frequenti per il Cardiologo in tema di ischemia cerebrale
programma di trial clinici
tra cui conosciamo bene
lo Studio Re-Ly che è stato
il primo a dimostrare su
un campione vastissimo
(18000 pz) la non inferiorità
del dabigatran nelle due
dosi 110 mg e 150 mg vs
il warfarin in pazienti con
FA non valvolare. Restano
i problemi aperti dei costi,
della maggiore incidenza di
IMA, delle interazioni con
alcuni farmaci e dell’assenza di antidoto, della
dose in rapporto all’età
(110 mg nei pazienti >75
anni e 150 mg nei pazienti
con età <75) e dell’associazione dabigatran e
antiaggreganti (Re-Deem).
Al Dott. R. P. Ricci è stata
affidata la relazione finale
sul rivaroxaban, inibitore
diretto del fattore Xa, biodisponibilità dell’80-100%,
1/3 escrezione renale, 2/3
epatica, basso potenziale di
interazione con alimenti e
farmaci, del quale ora abbiamo i dati sul TEV con gli
Studi di fase III (EINSTEIN
PE e DVT). Tale farmaco ha
dimostrato maggiore efficacia rispetto alla terapia
tradizionale (EBPM+VKA),
con una sicurezza sovrapponibile (riduzione dei
sanguinamenti maggiori,
meno frequenti le emorragie intracraniche). Il Rocket
AF è uno Studio in doppio
cieco condotto su pazienti
con FA non valvolare, profilo di rischio tromboembolico elevato, CHADs 3-4,
età media 73 anni, esclusi
i soggetti con clearance
creatinina <30 che ha confrontato il rivaroxaban 20
mg monosomministrazione
vs warfarin. Raggiunto il
primary outcome (stroke
ischemico/emorragico ed
embolia sistemica) ed il
safety outcome (sanguinamenti maggiori). Importanti prospettive ed una vasta
scelta, quindi, e la possibilità concreta di cambiare
drasticamente non solo il
nostro modo di agire, ma
soprattuto la qualità di vita
dei nostri pazienti. ♥
Guarda dentro il cuore:
troverai le risposte che cerchi
Interessantissime le relazioni esposte nell’ambito della
Sessione tenuta congiuntamente dall’Italian Stroke Forum
e dall’ANMCO che hanno dato spazio all’approfondimento
di problematiche del distretto cerebrale e cardiaco di comune riscontro nella pratica clinica. Il Dott. Ricci affronta
il problema dell’approccio alla stenosi carotidea asintomatica e del suo corretto trattamento confrontando le
terapie interventistiche e la terapia medica. Un importante
concetto che emerge è quello di considerare la malattia
carotidea asintomatica nel contesto di una patologia ateromasica generalizzata in cui spesso il rischio di eventi
cardiaci supera quello di eventi cerebrovascolari. Inoltre
dall’analisi di numerosi Studi risulta come nella prevenzione del rischio di ictus in pazienti affetti da stenosi
carotidea asintomatica sia appropriato intervenire con
procedure interventistiche, in particolare con PTA, solo
per un selezionato gruppo di pazienti con placche dalle
caratteristiche di instabilità. Per questa nicchia di pazienti
è dimostrato un beneficio mentre negli altri casi è indicata, nella prevenzione dello stroke/TIA, la terapia medica.
