LA FECONDITA` DELL`AMORE LIBERO E LIBERANTE

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LA FECONDITA` DELL`AMORE LIBERO E LIBERANTE
LA FECONDITA’ DELL’AMORE LIBERO E
LIBERANTE
Domenica XVI T.O.C 21/07/2013
Luca 10,38-42
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù
entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta,
lo ospitò.
A Betania Gesù ha degli amici, presso la cui casa
spesso si ritira, per vivere con Lazzaro, Marta e Maria
momenti di fraterna accoglienza e di riposo. E Gesù vive
questo rapporto di amicizia con profonda intensità,
tanto da piangere quando l’amico Lazzaro morirà.
Quante volte mascheriamo la nostra sterilità dietro false
e ambigue letture dell’amore casto? E allora si scade nel fariseismo che mentre giudica
un’accoglienza fraterna non si accorge che è ciò che esce dall’interno che non va non ciò che vi
entra. Ritornano nel cuore le parole di Papa Francesco ai giovani novizi: non siate suore zitelle
e non siate preti carrieristi. Sareste ridicoli. Si potrebbe aggiungere: pietra di inciampo per il
semplice che crede all’Amore fecondo.
Gesù è in cammino verso Gerusalemme, un percorso che lo sta portando verso la sua morte e
resurrezione. Egli ne è pienamente consapevole; forse anche per questo si ferma in casa dei
suoi amici. Marta non tradisce l’amico e lo accoglie immediatamente.
Solo un Amore come quello di Gesù che disarma può placare la nostra paura e cosi può farci
correre dei rischi. Ripensiamo alle violenze, ai soprusi, alle ingiustizie che vivono tanti nostri
fratelli e alla nostra paura, insieme a quella strana diplomazia che ci porta ad assistere senza
comprometterci, e allora ancora risuonano come un monito le parole di Papa Francesco: senza
la croce saremo una buona ong ma non saremo di Dio.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava
la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
La sorella Maria si mette in ascolto del maestro. Sembra, ai nostri occhi, che il quadretto sia
pressoché perfetto, ma non è così. Maria, mettendosi alla sequela del Maestro, rompe i rigidi
schemi dell’epoca che non permetteva questo atteggiamento alle donne relegate alle
occupazioni domestiche. Ed ecco che il quasi perfetto quadretto famigliare, si rompe come si
rompe nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nelle nostre organizzazioni, quando l’Amore
domanda e si presenta cosi disarmante, cosi anticonvenzionale, rompendo le convenzioni che
noi esseri umani ci siamo dati quando incaselliamo tutto, Dio compreso. Perché nelle
convenzioni l’uomo è tranquillo ma, allontanandosi da Dio, allontana il fratello. Mi torna
un’immagine che ben descrive quell’anti-convezionalità che avvicina a Dio. Una domenica
mattina in chiesa dal fondo noto una suora trafelata arrivare a Messa in ritardo; è una suora
anziana, ligia alla puntualità come lo era la sua generazione; timorosa, chiede timidamente
scusa del ritardo alla sua consorella responsabile e questa con un gran sorriso le dice: tutto
bene, perfetto così! Ecco le convenzioni avrebbero parlato in modo diverso ma certamente non
avrebbero detto queste parole che sono parole di Dio. Ecco cosa Gesù dirà a Marta nelle
battute successive.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia
lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
Presto l’accoglienza cordiale di Marta cambia volto e si colora di stress che, seppur giustificato
dall’importanza dell’ospite, rischia di trasformarsi in un attivismo che la “divide” in tanti
impegni e le fa perdere di vista, non solo l’importante a cui poi viene richiamata, ma anche la
buona educazione. L’iperattivismo di Marta, staccato dall’ascolto, la fa sentire sola, forse
inadeguata al peso delle attività da svolgere, ed entra nel circolo vizioso della lamentela, non
con la sorella direttamente, ma con il Maestro, tanto da arrivare a criticarlo (“non ti
importa…”).
Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di
una cosa sola c’è bisogno.
