Presentazione mostra - Gallerie d`Arte Moderna e Contemporanea

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Presentazione mostra - Gallerie d`Arte Moderna e Contemporanea
Pietro Donzelli
Ferrara, 1 giugno – 8 luglio
Palazzo Massari PAC – Castello Estense
Dal 1 giugno all’8 luglio la città di Ferrara ospita, al Padiglione d’Arte Contemporanea e al Castello
Estense, una grande retrospettiva dedicata a Pietro Donzelli (1915-98). La mostra, a cura di
Giovanna Calvenzi e Renate Siebenhaar, rende omaggio ad un maestro della fotografia italiana, che
ha raggiunto fama internazionale. Con il suo lavoro egli ha realizzato un grande affresco dell’Italia
all’indomani della seconda guerra mondiale, raccontando la progressiva trasformazione di un paese
prevalentemente rurale in una società dei consumi. L’obiettivo di Donzelli è sempre puntato
sull’uomo e sul rapporto con l’ambiente in cui vive, che egli osserva con l’attenzione documentaria
di un reporter e, al contempo, con uno sguardo lirico capace di trasfigurare la realtà in poesia. Le
sue immagini sono tra le pagine più intense della fotografia umanista e realista e rivelano, per la
qualità della luce e la sapiente impaginazione, una vasta cultura cinematografica e fotografica.
Sebbene le sue foto siano conservate, a partire dagli anni Cinquanta, nelle collezioni di prestigiosi
musei internazionali, come il Museum of Modern Art di New York, la prima retrospettiva
antologica, curata da Jean-Christophe Ammann, si è tenuta nel 1997, presso il Kunstmuseum di
Wolfsburg e successivamente la Schirn Kunsthalle di Francoforte, per poi trasferirsi ad Arles, nel
1998, in occasione dei “Rencontres Internationales de la Photographie”.
Donzelli ha svolto anche una fondamentale attività di promozione e divulgazione, che ha
rappresentato un punto d’incontro tra la cultura fotografica del nostro paese e quella internazionale,
facendo conoscere in Italia, tra gli altri, il lavoro di Edward Steichen, i fotografi americani della
Farm Security Administration, fra i quali Dorothea Lange, o i francesi del “Groupe des XV”, come
Robert Doisneau.
L’esposizione ripercorre le fasi salienti della carriera artistica di Donzelli, attraverso una selezione
di oltre 200 fotografie, tra stampe vintage e stampe contemporanee da negativi originali. Il percorso
prende avvio al Castello Estense, dove è allestita un’ampia antologia della serie fotografica del
Delta del Po (1953-61). La mostra presenta i capitoli principali della vasta indagine condotta da
Donzelli, per quasi un decennio, nella provincia di Ferrara e nel Polesine, per lasciare un documento
prezioso e memorabile della storia di questo territorio. Apice della produzione fotografica di
Donzelli, questo ciclo rivela la sua straordinaria capacità di cogliere il carattere peculiare di un
paesaggio e della comunità che lo abita. Colpito dalla durezza della realtà quotidiana di «quella
gente che da sempre vive tra terra e acqua», misurandosi con la forza di una natura spesso ostile, ne
restituisce un ritratto di grande dignità, una testimonianza sincera e commossa, priva di enfasi e di
filtri ideologici. Egli cattura le geometrie disegnate dalle reti stese ad asciugare sui canali, il fascino
malinconico del paesaggio e le microstorie degli abitanti, che si specchiano nelle acque gonfiate
dall’alluvione, l’asciutta poesia degli episodi della vita di provincia, nelle piazze, sugli argini e sulle
coste.
La rassegna prosegue al PAC, con un allestimento che ricostruisce la parabola creativa del
fotografo, dagli esordi agli anni Sessanta del Novecento. Il percorso espositivo segue il suo
itinerario di ricerca lungo la penisola, proponendo un viaggio nel tempo attraverso un’Italia ormai
scomparsa. Ad aprire la mostra sono altre fotografie dedicate al Delta padano, riunite in sequenze
tematiche, che mettono a fuoco altri soggetti di quel grande racconto per immagini. Scene d’interni,
dove si scorgono nature morte o indimenticabili ritratti, si alternano a paesaggi puri o semideserti,
come la splendida sequenza delle spiagge, nella quale Donzelli sperimenta un’ampia gamma di
inquadrature, dal campo lungo al primo piano che chiude l’orizzonte. Accanto ad essi sono
presentate le immagini della periferia milanese, dove egli mosse i primi passi da fotografo (194660), la cui precoce qualità è frutto di una cultura visiva a tutto campo, tanto attenta al realismo
fotografico quanto alle sperimentazioni delle avanguardie.
Il percorso continua con i cicli Crete senesi (1954) e Asfalto (1960), che testimoniano, nella ricerca
del fotografo, una crescente attenzione per i materiali e per le loro proprietà luminose e tattili. Nella
celebre serie dedicata alle colline senesi, l’obiettivo di Donzelli si avvicina progressivamente al
suolo fino ad indagare la trama brulla e arsa di quel paesaggio “primordiale”. Il passo successivo,
nelle foto dell’Asfalto, è quello di annullare l’effetto di profondità per concentrarsi sulla superficie
di quel materiale monocromo e ricco di asperità, manifestando una precoce attenzione per le coeve
ricerche informali.
Il viaggio prosegue quindi con i reportage sul Mezzogiorno: la Campania (1948-65), la Calabria
(1958-65), la Sicilia (1958-60) e la Sardegna (1958-60). Queste ricerche, realizzate nell’arco di un
ventennio, restituiscono la bellezza e le contraddizioni di un paese uscito lacerato dalla guerra, che
inizia a confrontarsi con i miti del benessere e del boom economico. Esse fotografano, con una vena
poetica, a tratti malinconica, a tratti ironica, un universo destinato ineluttabilmente a trasformarsi: il
volto delle città investite dal boom edilizio, il colore delle botteghe, dei mercati e delle feste di
piazza, i mestieri e gli strumenti di lavoro tradizionali, il ritmo lento della vita quotidiana, il
carattere selvaggio del paesaggio. La ricchezza visiva di queste immagini si deve anche alla libertà
con cui Donzelli si serve del mezzo fotografico, al suo continuo variare dei punti di vista, della luce,
dell’impaginazione, dei registri stilistici.
L’esposizione si chiude oltre la soglia degli anni Sessanta con uno sguardo verso l’Europa,
documentato dall’inchiesta fotografica dedicata alla tragedia di Marcinelle in Belgio – nella quale
persero la vita 292 minatori – e dalla serie del Sole sulla Manica, dove, in parallelo con la parabola
del cinema neorealista, l’osservazione sociologica passa in secondo piano e l’attenzione dell’artista
si concentra sulla condizione umana e sui grandi interrogativi dell’esistenza.