Introduzione II parte - Dipartimento di Elettronica Applicata

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Introduzione II parte - Dipartimento di Elettronica Applicata
Parte II
Diffrazione elettromagnetica da
strutture dielettriche periodiche
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Introduzione alla parte II
Gli atomi e le molecole nello stato di associazione in raggruppamenti periodici regolari, cioè in cristalli, presentano notevoli proprietà che la fisica dello stato solido,
tenendo conto della periodicità in termini di onde di Bloch, ha scoperto e studiato
nella prima metà del ventesimo secolo [101]. Oggetto di questa parte della tesi sono
strutture che presentano una periodicità su scala macroscopica, su distanze dell’ordine della lunghezza d’onda della luce, delle onde millimetriche o delle microonde.
Il comportamento di tali strutture, illuminate da un campo elettromagnetico, risulta essere particolarmente interessante ed in generale è connesso a fenomeni non
quantistici, bensì di propagazione, scattering e diffrazione [102]. Tuttavia, è ben
noto come l’esperienza acquisita nella meccanica quantistica e nella fisica dello stato
solido sia spesso risultata di enorme aiuto nello studio dell’interazione tra campi
elettromagnetici e mezzi periodici [103].
La più importante categoria di strutture periodiche a livello macroscopico è
costituita dagli elementi ottici diffrattivi, solitamente indicati in letteratura con l’acronimo DOE (Diffractive Optical Elements) [104]. Tali componenti si comportano
diversamente dalle generiche superfici rugose, in quanto diffrangono un’onda piana incidente in direzioni privilegiate, chiamate ordini spettrali o diffratti, invece di
scatterarla in tutto lo spazio. Permettono sia di sostituire elementi riflessivi e rifrattivi nelle loro tradizionali funzioni, sia di agire sul campo elettromagnetico in
modi altrimenti irrealizzabili [105]-[107]. Suscitano notevole interesse per le numerose applicazioni in svariati campi quali l’ottica integrata, la spettroscopia, l’olografia, l’acusto-ottica, l’elaborazione delle immagini, le telecomunicazioni, l’astronomia
[103, 105, 108]. Sono presenti in numerosi oggetti di uso comune come lettori CD,
stampanti e scanner, lettori di codici a barre, dettagli di sicurezza in carte di credito
e banconote, visori, display pubblicitari [106, 109].
Un interesse notevole è rivolto verso la generazione, la caratterizzazione e la propagazione di campi ottici che presentino proprietà di polarizzazione non convenzionali: i cosiddetti reticoli di polarizzazione, nei quali una caratteristica di anisotropia
varia periodicamente lungo una coordinata trasversa, possono ad esempio essere uti97
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lizzati come filtri polarizzatori o come analizzatori di polarizzazione [110, 111]. Uno
degli approcci usati nella realizzazione di elementi anisotropi variabili spazialmente
passa attraverso la produzione di una classe di dielettrici artificiali le cui proprietà
dielettriche siano determinate da strutture subwavelength (cioè aventi un periodo
molto minore della lunghezza d’onda incidente) incise su di essi [112]-[116].
Molte strutture diffrattive non propriamente periodiche, ad esempio le lenti,
possono essere trattate come reticoli dal passo continuamente variabile [117, 118].
I DOE sono particolarmente adatti ad essere integrati, poiché presentano il triplice vantaggio di essere compatti, economici e facilmente realizzabili. Le attuali
tecnologie permettono infatti di realizzare elementi ottici diffrattivi di dimensioni
estremamente contenute, in grandi quantità ed a costi molto limitati. I metodi di
produzione sono la lavorazione a punta di diamante, la registrazione interferometrica oppure, per gli elementi miniaturizzati e gli allineamenti ottici, processi di
fabbricazione del tutto simili a quelli usati per i dispositivi elettronici [119, 120]. Le
tradizionali tecniche meccaniche di lavorazione e successiva ripulitura permettono
di ottenere delle buone superfici sferiche e cilindriche, ma già per piccole correzioni
asferiche i costi crescono notevolmente. La lavorazione a punta di diamante permette invece di fabbricare superfici asferiche con notevole precisione, ma non copre
molti settori quali la realizzazione di elementi miniaturizzati e l’ottica degli array.
