«Ma i disabili non resistono dïvïsï»
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«Ma i disabili non resistono dïvïsï»
La casa fainïglia colpita dal sisma « Ma i disabili non resistono dïvïsï» La strutt a ospita Giaco) o, che ha 77 anni, e tanti ragazzi. L'appello: ci serve quando disse basta alle creme e alla pasta frolla. Il lavoro di pasticcere nella sua Varese gli piaceva, ma sognava da sempre di essere utile agli altri. dal nostro inviato Marco Imarisio MACERATA Quando i Vigili del fuoco li hanno fatti entrare in casa per prendere le loro cose, Giacomo è sparito. Ha approfittato della confusione, e della fretta che impone l'obbligo di scegliere gli oggetti da portar via con il timore che il campanile della chiesa di Sant'Andrea crolli sulla canonica dove vivevano tutti insieme. Si è allontanato, per la prima volta da quando è arrivato. Lui, che dal 2004 li segue come un'ombra, che non vuole scendere dal furgone se prima non scendono loro. Ha 77 anni, è sordo, diabetico, afflitto da disturbi mentali e manie di persecuzione che richiedono cure continue. «Era pochi giorni fa. Dalla grande scossa del 30 ottobre niente è più al suo posto. Sballottati come siamo da un posto all'altro, io, mia moglie e la nostra famiglia, cerchiamo di capire senza riuscirci qual è la nostra quotidianità. Non sai cosa fare, non sai come lo devi fare. Ma al tempo stesso, vista la situazione dei nostri ragazzi, compreso Giacomo, che poi abbiamo ritrovato, siamo obbligati a ritmi frenetici. Abbiamo tirato fuori la roba da casa nostra, ci siamo sparpagliati. Sempre più spesso, quando mi fermo un attimo, mi sorprendo a guardare nel vuoto. Non riesco a capire cosa succede, non riesco a immaginare cosa sarà di noi». Il male che il terremoto lascia dietro di sé è anche questo. Sconvolge il bene, lo mette di fronte a dubbi atroci, ogni scossa sembra che faccia vacillare anche le scelte di vita più belle, quelle che noi profani ammiriamo da lontano, quasi increduli del fatto che possa esistere gente come Valentino e Roberta Nobili. Aveva 22 anni Mollò tutto e andò a Rimini. Entrò da volontario laico nella Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Doveva partire per la Bolivia quando conobbe Roberta, che viveva a Tolentino. Si sposarono nel 2001 e poi partirono insieme. Divennero responsabili di tre centri per alcolisti nelle periferie di La Paz. Nel 2004 adottarono un bimbo boliviano con una grave disabilità. Tornarono in Italia, a Tolentino, portandosi dietro un ragazzo di 16 anni malato terminale di tumore. Morì un anno e mezzo dopo, nella casa famiglia «Nostra signora della pace», da loro fondata. Il campanile appare sbilenco anche a occhio nudo. Nessuno lo ha ancora detto a Valentino, ma lui ha capito. Sarà ben difficile tornare in quella che è stata la casa degli ultimi dieci anni, per i suoi tre figli naturali, Alessia, Federico e Ilaria, di 14, 12 e 8 anni. E per gli altri. Oltre a Giacomo c'è Giulio, adottato, appena maggiorenne, affetto da paralisi cerebrale. Fino a cinque anni fa non riusciva a camminare. Oggi gioca in porta in una squadretta di calcio. Non ha ancora capito cosa è successo. Quella mattina ebbe una rica- duta. Rimase paralizzato nel suo letto mentre tutti cercavano di scappare all'aperto. Federico se ne accorse e tornò indietro per aiutarlo a sollevarsi e portarlo in salvo. Poi Sirin, anche lei adottata, ipovedente, sorda, malata di ansia, che fa la seconda media. E Giuseppe, paraplegico, da 7 anni costretto su una carrozzina per un angioma al midollo. Dieci persone in tutto. La difficoltà di ricominciare, di tornare davvero a vivere, è negli sguardi smarriti degli ospiti della «Nostra signora della pace». Adesso sono stati temporaneamente accolti dalla curia di Macerata in un piccolo appartamento del seminario diocesano. All'inizio Giuseppe era stato spedito in Puglia, le scosse gli facevano troppa paura. Aveva chiesto di tornare. Era finito presso una famiglia di Cingoli, a un'ora di macchina da Tolentino. Altri avevano trovato ospitalità in case private, poi erano stati riuniti in un appartamento messo a disposizione dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, infine dichiarato inagibile. Una specie di gioco dell'oca, posto dove tutte le pedine hanno un disperato bisogno di stare nella stessa casella. «Con quel che vedo intorno a me non mi voglio certo lamentare». Valentino non è abituato a chiedere. Nel 2015 fu il meccanico a rendersi conto che il furgone con il quale trasportava i suoi disabili alle cure quotidiane contava ormai più di trecentomila chilometri. Contattò di propria iniziativa la Fondazione Colonna di Macerata. Pochi mesi dopo arrivò un'auto da sette posti dotata di gru mobile. «Giriamo come pazzi da un posto all'altro per non far mancare nulla ai nostri cari, ma la precarietà fa stare tutti male». Alessia, la figlia maggiore, si fa meno scrupoli del padre. «Abbiamo bisogno di un posto dove vivere tutti insieme. Altrimenti i nostri disabili psichici non ce la fanno ad andare avanti». Il vecchio Giacomo è stato scovato nella sua cameretta. Si era messo in pigiama e stava per infilarsi nel letto. Non ha mai provato a fuggire. Era solo felice di essere nuovamente a ca- sa. Insieme La casa famiglia «Nostra signora della pace» RIPRODUZIONE RISERVATA