Pdf Opera - Penne Matte
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SOGNI IMMORTALI Al di là di infiniti mondi fragori di forgiature scandivano il tempo restante all'apocalisse. Il metallo rovente poggiato sull'incudine era percosso dal maglio di Rall: il tormento delle ere. L'onda sonora prodotta s'irradiava nello spazio come un avvertimento, un monito di sventura per chiunque avesse l'ardire di opporsi al maligno che attendeva la rinascita. Il magico oggetto calava con potenza e precisione, battendo, forgiando, creando milioni di scintille che schizzavano in ogni dove, come l'esplosione di un fuoco d'artificio. Alcune colpivano il braccio nerboruto del ferraiolo, rivelando muscoli segnati dalle molte ore di lavoro, altre rimbalzavano a terra, illuminando le tibie avvolte da schinieri d'acciaio, mettendo in mostra volti diabolici che affioravano in rilievo. Sbuffava. Il mantice di pelle sbuffava con forza sulla forgia, alimentando le braci e iniettando ceneri nel fumaiolo, le quali si levavano nei cieli oscurando il sole, creando un crepuscolo virtuale, contro natura, nel meriggio appena iniziato. Senza preavviso il battere cadenzato del maglio cessò, silenzio ermetico cancellò il grezzo rumore. La porta della fucina gemette per brevi attimi poi, un boato assordante lacerò la quiete riducendo in brandelli il legno nodoso che la componeva. Il ruggito metallico e prepotente della tripletta a pulsar riecheggiò nella valle, incutendo terrore nei molti diavoli emersi dal sottosuolo, disseminati lungo la distesa sterile. L'importante arma creata da Daesmon, il Gigante, l'Armaiolo, il Forgiatore di distruzione era pronta. Sollevata a misura d'uomo attendeva la sua ora per mietere spiriti malvagi. "MangiaAnime" l'aveva soprannominata. Fumava ancora quando il demone primordiale, colpito a morte da un suo proiettile, cadde a terra perforato da parte a parte. Carne arsa vagava nell'aria, talmente fine che si poteva percepire il sapore oltre che l'odore. Solo pochi dannati tentarono la sorte, ma la "MangiaAnime" non dispensò fortuna a nessuno. Daesmon se ne stava lì, sul limitare della porta. Brandiva l'arma con estrema disinvoltura, eruttando colpi con precisione assoluta. La distesa arida in un attimo venne irrorata e ricoperta dal sangue e dai brandelli di carne dei demoni. Una cornice di morte. Una mattanza. Una devastazione assoluta. Il tutto durò poco minuti. L'imponente guerriero si lasciò scappare un lamento. Non sopportava l'olezzo acre della carne riarsa, soprattutto quella di demone. Si incamminò su, per il sentiero frastagliato della montagna. Giunto in cima, sullo sperone roccioso del “dito di Dio”, un monolite di pietra che si allungava verso gli empirei, si erse stoico spaziando con la vista in lontananza. Lo sguardo furioso scrutava la valle avvolta dalla nebbia del crepuscolo. Cercava qualcuno, ma il sole nero calato per metà dietro la nervatura del Santo, una sporgenza irregolare che ricordava un'aureola, non lascia in alcun modo sondare nella penombra, quando le sue iridi corvine lo incontrarono. Il Cavaliere Nero. Stava seduto sul suo stallone d'acciaio, ammirava perverso la conclusione della battaglia, le carcasse scheletriche sventrate, estirpate della vita. Il Gigante lo scrutò, sia lui che l'animale. Una bestia imponente le cui froge si dilatavano e stringevano come il petto ansimante dell'uomo in nero, sbuffando condensa nel vento. Il campione di Ar, così era conosciuto nel regno di Ammeril, in una mano serrava con enfasi la briglia di pelle dell'animale, mentre nell'altra, rivestita da un guanto in ferro, impugnava Alastor, la leggendaria spada di Dante. Il silenzio si frappose tra i due, quando l'uomo in nero emise un ruggito disumano che venne eruttato attraverso le lamine di ferro dell'elmo, sollevò la claymore verso la volta celeste. L'incantato strumento di morte rubò al tramonto riflessi violacei che rifulsero nell'ambiente accecando per attimi Daesmon. Infastidito si passò la mano sul volto, inchiodò lo sguardo furente sulla figura enigmatica inglobata nel sole nero e gli puntò la “MangiaAnime” dritta al petto. Io non volevo tutto questo ruggì. Non avevo chiesto nessuna evocazione, eppure la forgia e il maglio di Rall hanno sprigionato una forza impressionante. Energia assopita, e questo è il risultato scosse leggermente l'arma infernale. Un movimento fluido, come un soffione alla mercé del vento, accompagnò il balzo del cavaliere nero dalla sella del destriero al terreno. L'impatto creò profonde spaccature larghe circa un