Basilica di Santa Sofia a Istanbul,Pirro in Italia,Il Lago di Como e il
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Riccione e la Notte Rosa Riccione è uno degli ultimi lidi della costa riminese prima di entrare in territorio marchigiano ed uno dei più frequentati della costa emiliano-romagnola. La Notte Rosa, la manifestazione che accoglie scoppiettante, in tutta la riviera emiliano-romagnola e non solo, l’arrivo dell’estate, è un’ottima occasione per conoscere questa vivace, elegante ed accogliente località balneare romagnola. Notte Rosa, d’artificio fuochi Notte fuochi Rosa, d’artificio La Notte Rosa si svolge nel primo week-end di luglio di ogni anno per dare il benvenuto all’estate con musica e spettacoli, in tutti i lidi della costa emiliano-romagnola, da quelli ferraresi di Comacchio a quelli riminesi di Rimini, Riccione, Misano e Cattolica. Riccione è una delle località principali di questo evento in auge dall’estate del 2007; spettacoli ed animazioni ovunque per le vie del suo lungomare e delle sue piazze con la gente che veste di rosa per l’occasione; la Notte Rosa è certo un’invenzione commerciale, ma è anche l’occasione per vedere spettacoli musicali gratuiti, come quello dei Nomadi a Misano Adriatico e di Carmen Consoli a Rimini, nell’edizione 2016. Riccione ha un bel lungomare che si sviluppa completamente pedonalizzato ed attrezzato con moderne panchine e fontane, ben ombreggiato, dopo il porto canale, in direzione della piazza Ceccarini, proseguendo oltre questa piazza centrale, famosa per essere la degna conclusione del suo elegante e omonimo viale. Con la calura estiva anche la vita in spiaggia può non bastare per trovare un po’ di frescura, anche considerando il numero di ombrelloni che, a distanza troppo ravvicinata, puntellano la spiaggia, riparando dal sole, ma anche dal venticello marino che, invece, vorremmo sentire in pieno. Allora, c’è un’alternativa, una alternativa: le gite in barca. bellissima In navigazione tra Riccione e Pesaro e piacevole Parco Naturale del Monte San Bartolo Le gite in barca da Riccione verso Pesaro non sono le solite gite in barca che vengono organizzate nelle località balneari per dare un diversivo alla “noiosa” vita da spiaggia. La costa tra Riccione e Pesaro, da pianeggiante e punteggiata di alberghi, diventa improvvisamente montuosa da Gabicce, dove inizia il Parco Naturale del Monte S. Bartolo, con la montagna che si sostituisce alla spiaggia, tra promontori e pareti a picco sul mare, fino a raggiungere Pesaro, dove la costa ritorna pianeggiante, fino al Monte Conero. Una bella visione d’insieme di come una costa completamente pianeggiante, da Trieste e Gabicce, cambia improvvisamente e meravigliosamente aspetto, diventando montuosa. Vallugola, porticciolo alla Baia degli Angeli Dal porto-canale di Riccione, il mercoledì ed il sabato mattina alle ore 10,15, la motonave Lady Cristina parte per un’escursione alla Baia degli Angeli (Vallugola), insenatura naturale sotto il Promontorio di Gabicce, con sosta per fare il bagno nelle acque marchigiane. I biglietti si fanno prima di salire a bordo, nell’apposito posto segnalato. Ritorno: ore 12 – 12,30 circa. Parco Naturale del Monte San Bartolo Pesaro Dal porto-canale di Riccione, il sabato pomeriggio alle ore 15,30, la motonave Lady Cristina parte per una crociera panoramica lungo la costa fino a Pesaro; non c’è sosta, ma a bordo, durante il viaggio calamari e pesce azzurro con biglietti si fanno prima di posto segnalato. Ritorno: ore davvero imperdibile! di ritorno, verranno serviti patatine, pane, acqua e vino. I salire a bordo, nell’apposito 18 circa. Questa gita in barca è A Riccione, inoltre, si trova il parco acquatico Oltremare e, nella vicina Cattolica, l’Acquario di Cattolica. Buona vacanza sulla costa dell’Emilia Romagna! Cinzia Malaguti Sito web della Notte Rosa Origini della violenza Un ambiente sfavorevole è in grado di intervenire negativamente anche sullo sviluppo del cervello di un bambino, predisponendolo a commettere, da adulto, crimini violenti. E’ questa la tesi sostenuta da Adrian Raine, criminologo e psichiatra, nel suo saggio L’anatomia della violenza. Una tesi avvalorata da molte ricerche che, forse, permetterà di unificare le prospettive biologiche con quelle sociali nella prevenzione dei crimini. Tra le diverse ricerche