Donna sarda, vince l`innovazione

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Donna sarda, vince l`innovazione
(ANSA) - CAGLIARI, 8 MAR - Daniela Ducato, imprenditrice della green economy, e' la Donna sarda dell'anno.
Daniela Ducato è record europeo, è tra le 30 imprenditrici più green del pianeta.
Succede nel premio alla scrittrice Michela Murgia
E’ l’imprenditrice più premiata d’Europa. Pluripremiata per le sue innovazioni green - tra queste l'utilizzo di
latte miele scarti agricoli e la lana di pecora in bioedilizia, agricoltura nautica e design -, e' stata insignita del
riconoscimento dal sindaco di Cagliari Massimo Zedda. ''Mi sento capitana di una squadra meravigliosa'', ha
detto Daniela che succede nel premio alla scrittrice Michela Murgia. Donne di eccellenza in Sardegna e
d’Italia. ''La societa' che guarda solo al maschile e' una societa' povera - ha sottolineato il sindaco di Cagliari e' uno spreco di talenti e competenze''. (ANSA).
GIORNALE di SARDEGNA 9-3-2012
L’unione sarda 6/3/2012
Donna sarda, vince l’innovazione
Da Michela Murgia premio donna sarda 2011
a Daniela Ducato premio donna sarda 2012
Giovedì mattina a Palazzo Civico la cerimonia di consegna del premio istituito dal Club Lioness
Daniela Ducato, l’economia come scambio di saperi, non solo di merci
Curioso che una donna che ha il nome di una moneta sia riuscita a dimostrare che la vita non è fatta soltanto di scambi di
danaro ma anche di scambi di emozioni, non soltanto di merci ma anche di saperi. Ed è proprio il sapere che va da una donna
all’altra, e si nutre di riconoscimenti, ad avere indicato Daniela Ducato come donna sarda dell’anno per il 2012. Il premio,
istituito dal club Lioness (quest’anno è presidente Piera Carta Sannia), le verrà consegnato giovedì alle 11 durante una
cerimonia che si terrà a Palazzo Civico. Il testimone passerà idealmente dalle mani di Michela Murgia, ultima premiata di
Emilio Floris, a quelle della prima premiata di Massimo Zedda. Tra il pubblico le socie del club che con la sua indimenticata
presidente Bianca Boy Pellegrini istituì il premio, e molte delle ventisei “donne dell’anno”: scrittrici, artiste, artigiane,
ricercatrici, medici, donne impegnate nel sociale, storiche dell’arte, editrici, musiciste, giornaliste, imprenditrici.
Daniela Ducato appartiene a quest’ultima categoria, ma è molto altro: una solida sognatrice, una donna piena di entusiasmo
che è riuscita a interpretare la realtà usando strumenti innovativi. Nella metà degli anni Novanta ha fondato a Guspini la
banca del tempo, basata sullo scambio di saperi e di servizi, e ha coinvolto bambini e adulti in un progetto che attraverso il
tempo condiviso ha portato a moltiplicare la ricchezza (e l’umanità) di ciascuno. Così, senza denaro, hanno visto la luce
cinquecento progetti, duemila officine di scambio di saperi, centocinquanta feste di vicinato. Così, con molto amore, ventidue
aree degradate sono state trasformate in “giardini dei sentimenti”. E’ tra gli ideatori di Edilana, un’azienda che con la
lavorazione della lana di scarto delle pecore sarde realizza prodotti per l’edilizia, l’agricoltura e il design. Per questa attività ha
vinto prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Ed ecco quest’ultimo premio, che segna un periodo
particolarmente ricco per questa donna che all’economia del danaro affianca quella del non danaro, alle leggi del mercato
l’arte della relazione, e si impegna per restituire il cuore alle innovazioni, l’anima ai luoghi, il senso agli oggetti, la memoria
alle città.
Maria Paola Masala
leggi articolo http://www.ufficiostampacagliari.it/news.php?pagina=6215
Si scrive bio,
si legge spreco»
da l'Unione Sarda
17 Marzo '12, sabato
GUSPINI «Finché c'è scienza c'è speranza. Per innovare abbiamo bisogno dello scambio continuo di saperi». Daniela
Ducato è la pietra angolare del progetto casa verde CO2 che abbraccia quaranta aziende e duemila persone,
dalla fattoria didattica al produttore di mattoni crudi venati di lana. «Costruiamo oggetti con le eccedenze», una
morbidezza lessicale che nobilita gli scarti «di cui la Sardegna è ricchissima».