palmo. Stolto ringhiò all'indirizzo del gigante. I bulbi oculari celati dietro la maschera di ferro fiammeggiarono di collera. Forze maligne, millenarie erano sigillate in quel crogiolo di braci. E tu, stupido egoista, hai risvegliato la maledizione. Il dito rivestito d'acciaio dritto verso il colosso di muscoli. Daesmon abbassò lo sguardo e rimase in silenzio per attimi, assorto nei suoi pensieri. Una corrente gelida soffiò, sollevando polvere e nascondendo per pochi attimi il Gigante alla vista del Cavaliere Nero. Non voleva ammetterlo, ma il potere che scorreva dentro di sé lo faceva stare bene. Questa è la guerra disse Daesmon e qualsiasi mezzo per vincerla è lecito. Un luccichio folle segno l'angolo dell'occhio sinistro. Il cavaliere digrignò nervosamente i denti, palesando tutta la sua collera. Con un movimento rapido scostò il mantello scuro dal petto. Appeso al collo portava un piccolo involucro di pelle, un contenitore decorato con rune argentee. Lo afferrò con le dita e lo strappò con forza. Mi dispiace, ma io devo proteggere gli innocenti, non posso lasciarti andare oltre Daesmon il gigante. D'impulso sollevò la reliquia sacra verso gli empirei, la strinse finché le nocche non sbiancarono e pronunciò una parola sola. Shiva! Freddo. Freddo glaciale. Quel piccolo contenitore in cuoio rilasciò magia. Trame di fumo si espansero nel vento, fino su ai cieli, come serpi striscianti. Nubi livide, cariche di tempesta, si ammassarono tra loro creando un agglomerato spugnoso, senza luce. La valle venne soffocata da una coltre di ghiaccio candida. Le cime delle montagne, le carcasse dei demoni, la fucina di Daesmon, il piccolo ruscello che scorreva a fianco, tutto cristallizzato. Un mutamento climatico dominato da quel ciondolo. Il Gigante rimase immobile a scrutare la falange bianca avanzare verso di lui. Sollevò appena il capo, udendo il frusciare del ghiaccio avanzare verso di lui, poi serrò gli occhi pronto all'urto. L' onda lo investì in pieno viso, ma non accadde nulla. La magia oscura riversata dal maglio e dalla forgia alla MangiaAnime aveva eretto una barriera incorporea attorno al suo corpo, evitando l'impatto. Un ghigno beffardo si modellò sul suo viso. Daesmon aveva compreso quale enorme potere era rinchiuso nell'arma catastrofica. Gridò. Gridò si soddisfazione, buttando fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni, e non solo. La forza marchiata in quel grido risvegliò la bestia antica annidata nell'arma. Fuoco. Fuoco infernale. La MangiaAnime sputò fuori un essere abominevole, simile a un Minotauro, ma con corna più lunghe, avvolto da fiamme perpetue che sciolsero il ghiaccio, bruciando la terra sottostante. Il Cavaliere Nero serrò con enfasi il guanto ferrato sull'impugnatura di Alastor. Questa rispose con un sussulto. “Rivelati” mormorò. Dal nulla apparve Shiva. Un Demonedonna, con lunghi cappelli argentei che toccavano terra. A ogni passo emanavano polvere di ghiaccio. Non una sola parola. Per alcuni secondi nella valle non riecheggiò nessun rumore. Uno di fronte all'altro. Due simulacri. Fuoco e ghiaccio. Si fronteggiarono in una cornice apocalittica. Dunque era questo il destino a cui andavano in contro. Una lotta serrata per stabilire chi avrebbe imposto il proprio predominio. Shiva sollevò la mano, questa cristallizzò e una raffica di vento gelido esplose in direzione del Minotauro. L'abominio di fuoco lasciò che la tempesta bianca giungesse a pochi metri da lui, poi gonfiò il petto, spalancò le fauci, mostrando al suo interno un fermento di braci, e sputò fuori una vampa di fuoco che impattò contro la magia della dea. Pochi attimi, e la bolla d'energia creatasi dallo scontro deflagrò. Un boato fragoroso seguito da un'onda d'urto dirompente si propagò nella valle, radendo al suolo tutto ciò che si oppose al suo potere. Ben presto la visibilità si ridusse al minimo. Il cavaliere nero, come Daesmon scrutarono attraverso la fitta foschia che invadeva lo sfondo. Pochi attimi e la nebbia si diradò mostrando ai due contendenti la valle vuota. Shiva e il Minotauro era scomparsi nel nulla. Al loro posto lame di luce che perforavano i cieli della sera, abbattendosi sul terreno. Si dilatavano sempre più inghiottendo il mondo come se fossero un buco nero. Il gigante guardò ancora una volta il cavaliere nero dritto negli occhi. Sogghignò, poi provò a parlare, ma la voce che si udì nel vento non fu la sua. Era di donna, e giungeva dall'alto. Forza Omar, svegliati. Lo scricchiolio delle tapparelle si diffuse nella stanza. Devi andare a scuola.