pubblicate, quella più interessante è stata effettuata su bambini di tre anni di età. Il gruppo di Raine ha provato a modificare per 24 mesi l’ambiente in cui sono cresciuti bambini fino a tre anni, dando loro cibo migliore, facendo svolgere più esercizio fisico e fornendo maggiori stimoli cognitivi. Hanno poi messo a confronto il grado di sviluppo raggiunto da questo gruppo con quello raggiunto da un gruppo di controllo che era rimasto in un ambiente deprivato. Il risultato è stato che i bambini che hanno vissuto in un ambiente complessivamente arricchito hanno manifestato, otto anni dopo, un miglior funzionamento cerebrale e un grado più alto di attenzione. All’età di 23 anni anni, vent’anni dopo, il gruppo “privilegiato” registrava nel complesso il 34 per cento in meno di crimini commessi. E’ la solita domanda: violenti si nasce o si diventa? Adrian Raine ed il suo gruppo ritengono che siano vere entrambe le opzioni, ossia ci può essere una predisposizione, ma come tale, può essere annullata od esacerbata dall’ambiente in cui avviene lo sviluppo. D’altro canto, la crescita in un ambiente deprivato non necessariamente sviluppa una mente criminale. Il problema sorge quando si verifica un mix tossico tra fattori biologici e sociali, che determinano un cattivo funzionamento delle regioni frontali del cervello, aumentando così le probabilità di diventare violento. Il nocciolo della questione è politico: integrare e riqualificare la periferia, ridurre la povertà, migliorare ed estendere l’istruzione anche attraverso i nuovi media, cioè intervenire sulle situazioni di degrado e di deprivazione, non abbandonare la periferia a sé stessa. Non dimentichiamoci che i terroristi di Parigi e di Bruxelles vengono proprio dalle periferie francesi e belga, ma questi sono solo due casi. Cinzia Malaguti Bibliografia: A. Raine, L’anatomia della violenza, Milano, Mondadori, 2016 Mente & Cervello, nr. 139 Per un’Europa sociale La maggioranza dei cittadini della Gran Bretagna ha votato per uscire (Brexit) dalla Comunità Europea, un voto disomogeneo per età e per area geografica, ma che rischia l’effetto domino a causa dell’incapacità delle politiche comunitarie attuali di migliorare la vita dei suoi cittadini, anzi negli ultimi anni è peggiorata, allargandosi la forbice delle disuguaglianze. I più preoccupati dell‘effetto domino, ossia di eventuali referendum in altri paesi dell’Unione, sono stati i mercati che, più che per l’uscita della Gran Bretagna, temono l’incertezza e l’eventuale mancanza di solidità del blocco europeo. D’altra parte, la Gran Bretagna stava nell’Unione Europea a modo suo, un po’ ai margini e non aveva adottato la moneta europea. Quindi ciò che interessa l’economia dei mercati è la tenuta della Comunità Europea, con o senza Gran Bretagna. I minori introiti che deriveranno dall’uscita della Gran Bretagna si potrebbero recuperare con uno snellimento della costosa macchina comunitaria. Parlamento Europeo L’effetto domino è un rischio reale e continuerà ad esserlo se l’Unione Europea non adotterà politiche sociali che facciano sentire l’utilità della sua presenza nella vita della maggioranza della sua popolazione. Oggi questa utilità non è minimamente percepita, anzi l’UE appare una struttura amministrativa mastodontica che impiega migliaia di burocrati, impegnati a stabilire procedure e dettagli di poco interesse per la gente comune che soffre l’immigrazione e l’insicurezza. la disoccupazione, Merkel (Germania) e Cameron (Gran Bretagna) L’Unione Europea è un baraccone molto costoso e poco incisivo, dove le politiche di tutela di interessi finanziari sono finora prevalsi sulle politiche sociali. La popolazione europea è diventata in maggioranza più povera, mentre i pochi ricchi sono diventati sempre più ricchi. Un’Europa così non serve ed apre la strada a populismi ed estremismi vari, l’esatto contrario di ciò per cui è nata. L’esito del referendum in Gran Bretagna diventa allora un’opportunità per l’Unione Europea di rettificare il tiro delle politiche europee in senso sociale. Occorre cambiare rotta rispetto a quanto accaduto finora e che ha visto far pagare la crisi economica ai settori popolari con il blocco delle pensioni e l’eliminazione dell’articolo di tutela dei lavoratori, tanto per citare due esempi. Se la Comunità Europea non cambierà rotta si