Caso Assonime n. 3/2009

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Caso Assonime n. 3/2009
3/2009
Il Caso
La prima sentenza della Corte di Cassazione sul nuovo
concordato preventivo
La prima sentenza della Corte di Cassazione sul nuovo concordato preventivo
3 / 2009
IN BREVE
La Cassazione è intervenuta per la prima volta sulla disciplina del concordato
preventivo, di recente riformata. La sentenza si evidenzia per due temi d’interesse.
Innanzitutto, la Corte afferma che, ai fini della formazione del concordato, i soci
finanziatori non possono essere inseriti nel piano di ammissione del quale facciano
parte anche altri creditori chirografari. I soci finanziatori non possono rientrare nel
concordato in applicazione del principio di postergazione stabilito dall’art. 2467 c.c.,
secondo cui il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è subordinato
alla soddisfazione degli altri creditori. Tale principio è derogabile solo con il consenso
della maggioranza di ciascuna classe di creditori.
Il secondo tema rilevante della sentenza è quello relativo alla definizione del concetto
d’indipendenza del professionista che assiste il debitore nella redazione dei documenti
necessari ai fini della presentazione della domanda.
IL COMMENTO
1.
La riforma del diritto fallimentare ha innovato profondamente la disciplina delle
soluzioni concordate e, in particolare, ha delineato l’istituto del concordato preventivo
come una procedura di crisi volta a far emergere anticipatamente il dissesto
dell’impresa, al fine di trovare rapidamente una soluzione non liquidatoria. Il ruolo
centrale nel concordato preventivo è quello dei creditori, che sono i soggetti
maggiormente interessati alla soluzione del dissesto. Una delle principali novità
dell’istituto è rappresentata dalla possibilità di suddividere i creditori in classi. Per
questa via viene offerta ai creditori la possibilità di un recupero più celere dei crediti
vantati, a fronte di una serie di rinunce o modiche dei propri diritti, votati a maggioranza
attraverso il meccanismo delle classi, ove previste.
La Corte di Cassazione si è espressa per la prima volta su questi temi con la sentenza
n. 2706 del 4 febbraio 2009, in cui ha affermato l’ inammissibilità dell’inclusione dei soci
finanziatori nel piano di concordato preventivo della società. Nel caso in questione il
concordato riguarda una s.r.l. Secondo la recente decisione, la libertà lasciata al
debitore nella suddivisione dei creditori in classi per l’ammissione al concordato
preventivo trova il suo primo limite nella necessità che tale suddivisione avvenga
“secondo posizioni giuridiche e interessi economici omogenei” (art. 160 l.f. , primo
comma, lettera c)). La Corte esclude che i soci finanziatori di una s.r.l. possano far
parte del piano con altri creditori chirografari, non solo per la diversa posizione che essi
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rivestono nei riguardi della società, ma, principalmente, per la previsione dell’art. 2467
c.c., che stabilisce la regola della postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci
rispetto alla soddisfazione degli altri creditori1.
L’art. 2467 distingue il diritto di credito del socio da quello degli altri creditori sotto due
profili: a) il rimborso al socio effettuato nell’anno anteriore alla dichiarazione di
fallimento è inefficace e va restituito; b) il credito del socio è postergato a quello dei
terzi creditori. I crediti dei soci costituiscono una sotto categoria dei crediti chirografari
di cui all’art. 111, n. 3, l.fall., postergati a tutti gli altri e non possano formare oggetto di
compensazione con eventuali debiti che il socio abbia verso la società.
Secondo la Suprema Corte, diversamente da quanto stabilito dalla decisione della
Corte di Appello di Bologna impugnata, non è consentito ritenere “omogenei” gli
interessi dei soci finanziatori e quelli dei creditori. La Corte stabilisce altresì
l’inderogabilità dell’art. 2467 c.c., a meno che i creditori stessi non rinuncino al principio
della postergazione mediante espresso consenso della maggioranza di ciascuna
classe. Non è invece da ritenersi sufficiente, al fine della rinuncia, il consenso espresso
dalla maggioranza assoluta del totale dei crediti chirografari2.
Occorre ricordare che la riforma della legge fallimentare ha introdotto l’istituto del c.d.
cram down (art. 180 comma 4 l.f.) per la votazione del concordato, secondo cui
nell’ipotesi in cui siano previste diverse classi di creditori, se un creditore appartenente
ad una classe contesta la convenienza della proposta, il tribunale può ugualmente
omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal
concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente applicabili.
