IL PUERPERIO
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IL PUERPERIO
Lezione di Ginecologia & Ostetricia 02\04\03 h15,30-17,30 Prof. Lissoni Sbob.: Giulia Balestri IL PUERPERIO E’ un argomento spesso trascurato nell’ ambito dell’ ostetricia e della ginecologia in quanto evento che, in gran parte, la donna vive e completa al di fuori dall’ osservazione medica. Storicamente rappresentava il periodo in cui questa veniva confinata fuori dalla vita sociofamiliare, in quanto ritenuta impura, dopo il parto. Attualmente con il concetto di puerperio intendiamo il periodo di tempo necessario al ritorno dell’ apparato genitale alle condizioni pregravidiche, che ha una durata di circa 6 settimane. Ovviamente il ritorno alle condizioni pregravidiche non va inteso come una restitutio ad integrum, perché gravidanza,travaglio e parto causano modificazioni anche permanenti a carico di cervice, vagina, perineo e utero. Durante il puerperio, nelle donne che non allattano al seno, si ristabilisce inoltre il normale asse ipotalamo-ipofisi-ovaio. [Le modificazioni dell’organismo materno nelle ore immediatamente successive al parto, la terza\quarta fase del parto a seconda dei testi, non verranno trattate in questa sede e comprendono l’ espulsione della placenta e degli annessi e la formazione del globo di sicurezza. La lezione riguarderà i momenti successivi, dal termine delle 2 ore nelle quali, per legge, la donna è trattenuta in sala parto sotto la diretta responsabilità di chi ha assistito al parto.] INVOLUZIONE DELL’ UTERO Dopo il secondamento, l’ utero, anatomicamente, si trova con il suo fondo a metà dello spazio ombelico-pubico (leggermente al di sopra nelle pluripare per le modificazioni dovute alle precedenti gravidanze). Dal pdv MACROSCOPICO, la sierosa che lo riveste presenta all’ esterno un aspetto rugoso, in relazione alle enormi modificazioni di volume cui va incontro in un breve intervallo di tempo. Le pareti del viscere di solito hanno uno spessore di 4-5 cm e presentano un aspetto francamente ischemico, pallido, legato alla contrazione tetanica che avviene durante la formazione del globo di sicurezza. La cavità endometriale è rivestita dalla decidua basale. Nei 2 gg. successivi al parto l’ utero tende a restare di volume costante, per poi ridursi progressivamente fino a rientrare all’ interno della piccola pelvi nel giro di 2 settimane; torna alle dimensioni pregavidiche in 4 settimane-1 mese. -Il peso dell’ utero dopo il parto è di circa 1Kg; -dopo 1 settimana è di 500 g; -in 2 settimane torna alle dimensioni della 12° sett. di gestazione e pesa 300 g; -a involuzione completata (3-4 settimane) torna a 100 g. Dal pdv MICROSCOPICO il numero delle miocellule non si riduce, ma ne cambia drammaticamente il volume. Non è ancora stato definito il meccanismo di eliminazione e digestione delle proteine contrattili che, nella gravidanza, compongono gran parte della struttura muscolare uterina. A livello della cavità, la decidua basale può presentare un aspetto e uno spessore irregolari, con ampi stravasi ematici. Nel giro di 2-3 gg dal parto la decidua tende a differenziarsi in 2 strati: -uno strato superficiale, in cui si osservano fenomeni necrotici; -uno strato basale che mantiene invece un buon trofismo, dal quale avrà origine la riepitelizzazione completa della cavità uterina e la ripresa funzionale della mucosa endometriale, in vista di nuovi eventi gravidici. L’ eliminazione dello strato superficiale avviene attraverso il fenomeno della LOCHIAZIONE, cioè l’ espulsione dello strato necrotico deciduale, che dapprima presenta un colorito rossastro per la avvenuta formazione di lacune emorragiche nel suo contesto (LOCHIA RUBRA); successivamente, eliminata la componente emorragica, il prodotto dello sfaldamento tenderà a schiarirsi (LOCHIA ALBA). RIGENERAZIONE DELL’ ENDOMETRIO Il processo ha inizio a livello dello strato basale: le cellule epiteliali che rivestivano il fondo delle ghiandole endometriali cominciano a proliferare, come anche quelle dello stroma interghiandolare. La rigenerazione è piuttosto