Questo alla luce anche dei progressi della terapia attuale
rappresentata da un insieme di farmaci che “attaccano”
in maniera aggressiva la placca su più target e che si af-
fianca ad una maggiore consapevolezza dell’importanza
degli aspetti riguardanti il miglioramento dello stile di vita
come atto di prevenzione. Il Dott. P. Colonna apre invece la
sua brillante relazione puntando l’attenzione sull’eziologia
dello stroke, troppo spesso, soprattutto negli anni passati,
attribuito a causa ignota. Negli anni ’80 la percentuale
degli stroke criptogenetici era del 53%, dato da attribuire
alla limitata capacità diagnostica di cause cardiogene di
embolia cerebrale nell’era pre ecocardiografia - transesofagea. Questa metodica ha permesso nel giro di pochi anni
di ridurre la percentuale degli ictus definiti criptogenetici
con l’individuazione di cause cardioemboliche misconosciute in precedenza. Ma quali sono le fonti emboligene
da ricercare nel cuore? In primo luogo dobbiamo pensare
alla possibilità di fibrillazione atriale misconosciuta (forme
parossistiche o asintomatiche, spesso negli anziani) che
di per sé determina un aumento del rischio di formazione di trombi all’interno dell’atrio ed auricola sinistra con
meccanismo di stunning del tessuto atriale associato ad
alterazioni della parete atriale e ad eventuali alterazioni
della coagulabilità (secondo una rivisitazione della triade
di Virchow). Questo aspetto ha imposto di ricercare criteri
clinici (CHADS2) ed ecocardiografici indicativi di rischio
tromboembolico (ma anche emorragico) per approntare la
migliore terapia preventiva. Accanto all’ importante quota
di fonti emboligene da attribuire alla fibrillazione atriale,
hanno la loro rilevanza clinica anche le embolizzazioni da
trombi intracardiaci, da placche aortiche complicate (anche con meccaniscmo di embolia retrograda nelle placche
dell’aorta toracica discendente), da fibroelastomi, da vegetazioni nel contesto di endocarditi e i fenomeni embolici
in presenza di aneurisma del setto interatriale e di forame
ovale pervio, che può essere tramite di cosiddette embolie
paradosse. Tutte queste potenziali fonti di emboli si possono ben identificare grazie a metodiche di imaging sempre
più avanzate quali l’ecocardiografia transtoracica 3D, l’ecocardiografia transesofagea bidimensionale e tridimensionale e devono essere sempre ricercate nella diagnosi
eziologica dello stroke. L’ultima relazione di questo forum
è del Dott. G. Scorcu che identifica quali siano i fattori di
rischio per l’insorgenza di stroke, ischemico o emorragico,
nel paziente ricoverato in UTIC. Il suo intervento evidenzia il ruolo significativo per il rischio di sanguinamento
intracranico di terapie quali la trombolisi o l’utilizzo di
eparina e nuove terapie antiaggreganti nel contesto della
rivascolarizzazione mediante procedure percutanee. In tal
senso è sempre valido il principio di effettuare un bilancio del rischio ischemico versus rischio emorragico. Non
meno importante considerare il rischio di ictus ischemico
in corso di PCI per effetto meccanico di graffiamento di
placche aortiche da parte del catetere. Inoltre non bisogna
tralasciare la complessità di terapia che impone il paziente ricoverato in UTIC (ad esempio per SCA) e che presenta
anche fibrillazione atriale. Anche in questo caso bisognerà
valutare il beneficio clinico netto che, nei pazienti fibrillanti, ad alto rischio tromboembolico e sottoposti a PTCA, ha
come risultante una terapia di associazione, antiaggregante e anticoagulante, che si può effettuare per periodi brevi
con un adeguato margine di sicurezza. Cuore e cervello
si dice non sempre vadano d’accordo… Ma mai come in
questo contesto la necessità di trovare punti di incontro si
rende imperativa. Il messaggio finale è dunque quello di
approcciarsi al paziente in maniera sinergica, sfruttando a
pieno l’integrazione delle conoscenze di ciascuna specialità per ottenere il miglior risultato clinico. ♥
www.anmco.it/formazione/CongressoNazionale/CongressNewsDaily 13
di Alessandra Chinaglia e Roberto Ceravolo
di Sebastiano Verdoliva
Il Sito Web:
uno strumento in
evoluzione al servizio
della Cardiologia
Post SCA:
mai abbassare
la guardia
Aula Ischia ore 18.00, un
Forum Congiunto ANMCOSISA ( società Italiana per
lo Studio dell’aterosclerosi)
per affrontare la tematica
relativa al rischio coronarico residuo. I pazienti
post SCA sono pazienti a
rischio, questo è risaputo,
lo è anche per chi non
ha mai aperto un libro
di medicina. È la vita ad
insegnarcelo, il paziente
con pregressa cardiopatia ischemica è oggetto
di controlli periodici, è il
paziente che più spesso
si rivolge al cardiologo.
