Ho preparato il testo di una "via crucis" cercando di collegare il più

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Ho preparato il testo di una "via crucis" cercando di collegare il più
Ho preparato il testo di una "via crucis" cercando di collegare il più possibile le immagini della
condanna a morte di Gesù con i fatti e le ferite aperte della nostra vita e della nostra società. Buona
lettura. [Tommaso Giani]
PRIMA STAZIONE. GESU’ CONDANNATO A MORTE
«Pilato disse loro di nuovo: “Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re
dei Giudei?”. Ed essi di nuovo gridarono: “Crocifiggilo!”. Pilato, volendo dare soddisfazione alla
folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse
crocifisso» (Mc 15, 12-13. 15).
“E’ tutta colpa degli immigrati, vengono qui a fare i delinquenti, o nel migliore dei casi ci rubano il
lavoro e le case popolari”.
“I clienti delle prostitute sono degli sporcaccioni. Vanno puniti, multati, sono loro che portano il
mercato del sesso sui nostri viali. Tolleranza zero!”.
“Chi ha ucciso quella povera ragazza andrebbe gettato a marcire in una cella e poi buttare via la
chiave. Ma sì, anche la pena di morte ci vorrebbe per quell’infame”.
“Ti hanno rubato in casa? Ma sì, sono loro, gli zingari che abitano laggiù. Quell’accampamento uno
di questi giorni glielo vado a bruciare!”.
Anche noi, come la folla in delirio di onnipotenza radunata attorno a Pilato, molto spesso facciamo
presto a emettere condanne sommarie. Abbiamo bisogno di capri espiatori per sfogare la nostra
insicurezza. A volte sono i pregiudizi a farci vedere la realtà con una lente distorta. Altre volte
invece, quando pure il responsabile oggettivo di un crimine è sotto gli occhi di tutti, noi cristiani ci
dimentichiamo che dietro quell’azione non condivisibile resta comunque una persona, un fratello
che ha bisogno di noi e che è pur sempre capace di amare. Signore, aiutaci a rifuggire dalle
semplificazioni “buoni o cattivi”, “bianco o nero”, “amici o nemici”. Aiutaci a usare gli strumenti
dell’educazione e della misericordia, al posto della punizione fine a se stessa che avvelena i cuori.
SECONDA STAZIONE. GESU’ VIENE CARICATO DELLA CROCE
«Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi
lo condussero fuori per crocifiggerlo» (Mc 15, 20).
Chi è caricato della croce oggi? Pensiamo per esempio agli operai vittime del caporalato, che
lavorano a giornata, usati, sfruttati; uomini che si spezzano la schiena nei cantieri edili del nord
Italia, nelle fabbriche tessili della Toscana o nei campi di pomodori del meridione, senza protezioni
e senza diritti, in cambio di pochi spiccioli se va bene. Oppure i ragazzi che lavorano nei call center,
incitati a vendere l’invendibile, anche loro sottopagati, sfruttati e buttati sulla strada dopo essere
stati spremuti per qualche mese. “D’altronde, sempre meglio quello che la disoccupazione”. “Sì.
dispiace, non sono delle belle situazioni, ma d’altra parte quel lavoro qualcuno lo dovrà pur fare”.
“E poi, dopotutto, io non posso farci niente”.
Gesù, aiutaci a non dimenticare chi ogni giorno è caricato della croce, chi indirettamente lavora per
il nostro benessere a costo della propria dignità. Aiutaci a fare il possibile e l’impossibile per offrire
almeno a una di queste persone un’alternativa che la liberi dall’oppressione. Aiutaci ad alimentare
con i nostri acquisti un’economia diversa, più a misura d’uomo, che veda nel lavoro non uno
strumento di profitto ma una strada per l’edificazione del regno di Dio.
TERZA STAZIONE. GESU’ CADE PER LA PRIMA VOLTA
«Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà
salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.» (Is 53, 5).