allontanerà sempre di più dalla società reale, andando così incontro all’implosione. Occorre agire subito per recuperare quel senso di appartenenza che l’europeo medio maturerà solo se stare nella Comunità Europea sarà un valore aggiunto e migliorerà la sua vita. Cinzia Malaguti Leggi anche Unione Europea, cosa sapere Il Museo Internazionale della Ceramica di Faenza A Faenza (Ra) si trova un nutrito e ricco museo dell’arte ceramica del Mondo. E’ un’esposizione unica e di livello internazionale, distribuita su due piani, dove trovano spazio oggetti in ceramica di vario genere, dai vasi ai piatti alle sculture, provenienti da tutto il mondo e relativi a periodi storici che vanno dai primi antichi manufatti alle sculture dell’era moderna. Museo della Ceramica di Faenza, piatto arte ceramica italiana, Urbino, 1530 ca. Museo della Ceramica di Faenza, giapponese arte Museo della Ceramica di Faenza, arte ceramica europea Il Museo Internazionale della Ceramica di Faenza è davvero un luogo unico per scoprire la bellezza artistica applicata ad un materiale, la ceramica, molto duttile allo stato naturale, ma rigido dopo la fase di cottura. L’esposizione raccoglie tanti oggetti variamente e riccamente decorati, tra i quali vorrei segnalare quelli esposti nell’area cinese e giapponese, dove spiccano vasi e piatti giganteschi decorati in maniera superlativa, e quelli dell’area moderna, dove sculture originali e creative utilizzano la ceramica insieme ad altri materiali. Museo della Ceramica di Faenza, arte ceramica islamica Museo della Ceramica di Faenza, arte ceramica europea Museo della Ceramica di Faenza, arte ceramica europea Il percorso espositivo inizia con la sala dedicata all’Estremo Oriente (Cina e Giappone) con circa 400 manufatti, per proseguire con la sezione precolombiana, relativa alle antiche e native culture americane. La mostra prosegue con le ceramiche classiche della Grecia antica e con quelle del Vicino Oriente, antica area mesopotamica, senza far mancare una specifica sezione dedicata all’arte ceramica islamica. Museo della Ceramica di Faenza, piatto con ritratto femminile, maiolica faentina Museo della Ceramica di Faenza, piatto con stemma dei Medici (1525-1530 ca.) Museo della Ceramica di Faenza, arte ceramica europea Il primo piano del percorso espositivo è, invece, dedicato all’arte ceramica in Europa, dal XVI al XX secolo; una sezione dedicata alla produzione italiana evidenzia le differenze decorative ed artistiche regionali, di gusto e di stile. Museo della Ceramica di Faenza, opera moderna arte ceramica Museo della Ceramica di Faenza, Atteone (1939-1940 ca.) di A. Biancini Museo della Ceramica di Faenza, opera moderna arte ceramica L’esposizione prosegue nel nuovo edificio, ampliamento del primo, per mostrare le ceramiche moderne e contemporanee; io ho trovato questa sezione molto interessante e di una bellezza inaspettata, con opere come La vergine della guerra (1969) dell’artista faentino Domenico Matteucci, realizzata con maiolica, vetro e ferro e Le tre grazie (1991) di Enrico Baj e Andrea Baj realizzata in maiolica; queste opere sono, comunque, solo due esempi delle tante creazioni sorprendenti presenti. Nella sezione al termine del percorso ci sono pure ceramiche decorate da Pablo Picasso. Museo della Ceramica di Faenza, La vergine della guerra (1969) di D. Matteucci Museo della Ceramica di Faenza, Le donne i cavalieri l’arme e l’amore di E. e A. Baj Museo della Ceramica di Faenza, Le tre grazie (1991) di E. e A. Baj Il Museo Internazionale della Ceramica di Faenza è stato riconosciuto come “Monumento testimone di una cultura di pace“, dall’Unesco. Il Museo Internazionale della Ceramica di Faenza ospita ogni anno uno dei concorsi d’arte ceramica più noti e radicati a livello mondiale: il Premio Faenza. Per la ricchezza e completezza dei materiali artistici esposti, consiglio vivamente la visita al Museo Internazionale della Ceramica (MIC) di Faenza. Il MIC Museo Internazionale della Ceramica si trova in viale Baccarini nr. 19 a Faenza; orario estivo (1 aprile – 31 ottobre), dal martedì alla domenica e festivi, dalle 10,00 alle 19,00 – orario invernale (1 novembre – 31 marzo), dal martedì al venerdì, dalle 10,00 alle 13,30, mentre sabato, domenica e festivi, dalle 10,00 alle 17,30. Buona visita! Cinzia Malaguti Petra, la città scavata nella