Questa sessione congiunta
ha come obiettivo quello
di divulgare informazioni
in termini di percentuali di
sopravvivenza e/o di eventi
avversi, nonché darne
delle motivazioni fisiopatogenetiche alla base degli
stessi. Il primo intervento è
del primario dell’ospedale
di Sassari il Dott. Terrosu
che nei primi minuti del
suo brillante intervento
ha descritto le dimensioni della problematica
attraverso la presentazione degli Studi GRACE e
SWEDESHEART. Entrambi
descrivono un dato inoppugnabile ed inequivocabile
che si può sintetizzare in
questo modo: dopo circa
1 anno dall’evento acuto, i
nostri interventi terapeutici non determinano una
sostanziale modificazione
della progressione dell’aterosclerosi. Lo Studio
Basket Pro apparso su
JACC 2012, non fa altro
che confermare tale condizione. La metà dei pazienti
post-rivascolarizzazione a
5 anni sviluppa un nuovo
evento cardiaco che nella
metà dei casi si manifesta come evento clinico e
nell’altra metà come difetto di captazione alla scintigrafia. La realtà è impietosa. I meccanismi alla base
di questo fenomeno sono
legati a 3 fattori principali:
progressione dell’aterosclerosi, la presenza dello
stent e localizzazione delle
lesioni. La progressione
dell’aterosclerosi è un
fenomeno ineluttabile, ed
è di particolare interesse
quella a carico dei vasi non
colpevoli dell’evento che
nel paziente con aterosclerosi coronarica si evolve e
peggiora nel tempo. È stato dimostrato che un elevato burden di placca è un
fattore predittivo indipendente per un nuovo evento
coronarico. La problematica relativa allo stent è
intuitiva: lo stent stesso è
un fattore pro-aterogeno.
A impreziosire la sessione
l’intervento del professore
Pasquale Perrone Filardi
che ha descritto opzioni
farmacologiche in prevenzione secondaria. Il
Professore Perrone Filardi
è andato subito al cuore
del problema evidenziando come la dislipidemia
rappresenti un fattore da
combattere soprattutto in
prevenzione secondaria.
Ha ribadito il concetto del
“low is better”come emerso dalle ultime metanalisi,
e attraverso una diligente
carrelata degli ultimi Studi
pubblicati, ha indicato la
necessità di ridurre il target delle LDL a < 70 mg/
dl per i pazienti ad elevato
rischio cardiovascolare. Ha
richiesto pertanto un maggiore rigore nel controllo
clinico - laboratoristico di
questi pazienti. L’intervento del Dott. Averna volto
alla presentazione delle
future opzioni terapeutiche.Innanzitutto il ruolo
delle HDL che sono un
nuovo target farmacologico
per il miglioramento del
profilo dislipidemico. Ha
presentato una nuova famiglia di molecole in corso
di Studio la CETP: cholesteril ester transfer protein inhibitors. Sono Studi
ancora in fase iniziale (fase
I e II) che in un futuro non
lontano potranno darci
nuovi armi terapeutiche.
Riusciremo mai a cambiare le sorti di questo gruppo
di pazienti? Purtroppo il
nemico da sconfiggere si
chiama aterosclerosi, e
oggi conosciamo ben poco
dei suoi meccanismi patogenetici. La strada è lunga
e difficile, ne consoceremo
mai tutti i suoi meccanismi. Ai posteri l’ardua sentenza. ♥
14 Congress news daily sabato 2 giugno 2012
La Commissione del sito Web
ha cercato in questi anni di
creare uno strumento che
fosse al servizio dei Cardiologi e la sempre maggiore
numerosità degli accessi ci
ha dimostrato che in parte
siamo riusciti in questo intento. La pubblicazione tutti gli
anni degli atti del Congresso,
ci ha permesso di rendere
disponibile una risorsa formativa unica per completezza
e competenza, aggiornata di
anno in anno; ci auguriamo
che anche quest’anno le relazioni del Congresso possano
essere visualizzate e ascoltate dai Cardiologi che hanno
partecipato ma soprattutto
dai colleghi che sono rimasti
negli ospedali. Sul sito sono
inoltre disponibili nuove
iniziative formative come
la Formazione A Distanza;
la risposta dei Cardiologi a
questa prima prova fornirà
indicazioni sull’opportunità di
proseguire su questa strada.