Nel caso in esame il cram down non sarebbe comunque stato applicabile, secondo la
Cassazione, poiché un tale intervento da parte del Tribunale risulta possibile solo in
presenza di una procedura non viziata e dunque valida. La violazione di una norma di
carattere indisponibile, quale è la regola della postergazione, non consente neanche al
Tribunale di superare con il cram down la violazione della regola stabilita dal codice
civile.
La pronuncia della Cassazione interviene su un tema rispetto al quale la
giurisprudenza di merito non aveva raggiunto un orientamento comune. In particolare
1
A commento della disciplina del finanziamento della S.r.l. ed in particolare della disciplina dei creditori
postergati nel sistema delle classi dei creditori si veda la nostra Circolare n. 40 del 17 luglio 2007.
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Come affermato dai giudici di merito.
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alcuni tribunali3 avevano omologato concordati che non prevedevano il pagamento dei
crediti chirografari postergati, ritenendo che non fosse possibile prevedere la
soddisfazione dei creditori postergati in mancanza della previsione del pagamento
integrale degli altri creditori. Diversamente altre corti4 hanno ritenuto omologabili piani
di concordato preventivo che prevedevano la soddisfazione di creditori postergati
nonostante la soddisfazione non integrale degli altri creditori chirografari.
La regola stabilita dalla Suprema Corte, nell’interpretare congiuntamente gli artt. 160
l.f. e 2467 c.c., trova comunque un temperamento nel secondo comma dell’art. 2467.
Secondo tale norma l’applicabilità del principio della postergazione è limitata a quei
finanziamenti effettuati dai soci a favore della società “in un momento in cui, anche in
considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio
dell’indebitamento rispetto al patrimonio oppure in una situazione finanziaria della
società rispetto alla quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”. La disposizione
mira a impedire che i soci possano ricorrere a forme di finanziamento diverso
dall’apporto di capitale di rischio per trarre vantaggio dal minor rigore del regime dei
prestiti rispetto a quello dei versamenti a capitale, a scapito degli altri creditori sociali,
nelle situazioni di crisi dell’impresa. Ai fini dell’applicazione del principio della
postergazione si impone, pertanto, una verifica finalizzata ad accertare la sussistenza,
in concreto, di tali condizioni5. Nel caso di specie questo accertamento di merito non è
stato svolto dai giudici di primo e secondo grado.
In altra recente sentenza la Cassazione si era già espressa6 sull’applicabilità della
regola della postergazione con riferimento ai soli casi dei c.d. prestiti anomali o
“sostitutivi del capitale” e non ad ogni ipotesi di finanziamento da parte dei soci7.
3
Trib. Messina, 29 dicembre 2005, in Il Fallimento, 6/2006, 66 e in Diritto Fallimentare e delle società
commerciali, 1/2007, 77 con nota di MORAMARCO. Sulla stessa pronuncia anche CAGNASSO in Giur. It. 89/2006, 1637.
4
Tra le altre il Trib. Bologna, 26 gennaio 2006, in Il Fallimento, 6/2006, 67, da cui trae origine la sentenza
della Cassazione commentata.
5
Sulla qualificazione e l’ambito di applicazione della regola sul finanziamento si veda la nostra Circolare
40/2007, cit., p.4 e segg..
6
Cass. Civ., sez I, del 24 luglio 2007, n. 16393 in Le Società, 4/2009, p. 453 e segg. con nota di LEONE.
7
Sulla natura dei finanziamenti dei soci si è espresso anche il Tribunale di Milano con due sentenze (Sent.
24/04/2007), nelle quali vengono toccati anche alcuni dei temi più problematici legati alla nuova disciplina
dei finanziamenti dei soci, tra i quali l’applicabilità dell’art. 2467 c.c. anche alle società per azioni ed ai casi
di società non sottoposte a procedure concorsuali o in liquidazione ma sottoposte ad un concorso
esecutivo. Per un commento alle sentenze si veda CAGNASSO, Prime prese di posizione giurisprudenziali in
tema di finanziamenti dei soci di società a responsabilità limitata, in Giur.It., 11/2007, p. 2500 e segg. e
BALP, Sulla qualificazione dei finanziamenti dei soci ex art. 2467 c.c. e sull’ambito di applicazione della
norma, in Banca e borsa, 5/2007, p. 610 e segg..