La registrazione interferometrica consiste nel ricoprire una lastrina piatta di materiale fotosensibile, il quale viene prima impressionato da un laser e poi rimosso
nello sviluppo; il fotoresist stesso va a costituire l’ottica diffrattiva desiderata [121].
La fabbricazione di dielettrici artificiali per applicazioni ottiche, caratterizzati da
una risoluzione spaziale molto elevata e geometrie minime dell’ordine della decina o
centinaia di nanometri, necessita l’adozione delle più avanzate tecnologie di nanofabbricazione [123]. Le ottiche diffrattive per laser di potenza, lavorando con elevate
densità di potenza e di energia, sono sottoposte a notevoli sollecitazioni termiche e
meccaniche e hanno bisogno di specifiche tecniche di microfabbricazione, complesse
e costose [122].
Gli elementi diffrattivi possono essere realizzati in quasi ogni materiale utilizzato
in ottica, fotonica, optoelettronica ed elettronica: quindi in silice fusa, silicio, SiO2,
SiON, Si3N4 , vetro, alluminio, cromo, rame, germanio, oro, nickel, ZnS, materiali
plastici quali resine acriliche, epossidiche e poliamidiche, policarbonati, ed altri [124][127].
Per diversi decenni l’equazione del reticolo [128] è stata la principale fonte di
informazione di cui gli ingegneri ottici potessero disporre nel campo della teoria della
diffrazione: essa determina le direzioni di propagazione degli ordini diffratti riflessi
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e trasmessi da un reticolo, ma non permette di calcolare quale frazione della potenza incidente confluisce nelle varie direzioni. In seguito all’osservazione di alcuni
fenomeni di particolare interesse quali le anomalie di Wood [129] ed altre anomalie
di risonanza [35], comparve in letteratura il primo tentativo di risolvere il problema
della diffrazione da reticolo in modo rigoroso: in [130], lavoro risalente all’inizio del
ventesimo secolo, Lord Rayleigh stabilisce che fuori dalla regione periodica il campo elettromagnetico vicino possa essere rappresentato mediante una serie costituita
da onde che si propagano e da onde evanescenti (espansione di Rayleigh). La validità della serie all’interno del reticolo è rimasta a lungo oggetto di intensi dibattiti
scientifici, finché si è stabilito che impiegarla per esprimere il campo nella regione
periodica è corretto solo per un determinato tipo di reticolo e nel caso in cui esso
sia poco profondo [131, 132].
La trattazione scalare [133], che trascura la natura vettoriale della luce, è tuttora
un approccio molto diffuso nell’analisi dei DOE: essa offre risultati affidabili quando
il campo diffratto è costituito da un insieme di onde piane inclinate poco rispetto
alla direzione di propagazione, dunque permette di studiare strutture il cui periodo
è grande rispetto alla lunghezza d’onda della radiazione incidente [134].
Se il periodo è invece molto piccolo rispetto alla lunghezza d’onda, il reticolo può
essere descritto come un mezzo omogeneo il cui indice di rifrazione efficace dipende
dai dettagli della struttura e dalla polarizzazione della radiazione incidente [104].
Quando il periodo è comparabile alla lunghezza d’onda (il cosiddetto dominio di
risonanza dell’ottica diffrattiva), i DOE vanno studiati impostando il problema in
modo rigoroso, partendo dalle equazioni di Maxwell ed implementando le soluzioni
analitiche con opportuni algoritmi numerici [35, 135, 136]. La trattazione rigorosa
degli elementi ottici diffrattivi permette di studiare in modo completo le proprietà dei
componenti, di comprenderne i limiti operativi, di analizzarne la risposta angolare
ed in frequenza, di scoprire nuove soluzioni, non prevedibili con l’approccio scalare,
che possono risultare molto efficienti. I risultati forniti dalla teoria elettromagnetica
della diffrazione sono esatti dal punto di vista teorico, affetti solo da approssimazioni
numeriche introdotte in fase di calcolo (errori di arrotondamento, troncamento del
numero di equazioni o del numero di armoniche del campo, ecc.).