Anche la pagina della Fondazione dedicata al cittadino
contiene novità su alimentazione e scuola: le ricette della
settimana presentate da Aurelio Sgalambro e Stefania De
Feo sono estrose ed invitanti
e contengono piccoli trattati
di “scienza alimentare”. È
possibile calcolare il BMI direttamente dal sito (ed è una
possibilità offerta a cittadini
e Cardiologi). Ma soprattutto
continuano ad arrivare alla
Rubrica “L’Esperto Risponde”
numerosissime richieste e
domande da parte dei Cittadini, a cui una serie di preparati e volenterosi Cardiologi
e Cardiochirurghi fornisce
risposte dettagliate. Le più
di Vincenzo Comito
La sopravvivenza
attraverso il controllo
del profilo lipidico
Studio CRUSADE: maggiore aderenza alle Linee Guida = riduzione
della mortalità! Comincia così
l’intervento del Dott. Urbinati,
Chairman dello Studio BLITZ 4
qualità, moderatore nonché relatore di questo “Incontro con gli
Esperti” dedicato al profilo lipidico
del paziente dopo un evento coronarico acuto. E se il buongiorno
si vede dal mattino è chiaro dove
si andrà a parare. Uno degli ultimi trial condotti dal Centro Studi
ANMCO, il BLITZ 4 ualità per l’appunto, ha concentrato i sui
sforzi sul monitoraggio dell’aderenza alle Linee Guida nella
gestione delle sindromi coronariche acute. L’esperienza di
tale Studio ha messo in evidenza come l’utilizzo delle statine
nelle SCA abbia una aderenza quasi completa alle indicazioni
delle Linee Guida in fase acuta, in contrasto con una gestione
assolutamente inadeguata nella fase post - dimissione. In
conformità con i dati di altri registri italiani, il B-4q conferma
che non è sufficiente somministrare una terapia ipolipemizzante nel paziente infartuato ma è necessario pianificare un
programma post - dimissione finalizzato al raggiungimento
del target previsto nel prescrivere questa terapia, cercando di
garantire l’aderenza al trattamento in considerazione dell’elevato tasso di sospensione della terapia entro i primi 3 mesi. Il
messaggio è chiaro: è inutile tanto sforzo nella fase acuta se
a questo non consegue una adeguata gestione della terapia
cronica… Il Dott. Colivicchi, in continuità con la presentazione
del collega Urbinati, continua la trattazione del tema inviando
di Valentina D’Andria
di 3000 risposte archiviate
sono un patrimonio di sapere cardiologico, aggiornato
e scritto da professionisti
competenti. Un sincero ringraziamento da parte di tutta
l’Associazione va ai colleghi
che collaborano alla realizzazione di questo servizio
con un lavoro competente
ma poco visibile, prezioso
per l’Associazione e per la
Fondazione e soprattutto per
la popolazione. ♥
Il team de L’Esperto Risponde
Abrignani Maurizio Giuseppe
Azzarito Michele
Buttafarro Alfredo
Caporale Roberto
Castelli Gabriele
D’Agostino Carlo
Di Crecchio Attilio
Dispenzieri Claudio
Frisinghelli Anna
Ghezzi Francesca
Gregori Gianserafino
Lisi Cristiano
Mafrici Antonio
Martinelli Luigi
Matta Marilena
Miceli Domenico
Murrone Adriano
Neri Gianfilippo
Pardini Alessandro
Patruno Nicolino
Pes Rosanna
Pisanò Ennio Carmine Luigi
Pozzati Andrea
Rizza Antonio
Santoro Francesco
Vaccari Diego
Vitali Ettore
Zonzin Pietro
Antona Carlo
Brogi Daria
Caldarola Pasquale
Casolo Giancarlo
Comella Alessandro
Di Cori Andrea
Di Marco Stefano
Enea Iolanda
Genovesi Ebert Alberto
Giordano Guido
Kol Amir
Lonati Andrea
Maggi Alessandro
Massa Laura
Mazzuoli Francesco
Mortara Andrea
Navazio Alessandro
Paloscia Leonardo
Patanè Leonardo
Pedrinazzi Claudio
Piovaccari Giancarlo
Pistono Massimo
Richiardi Elena
Rugolotto Matteo
Trocino Giuseppe
Vigna Carlo
Zecchin Massimo
Zoppo Franco
alla platea input altrettanto chiari. A lui il