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Secondo la Cassazione l’art. 2467 c.c. dispone per le imprese in crisi, o che stiano per
entrare in una situazione di crisi, un principio di corretto finanziamento la cui violazione
comporta una riqualificazione imperativa del prestito in prestito postergato, rispetto alla
soddisfazione degli altri creditori.
2.
La pronuncia della Suprema Corte tocca un altro tema d’interesse, relativo
all’indipendenza del professionista che assiste il debitore nella redazione del piano di
concordato e che attesta la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano
medesimo (art. 161 comma 3 l.f.).
La figura dell’esperto attestatore ha avuto un grande rilievo nella disciplina riformata;
infatti le soluzioni concordate sono tutte accomunate, pur con diversa terminologia,
dalla verifica esterna da parte di un esperto sulla fedeltà della rappresentazione dei
dati aziendali e sulla fattibilità delle proposte e dei piani di risanamento.
Il contenuto delle relazioni degli esperti è definito in modo diverso per ciascun istituto,
ad esempio si parla di “veridicità dei dati aziendali e fattibilità del piano” per la proposta
di concordato preventivo (art. 161 l.f.); di “attuabilità” dell’accordo, per gli accordi di
ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis l.f.); di “ragionevolezza” del piano per i piani
attestati esenti da revocatoria (art. 67 comma 3 lett.d) l.f.). Nonostante l’eterogeneità di
tali definizioni, l’attività che sostanzialmente è chiamato a svolgere l’esperto attestatore
stessa appare comunque la medesima. Ovvero quella di considerare legittimi, e
dunque attestare, solo piani effettivi, fondati su dati reali e veritieri e volti ad un
risanamento reale dell’impresa. Il decreto correttivo del 20078 pur non essendo
intervenuto sulla eterogeneità delle definizioni delle attività svolte dall’esperto ha il
merito di aver uniformato per tutte le ipotesi i requisiti di professionalità, richiedendo
che l’esperto sia iscritto nel registro dei revisori contabili e sia in possesso di alcuni dei
requisiti richiesti per essere nominato curatore (art. 28 comma 1 lettere a) e b) l.f.).
La Corte di Cassazione, nella pronuncia in commento, ritiene che il professionista che
attesta la veridicità dei dati e la fattibilità del piano, pur dovendo godere della fiducia del
debitore, si pone comunque in una necessaria posizione di terzietà. A tale scopo, si
ritiene che il consulente dell’imprenditore non si trovi in una posizione di incompatibilità
rispetto al ruolo di esperto attestatore, in quanto è la legge stessa a non prevedere tale
incompatibilità. La figura del consulente dell’imprenditore può quindi coincidere con
quella dell’esperto attestatore.
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Decreto legislativo 169/2007, entrato in vigore il 1°gennaio 2008.
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In particolare, l’evoluzione della disciplina sull’indipendenza dell’esperto, delineata con
il rinvio alla norma sulle incompatibilità del curatore di cui all’art. 28 l.f. (lett. a e b)9,
mette in evidenza che la previsione d’incompatibilità tra incarico di consulenza del
debitore e incarico di attentatore del piano concordatario è stata espressamente
eliminata dalla norma10.
La posizione della Cassazione è interessante sotto un duplice profilo. Da un lato è
condivisibile l’intento di rendere un’interpretazione quanto più possibile vicina alle
ragioni e alle vicende della legge; d’altro lato questa lettura della nozione
d’indipendenza offre la possibilità di valutare sul piano concreto quando sussistano
effettive ragioni d’incompatibilità tra i due incarichi.
Va sicuramente tenuto conto della specificità dei due incarichi: il consulente di solito
svolge un ruolo di assistenza all’imprenditore nella redazione del piano, mentre
l’esperto attentatore verifica la bontà del piano in base ad una previsione normativa e,
in questo senso, la su attestazione ha funzione di garanzia verso creditori. Tuttavia non
è detto, in ragione della particolare esperienza e competenza del professionista o della
particolare natura dell’attività dell’impresa, che l’aver svolto incarichi di consulenza del
debitore sia di per sé incompatibile con la predisposizione e l’attestazione di un serio
piano concordatario, che offra ampia tutela alle posizioni creditorie.