Esistono diversi metodi rigorosi per l’analisi dei DOE bidimensionali (2D), sviluppati a partire dal 1960. I più usati sono il metodo integrale, quello differenziale
classico, le sorgenti fittizie, diversi metodi modali, gli elementi finiti ed il metodo
delle funzioni di Green [35, 137, 138]. In generale, in ciascun metodo si parte dalle
equazioni di Maxwell scritte in forma integrale o differenziale, le si proietta su un
insieme di funzioni, si impongono le condizioni al contorno, si usano tecniche va-
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rie per semplificare le equazioni ed evitare singolarità ed instabilità numeriche, e si
giunge ad un sistema algebrico di equazioni da risolvere per calcolare le ampiezze
complesse degli ordini diffratti.
Il metodo integrale è stato sviluppato da diversi autori intorno al 1966 [139, 140]
per studiare DOE perfettamente conduttori ed è stato generalizzato nel 1972 al caso
di conducibilità finita [141]. Se il reticolo è definito da una superficie periodica di
profilo arbitrario P , la tecnica consiste nell’introdurre, tramite il teorema di equivalenza, delle distribuzioni di corrente elettrica e magnetica incognite su P . Facendo
uso delle funzioni di Green relative alla struttura in esame si possono calcolare i
campi all’interfaccia P . Imponendo la continuità dei campi elettrico e magnetico
tangenziali si ottiene un sistema di equazioni integrali accoppiate, la cui soluzione numerica costituisce il punto chiave del metodo: esse presentano infatti nuclei
singolari a causa della divergenza delle funzioni di Green per punti sorgente ed osservazione molto vicini tra loro. Eliminate le singolarità, le equazioni integrali possono
essere ridotte ad un sistema lineare di equazioni algebriche discretizzando il profilo
della struttura periodica.
Diverse altre tecniche rigorose utilizzano simili proiezioni delle equazioni integrali su punti o segmenti discretizzati lungo il profilo del reticolo (metodo degli
elementi finiti unidimensionale, metodo delle funzioni di Green), su punti posti fuori
dalla superficie di interfaccia (metodo delle sorgenti fittizie), o su griglie di segmenti
bidimensionali (metodo degli elementi finiti bidimensionale) [138, 103].
Numerosi metodi risolvono il problema della diffrazione elettromagnetica da
reticolo a partire dalle equazioni di Maxwell scritte in forma differenziale.
La tecnica modale [142, 135] rappresenta i campi mediante espansioni di Rayleigh all’esterno e sviluppi modali di Floquet all’interno del reticolo; inoltre fa uso dello
sviluppo in serie di Fourier della distribuzione della costante dielettrica della regione periodica. Sfruttando l’ortogonalità di queste basi si trasformano le equazioni di
Maxwell in un sistema di equazioni differenziali ordinarie. Imponendo le condizioni
al contorno alle superfici di interfaccia tra mezzo periodico e omogeneo, si ottiene un
sistema linere algebrico da risolvere per calcolare i coefficienti incogniti degli sviluppi
in serie. Il metodo modale si rivela particolarmente efficiente per studiare strutture
dielettriche, ma è stato applicato anche all’analisi di reticoli metallici [143, 144]. In
letteratura sono state proposte diverse formulazioni del problema agli autovalori allo
scopo di migliorare la convergenza del metodo modale all’aumentare del numero di
ordini diffratti trattenuti negli sviluppi in serie [145]-[147]; particolarmente importante a questo proposito è il lavoro [148] di Li, sulla corretta applicazione delle regole
di fattorizzazione dei coefficienti di Fourier.
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Un’implementazione leggermente diversa della tecnica modale è stata sviluppata
da Burckhardt [149], Peng et al. [150], ed indipendentemente in Russia [151]; questa variante è nota con il nome di metodo dell’onda accoppiata (RCWA, Rigorous
Coupled-Wave Analysis) [152, 153].
Alcuni approcci differenziali, come ad esempio la tecnica del mapping conforme
[143] o il metodo C [154, 155] fanno uso di trasformazioni delle coordinate allo scopo
di semplificare le condizioni al contorno all’interfaccia tra reticolo e mezzo omogeneo.
Nel metodo delle matrici di scattering [156] la struttura periodica è considerata
come una cascata di giunzioni tra guide dielettriche planari con la stessa altezza
(il periodo). Si calcola la matrice di scattering generata ad ogni giunzione (che
corrisponde alla superficie di separazione tra due diversi strati del reticolo) e si caratterizza l’elemento diffrattivo combinando le varie matrici di scattering secondo
le regole della teoria dei circuiti a microonde [157]. Il problema di scattering relativo all’analisi di una singola giunzione si può formulare in termini di un’equazione
integrale ottenuta applicando il teorema di equivalenza.