compito di “erudire” sulle strategie per
il raggiungimento e mantenimento del
target terapeutico. Dallo Studio MIRACL
che dimostra chiaramente come la terapia con statine sia essenziale per ridurre
l’incidenza di eventi, alle indicazioni delle Linee Guida (LG) che
suggeriscono, come livello target di colesterolo LDL, un valore
< 70 mg/dl da ottenere nei pazienti con rischio cardiovascolare molto elevato. Il tutto in conformità con le norme governative dell’AIFA in cui nella nota 13 consigliano di raggiungere
lo stesso target indicato dalle LG, eventualmente con l’ausilio
dell’ezetimibe in aggiunta alla terapia con statine. Ma se l’antico è bello, il nuovo è meglio…. E infatti non delude Colivicchi
presentando i dati originali del registro regionale Lazio NET.
SCA che dimostrano la necessità di ridurre del 45 - 50% i livelli iniziali di cLDL in pazienti statin - naive e di almeno il 50%
in pazienti con evento acuto già in terapia ipolipemizzante.
Anche da questo registro emerge la scarsa propensione dei
reparti che dimettono i pazienti con sindrome coronarica acuta all’utilizzo di atorvastatina ad alta dose, essendo presente,
l’atorvastatina 80 mg, solo nel 41 % delle lettere di dimissione.
Dato ancora più significativo la persistenza del trattamento
dei pazienti dimessi con atorvastatina 80 mg che in pochi mesi
si riduce del 50 %. I motivi? La comparsa di effetti collaterali
(56%) o, ancor peggio, la decisione dei MMG (44 %) che reputano troppo elevato tale dosaggio. Altro messaggio fondamentale l’utilizzo di Ezetimibe come prima scelta nei pazienti
che non tollerano le statine, e la possibilità di associare l’ezetimide alla statina (atorva) anche a più basse dosi (20 - 40 mg)
ottenendo pari efficacia rispetto alla statina ad alto dosaggio
o, come preferisce dire il Relatore, a pieno dosaggio. Incontro,
questo, sicuramente piacevole e pratico grazie alla chiarezza
dei relatori di cui ha approfittato la platea che ha animato la
discussione con numerose domande ed alla fine ha preso e
portato a casa una ricca serie di messaggi. ♥
Insufficienza
mitralica funzionale:
dalla diagnosi alla terapia
L’insufficienza mitralica funzionale è una
condizione patologica in cui gli apparati valvolari e sottovalvolari sono strutturalmente
normali, in cui il rigurgito mitralico è dovuto
alla restrizione del movimento dei lembi
mitralici stessi, secondaria alla dislocazione
apicale del punto di coaptazione mitralico
e responsabile dell’incompleta chiusura
della valvola mitrale in sistole. Si verifica
nell’ambito delle cardiopatie dilatative, primitive o secondarie ad ischemia ed il suo
trattamento riscuote un interesse crescente
dato l’aumento della popolazione, soprattutto anziana, affetta da scompenso cardiaco
conseguente a queste patologie. Il Dott. La
Canna, affronta magistralmente l’inquadramento diagnostico tramite la metodica ecografica, che consente di fornire le informazioni necessarie ad impostare il successivo
trattamento, chirurgico o interventistico. Il
meccanismo alla base dell’insufficienza,
determinato dalla dilatazione dell’anulus
mitralico, risulta dal rimodellamento del
ventricolo sinistro, dalla dislocazione del
muscolo papillare e dalla trazione esercitata
sui lembi dalle corde tendinee. Da considerare le caratteristiche del rimodellamento,
ovvero se questo è asimmetrico o simmetrico e il fatto che questo può progressivamente riguardare il ventricolo sinistro
nella sua globalità. Il meccanismo alla base
dell’insufficienza mitralica funzionale richiede un normale funzionamento del muscolo
papillare, in grado di determinare lo stiramento dell’apparato valvolare. Non è facile