rapida:la cavità uterina viene completamente rivestita in circa 7-10 gg. Entro 3 settimane dal parto si assiste ad una normalizzazione della mucosa endometriale, sia dell’ epitelio che dello stroma. L’ aspetto istologico dell’ endometrio è normale- fatta eccezione per il sito di inserzione placentare, sede di processi più lenti e peculiari- ed appare come un endometrio in fase proliferativa. L’ unica differenza, rispetto ad un endometrio fuori dallo stato gravidico, è la presenza, in quello puerperale, di residui di decidua andati incontro a fenomeni di degenerazione ialina ed infiltrazione leucocitaria. Il sito di inserzione placentare invece, ha tempi decisamente più lunghi e la rigenerazione del tessuto di rivestimento avviene a questo livello con modalità differenti: al di fuori del sito di inserzione, la rigenerazione si completa in 2-3 settimane mentre, secondo Williams, in questa sede occorrono almeno 6 settimane. Ciò accade perché qui si ha un notevole sovvertimento della struttura endometriale, appunto per la formazione dei laghi vascolari e per l’ infiltrazione da parte del tessuto villare… Subito dopo il parto la focaccia placentare riduce la sua superficie a circa 1\4, grosso modo come il palmo di una mano e, dopo 2 settimane, si riduce a 3-4 cm di diametro. Alla base del sito, istologicamente, si trova una ricca popolazione di vasi trombizzati che presentano meccanismi di rigenerazione e organizzazione del trombo. Il tessuto endometriale neoformato ricostruisce la continuità attraverso un processo di sottominamento: il letto placentare, sovrastato dallo strato della placenta, viene sottominato dal tessuto endometriale neoformato che espelle verso l’ esterno questi trombi, questo tessuto necrotico, con un processo di esfoliazione. Si tratta di un tipo di ricostruzione peculiare rispetto a quanto accade di norma e, in un’ ottica teleologica, è un processo che mira ad evitare la formazione di cicatrici retraenti, rendendo l’ utero funzionalmente adatto ad ospitare una nuova gravidanza. Il tess. cicatriziale sito all’ interno della cavità uterina, infatti, è spesso sede di anomalie dell’ impianto placentare. Esso può essere conseguenza di procedure chirurgiche, dell’ asportazione di miomi o neoformazioni aggettanti nella cavità, oppure di un’ istereotomia in corso di parto cesareo: l’ incisione della testa uterina, se non appropriatamente riparata, lascia un tessuto cicatriziale su cui, nel caso di inserzione bassa del piatto placentare in una successiva gravidanza, possono verificarsi processi patologici a carico della placentazione, come la placenta ACCRETA o quella PERCRETA. Questa è una vecchia classificazione attraverso cui si graduava la penetrazione del tessuto placentare nella parete uterina: il grado più elevato è la placenta percreta, in cui la parete è invasa a tutto spessore. Quindi un sito placentare che ripara normalmente e spontaneamente ricostituisce una perfetta continuità. MODIFICAZIONI DEI VASI UTERINI Si ha una neoformazione di vasi stimolata dalla gravidanza. L’ arteria uterina fuori gravidanza ha un calibro di 35 mm; in gravidanza arriva a 1,5-2 cm e questo si ripercuote a cascata in tutto il circolo uterino: i vasi vengono obliterati grazie a un processo di ialinizzazione e si verifica una sostituzione con vasi di calibro minore. Il processo di ialinizzazione e sostituzione dei vasi lascia dei residui caratteristici simili a quelli che si presentano nel tessuto ovarico dopo l’ ovulazione, con la riparazione del corpo luteo e la formazione del corpo albicante. MODIFICAZIONI IN CERVICE E SUI Dopo il parto si presentano come due strutture assottigliate, flaccide e, da strutture virtuali, tendono lentamente a ricostituirsi.Durante il parto, con la formazione della bocca uterina, con la dilatazione e l’ appianamento della cervice, una volta raggiunta la dilatazione completa e cominciata la la progressione della parte presentata, la cervice è una struttura virtuale, un tratto di quel contorno che è il canale del parto. Subito dopo il parto inizia il processo ricostruttivo