Incontri Era un uomo come tanti altri, seduto su una
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Incontri Era un uomo come tanti altri, seduto su una
Incontri Era un uomo come tanti altri, seduto su una panchina come tutte le altre, in uno dei parchi più belli del mondo. Eppure c’era qualcosa di diverso in lui, mentre guardava divertito i nipoti che giocavano. Lo conosceva, ne era sicuro. Era tutto così strano. Si avvicinò con calma e l’uomo si accorse di lui. Alzò lo sguardo dalla panchina e lo scrutò piano, gli occhi brillarono improvvisamente: «William? William Shoore? Sei proprio tu. Non ci posso credere! Quanto tempo è passato vecchio mio?!» Non lo vedeva da almeno quarant’anni, eppure c’era qualcosa di diverso in lui oltre ai vestiti di alta sartoria. Gli occhi di quell’uomo erano diversi da quelli del compagno di scuola straccione che ricordava. Si riscosse: «Per la miseria! Martin Cooper! Sarà almeno mezzo secolo che non ho tue notizie!» «Già, da quando sei partito per il Canada» rispose Martin. «Beh amico mio, gli affari sono affari.» Martin sorrise, infine William non era cambiato. Era ancora il ragazzo spaccone che a vent’anni se ne era andato per inseguire un affare, un grande business che alla fine non aveva mai trovato. In compenso, aveva vissuto coi soldi dei genitori milionari per un’altra decina d’anni. Finché non si era sposato con la figlia di un importante magnate dell’acciaio, finendo così a vivere nuovamente alle dipendenze di qualcuno. «Nonno, torniamo a casa? Siamo stanchi». Il vecchio Martin accarezzò la testa dei nipotini e strinse la mano all’amico che lo salutò calorosamente. William non capiva, non capiva proprio. Come poteva Martin lo straccione essere vestito meglio di lui? Come poteva un fallito avere degli occhi così pieni di esperienze di vita, di amore, di dolore? Come poteva essere diventato quel distinto signore? C’era solo una risposta: si era sposato per convenienza, come aveva fatto lui del resto. Ma no. Martin non era il tipo. E poi era sempre stato fidanzato con Alexis. La bella Alexis Cameroon, brillante e affascinante, ma senza un soldo. Erano fatti l’uno per l’altra, Martin e lei. Due falliti destinati a… diventare ricchi, a quanto pareva. Doveva indagare e scoprire cosa era stato del Martin che conosceva. «Nonno chi era il signore di prima?» «Un mio vecchio compagno, Evelyn. Ora andiamo a casa, sono sicuro che ci sta aspettando lì». Martin non si sbagliava, sulla porta della villa c’era Alexis, la sua bellissima moglie, che chiacchierava amabilmente proprio con William. Appena la donna vide il marito, assunse un’espressione interrogativa e poi sorrise all’ospite. Si ritirarono tutti all’interno della villa. «Allora Martin,» esordì William «come te la sei passata in tutto questo tempo? Mi par di capire che sono cambiate molte cose o sbaglio? Come si chiamano questi due bei bambini?» In realtà a William non interessavano i nipoti di Martin, a lui interessava solamente conoscere il motivo di tanta ricchezza ma non poteva permettersi di essere considerato un ficcanaso. E Martin voleva sapere, si stava stancando di quella sceneggiata di cui non conosceva il copione: «Bando ai convenevoli, William. Cosa ci fai dalle nostre parti?» «La verità è che non capisco, Martin. Quando sono partito per il Canada non vivevate di certo qui!» William aveva marcato troppo quell’ultima parola, ma ormai era troppo tardi. Negli occhi chiari di Martin passò solo un lampo d’odio, che subito si tramutò in compassione: «Non so cosa tu sia venuto a fare in casa mia, ma siccome pretendo che un verme come te se ne vada subito, ti accontento e ti racconto la mia storia. Quando dopo mio padre anche mia madre è morta, io e Alexis abbiamo deciso di pensare al matrimonio. Ma non avevamo nulla e io lavoravo giorno e notte per dare una casa alla nostra futura famiglia. Avevo studiato, ero brillante e nella fabbrica dove lavoravo mi sentivo considerato solamente come l’ingranaggio di una macchina per fare soldi. Osservavo il mondo con gli occhi di chi non è soddisfatto della vita, di chi ha voglia di vivere al massimo e di usare a pieno le sue capacità. Così mi sono accorto che alle persone, a tutte le persone, mancava qualcosa… Oggi è una cosa normalissima averne uno e c’è anche chi ne ha più di uno. Ma all’epoca nessuno aveva un telefono che si potesse portare in giro! Era un’idea geniale! Cominciai a lavorare con gli scarti della fabbrica e piano piano riuscii a creare un prototipo. Il 3 aprile 1973, in una strada di New York, davanti a molte persone, con il Dyna-Tac che pesava 1,3 kg, ho fatto la prima chiamata da telefono mobile. Ce l’avevo fatta. Con un’idea, degli scarti di fabbrica, molto lavoro e tanta, tanta voglia di emergere, ho cambiato la direzione della mia vita, della vita di Martin lo straccione». William era sbalordito. Come aveva potuto non pensarci? Come aveva fatto a essere così cieco? Perché non si era accorto mai di nulla? Si alzò in silenzio, all’improvviso si vergognava immensamente di se stesso e di essere andato a turbare chi era riuscito a emergere sul serio, onestamente, contando solo sulle sue capacità. Come aveva potuto essere sempre tanto superficiale e vivacchiare, senza voglia di migliorarsi? Si diresse lentamente verso la porta e Martin lo seguì. L’inventore si appoggiò allo stipite mentre il suo sfacciato amico si voltava a guardarlo per l’ultima volta. Con quello sguardo vide l’uomo che non era mai riuscito a vedere, rendendosi conto solo in quel momento che vivere sull’onda dei pregiudizi, come aveva fatto lui, non portava a nulla. Corti Debora, 2° A ISIS G.D. Romagnosi, Erba (CO) Docente referente Elena Lanfranconi