roccia Alcuni anni fa ho visitato Petra, in Giordania, una delle sette meraviglie del mondo moderno, costruita nel cuore del deserto e scolpita nell’arenaria rosa, sorprendente e unica, antica città degli arabi nabatei, ma che presenta anche tracce romane, greche e bizantine. Petra vale da sola il viaggio per l’esperienza indimenticabile che vivrete. Petra è Patrimonio dell’Umanità Unesco. I Nabatei erano un popolo nomade di commercianti proveniente dalla Mesopotamia; si pensa sia stato il re nabateo Aretas I, nel 169 a.C., a scegliere Petra come capitale del suo regno: un luogo molto ben protetto dalla natura, un’oasi nella depressione rocciosa del Wadi Musa, accessibile solamente attraverso la stretta gola, profonda più di cento metri e lunga mille, del Siq. Petra, mappa Petra è un luogo magico e lo si capisce già percorrendo il Siq, così stretto, profondo e lungo.; il Siq sbocca in una spianata luminosa, dove le rocce furono sapientemente scavate, incise e scolpite per ricavarne luoghi di culto, funerari e case. Nel 106, alla morte del re Rabbele II, Petra e il regno nabateo furono annessi all’Impero Romano; Petra fu occupata dai Romani, divenendo una delle città più importanti della provincia dell’Arabia Petrea. Alcune testimonianze dell’antica presenza dei Romani a Petra: i resti dell’anfiteatro e il tracciato della strada lastricata romana nel Siq, riportato alla luce di recente. Petra, teatro romano Petra è un sito archeologico e quello che vediamo oggi è ciò che è rimasto dai frequenti terremoti, dall’abbandono e dall’usura del tempo. Le costruzioni edificate al livello del suolo, le residenze private e la maggior parte dei templi, non resistettero ai frequenti terremoti che colpirono la città, come quelli degli anni 363, 419 e 551 d.C.. L’altro motivo dell’abbandono della città fu legato al declino della sua importanza commerciale; Petra conobbe un periodo di grande sviluppo perché era collocata sulla via commerciale di collegamento tra l’Arabia ed il Mediterraneo, ma quando la rotta delle carovane che attraversavano la penisola del Sinai cambiò, venne meno anche l’importanza della città. Terremoti e declino commerciale furono, dunque, i principali motivi dell’oblio di questa stupefacente città antica. Petra, nel periodo nabateo, fu una città accogliente ed abitata da persone di ogni provenienza: arabi, greci, ebrei, romani, siriani. La Petra nabatea integrò i culti religiosi di ognuno di loro in un sincretismo sorprendente; nei templi di Petra, ogni viaggiatore poteva trovare traccia dei propri dei ed erano frequenti i rituali in onore delle divinità. La religione nabatea dava molta importanza al sole e al suo legame con gli astri; un recente studio ha fatto emergere che gli edifici religiosi e funerari erano costruiti in modo tale da indicare equinozi e solstizi, quindi misurare il tempo, attraverso spazi, aperture ed altari posti in maniera funzionale al passaggio della luce ed al suo posizionamento nel tempo. Petra, El Khasneh, la facciata Il monumento di più alto valore storico, architettonico ed artistico, oltre che scenico, che ancora oggi possiamo ammirare, ve lo troverete davanti dopo aver percorso il Siq, è l’El Khasneh, il cosiddetto “Tesoro del faraone“, interamente scavato nella roccia. El Khasneh venne costruito nel I secolo d.C. per ospitare la tomba del sovrano nabateo che lo commissionò. La caratteristica facciata, incastonata nella parete rocciosa da cui spicca con suggestiva armonia, è larga circa 28 metri e alta quasi 40; interessanti sono le colonne, le cornici e i frontoni che mostrano un’impressionante interazione tra lo stile tradizionale arabo e l’architettura ellenistica. Passeggiando lungo la strada colonnata ed allargando la vista, troverete altre tombe reali, pure scavate nella roccia, ma tutta l’area archeologica testimonia della lunga storia della città, dal periodo nabateo a quello romano e bizantino. Le tombe reali, profusamente decorate, e dai nomi altisonanti, come El Khasneh (Tesoro del Faraone), suggeriscono che i Nabatei credessero in una vita dopo la morte. Gli interni di alcune tombe mostrano bellissime venature dell’arenaria rosa. Da non perdere la visita alla Tomba del Palazzo, alla Tomba Corinzia, alla Tomba dell’Urna e al Monastero. La facciata della Tomba del Palazzo, su tre piani, è una delle più grandi