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Camurrìa
Arnolfo Petri , Camurrìa, a cura di Armando Rotondi
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Dall’analisi di Camurrìa, si possono trarre due elementi di particolare interesse, tra i tanti
caratterizzanti la drammaturgia di Arnolfo Petri, e che rappresentano un’ottima chiave di lettura
del testo: il concetto di “teatro dell’anima”, espressione che dà anche il titolo alla sua raccolta
teatrale, e l’influenza letteraria che si riversa nelle opere del drammaturgo partenopeo.
Si parta dal primo punto. Formatosi come attore e regista sul metodo Stanislavskij e Strasberg,
per poi soffermarsi sulla figura di Vachtangov, Petri si è dedicato nel corso degli anni ad un
tipologia teatrale, o meglio, ad un modo di intendere il teatro specifico, che pone l’accento sul
dramma interiore dei personaggi, trova la forza nell’intimo e ben si riassume nell’espressione
“teatro dell’anima”. La drammaturgia, così come anche la regia, di Petri si ritrova ad essere
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completamente permeata da questo aspetto intimistico, che si riscontra con forza anche nella
sua scrittura. Nota Giuseppina Scognamiglio nella postfazione alla raccolta teatrale petriana:
L’azione del dramma petriano è tutta interiore: gli eventi della storia si verificano all’interno
dell’animo dei personaggi, per cui il testo diventa comunicativo e i dialoghi riflettono il parlato
naturale (G. Scognamiglio, ‘La drammaturgia di Arnolfo Petri’, in A. Petri, Il teatro dell’anima,
Roma, Bel-Emi Edizioni, 2011, p. 113).
Aggiunge quindi:
Sul piano tecnico-espressivo, già le battute contengono una valenza dinamica che la
recitazione dell’attore può facilmente tradurle in gesti e azioni, la cui singolarità giace anche in
ciò che non viene detto esplicitamente (G. Scognamiglio, ‘La drammaturgia di Arnolfo Petri’, p.
113).
Il teatro di Petri è quindi un teatro di parola, che si fa carico di significati, ritrovando i suoi illustri
precursori nel silenzismo francese di Jean-Jacques Bernard o nell’intimismo italiano, entrambi
riletti alla luce della grande tradizione post-avanguardista, sperimentale, e di una cultura del
diverso e dell’ambiguo, tanto care a Petri.
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Il secondo aspetto di interesse è rappresentato dalle influenze artistiche e letterarie ben definite
e provenienti da ambiti geografici distinti e lontani. In Petri, ad esempio, forte è la presenza
della scrittura del tedesco Rainer Werner Fassbinder, oggetto di riduzioni e allestimenti quali Co
me gocce su pietre roventi
, dalla prima prova drammaturgica del tedesco, datata 1965. Fassbinder si fa sentire con tutto il
suo mondo melodrammatico e tragico, fatto di emarginazione e oppressione. Ma, come detto,
l’orizzonte letterario e culturale che colpisce l’immaginario petriano è geograficamente vario. Lo
stesso Petri afferma:
Nel coacervo di emozioni degli anni Settanta, tra il kitsch nazionalpopolare e lo stridore degli
anni di piombo, passavano tra le mie mani Genet, Fassbinder, Pasolini, Bergman, Puig ed una
marea contrastante di immagini bianco e nero di un cinema “d’essai”, come si chiamava allora,
che si celebrava, come un rito segreto, in piccole sale polverose da trenta posti a sedere (A. Petri, ‘Nota dell’Autore’, in A. Petri,
Il teatro dell’anima
, p. XI).
Così, nel volume in questione, Il teatro dell’anima, si ritrovano una Madame B che prende le
mosse dal teatro di David Henry Hwang e dal cinema di David Croneneberg, con il loro
M. Butterfly
, e, per l’appunto,
Camurrìa
, debitore, come nota Franco De Ciuceis nella sua introduzione al volume, del grande scrittore
brasiliano Manuel Puig e del suo capolavoro
Il bacio della donna ragno
, portato sul grande schermo da Hector Babenco con William Hurt e Raul Julia. Lo stesso Petri
ha avuto modo di confrontarsi direttamente con il romanzo di Puig, adattandolo per il
palcoscenico.