Le nostre sofferenze non sono inutili: questo ci insegna Gesù. Non vergogniamoci delle nostre
piaghe, delle nostre ferite fisiche ed esistenziali. Pensiamo a chi sta soffrendo per un’ingiustizia, per
una malattia, per una solitudine, per un tradimento. Le ferite fanno male, ma per guarire non vanno
soffocate; bisogna invece lasciarle respirare, cioè offrirle a chi ci sta vicino. Le ferite degli altri sono
come una calamita per i nostri cuori, che hanno bisogno di legarsi ad esse per esprimersi a pieno e
regalare amore. E anche quando le ferite si asciugano e diventano cicatrici, non bisogna
dimenticarsele, ma al contrario farne tesoro. Le ferite, anche se non si augurano a nessuno, lasciano
in eredità a chi le ha vissute un valore aggiunto di sensibilità, come antenne emotive più potenti
della norma, che possono farci accorgere in anticipo di determinate situazioni di sofferenza
dell’altro, in modo da essere a nostra volta richiamati da quella calamita del cuore che mette a frutto
il meglio della nostra umanità. E allora, Gesù, aiutaci a lasciar respirare le nostre ferite, senza
vergogna, senza paura, come hai fatto tu sul monte Calvario.
QUARTA STAZIONE. GESU’ INCONTRA LA MADRE
«Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione
di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –
affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo
cuore» (Lc 2, 34-35. 51b).
Non c’è dolore più straziante di quello di un genitore che vede morire suo figlio. La spada trafigge
il cuore. Un incidente stradale, una malattia, un suicidio, un assassinio. Le dinamiche possono
cambiare, ma una spiegazione facile non si trova mai. Le leggi della natura vanno in tilt, l’ultimo
arrivato è il primo ad andarsene; e nel vissuto del padre o della madre resta una voragine. Inutile
provare a riempire il cratere con qualcos’altro. Quel buco maledetto non potrà mai essere colmato, e
forse alla fine è anche giusto così. A quel buco maledetto è anche difficilissimo dare un senso,
eppure noi cristiani siamo chiamati a cercare la vita delle persone a cui vogliamo più bene anche
dopo la loro morte. Perché l’amore che abbiamo dato non si dissolve, non muore, ma continua ad
alimentare la vita di chi resta: può diventare il motore della loro vita, delle loro scelte, del loro
impegno, della loro umanità. Gesù, aiutaci a trasformare la memoria di una persona cara in un
carburante speciale, capace di prolungare la vita di chi è morto nella nostra vita.
QUINTA STAZIONE. GESU’ E’ AIUTATO DA SIMONE DI CIRENE A PORTARE LA
CROCE
«Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli
misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù» (Lc 23, 26).
L’indifferenza uccide il nostro cuore, ci inaridisce, ci fa girare dall’altra parte di fronte allo
sconosciuto che dura fatica a due passi da noi. Signore, aiutaci a restare umani davanti alla
sofferenza degli altri, sull’esempio di Simone di Cirene. Aiutaci a domandarci nella preghiera di
ogni giorno: cosa posso fare oggi per il mio familiare, per il mio vicino di casa, per il mio collega,
per il mio amico, per il mio concittadino? Aiutaci Signore a sporcarci le mani, a rendere operante la
nostra fede, a condividere le energie, le risorse e i beni di cui disponiamo, perché “nessuno si libera
da solo, nessuno libera un altro, ma ci si libera tutti insieme”.
SESTA STAZIONE. VERONICA ASCIUGA IL VOLTO DI GESU’
«Il mio cuore ripete il tuo invito: ‘Cercate il mio volto!’. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non
nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non
abbandonarmi, Dio della mia salvezza» (Sal 27, 8-9).
Restare umani non significa soltanto aiutare in modo materiale. Bisogna dare, sì, ma col cuore.
Veronica che asciuga il volto di Gesù comunica proprio questo sentimento autentico, che fa
diventare anche il gesto più semplice qualcosa di eterno e di rivoluzionario. Aiutaci Gesù a mettere
amore in quello che facciamo. Aiutaci a esserci. Aiutaci a sorridere, a scherzare, a consolare, a
incoraggiare. Aiutaci a donare non solo questo o quello, ma anche e soprattutto noi stessi. Perché
solo così la nostra vita non andrà persa.
SETTIMA STAZIONE. GESU’ CADE PER LA SECONDA VOLTA
«Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo. Non stare lontano
da me, perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti» (Sal 22, 8. 12)
Dedicato a chi cade e si rialza. A chi trova la forza, dopo essersi inabissato nell’egoismo o nella
disperazione, di riprendere in mano la propria vita, raccogliendo le proprie forze e rialzando la testa.