definire parametri indiscutibili di severità
poiché bisogna considerare fenomeni che
determinano variabilità dell’insufficienza
quali la fluttuazione intrabattito, la possibile
transitorietà della problematica (da stunning miocardico), l’influenza dello sforzo
con il reclutamento di forze di contrazione,
così come gli effetti dell’anestesia durante
intervento chirurgico. L’approccio per la
valutazione deve essere multiparametrico:
fattori da considerare sono rappresentati
dall’area di tenting, dalla dislocazione del
punto di coaptazione, dall’orifizio di rigurgito
effettivo, dal calcolo del PISA e utilizzando
preferibilmente i dati acquisiti in protosistole. Tutto ciò per individuare i pazienti in cui
l’intervento determini un reale giovamento.
Il trattamento può essere di tipo chirurgico,
come ci illustra il Dott. Paparella ed è indicato per pazienti con insufficienza severa;
in pazienti con insufficienza moderata con
FE < 40% e in classe NYHA >II, soprattutto
se candidati al CABG. Le tecniche utilizzate
sono l’anuloplastica restrittiva (che “forza
la coaptazione”), l’anuloplastica non restrittiva associata a tecnica chirurgica “edge to
edge” o la sostituzione della mitrale (in casi
selezionati) con approccio minitoracotomico
se non vi è associazione con CABG. Il Dott.
Tamburino illustra invece le opportunità di
riparazione della mitrale mediante procedure interventistiche utilizzando il MitraClip,
device intracardiaco che riproduce l’intervento di riparazione “edge to edge” di Alfieri.
Questa procedura viene effettuata in anestesia generale ed è ecoguidata. Questa tecnica
elaborata inizialmente per l’insufficienza
mitralica strutturale ha dimostrato ottimi risultati anche nell’insufficienza mitralica funzionale in particolar modo per i pazienti affetti da scompenso cardiaco in fase avanzata
e nei non responders alla CRT in cui è stato
dimostrato miglioramento
in termini di qualità di vita
e recupero di FE; inoltre
si è evidenziato anche un
miglioramento dell’indice
di sfericità del ventricolo
sinistro consensuale alla
riduzione dell’entità dell’IM.
Questa metodica permette
anche di effettuare approcci
percutanei combinati in
pazienti che necessitano
di interventi su più valvole.
L’indicazione del trattamento chirurgico o percutaneo è
sempre condivisa tra clinico,
emodinamista e cardiochirurgo per personalizzare la
terapia secondo le esigenze
di ciascun paziente. ♥
www.anmco.it/formazione/CongressoNazionale/CongressNewsDaily 15
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News Daily
43° Congresso ANMCO 2012
Congress
Supplemento di “Cardiologia negli Ospedali”
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ANMCO
Associazione Nazionale
Medici Cardiologi Ospedalieri
Via La Marmora, 36
50121 Firenze
Tel. 055 51011
Fax 055 5101350
E-mail: [email protected]
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Congress News Daily 2012
Supplemento di “Cardiologia negli Ospedali”
Comitato di Redazione 2012
Fabiola Angelozzi - Fermo
Ivana Basile - Palermo
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Vincenzo Comito - Firenze
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Cardiologia negli Ospedali
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Co - Editor
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Comitato di Redazione
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Fabrizio Giovanni Oliva
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Redazione
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Progetto Grafico e Impaginazione
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