della cervice e, da una struttura molto assottigliata, fragile, tende a ricostituirsi la cervice com’ era al di fuori del travaglio di parto. Il margine esterno quasi sempre presenta lacerazioni, per lo più laterali, che si ricostruiscono con una certa lentezza. Per alcuni giorni dopo il parto il canale cervicale resta beante; nei 4-5 giorni successivi all’ evento è possibile introdurre attraverso l’ orifizio uterino esterno due dita esploratrici. Questo è un segno grossolano per datare il parto. Al termine della 1° settimana il canale cervicale si è ricostruito tanto da ammettere solo un dito. Al termine dell’ involuzione post-partum, la cervice ha modificato le sue caratteristiche rispetto a prima della gravidanza: il collo uterino della nullipara è tendenzialmente conico e l’ orifizio uterino esterno è puntiforme. Nel puerperio, conclusi i fenomeni di ricostruzione e di rimodellamento, la cervice si presenta cilindrica e l’ orifizio linearizzato, per lo più in senso latero-laterale, per gli esiti delle lacerazioni del parto. Inoltre l’ orifizio è lievemente depresso e, nella pluripara, svasato. A livello della MUCOSA del canale cervicale, l’ ectopia fisiologica della giovane nullipara, cioè la presenza della giunzione squamo-colonnare all’ esterno dell’ orifizio uterino, tende a risalire verso l’ interno e si porta a livello anatomico, andando a coincidere con il contorno dell’ orifizio stesso. In qualche caso, questi processi di retrazione cicatriziale possono rendere il suddetto contorno sfrangiato e irregolare. A livello del SEGMENTO UTERINO INFERIORE si osserva che esso si contrae e si retrae subito dopo il parto, ma risente della sua peculiare struttura anatomica: a livello uterino si riconosce una disposizione dei fasci muscolari in tre diverse strutture, cioè un fascio circolare, uno plessiforme e uno longitudinale. A livello del SUI i fasci sono invece disposti solo in senso trasversale, motivo per cui l' incisione del taglio cesareo avviene a questo livello, parallelamente ai fasci muscolari: in questo modo la perdita ematica risulta minore e la ricostruzione più facile. Si ha quindi una iporappresentazione della componente muscolare in questa parte di utero, responsabile del fatto che contrazione e retrazione del SUI dopo il parto non siano marcate come nel resto del corpo uterino. In 3-5 settimane, il SUI, che in gravidanza aveva perseguito una sua individualità anatomica, la perde e ritorna alle condizioni pregravidiche: esso torna ad essere un drappo pressochè virtuale tra corpo e orifizio dell’ utero. MODIFICAZIONI DELLA VAGINA E DELL’ INTROITO Nei primi giorni di puerperio, dopo il passaggio del mobile fetale, queste strutture presentano un canale ampio, le cui pareti appaiono lisce. Nel giro di 3 settimane, il canale vaginale gradualmente riduce le sue dimensioni, senza tuttavia ritornare al calibro originario. Le rugae della mucosa vaginale, in genere, ricompaiono entro la III settimana. I residui imenali, dopo il passaggio del mobile fetale, sono ridotti a minuti frammenti che cicatrizzano dando il quadro anatomico delle caruncole mirtiformi, tipiche della donna che ha partorito. MODIFICAZIONI DI PERITONEO E PARETE ADDOMINALE La sierosa che riveste l’ utero, durante la formazione del globo di sicurezza e i processi involutivi successivi, tende ad arricciarsi secondo linee che seguono grossolanamente i contorni dell’ utero. I legamenti larghi e i legamenti rotondi, che sono stati sottoposti ad un notevole stiramento, tornano circa alle dimensioni originarie, pur mantenendo per diverse settimane una certa lassità, con un recupero incompleto della tonicità iniziale. A livello dei muscoli retti dell’ addome, senza adeguati stimoli motori dopo il parto, può permanere una diastasi, fisiologica al termine della gravidanza. In tal caso, la parete addominale sarà costituita, a livello della linea mediana, solo da peritoneo, fascia dei mm. retti assottigliata, grasso sottocutaneo e cute; questa condizione predispone alla formazione di ernie. MODIFICAZIONI DEL TRATTO URINARIO Si verificano