Come sempre la risposta di Gesù non è un rimprovero, ma un riportare all’essenzialità della
relazione necessaria tra ascolto e azione. L’episodio ci invita a considerare un pericolo sempre
ricorrente nella vita dei cristiani: gli affanni, l’ansia, l’iperattivismo possono isolarci dalla
comunione con Cristo e con la comunità. Il pericolo è tanto più subdolo perché spesso
riduciamo alla semplice dicotomia dell’ora et labora, mentre dimentichiamo che il discepolato è
per noi prima di tutto accogliere il Signore nella nostra vita, accoglierlo come Signore in una
straordinaria storia d’amore: la nostra vita viene unificata intorno al rapporto e all’obbedienza
a Lui.
Sono consapevole che il mio servizio diventa divino solo quando avrò per primo accolto Cristo
e la sua parola? Oppure il mio fare è un compensativo del mio non essere in una logica della
bilancia che vede i due piatti bilanciarsi per compensazione?
Gesù non condanna Marta o elogia Maria, ma per la sorella “affaccendata”, ha parole per dirle
che è pericoloso l’affanno eccessivo, carico di preoccupazione e di ansia e ristabilisce l’armonia
dell’esistenza in una dichiarazione delle priorità.
Gesù non si può incatenare alle nostre meschine misure e tanto meno rifiuta che ci
incateniamo noi. Intravedere nelle parole di Luca la diatriba fra ora et labora, tentando di
trovare una “matematica sintonia”, ci dà solo l’illusione che ci si salvi.
Con il suo richiamo a Marta Gesù sembra voler dire a lei e a ciascuno di noi che la questione
non è riconducibile al fare poco o molto, al bilanciare con una lancetta dell’orologio l’ora et
labora, bensì al “fare le cose con Dio”.
Il lavoro non è in contrasto con la preghiera, né l’azione con la contemplazione, ma in tutto ci
vuole una gerarchia di valori: ascoltare e stare, per meglio fare.
Cade cosi il problema, che spesso ha il sapore dell’autogiustificazione e dall’assoluzione, di
ciascuno di noi che giustifichiamo il nostro non “rischiare” poiché non abbiamo il tempo per
pregare.
Invece Gesù ci dice che è bello riempire di Dio la vita e le cose che facciamo sono la naturale
conseguenza di questo amore!
La preghiera ci ristora, ci aiuta a guardare le cose con Dio e a vederle come le vede lui, dai
tetti in su, perché il nostro fare ci renda prossimo e ci faccia guardare la realtà per quella che
è: Uno spazio fra due eternità.
Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta.
Che cos’è che non può essere tolto ad una persona e perché Maria l’ha scelto? Maria ha scelto
di ascoltare il messaggio di Gesù; ebbene, il frutto del messaggio di Gesù in chi lo accoglie è
un crescendo traboccante di libertà, ma non una libertà che viene data, perché la libertà che
viene data poi può essere anche tolta, ma una libertà che è frutto di una conquista interiore.
Anche a scapito – come abbiamo visto qui – del rimprovero e dell’incomprensione degli altri.
Quando la libertà è frutto di una conquista interiore nessuno la potrà più togliere. Questa è la
parte buona che Gesù elogia in Maria e che invita tutti quanti ad accogliere.
Con queste parole Gesù ristabilisce la giusta armonia dell’essere umano: l’ascolto della Parola,
il mio stare con Gesù, mi rende un uomo e una donna capace di accogliere un Amore cosi
totalizzante che mi libera da me stesso e dalle convenzioni, rendendomi cosi capace di
“rischiare” rendendomi prossimo. In tal modo l’azione diviene liberante e capace di dare la
vita.
Forse molte nostre azioni che tolgono la vita e non sono capaci di restituirla nascono da un io
non liberato.
Pensiamo cosi a Papa Francesco che sceglie, perché uomo libero, di visitare i profughi di
Lampedusa, di baciare un bambino ammalato, di stringere la folla, di fare chiarezza in una
Chiesa che domanda un ritorno alle origini e un cammino di purificazione e compie queste
azioni e molte altre in modo naturale e libero perché nascono da uno Stare con Dio. Azioni
libere e liberanti.
Con questa pagina Gesù sembra dirmi che le mie azioni racconteranno del mio stare con Lui.
Suor Anna Monia Alfieri
Presidente Federazione Istituti di Attività Educative
www.fidaelombardia.it