il più bel , giorno della mia vita

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Vecchio e XuoVo IL PIÙ BEL , GIORNO DELLA MIA VITA
(NOVELLA)
A Talia, la mia prima bambina,
per quando potrà capire ...
Quel giorno la maestra non ci parlò di
altro e tutta la scolaresca sognammo il paradiso ad occhi aperti. Ci disse : Fu domandato un giorno a Napoleone :
-- Maestà quale è stato il più bel giorno
della vostra vita ?
— Quello della prima comunione, rispose,
fra la sorpresa generale, l' Imperatore vittorioso
di tante battaglie.
Napoleone, Napoleone ... la mia fantasia
bambina ripeteva questo grosso nome rincorrendo fantasime di sole e di gloria.
Avevo sette anni ; forse ne avevo di meno
e non ero felice. Io credo, già, che felici
non si è mai, a nessuna età. La famosa felicità dei bimbi è un'altra grossolana menzogna che tutti ripetiamo chi sa perchè. Il
bimbo ride per un nonnulla, è vero, e sembra felice ; ma piange con altrettanta facilità,
ed è infelice e il pianto del bimbo è pianto
doloroso come quello dell'uomo. Ma a parte
il pianto, io ho sofferto sempre d'una eterna
inquietudine, in tutte le età. A sette anni
pensavo alla felicità di quando ne avrei avuti
quindici ; a quindici anni soffrivo attendendo
la felicità dei vent'anni che sentivo decantare da tutti, dapertutto, nelle poesie, nelle
canzoni, in tutte le letture.
Giunto sulla soglia dei vent'anni, mi guardai attentamente intorno, osservai tutto me
stesso, mi sorvegliai in tutti -i modi ripetendomi : ho vent'anni, ho vent'anni per vedere
se ero felice ... nulla, nulla, disperatamente
nulla, la stessa inquietudine disperata di quando
avevo sette anni. Più tardi, anch'io come
tutti, ho subito le stesso fenomeno e mi son
sorpreso a dire agli altri e, quel ch'è più
strano, a me stesso : Ti ricordi a vent'anni,
com'eravamo felici ? ... Niente di più ingannevole. Io, almeno io, felice non lo sono stato mai.
Ma torniamo ai miei sette anni, alla maestra, a Napoleone.
A furia di sentirne parlare vissi qualche
settimana in una attesa fra curiosa e febbrile ripentendomi sempre quel che avevo
udito dalla maestra : Il giorno della prima comunione è il più bel giorno della vita.
Chi sa come dev'essere, quel giorno ; quasi
lo personificavo. Non sarà certo come gli
altri, qualche cosa lo distinguerà, se lo aveva
affermato anche Napoleone ...
Recitavo, allora, le preghiere ogni sera,
in ginocchio sul letto, dopo che la mamma
mi aveva svestito. A capo il letto avevo,
ricordo, una madonna. Di quelle che, in un
quadro, ti guardano, fisse e dolorose, in qualsiasi angolo della stanza tu ti trovi ; e quello
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sguardo m'
m incuteva
a volte una certa paura
che diveniva terrore quando pareva animarsi
al tremolio d'una lampada tenuta accesa non
so più avanti a quale altra immagine, dalla
pietà di mia madre.
Lo sguardo di quella madonna non mi
avrebbe fatto dormire se non avessi avuto
accanto ogni sera, la mamma, che, prima
di tornare alla sua fatica, attendeva paziente
ed amorosa ch' io m'addormentassi, spiando
i miei occhi e il mio respiro. Qualche volta,
ancora in dormiveglia, udivo lo sfiorare del
suo bacio lieve sul mio viso ed il suo passo
già stanco di giovane sposa.
Mamma, domenica mi farò la prima comunione. E mia madre sorrideva di speranza
pensando al mio avvenire.
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Muovo e Vecchio
Che ne sapeva, lei, di Napoleone. Mia
madre non sapeva di storia e tutto il mondo,
per lei era quanto la sua città, e la più
importante cosa del mondo era suo figlio, il
più grande di tutti, il primogenito : ero io.
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Ero io che già d'allora mm'incattedravo
facendo sfoggio con lei della mia istruzione ;
con lei che fingeva di stupire anche quando
non capiva ed era tutta contenta del figliolo
che le veniva su, svelto ed istruito.
Quante cose credetti d' insegnare anche
dopo, a mia madre che m'ascoltava sorridente e beata : goccie di contentezza, nel
mare grande dei suoi dolori ...
Contavo i giorni ad uno, ad uno, ragionavo con tutti del mio vestito bianco, del
nastro di seta e della grandezza del cero
che avrei portato alla chiesa.
Fino a che giunse il gran giorno che mi
svegliai all'alba cominciandomi a ripetere :
ecco, questo è il più bel giorno della tua
vita, stai attento.
Ma felice non ero; e nemmeno contento.
La stessa inquietudine di sempre. Lo stesso
fenomeno di eterna ricerca di qualche cosa
d' inafferrabile, sempre sfuggente. Vissi in
intensità per dodici ore una specie di squilibrio psichico che ricordo ancora.
Ero digiuno. Era proibito mangiare perchè, ci si disse, il Cristo non sarebbe disceso
in noi se avessimo fatta colazione ... Adesso
comprendo l'essenza ed il significato di tutto
ciò ; ma allora mi sfuggiva e non riuscivo a
persuadermi perchè si dovesse stare a digiuno
proprio il giorno più bello della vita.