Inoltre, la duplicità dell’incarico potrebbe portare ad un aggravio dei costi di gestione
dell’impresa e anche sotto questo profilo, l’aver accolto una posizione che non
impedisce in sè l’assunzione del doppio ruolo di consulente e attestatore favorisce
opzioni concrete più efficienti11.
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L’art. 161 l.f. attraverso il rinvio all’art. 67 co.3 lett. d) l.f. richiama per il professionista attestatore le
incompatibilità previste dalla legge per il curatore all’art. 28 l.f. lett. a) e b).
10
Con il decreto legislativo correttivo del 2007. L’art. 161 l.f. nella precedente formulazione rinviava
integralmente alle cause di incompatibilità dell’art. 28, tra le quali rientrava anche l’incompatibilità per il
professionista che avesse svolto attività a favore del debitore.
11
Sul punto le Linee Guida per il finanziamento alle imprese in crisi, elaborate dall’Università degli Studi di
Firenze con la collaborazione del Cndec ed Assonime nel Maggio 2008, indicano una soluzione più
prudente ed affermano che pur non vigendo un divieto espresso a che il consulente, avendone i requisiti,
possa svolgere anche la funzione di attestatore, una distinzione soggettiva tra i due sia auspicabile. Infatti
secondo la Best practice n. 2 “Indipendenza e terzietà del professionista e tempestività del suo intervento:
Il professionista non deve trovarsi in una delle situazioni di incompatibilità previste per le società di
revisione che svolgono l’attività di revisione contabile delle società quotate, rispetto all’impresa e a coloro
che beneficiano delle esenzioni da revocatoria in base al piano, e comunque rispetto ai principali creditori.
E’ opportuno che il professionista, pur potendo intervenire già nella fase della redazione del piano al fine di
acquisire le necessarie informazioni, sia soggetto diverso dal consulente”. Secondo le Linee Guida se le
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INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Circolare Assonime 40/2007; Guida alla riforma delle procedure concorsuali,
Assonime, settembre 2008; Rapporto di sintesi del primo anno di applicazione della
riforma, Osservatorio Assonime della riforma delle procedure concorsuali, settembre
2007; Linee Guida per il finanziamento alle imprese in crisi, Università degli Studi di
Firenze, maggio 2008; CAGNASSO, Prime prese di posizione giurisprudenziali in tema di
finanziamenti dei soci di società a responsabilità limitata, in Giur.It., 11/2007, p. 2500 e
segg.; MORAMARCO, La postergazione del finanziamento dei soci nelle società a
responsabilità limitata ed il concordato fallimentare, in Il diritto fallimentare e delle
società commerciali, 1/2007, p. 77 e segg.; e BALP, Sulla qualificazione dei
finanziamenti dei soci ex art. 2467 c.c. e sull’ambito di applicazione della norma, in
Banca e borsa, 5/2007, p. 610 e segg ; MANDRIOLI, La disciplina dei finanziamenti soci
nelle società di capitali, in Società, 2006, p. 173 e segg.; CAGNASSO, Nuovo concordato
preventivo, suddivisione in classi dei creditori e soci finanziatori di società a
responsabilità limitata, in Giur. It., 2006, p. 1637 e segg.; PORTALE, I finanziamenti dei
soci nelle società di capitali, in Banca e borsa, 2003, p. 663 e segg.; LEONE, Contributi
in conto capitale: generalità della fattispecie e invalidità della delibera di restituzione ai
soci, commento alla sentenza Cass. Civ. sez. I, 24 luglio 2007, n. 16393, in Le Società,
4/2009, p. 453 e segg..
Assonime
Area Diritto Societario
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vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo
due figure si connotano per avere ruoli diversi, funzioni differenti e dissimili conseguenti responsabilità, è
pur vero che tale dualismo crea un aggravio dei costi nella gestione della crisi imprenditoriale.
L’incremento dei costi potrebbe comunque essere giustificato dai benefici derivanti dall’avvalersi della
professionalità di due soggetti dotati di capacità differenti. Nella scelta dei soggetti di cui avvalersi
l’imprenditore dovrebbe comunque considerare che, qualora si propenda per un consulente-attestatore,
dovrebbe essere corrisposto a tale soggetto un compenso maggiore, in ragione del doppio ruolo svolto
nell’ambito del progetto di risanamento dell’impresa.
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