notevoli modificazioni della mucosa vescicale, che presenta iperemia, edema, vasi congesti e spesso ematomi sottomucosi. Nel post-partum la vescica aumenta la sua capacità, ma riduce la contrattilità, per cui è abbastanza frequente l’ assenza dello stimolo minzionale, fino alla formazione di un globo vescicale. Infatti, la sovradistensione e il trauma meccanico del parto, conducono spesso ad una riduzione, per lo più transitoria, della funzione minzionale. In questi casi è di fondamentale importanza l’ assistenza ostetrica, in quanto il regolare svuotamento vescicale in travaglio, il pronto riconoscimento di una sproporzione feto-pelvica, ossia il non protrarre eccessivamente la compressione dell’ estremità cefalica del feto sulla vescica, sono elementi che possono prevenire tali complicanze. Talvolta la progressione dell’ estremo cefalico può infatti causare uno strizzamento meccanico della vescica che, se piena, sottoporrà a stimoli inusuali il sistema sfinteriale. A livello degli ureteri in gravidanza si ha una fisiologica dilatazione, legata alla riduzione del tono muscolare ureterale indotta dal progesterone e dai processi compressivi esercitati dall’ utero.Questa dilatazione regredisce di solito in 2-8 settimane senza lasciare particolari esiti funzionali; tuttavia, se si associa l’ ipotonia vescicale legata ai traumi inconsulti, si comprende come le infezioni delle vv. urinarie siano frequenti in puerperio. Il 2% delle puerpere sviluppa un’ incontinenza urinaria da sforzo che riconosce come fattori di rischio: -la circonferenza cefalica e il peso del neonato; -la durata del processo espulsivo; -l’ esecuzione o meno di un’ incisione episiotomica(incisione del tessuto perineale per favorire il passaggio del feto), mediana-preferita dalla donna, anche se garantisce un minor guadagno di spazio-, o paramediana- cioè una lacerazione controllata del ventre muscolare che garantisce più spazio ma ha una riparazione più difficoltosa. Secondo alcuni, a questo punto, il danno vescicale si sarebbe già verificato, mentre per altri la ridotta tensione della muscolatura dell’ egresso pelvico tenderebbe a favorire la continenza, garantita dal mantenimento della vescica e del suo collo nella cinta manometrica pelvica. [l’ incisione, infatti, riduce lo stress sui muscoli del pavimento pelvico, quindi il danno sulla muscolatura che, mantenendo un miglior tono, favorisce il mantenimento di vescica e collo vescicale nella suddetta cinta manometrica.Il detrusore vescicale, infatti, non è un muscolo particolarmente prestante: per mantenere un’ adeguata continenza deve essere contenuto dalla muscolatura del pavimento pelvico, cosicchè tutte le pressioni agenti sulla cavità peritoneale si esercitino, secondo la legge di Pascal, sia sulla vescica che sullo sfintere. In caso di danno del pavimento pelvico, il collo vescicale tenderà a scivolare fuori dalla cinta manometrica e lo stimolo pressorio, dovuto a sforzo o contrazione addominale, agirà solo sul corpo vescicale, non sullo sfintere. L’ unico responsabile della continenza resterebbe quindi lo sfintere uretrale,struttura muscolare non particolarmente rilevante.] Per lo più questa incontinenza regredisce in 3 mesi. MODIFICAZIONI EMATOLOGICHE • In gravidanza si ha uno stato di anemia relativa per l’ aumento del volume plasmatico; • si registra un aumento della portata cardiaca; • durante il travaglio e nel post-partum si ha leucocitosi (che non va intesa come indice di processi infettivi in atto, ma come mobilizzazione dei leucociti di riserva) e trombocitosi; • ci sono inoltre granulocitosi e eosinopenia . Il volume ematico torna ai livelli pregravidici in 7gg dal parto. Fibrinogeno e VES, che sono gradualmente aumentati nel corso della gravidanza, restano tali per circa una settimana nel post-partum e non vanno considerati nella diagnosi di processi infiammatori. La portata cardiaca resta elevata per almeno 48 h dopo il parto. Uno degli eventi più immediati nel post-partum è la bradicardia; è possibile che la portata cardiaca resti elevata, nonostante il polso sia