Passarono le ore, venne mia madre, mi
lavò, mi vestì, mi agghindò, mi fece bello,
mi baciò più del solito e mi fece accompagnare, armato d'un enorme cero. Forse la
felicità verrà dopo, dicevo a me stesso, andando alla maestra, già deluso e immusonito. Ci recammo alla chiesa non ricordo in
quanti. Il cielo, questo si, lo ricordo, era
grigio e piovoso e il fango delle vie inzac-
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75 cherava le mie scarpe bianche e le calze.
Entrammo in lunga fila e s' iniziò la messa
e noi restammo in ginocchio, quasi astratti,
indifferenti, certo già stanchi. Poí ci avvicinammo all'altare, in quattro o cinque la volta.
Ero emozionato. Il prete officiante mormorava le sue parole incomprensibili mentre
un piattino lucido passava di mano in mano
sotto le bocche protese ad accogliere l' Ostia.
Provai, in quell'attimo una sensazione emotiva che non era di dolore, ma neanche di
gioia. Come si fa a descrivere, a tradurre
in parole, certe sensazioni? Io non ci riesco.
Qualche cosa d' indefinito, di sconfinato vagava nell'animo, lo turbava. La fantasia dell'adolescente che tendeva a personificare ogni
impressione, mi diceva, ripetendo le parole
della maestra : Gesù è in te, e tu sei felice,
sei beato ...
Non so perchè, quando entrai in sacrestia
ed i miei compagni s'affollarono intorno ad
un vassoio di biscotti, io mi nascosi in un
angolo e piansi, piansi di sconforto ... nel
più bel giorno della vita.
Quella, forse, fu la prima grande delusione ; e le altre, quelle che vennero dopo,
non l'hanno ancora cancellata.
ERNESTO ALVINO
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ELOGIO DELLA CIPOLLA
Narra la Bibbia, il libro dei libri, che, fra le sabbie del
deserto, i figli di Israele sopra ogni altra cosa lamentavano
la mancanza della cipolla.
Gli ebrei la tenevano in sommo onore per l'azione stimolante e medicamentosa, e usavano mangiarla cruda o appena
rosolata alla fiamma.
I nostri progenitori non erano molto schizzinosi : e l'odore
acuto e appiccicaticcio della modesta cipolla doveva esercitare,
sul loro olfatto primitivo, una singolare attrazione....
Oggi, divenuti più raffinati, arricciamo il naso spesso e volentieri all'odore asprigno del bulbo sacro alla cucina mosaica,
ed apprezziamo il suo valore nutritivo ed il suo sapore acidulo
soltanto quando il profumo ne sia neutralizzato, nei complicati manicaretti dell'arte culinaria dell'alta scuola moderna,
dagli aromi voluttuosi ed appetitosi delle salvie e dei rosmarini.
Ma forse questo disdegno verso il " cibo dei villani " non
è che una posa, o meglio un atto formale e filisteo di ossequio
alle convenienze ed alle convenzioni sociali... Uno dei tanti
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Vecchio e Xu000 76 sacrifici che ci impone il galateo, ai quali siamo ben lieti di
sottrarci in privato. E, nell'intimità, quanti non amano ancora
gustare le squisite delizie delle cipolline sott'aceto
del largo bene eccitatrici?
Il largo uso, è dimostrato dalle vendite sui mercati mondiali. La cipolla oggi si coltiva in quasi tutta l'Emilia e specie
nel Mezzogiorno d'Italia, e dall'originaria terra pavese, ha
oramai invasi e conquistati i mercati della Svizzera, del Belgio,
della Germania e della Francia.
Essa ha forma quasi sferica, con depressione in corrispondenza delle foglie, grossezza e peso medio di 75-85 grammi
per ogni bulbo ; ottima qualità della pasta ; foglie esterne color
di rame: forte resistenza alle pressioni ed agli urti e per ciò
ai trasporti ; perfetta conservabilità del bulbo sino alla primavera successiva... Cresce negli orti e, di compiacenza, nei
terreni ladini e succosi; si alimenta di azoto e di potassa.
Ogni bulbo, si compone, infatti, di 900 parti su 1000 di
acqua ; di 7,03 parti di ceneri ; di 2,39 parti di azoto; di
1,2I parti di acido fosforico e di parti 3,10 di potassa.
Ha virtù diuretiche e lassative. E ancora oggi i pastori
delle campagne abbruzzesi e sarde si cibano, di preferenza,
con pane e cipolle.
I VALORI
La storia non dice se la cipolla comparisse sul tavolo di
Lucullo, ma presso i romani, essa era di consumo generale e
comune.
Presso i liguri, ed in genere presso i popoli rivieraschi, è
ancora oggi largamente usata. La focaccia di Recco e di Camogli, per esempio, può stare alla pari della frittata par.
mense, per saggio impiego del bulbo profumato.
Nella cucina napoletana e specie in quella pugliese è immancabile.
E, dappertutto, ove la cucina si riallaccia alle sane tradizioni dei nostri vecchi, a quella classica arte del buongustaio
che ha avuto in Italia tanti cultori, la cipolla si trova nelle
più svariate ricette.
E quasi quasi ci si meraviglia di non trovarla accennata
nel noto stornello romanesco :
Fior de montana,
pollastri, maccaroni, paste frolle
fiori, carozze, sciurìo e passatene,
che è una specie di vangelo quintessenziale della bella e gradevole vita.
GARGANTUA
Xilografia di G. BALZANI