Se la teoria elettromagnetica della diffrazione è stata impiegata estesamente, in
letteratura, allo studio di reticoli con profili bidimensionali, essa non ha ancora trovato ampia applicazione nell’ambito dell’analisi di strutture periodiche tridimensionali
(3D), con doppia periodicità. La trattazione rigorosa di reticoli 3D, infatti, è un
problema numericamente oneroso anche qualora si abbiano a disposizione macchine
di calcolo moderne; per tale motivo, attualmente, l’intero dominio di risonanza dell’ottica diffrattiva tridimensionale risulta inesplorato in letteratura, fatta eccezione
per alcuni casi di periodi vicini alle lunghezze d’onda ottiche.
D’altro canto lo studio di elementi periodici 3D è un campo di ricerca che suscita
notevole interesse a causa delle interessanti applicazioni di tali strutture con profilo
sia binario [158, 159], sia multilivello [158, 160], sia anche continuo [161, 162].
Diversi sono gli approcci proposti in letteratura per analizzare in modo rigoroso
i reticoli tridimensionali: alcuni di tipo differenziale come il metodo di RayleighFourier [163, 164], altri alle differenze finite [165, 166], estensioni del metodo di
Chansedon [167, 168] o ancora il metodo regolarizzato di Waterman-Rayleigh [169].
Alcuni metodi consentono di studiare reticoli perfettamente conduttori [35, 170],
altri conduttori [171], altri ancora dielettrici [172]-[174].
La tecnica rigorosa più avanzata per lo studio di elementi diffrattivi 3D è quella
modale di Fourier, pubblicata inizialmente da Bräuer e Bryngdahl [174] e Noponen
e Turunen [175], basata sulla soluzione dei modi guidati della struttura.
Utilizzando le corrette regole di fattorizzazione per i coefficienti di Fourier [148],
Li [176] ha ottenuto anche nel caso 3D una formulazione del problema agli autovalori
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più rapidamente convergente. Egli ha inoltre generalizzato il metodo modale al caso
in cui la doppia periodicità si abbia lungo due direzioni non ortogonali tra loro. In
fase di implementazione numerica è necessario considerare un numero finito di ordini
diffratti dal reticolo 3D: abitualmente questi vengono scelti, nello spazio di Fourier
bidimensionale, giacenti in un’area rettangolare centrata sull’ordine indiffratto. Nel
lavoro [176], Li ha mostrato come in alcuni casi si possano migliorare le proprietà di
convergenza con un criterio di troncamento circolare intorno all’ordine indiffratto.
Nonostante il metodo modale di Fourier risulti migliore di altri approcci più
laboriosi dal punto di vista numerico, esso non ha ancora trovato in letteratura
ampia applicazione, mentre continuano ad essere impiegati metodi inefficienti.
Il metodo dell’onda accoppiata è stato esteso al caso tridimensionale in [173, 177,
178]. Nella versione elaborata da Lalanne [179], tale approccio è stato impiegato
da Glytsis in [180] per studiare i limiti della teoria scalare della diffrazione nel caso
tridimensionale.
In questa parte della tesi si è affrontato lo studio elettromagnetico degli elementi
ottici diffrattivi bidimensionali e tridimensionali, sviluppando ed applicando metodi
modali di Fourier.
Si è iniziato risolvendo il problema del reticolo binario bidimensionale (capitolo
1). Nonostante la semplicità strutturale del reticolo binario, esso è impiegato in
numerose applicazioni; ma la sua trattazione è importante soprattutto perché fornisce le basi per la soluzione di strutture multistrato 2D mediante le quali si possono
espletare elaborate funzioni ottiche. Nel capitolo 2 sono riportati alcuni risultati numerici relativi a simulazioni effettuate utilizzando i codici implementati per studiare
i reticoli binari: confronti con risultati teorici e sperimentali disponibili in letteratura; analisi delle proprietà del metodo al variare di parametri geometrici e fisici di
interesse; studio di alcune semplici applicazioni quali duplicatori, triplicatori, lamine
di ritardo e filtri selettivi in frequenza; reticoli di Dammann.