bradicardico, per l’ aumentato ritorno venoso. Non è un fatto eccezionale che la puerpera abbia una frequenza cardiaca di 60 bpm, mentre una di 80-90 bpm desta il sospetto che si sia verificata un’ eccessiva perdita ematica o che sia presente un processo infiammatorio. Nella puerpera è opportuno non rilevare la temperatura corporea a livello ascellare, perché quest’ area è prossima alle mammelle che si stanno preparando alla lattazione e si corre pertanto il rischio di sovrastimare una temperatura in realtà fisiologica. La si può misurare con il rilevatore timpanico o con il classico termometro a mercurio a livello della piega inguinale. MODIFICAZIONI PONDERALI Di solito, con il parto e la conseguente perdita ematica, l’ espulsione del feto, degli annessi e della placenta, si ha una perdita di 5-6 Kg. L’ incrementata diuresi fa perdere altri 2-3 Kg nel post-partum. E’ stato effettuato uno studio in cui si è valutata la dinamica della normalizzazione del peso nel puerperio e si è osservato che, mediamente, il peso ritorna ai livelli pregravidici + 1,4 Kg in 6 mesi. Un meno brillante ritorno al peso pregravidico si ha in caso di un aumento ponderale superiore a 9 Kg al termine. Si considera fisiologico -a seconda dei criteri dell’ ostetricoun aumento ponderale di 9-13 Kg al termine della gravidanza. LA LATTAZIONE L’ anatomia della ghiandola mammaria va saputa per l’ esame. • Il COLOSTRO è un secreto prodotto dalla ghiandola mammaria dal secondo giorno dopo il parto e precede la secrezione del latte materno.Si differenzia da questo per una composizione diversa non tanto dal pdv qualitativo, ma quantitativo: rispetto al latte ha più proteine, più minerali (per i valori si possono consultare i testi: a chi vuole fare ostetricia il prof. consiglia il Williams), meno zuccheri e grassi . Contiene i “corpuscoli di colostro” ,corpuscoli lipoidei di origine incerta, che per alcuni autori sono cellule dei dotti galattofori desquamate, mentre per altri sono macrofagi che hanno fagocitato dei lipidi.Nel colostro- che prima si riteneva non avesse specifiche funzioni, ma fosse solo il prodotto dell’ avvio dell’ attività mammaria- c’ è in realtà abbondanza di IgA, proteine del complemento, lisozima e lattoperossidasi. Sembra pertanto avere un ruolo significativo nei processi immunitari. • La TRANSIZIONE da colostro a latte è graduale, non improvvisa: la secrezione del primo dura per lo più 5 gg, dal 2° al 7° giorno del post-partum e il secreto va incontro a una graduale modificazione e arricchimento fino a divenire latte maturo durante i 30 gg successivi al parto.Il latte stabilizza quindi la sua composizione a 4 sett. dal parto. • Il LATTE MATERNO è una sospensione di grassi e proteine in una soluzione di minerali e carboidrati, prevalentemente lattosio, isotonica al plasma. Le proteine che esso contiene hanno un elevato peso molecolare, ad es. la caseina, la a-lattoalbumina, la b-lattoglobulina, importanti nella regolazione dell’ attività mammaria. Gli AA contenuti nel latte sono di origine mista: quelli essenziali provengono dal torrente circolatorio materno, mentre quelli non essenziali sono in parte prodotti dalla ghiandola mammaria, in parte derivanti dal circolo materno. Nel latte sono presenti sostanze biologicamente attive, in particolare IL-6 e IgA. Si ritrovano inoltre linfociti T “ad alta memoria” (High Memory T-Lymphocyte) che contengono informazioni rilevanti sulla storia immunologica della madre e conferiscono al neonato una memoria immunologica per il riconoscimento antigenico e l’ innesco di una risposta, che di per sé questo non avrebbe e che non acquisisce con l’ allattamento artificiale. Nel latte si ritrova anche della prolattina . E’ presente anche una discreta quantità di Epidermal Growth Factor, che non viene inattivato a livello gastrico ed è associato ai processi di maturazione e crescita dell’ epitelio del tratto digerente neonatale. Il processo della lattazione consiste nella conversione di glucosio in lattosio operata dall’ enzima lattosio-sintetasi, regolato da un altro enzima, la