A chi prova a costruire una nuova famiglia dopo un primo fallimento. A chi dichiara guerra alle
proprie dipendenze che fino a ieri lo avevano reso schiavo di una sostanza o di un passatempo. A
chi sta pagando il proprio conto con la giustizia o a chi è appena uscito dal carcere. A chi esce dalla
tratta della prostituzione, a chi si licenzia da un lavoro anche ben retribuito ma privo di dignità. A
chi dopo uno sfratto occupa una casa abbandonata perché non vuole rassegnarsi a vivere sulla strada
nell’abbrutimento. A chi trova la forza di denunciare il proprio estorsore dopo aver pagato ed
essersi sottomesso per anni e anni. Aiutaci Signore a non lasciare sole queste persone, aiutaci ad
essere per loro come una stampella, per aiutarle dopo la caduta a muovere i primi passi verso la
libertà.
OTTAVA STAZIONE: GESU’ INCONTRA LE DONNE CHE PIANGONO SU DI LUI
«Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano
lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su
di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”» (Lc23, 27-28).
Un pensiero per tutte le donne che piangono, vittime del maschilismo barbaro di chi le considera
come un oggetto di cui disporre a proprio piacimento. Per le donne maltrattate tra le mura
domestiche, per quelle discriminate sul lavoro, per quelle usate e mercificate sull’altare del
consumismo, per quelle represse nel la loro aspirazione sacrosanta a esprimere (con l’abbigliamento
o con l’atteggiamento) la propria femminilità; per quelle chiuse a chiave, lasciate sole nei momenti
più difficili; per quelle giudicate con saccenteria dopo un’interruzione volontaria di gravidanza di
cui solo loro conoscono appieno il dolore. Aiutaci Signore ad asciugare le loro lacrime come ha
fatto Gesù. Aiutaci a rimettere le donne al centro della società e al centro della Chiesa, in modo che
la loro grazia e la loro capacità di piangere e di emozionarsi possa fruttificare appieno, come un
balsamo prezioso al servizio della costruzione del Regno di Dio.
NONA STAZIONE: GESU’ CADE PER LA TERZA VOLTA
«L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti
sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per
colui che è morto e risorto per loro» (2 Cor 5, 14-15).
Per tutti gli “amici fragili”, per tutti quelli che non potranno mai vincere, che non hanno la capacità,
che non trovano la forza, che inanellano cadute su cadute. Per gli alunni che non rendono, per i
lavoratori inefficienti, per le favole senza lieto fine, per tutti quelli che ci provano ma poco dopo ci
ricascano. Per i ragazzi che passano da una comunità all’altra, che hanno bisogno costante di
assistenza altrimenti rischiano di prendere fuoco come fiammiferi, con sulle spalle una croce troppo
pesante per arrivare all’autonomia. Per gli anziani non autosufficienti. Per gli uomini e le donne che
accumulano fallimenti, travolti da crisi economiche o relazionali, e che vengono sfiorati dall’idea
del suicidio. Signore aiutaci ad accompagnare queste persone deboli, tue predilette, accettandone i
limiti senza pretendere di redimerle a tutti i costi. Aiutaci ad apprezzare anche le cose
apparentemente da poco, anche i piccoli momenti di serenità vissuti insieme a loro, perché ogni
singolo passo camminato insieme agli ultimi possa farci assaporare il gusto del paradiso qui sulla
terra.
DECIMA STAZIONE: GESU’ E’ SPOGLIATO DELLE VESTI
«Si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte» (Sal 22, 19).
L’immagine del vestito strappato con la forza rimanda alla sofferenza di chi si sente privato della
propria identità, non accettato in quanto persona, in quanto diverso dalla maggioranza. Pensiamo
agli stranieri vittime di episodi di razzismo. Pensiamo a chi è discriminato a causa della propria
religione o del proprio credo (specialmente quando diverso dal prevalente). Pensiamo ai fratelli
omosessuali e transessuali, che a causa del loro modo di vivere l’affettività e la sessualità vengono
messi all’indice dalla nostra società: considerati a prescindere non degni di promettersi un amore
che non finisce, o di mettersi alla prova nel ruolo di educatori. Aiutaci Signore perché da parte
nostra non venga mai meno il rispetto per le diversità, frutto della tua meravigliosa opera creatrice.
Dacci la forza di confrontarci, di aprirci al nuovo, di vincere le nostre paure, di scavalcare gli
steccati mentali, di imparare ad accettare ed apprezzare i vestiti diversi dal nostro, restando
intransigenti solo nell’amore.
UNDICESIMA STAZIONE: GESU’ E’ INCHIODATO SULLA CROCE
«Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre
sulla croce; vi era scritto: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”» (Gv 19, 16a. 19).
Pensiamo a tutte le persone assassinate, a tutte le vite strappate a causa dell’arbitrio di qualcun altro.