In Camurrìa, Petri riprende la struttura essenziale de Il bacio della donna ragno, ma traspone la
realtà dei due detenuti dalla originale ambientazione brasiliana a quella napoletana del carcere
di Secondigliano. Se nel testo di Puig si hanno il detenuto politico Valentin e l’omossessuale
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Molina, in carcere perché omosessuale, in Petri la coppia protagonista si trasforma nel
camorrista Totore e nel professore omosessuale Marcello.
L’autore napoletano mette in piedi uno scontro tra i due, che è in primo luogo uno scontro
dialettico. Scrive Franco De Ciucieis: “Il primo ha la ruvida ignoranza del suo dialetto crudo ed
esplicito; l’altro vola alto, la testa piena di fantasie” (F. De Ciuceis, ‘Il teatro di Arnoflo Petri’, in
A. Petri, Il teatro dell’anima, p. VII).
Come nel caso di Valentin e del suo rapporto con Molina, anche il camorrista Totore, almeno
all’apparenza rigorosamente eterosessuale, sembra infastidito dalle fantasie di Marcello ed
sembra avere disgusto degli omosessuali. Ma allo stesso tempo ne subisce il fascino e non
riesce a fare a meno dei racconti del suo compagno di cella con protagonista una Hedy Lamarr,
emblema del kitsch e del cinema anni ’40, star dei sogni di Marcello, incentrati su amori proibiti
ed esotici. Si tratta di un racconto che, per i due protagonisti, si fa possibilità di fuga dal luogo di
costrizione.
Nota bene De Ciuceis nel delineare i loro caratteri:
Sono entrambi due perdenti, due sconfitti dalla vita. L’uno con le tare del degrado sociale in cui
è cresciuto, l’altro soffocato dai muri del pregiudizio e dell’intolleranza che tengono a margine,
subdoli e crudeli, la sua condizione omosessuale […]. Una sorta di complicità porterà entrambi
al drammatico epilogo (F. De Ciuceis, ‘Il teatro di Arnoflo Petri’, p. VII).
E sotto quest’ottica appaiono davvero essenziali le note di regia, scritte da Petri in occasione
della prima messa in scena al Teatro dell’Orologio di Roma nel 2010, che ben chiariscono il
senso del titolo
Camurrìa
: “Camurrìa non significa Camorra, come si potrebbe facilmente dedurre. Camurrìa travalica il
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senso della legalità per toccare, nel più profondo dell’animo, quello della poesia e soprattutto
dell’utopica speranza di abbattere le barriere sociali della diversità. Una diversità mai raccontata
apertamente, ma che viene alla luce attraverso il ricordo e il fuggire e rinnegare la realtà,
trasfigurando la propria vita in quella degli altri, immaginandosi ‘Divi’ e protagonisti di amori e
felicità cinematografiche, per questo inverosimili. Camurrìa è anche la storia di un’amicizia nata
inizialmente dalla costrizione a dovere dividere uno stesso spazio, quello di una cella
carceraria, ma consolidatasi poi grazie alla solitudine di due uomini, separatamente privi di
senso, ma che uniti ne formeranno uno, fino a sacrificarsi l’uno per l’altro: amare, pur non
essendo omosessuale e morire, da innocente. La cella carceraria è fredda, cupa. È una fogna
che puzza di muffa”.
Edizione di riferimento
A. PETRI, Il teatro dell’anima, Roma, Bel-Emi Edizioni, 2011.
Rappresentazioni
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Prima assoluta: Teatro dell’Orologio, Roma, 27 aprile 2010
Regia: Arnolfo Petri
Scene: Armando Alovisi
Costumi: Alessandra Gaudioso
Musiche originali: Marco Mussomeli
Luci: Ettore Nigro
Assistente alla regia: Angela Sales
Interpreti: Arnolfo Petri, Gianfranco Lettera
Produzione: Accademia Il Primo – Compagnia Arnolfo Petri
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