galattosil-trasferasi, e dalla alattoalbumina, un tempo definite rispettivamente Proteina A e Proteina B. La produzione di queste ultime è stimolata dalla prolattina e inibita dal progesterone: questo spiega perché in gravidanza, quando i livelli di progesterone sono elevati, non si ha lattazione, mentre alcuni giorni dopo il parto essa prende avvio. Spiega inoltre perché, nel caso di una nuova gravidanza durante l’ allattamento del figlio precedente, la donna nota un drammatico calo nella qualità e nella quantità del latte. Nel latte materno si ritrovano tutte le vitamine, ad eccezione della vit.K, che viene infatti somministrata al neonato per prevenire le emorragie. E’ presente una quantità di ferro piuttosto bassa, per cui gli Americani ne consigliano la supplementazione; la quantità contenuta non è in alcun modo influenzata dalla sideremia materna. Con il parto si ha un calo di progesterone, per cui la Proteina B non è più inibita e, con un meccanismo a cascata, dà il via alla produzione di lattosio. A livello cellulare il lattosio, prodotto nelle vescicole di Golgi, tende a richiamare osmoticamente acqua; il latte viene poi liberato per esocitosi nel lume della ghiandola mammaria. L’ intensità della lattazione è notevole: la produzione quotidiana è intorno ai 600 ml e, una volta avviata grazie alla caduta dei livelli progestinici, viene regolata dallo stimolo della suzione. La prolattina ha un’ importanza fondamentale: nella sindrome di Sheehan, in cui ne è bloccata la produzione a livello ipofisario, anche se la donna viene posta nelle condizioni di concepire, non potrà allattare. La sua concentrazione ematica è influenzata dalla suzione, in quanto si è notato che questo stimolo tende a liberare in circolo picchi di prolattina, quindi ad aumentare la lattazione, come pure libera ossitocina che ha come bersaglio, oltre alle cellule miometriali uterine, le cellule mioepiteliali perialveolari. La suzione, liberando ossitocina, favorisce la spremitura degli alveoli ghiandolari, riversando latte nei dotti galattofori. L’ ovulazione causa modificazioni della composizione del latte: nel periodo periovulatorio (da 5 gg prima a 7 gg dopo l’ ovulazione), aumenta la [Na+], la [Cl-] e si riduce la [K+], quella di lattosio e di glucosio. Questa è la spiegazione scientifica del fatto che la riattivazione dell’ asse ipotalamo-ipofisi-ovaio faccia sìche il neonato gradisca meno il latte materno e diventi meno ansioso nel cercare la poppata. Gli ostetrici dell’ Associazione Americana di Pediatria nel ’97 hanno dichiarato che la ricerca fornisce forti evidenze che l’ allattamento al seno diminuisce l’ incidenza e\o la severità di diarrea, infezioni del basso tratto respiratorio, otiti, batteriemie, meningite batterica, botulismo, infezioni del tratto urinario… Ci sono anche studi che mostrano un possibile effetto protettivo del latte umano verso la SIDS(Sindrome da morte improvvisa neonatale), il diabete insulino-dipendente, il morbo di Crohn, la colite ulcerosa, i linfomi e la patologia allergica. E’ stato inoltre associato ad un migliore sviluppo cognitivo. LA CONTRACCEZIONE DURANTE L’ ALLATTAMENTO In Italia si usano i progestinici, la Minipillola (come Cerazette) a partire da 2-3 settimane dopo il parto. In situazioni socialmente svantaggiate si possono somministrare formulazioni come il MedrossiProgesterone Acetato (MAP) depot a 6 settimane dal parto oppure- ma in Italia non ancora- procedere all’ impianto sottocute di progestinici a lento rilascio. Poiché il latte può risentire del tono ormonale della paziente, la contraccezione estroprogestinica combinata non dovrebbe iniziare prima di 6 settimane dopo il parto, a patto che la lattazione sia ben avviata e lo stato nutrizionale del neonato sia buono. FARMACI CONTROINDICATI IN ALLATTAMENTO -Bromocriptina, usata proprio per sospendere la lattazione; -antiblastici (Ciclofosfamide, Doxorubicina, Metotrexate); -Ciclosporina; -Litio (nel latte se ne trova circa 1\4 della concentrazione plasmatica); -Fenciclidina; -Fenildione; -elementi radioattivi usati in Diagnostica