Alle vittime del boia di stato, nei paesi in cui la pena di morte è ancora in vigore. Alle persone
uccise dallo stato anche qui in Italia, morte dopo essere state arrestate e detenute in circostanze e
modalità scandalose. Alle persone vittime della criminalità organizzata, “colpevoli” di non aver
chinato la testa di fronte alla prepotenza e alla ingiustizia fatte sistema. Alle persone uccise
dall’inquinamento doloso compiuto da imprenditori senza scrupoli, da Taranto a Casale Monferrato
passando per Vado Ligure e Caivano. Alle persone disarmate uccise in luoghi di guerra nel tentativo
di portare soccorso e fraternità in mezzo alla devastazione. A tutti i martiri (cristiani e non cristiani)
che più o meno consapevolmente hanno pagato con la vita la loro fedeltà alla civiltà dell’Amore
inaugurata da Gesù di Nazaret. Aiutaci Signore a non restare indifferenti di fronte alla bestialità di
queste esecuzioni, aiutaci a prendere posizione, perché la sofferenza delle vittime diventi la nostra
bussola sulla strada del Regno di pace e di giustizia a cui ci sforziamo di credere.
DODICESIMA STAZIONE: GESU’ MUORE SULLA CROCE
«Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo,
spirò» (Lc 23, 46).
Il momento della morte di Gesù viene messo in collegamento non a caso con il dono dello Spirito
Santo. Il soffio con cui Gesù emette lo Spirito racconta già l’inizio della sua resurrezione. E’
l’immagine di un uomo che ha dato tutto se stesso, tutto il suo amore, spezzandosi per gli altri come
un pezzo di pane. Il soffio dell’amore regalato esce dal corpo e mette subito le ali. Non conosce la
parola fine. Al contrario, si rimette continuamente in circolo, si spande a macchia d’olio, moltiplica
e riempie la vita di chi con quel soffio entrerà in sintonia. Signore, aiuta anche noi, come Gesù, a
credere nell’amore, a non essere avari, a dare tutto, a spenderci per gli altri, rendendoci conto che
solo nella condivisione la nostra vita può volare oltre la provvisorietà.
TREDICESIMA STAZIONE: GESU’ E’ DEPOSTO DALLA CROCE E CONSEGNATO ALLA
MADRE
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna,
ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!” (Gv 19, 26-27a).
La vita di chi muore prosegue nella rete di legami, di rapporti, di affetti e di amicizie intessute negli
anni passati. Persone che grazie a quell’amico che ora fisicamente non c’è più si sono conosciute, si
sono intrecciate e sono diventate compagne di strada. La dimostrazione di questa vita che continua
nei legami affettivi di chi resta si ha al momento del funerale, quando intorno alla bara si stringono
e si abbracciano le persone che volevano bene a chi se ne è appena andato. Il bisogno di andare a
quel funerale per scambiarsi quell’abbraccio e quel trasporto, come fanno Maria e Giovanni ai piedi
della croce, è sintomo di una corresponsabilità, di un sentirsi parte della stessa storia e della stessa
eredità. Aiutaci Signore a non disperdere quei legami e quella linfa vitale di rapporti che in qualche
modo prolungano la vita dei nostri cari.
QUATTORDICESIMA STAZIONE: GESU’ E’ DEPOSTO NEL SEPOLCRO
«Vi andò anche Nicodemo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa
trenta chili di una mistura di mirra e di aloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con
teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. (Gv 19, 39-40).
Nicodemo si prende cura della sepoltura di Gesù sfidando le maldicenze. Prendersi cura di chi è
morto significa fare tesoro degli insegnamenti offerti e dell’amore regalato, perché la vita della
persona defunta possa diventare un punto di riferimento anche per chi non ha avuto modo di
conoscerla fisicamente. Pensiamo non solo alle manifestazioni di commemorazione dei grandi della
storia al servizio dell’amore, della pace e della giustizia fra i popoli. Pensiamo anche all’intimità del
nonno quando racconta al nipote di quella volta che il gesto di altruismo di chissà chi gli cambiò la
vita. Aiutaci Signore a non perdere la memoria, cioè a non perdere la voglia di raccontare ai più
giovani gli incontri più significativi della nostra esistenza. Aiutaci a riportare a galla facce, storie,
nomi; aiutaci a far riaffiorare dall’archivio dei ricordi ogni goccia di amore ricevuto. Solo così il
nostro corteo verso il regno promesso diventerà una staffetta anziché una corsa da ricominciare ogni
volta beffardamente dal punto di partenza.