OC base - Occhio Clinico

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OC base - Occhio Clinico
QUE SITI E RISPOST E
Un batterio contro il nascituro
A una mia giovane paziente al quarto mese di gravidanza, dopo
il ritrovamento di un Ureaplasma urealitycum nel tampone vaginale,
prescritto dal suo ginecologo privato al di fuori del protocollo
ministeriale degli esami di follow up in esenzione dal ticket, è stata
prescritta una terapia con eritromicina. La donna preferirebbe
evitare l’antibiotico in gravidanza, ma non sa a che cosa andrebbe
incontro lasciando permanere il germe nei genitali.
L’Ureaplasma urealitycum, come più in generale i micoplasmi, è un germe frequentemente presente nel basso tratto genitale
femminile, spesso in modo del tutto asintomatico: una proporzione che va addirittura
dal 30 al 70% delle donne in età fertile ne risulta colonizzata. La crescente attenzione
degli ostetrici per le infezioni cervico-vaginali deriva dalla loro possibile associazione
con il parto prematuro e gli aborti tardivi. Il
feto stesso parteciperebbe alla risposta infiammatoria con l’attivazione di meccanismi
responsabili della produzione di citochine ad
azione parto-inducente, finalizzati al suo allontanamento da un ambiente ostile (fetal systemic inflammatory response syndrome).
Thricomonas vaginalis, Gardnerella vaginalis,
Neisseria gonorrhoeae, Chlamydia trachomatis,
i micoplasmi (ma anche la batteriuria asintomatica) sono stati indagati come possibili
agenti eziologici del parto prematuro. In particolare, gli ureaplasma sono tra i microrganismi più isolati nel liquido amniotico di
pazienti che partoriscono prima della 37° settimana, con una frequenza tanto maggiore
quanto minore è l’età gestazionale al parto.
Anche la trasmissione verticale, con la colonizzazione delle prime vie aeree del neonato,
è direttamente proporzionale al grado di prematurità.
Nonostante ciò, l’identificazione di ureaplasma in gravide a basso rischio non sembra associata ad aumentata probabilità di parto
prematuro e di rottura prematura delle membrane. Inoltre, l’eradicazione con antibiotici
dell’ureaplasma non sembra ridurre l’incidenza di parto prematuro.
Le attuali linee guida sconsigliano pertanto
l’esecuzione di tamponi vaginali nelle gravide
asintomatiche a basso rischio, a eccezione di
quello per la ricerca di streptococco di gruppo
B dopo la 35° settimana. Anche il protocollo
ministeriale per gli esami esenti da ticket
mette il tampone per i micoplasmi tra gli
esami aggiuntivi da prescrivere tra la 14° e la
18° settimana alle gravide a rischio, anche
asintomatiche, per la diagnosi precoce di infezioni che potrebbero compromettere il
buon esito della gravidanza. Si definiscono a
rischio le donne che hanno già avuto un
parto prematuro o un aborto tardivo. Da una
recente revisione Cochrane (2008) risulta
che, sebbene non riduca l’incidenza di parto
prematuro in queste gravide, il trattamento
antibiotico diminuisce il rischio di rottura
prematura delle membrane e di basso peso
alla nascita. Sembra quindi ragionevole eseguire precocemente un tampone cervico-vaginale in gravide ad alto rischio ed eseguire
un adeguato trattamento antibiotico in caso
di tampone positivo; in caso di riscontro casuale, però, come nella paziente, pur ricordando che i macrolidi sono considerati
innocui per il feto, il trattamento può senz’altro essere evitato.
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Luca Valsecchi Patologia della gravidanza
Ospedale San Raffaele (Milano)
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