Nucleare:in caso sia necessaria una ricerca scintigrafica in corso di allattamento, è opportuno utilizzare un tracciante a rapida eliminazione. FARMACI DI SCELTA IN ALLATTAMENTO • Analgesici: il farmaco di prima scelta è il Paracetamolo; la seconda scelta sono l’ Ibuprofene e il Ketorolac. In casi estremi la morfina. • Antiepilettici: Carbamazepina, Fenitoina, Acido Valproico. • Antibiotici: Cefalosporine e Penicilline, Macrolidi e Aminoglicosidi. • Ormoni: Insulina, L-Tiroxina, PropilTioUracile… • Glucocorticoidi: Prednisolone, Prednisone. RIPRESA DELLA FUNZIONE OVARICA In assenza di allattamento, si verifica in 6-8 settimane, tempo necessario per la ricostruzione della continuità della mucosa endometriale. In caso di allattamento, in genere, non si osserva la ripresa del ciclo mestruale fino alla sua sospensione.E’ un evento molto variabile che si verifica a 2 -18 mesi. N.B.:In caso di allattamento possono comunque verificarsi ovulazioni senza mestruazione e viceversa. Il rischio di gravidanza in allattamento è circa del 4% annuo. PROCESSI PATOLOGICI IN PUERPERIO Mastite: processo infiammatorio della ghiandola mammaria, estremamente raro se non nel puerperio, al di fuori del quale è più frequente conseguenza di neoplasie( mastite carcinomatosa). Colpisce l’ 1-2% delle puerpere durante la lattazione, quasi sempre monolateralmente, spesso dopo la III-IV settimana di allattamento. Il principale agente eziologico è lo Staphilococcus Aureus e si tratta per lo più di un’ infezione ascendente: attraverso il capezzolo, in carenti condizioni igieniche, o attraverso piccole fissurazioni o ragadi, il germe risale nei dotti galattofori fino ai lobi. Di solito è preceduta da un quadro di “ingorgo mammario”,che tecnicamente non è un processo infiammatorio ma di stasi del latte nei dotti a livello di uno dei quadranti della mammella. Il latte è un terreno fertile per la proliferazione dei germi e, pertanto, non è infrequente il verificarsi di una sovrapposizione batterica. Il quadro clinico è quello classico infiammatorio (calor, tumor, rubor…). Si ha una reazione linfonodale distrettuale a livello ascellare e sovraclaveare. Nel 10% dei casi evolve verso l’ ascesso mammario. La diagnosi è clinica o per esame colturale del latte. La terapia antibiotica si effettua con Penicillina (utilizzabile in allattamento) a dosi piene. Come seconda scelta, ad es. in pazienti allergici ai b-lattamici, si può somministrare Eritromicina. In ceppi resistenti di S.Aureus è indicata la Vancomicina. E’ fondamentale la prosecuzione dello svuotamento della ghiandola, in quanto il latte che ristagna fa da terreno di coltura per i batteri. E’ possibile effettuare applicazioni fredde(Ice Bag?), usare reggiseni contenitivi…ovviamente, nel caso di un’ evoluzione in ascesso, per portarlo a maturazione, saranno invece opportune applicazioni calde e umide. Ascesso mammario: Se non ci sono segni di defervescenza entro 48-72h dall’ inizio della terapia antibiotica o se si sviluppa una massa palpabile, è forte il sospetto di ascesso. La diagnosi è per lo più clinica: alla palpazione la mammella, che in corso di mastite ha una consistenza aumentata, presenta un’ area di ridotta resistenza e libera fluttuazione per la formazione della raccolta ascessuale che tende poi a farsi strada verso l’ esterno. La terapia consiste in incisione, drenaggio e zaffatura, eseguiti sotto copertura antibiotica. Si sta valutando l’ efficacia del drenaggio ambulatoriale sotto guida ecografica. Emorragia puerperale:Si può verificare 1-2 setimane dopo il parto, per una anomala involuzione del sito di inserzione placentare: esso non viene gradualmente sottominato, ma c’ è un distacco improvviso del- l’ area necrotica che lo ricopre. Come la caduta di un’ escara, questo distacco può dare luogo al vivo sanguinamento dei vasi sottostanti. Ovviamente, accanto a questa ipotesi, bisogna considerare la possibile ritenzione di un lembo placentare o un secondamento incompleto, che può dar segno di sé con un sanguinamento nell’ immediato post-partum. Questo può essere riconosciuto