di Petra. Petra, tombe reali scavate nella roccia Petra è stata teatro di numerosi film, grazie alla particolarità del suo incredibile paesaggio, tra i quali uno famoso di Indiana Jones. La visita di Petra basterebbe da sé a giustificare un viaggio in Giordania, ma altre attrazioni paesaggistiche e storiche vi attendono; nell’articolo Giordania: vacanze in fantasia ti propongo quello che è stato il mio piacevole ed interessante itinerario. La Giordania è un paese abbastanza tranquillo, ma si trova in un’area inquieta, quindi prima di partire consultate sempre il sito della Farnesina, Viaggiare Sicuri. Per quanto riguarda il clima, io ci sono stata in agosto e non ho sofferto il caldo; la temperatura è alta, ma c’è pochissima umidità, pertanto non dà fastidio. Cinzia Malaguti Bibliografia: Storica NG nr. 79 M. Rostovtzeff, Città carovaniere, Milano, Pgreco, 2001 National Geographic, Patrimonio dell’Umanità, Milano, RBA, 2016 Gli arabi in Sicilia Se avete visitato la Cattedrale di Monreale, vicino a Palermo, sarete rimasti ammagliati dalla perfetta fusione di stili, da quello islamico a quello normanno passando per quello bizantino e persino barocco. La Cattedrale di Monreale è un testimone meraviglioso del crogiolo di culture che in Sicilia si sono succedute, sovrapposte e reciprocamente influenzate. Gli arabi, di cui vi voglio raccontare, governarono la Sicilia dal IX all’XI secolo. Cattedrale Monreale di Le truppe saracene di Asad inn al-Furat sbarcarono in Sicilia nell’anno 827, nei pressi di Mazara del Vallo; partì così la conquista araba della Sicilia. I greci tentarono di fermare l’avanzata degli arabi in Sicilia ma, pur con un numero superiore di uomini e mezzi, dovettero battere in ritirata. Nell’anno 831 gli arabi conquistarono Palermo e ne fecero la sede del loro governo e nuovo centro culturale, dotandola di tutte le strutture e i servizi necessari al suo nuovo ruolo di capitale. Agli arabi piacque molto Palermo, la posizione, il clima, il cibo, chissà, ma rimane il fatto che fecero grandi lavori per una nuova veste urbana e per il potenziamento della rete idrica, crearono una rete di canali sotterranei (qanat) che correvano lungo tutto il tessuto urbano e introdussero nuove tecniche e colture agricole, oltre a costruire circa trecento moschee. L’araba rete idrica articolata nel sottosuolo è, in parte, ancora oggi visitabile. Assedio di Messina Naturalmente, gli arabi non si accontentarono di Palermo e, puntando verso la penisola, si spinsero verso est, alla conquista di Messina che fecero propria nell’anno 842. Seguendo il profilo dell’isola, tre anni dopo arrivarono a Modica che cadde in mano araba nell’845. A Ragusa trovarono molta resistenza che venne piegata solo nell’849. Gli arabi riuscirono a penetrare anche all’interno dell’isola, fino a raggiungere Enna. Sulla costa orientale della Sicilia si trovavano due roccaforti bizantine: Siracusa e Taorimina. Siracusa cadde nelle mani degli arabi nell’878, dopo nove mesi di assedio e di coraggiosa resistenza, mentre Taormina, in posizione favorevole per essere ben difesa, fu l’ultima a piegarsi all’espansione dei saraceni, nel 902. Gli arabi non vollero accontentarsi della Sicilia, il loro secondo obiettivo era l’espansione nella penisola italiana e a Roma in particolare. Fu così che, mentre una flotta araba procedeva all’espansione in Sicilia, un’altra tentava di entrare a Roma; era l’anno della conquista di Ragusa (849) quando i saraceni, diretti a Roma, si scontrarono con la flotta campana nella battaglia di Ostia, senza successo. Altre città del meridione italiano vennero, invece, conquistate dagli arabi, come Bari, Taranto, Brindisi, Reggio Calabria, Cosenza. Chiesa Normanna di San Cataldo a Palermo, riadattamento di una moschea Durante il governo arabo, la Sicilia si trasformò e l’arabo divenne la lingua delle istituzioni, sorsero moschee, scuole coraniche, bagni pubblici (hammam), ma i Normanni stavano arrivando. Il dominio arabo in Sicilia terminò nel 1072, quando i Normanni conquistarono Palermo, espugnando la sede di governo degli arabi in Sicilia. Cinzia Malaguti Bibliografia: F. Gabrieli, U. Scerrato, Gli arabi in Italia. Cultura, contatti e tradizioni, Milano, Garzanti-Scheiwiller, 1993 U. Rizzitano, Storia e cultura nella Sicilia saracena, Palermo, Flaccovio, 1975 Storica NG nr. 77