In un secondo momento si è risolto il problema del reticolo multistrato 2D,
costituito da un numero finito di strati ognuno dei quali sia un reticolo binario
(capitolo 3): tale struttura permette di simulare un reticolo bidimensionale di profilo
arbitrario, che mostri una qualsiasi variabilità spaziale periodica delle sue proprietà
dielettriche. Il numero di strati necessari per approssimare un determinato profilo
dipende dal grado di precisione che si vuole ottenere, e le caratteristiche di ogni strato
devono essere stabilite in modo che l’insieme riproduca la struttura di partenza. Nel
capitolo 4 sono presentati alcuni risultati numerici che si riferiscono a strutture
multistrato molto semplici.
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Il capitolo 5 è dedicato allo studio ed alla sintesi di divisori di fascio innovativi,
dispositivi che dividono un fascio incidente in un certo numero di fasci di uguale
intensità e trovano impiego in numerose applicazioni. In particolare è stata effettuata un’analisi rigorosa del triplicatore ottimo diffrattivo e del divisore di fascio
diffrattivo variabile, a due uscite, ottimo (trattazioni precedenti studiavano questi
dispositivi con la teoria scalare). Affiancando alla teoria vettoriale l’uso di algoritmi
genetici, è stato ottimizzato un semplice triplicatore a quattro livelli. Si è derivato
analiticamente il profilo del quadruplicatore ottimo, un DOE a fase pari che produce
quattro ordini di uguale intensità con la massima efficienza possibile, le cui prestazioni sono state analizzate in modo rigoroso. Si è poi ottimizzato numericamente un
quadruplicatore a quattro livelli. E’ stato anche derivato analiticamente il profilo di
un elemento ottico diffrattivo che produca in trasmissione un numero arbitrario di
ordini di uguale intensità con la massima efficienza possibile. Infine è stato proposto
un nuovo divisore di fascio polarizzante diffrattivo.
Nel capitolo 6 sono studiati i materiali a banda elettromagnetica proibita (EBG,
Electromagnetic Band-Gap), strutture periodiche di notevole interesse per le loro
applicazioni alle frequenze delle microonde e delle onde millimetriche. Negli EBG,
inclusioni periodiche di opportuna costante dielettrica sono immerse in un materiale ospite omogeneo: ne risultano bande di frequenza entro le quali le onde non si
possono propagare. Si è mostrato come il metodo rigoroso sviluppato nel capitolo
3 per studiare i reticoli diffrattivi possa essere applicato alla caratterizzazione accurata, versatile e rapida di EBG 2D costituiti da inclusioni di sezione e disposizione
all’interno della cella base arbitrarie. Si sono effettuati numerosi confronti con risultati disponibili in letteratura. Sono stati proposti EBG con inclusioni a sezione
prefrattale, allo scopo di ottenere bande di frequenza proibite più ampie rispetto a
quelle conseguibili con geometrie tradizionali, nonché bande multiple. Infine sono
stati considerati ed analizzati in dettaglio EBG in presenza di difetti periodici: si è
studiato come modificarne le proprietà di trasmissione, si è mostrata l’influenza di
alcuni parametri fisici e geometrici chiave e sono stati sviluppati modelli semplificati,
di Fabry Perot e a risonatori accoppiati.
Ci si è successivamente dedicati all’analisi rigorosa di elementi ottici diffrattivi
tridimensionali, sviluppando nel capitolo 7 la tecnica modale di Fourier, estendendo al caso 3D il metodo presentato nel capitolo 3. La soluzione elettromagnetica
del problema di diffrazione di un’onda piana da una struttura periodica 3D non è
semplice e si rivela molto pesante dal punto di vista numerico. Si è confrontata la
formulazione del problema agli autovalori di [175] con quella avanzata proposta in
[176]. Per migliorare l’efficienza numerica degli algoritmi e la loro stabilità, sono
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state applicate opportune tecniche [181, 182]. Sono stati prodotti alcuni risultati
numerici preliminari (capitolo 8) effettuando confronti con dati disponibili in letteratura, studiando le proprietà di convergenza del metodo e variando alcuni parametri
geometrici e fisici di interesse.