all’ esame della faccia materna della placenta che viene effettuato dopo il parto. Può accadere che il lembo trattenuto nella cavità uterina venga ricoperto da fibrina, determinando la formazione di un “polipo placentare” che, distaccandosi, causerebbe un sanguinamento. E’ un evento raro, riguardante l’ 1% delle puerpere, ma problematico. Il trattamento standard era il courettage, e lo è ancora se la causa del sanguinamento è la ritenzione di un lembo placentare. Se invece esso è dovuto al distacco di questa sorta di escara, il raschiamento della parete uterina con la courette può solo peggiorare la situazione. A meno che non ci siano forti evidenze della presenza di un corpo estraneo in cavità, sarebbe opportuno, prima di intervenire, tentare un trattamento medico con degli uterotonici come la Metilergonovina o le prostaglandine che, favorendo la contrazione tetanica dell’ utero, bloccano le bocche vascolari responsabili del sanguinamento. Iperpiressia in puerperio:Può essere legata a diverse cause: -una mastite( l’ ingorgo mammario dà un rialzo termico non superiore ai 39°C, subito dopo il parto, per massimo 24h); -in caso di taglio cesareo è più frequente una patologia dell’ apparato respiratorio, ora meno comune grazie al ricorso all’ anestesia epidurale; -una pielonefrite; -una tromboflebite; -un’ endometrite. Infezioni uterine:Riconoscono tra i fattori predisponenti: il parto cesareo (ha un rischio relativo di 10 volte rispetto al parto vaginale), l’ anemia, la colonizzazione batterica del tratto genitale inferiore, prolungate procedure di induzione del travaglio. I più frequenti agenti eziologici sono Enterococchi, Streptococchi, E.Coli, anaerobi… Il primo sospetto in caso di rialzo termico in puerperio deve essere l’ endometrite. Di solito la febbre supera i 38°C, è accompagnata da brividi e la batteriemia è documentata nel 10-20% dei casi. All’ esame clinico l’ utero risulta molto dolente, ha una consistenza pastosa, più morbida di quanto non sia normalmente in puerperio. I lochi sono maleodoranti. Il provvedimento più incisivo è la profilassi antibiotica. Ad infezione instaurata il trattamento di prima scelta è il b-lattamico, associato, in genere, alla Gentamicina. Se c’ è sospetto coinvolgimento di germi anaerobi è opportuno somministrare Metronidazolo. Possibili complicanze sono: -l’ infezione della ferita chirurgica nel taglio cesareo; -peritoniti e annessiti; -flemmoni parametriali (in cui il processo infettivo e la conseguente raccolta ascessuale si fanno strada tra le strutture parametriali. Clinicamente si apprezza una bozzatura simile ad un ematoma); -l’ ascesso pelvico; -la tromboflebite settica. Tromboflebite in puerperio:Storicamente il puerperio rappresentava un momento di segregazione in cui la donna, avendo partorito, si pensava dovesse stare a letto. Ma la stasi venosa e la vasodilatazione sono condizioni determinanti l’ insorgenza di tromboflebiti, tanto più se associate al deficit di Fattore V, proteina C ed S, clinicamente non evidente al di fuori della gravidanza. Il classico quadro della “Phlegmasia alba dolens”, in cui la gamba si presenta bianca con sfumature bluastre, edematosa e dolente, è legato ad una trombosi venosa profonda degli arti inferiori. Questa è una delle più frequenti cause di complicanze come l’ embolia polmonare. Quindi è importante, per prima cosa, una mobilizzazione precoce della paziente. Poi è opportuno che le donne che presentino condizioni predisponenti, come le vene varicose, eseguano bendaggi con calze elastiche e una profilassi antitrombotica con Eparina a basso peso molecolare. Inoltre è utile condurre un’ accurata anamnesi familiare per ricercare eventuali deficit di fattori della coagulazione e un’ anamnesi fisiologica per sapere, ad es., se la donna ha dovuto interrompere l’ assunzione di contraccettivi orali per insufficienza circolatoria. Consiglio di prendere visione delle diapositive inviate dal prof., perché la lezione ne è stata una lettura “condita” da alcuni particolari, ma queste sono sicuramente più schematiche ed essenziali.