Negli anni Novanta ha inventato la Banca del tempo, una specie di baratto tra saperi e servizi, e via via trasformato
aree degradate in lussureggianti Giardini dei sentimenti. Ha ideato - il percorso lastricato di successi delle aziende
familiari di bioedilizia. Nelle case a corte comunali affacciate su limoni di Sorrento ha inventato un museo del design che
spazia dai tavoli di terra cruda ai tubi fonoassorbenti da salotto, sino ai giardini verticali che vestono le poltrone: «Il concetto
di transumanza è fondamentale, ogni oggetto deve avere più di un utilizzo, come lo avevano quelli che i pastori portavano con
sé». Quanti sono i pirati in questo settore? «Oggi le parole green, eco, bio, sono sinonimo di sintonia con l'ambiente,
passepartout per i soldi pubblici. Creano appetiti, più d'uno è interessato».
Ci si può arricchire facendo l'imprenditore e
rispettando le leggi?«Se per leggi intendiamo quelle che
ti danno fondi a patto che nel tuo progetto ci sia scritto bio,
allora sì e penso che vadano modificate. La logica è questa:
realizzo tal prodotto, mi finanziano e pace se l'idea è senza
costrutto, se dopano un'azienda solo per schiacciarne altre
che funzionano. Come quel progetto folle annaffiato di
miliardi tanti anni fa a Bitti, un impianto industriale che
avrebbe dovuto lavorare la lana del Camerun nella regione
che ha uno dei patrimoni ovini più vasti d'Italia. Roba da
pazzi». Pessimista senza riserve?«Dal 2007 abbiamo
buttato in Sardegna dodici milioni pubblici. Denaro che in
questo settore ha creato consulenze a pioggia e nessun
risultato tangibile. Non è solo spreco di quattrini, ma - ed è più grave - di talento».
Mai pensato a delocalizzare?«Direi schiavizzare, comunque ogni giorno ricevo proposte che non prendo in
considerazione».
Lei è la donna sarda del 2012. Crede nei premi?«Sono importanti. Mi hanno gratificata quelli ricevuti dal Politecnico
di Milano, Legambiente, Ministero giapponese. L'importante è che abbiano basi scientifiche. Alcuni non li cito mai, perché
non servono a niente».
Donna sarda 2012?«Mi ha permesso di capire che viene riconosciuto il pensiero delle donne in un campo tipicamente
maschile come quello dell'edilizia».
Quanti sono i veri imprenditori sardi?«Nell'immaginario l'imprenditore è un prenditore. In realtà ci sono quelli rapaci,
ma anche tanti capaci, spesso senza un padrino politico».
Si può fare impresa senza far patti con la politica?«Nonostante corsi di formazione costati ottomila euro e pagati
trecentomila - parlo di cose che conosco per esperienza diretta - ho fiducia nelle istituzioni. Posso denunciare gli errori che
commettono, ma non devo perdere la speranza».
Pressioni per un'assunzione?«È capitato. Però ho la fortuna di non essere ostaggio di nessuno, perché quello che ho
fatto non è stato sospinto da un euro, dico uno, uscito dalle casse pubbliche. Le nostre aziende hanno cento dipendenti e
possiamo sceglierli con criteri professionali e di merito».
Il turismo è la salvezza?«Quella è nelle nostre mani e nella testa. Con i prodotti dobbiamo raccontare la Sardegna che fa
parte dell'Italia, guai a isolarci. Posso usare le vinacce sarde per colorare oggetti di eco design, ma anche il barbera per altri
magari da esporre in un'enoteca di Cuneo. Non credo nel chilometro zero, ma in quello scambiato».
Cioè?«I camion arrivano carichi di vasche da bagno dal Veneto e ripartono con i nostri materiali. Uno scambio che taglia
costi, preserva l'ambiente, aiuta a competere».
Un'idea per il futuro?«Creare le colle con i residui della lavorazione del formaggio».
Ma è davvero convinta che la Sardegna possa vivere d'innovazione?«Non c'è un altro posto in Europa che abbia un
patrimonio animale, vegetale e minerale come il nostro. Purtroppo non gli riconosciamo una storia. Non sappiamo quant'è
prezioso ciò che possediamo, ecco il vero problema. Siamo piccoli, è vero, ma una formica può notare dettagli che un elefante
non vedrà mai».
di Paolo Paolini