Reato di omissione contributiva: sospensione condizionale della
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Reato di omissione contributiva: sospensione condizionale della
Reato di omissione contributiva: sospensione condizionale della pena Renzo La Costa La sospensione condizionale della pena può essere concessa al contribuente che ha omesso i versamenti contributivi a condizione che il contribuente medesimo provveda a versare all’Inps quanto dovuto. Ciò, senza la necessità che l’Istituto si costituisca parte civile. La Corte di Cassazione ( sentenza 14 gennaio 2015, n. 1324) dirime in tale senso la delicata questione, in presenza di precedenti diversi orientamenti emersi in giurisprudenza. Il fatto Un datore di lavoro veniva condannato alla pena di giustizia, venendo dichiarata la sua penale responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 81, cpv. cod. pen ed all'art. 2, comma 1, del dl n. 463 del 1983, per avere omesso il versamento all'INPS di diverse mensilità delle ritenute previdenziali operate sui trattamenti retributivi corrisposti ai propri dipendenti per circa un quadriennio. Il Tribunale peraltro, negava la sospensione condizionale della pena. La Corte d’Appello chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato dall’interessato, subordinava la sospensione al pagamento in favore dell'INPS delle quote contributive non versate . Il datore, proponeva ulteriore ricorso per Cassazione. L’esame della suprema Corte Con riferimento al motivo di ricorso, avente ad oggetto la dedotta illegittimità della subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena al versamento in favore dell'INPS delle ritenute previdenziali omesse pur in assenza della costituzione di parte civile dell'ente previdenziale, la Corte ha obiettivamente dato atto della esistenza sul punto di una disparità di orientamento giurisprudenziale in seno a sè medesima. Infatti, secondo un certo indirizzo, non è consentito al giudice subordinare la sospensione condizionale della pena, in difetto della costituzione di parte civile, all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni di beni conseguiti per effetto del reato, perché queste, come il risarcimento, riguardano solo il danno civile e non anche il danno criminale, che si identifica con le conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma penale e che assumono rilievo, a norma dell'art. 165 cod. pen., solo se i loro effetti non sono ancora cessati.. Analogamente, nel passato, si era espressa la Corte nell'affermare che l'obbligo delle restituzioni e del risarcimento, cui può essere subordinata la sospensione della pena, presuppone la condanna (sia pure implicita) dell'imputato all'adempimento in favore della persona danneggiata, e, quindi, l'esercizio da parte di quest'ultima dell'azione civile nel processo penale; in mancanza di tale azione, infatti, la condanna anzidetta si sarebbe risolta, secondo l'illustrata impostazione, in una pronuncia abnorme, emessa senza la domanda della parte che aveva il potere di chiedere l'attuazione della volontà della legge, cioè senza il presupposto essenziale per l'esercizio dell'attività giurisdizionale; ed ancora negli stessi termini è l'affermazione, sempre proveniente dalla stessa Corte, che, data l’inscindibilità della condanna alle restituzioni e al risarcimento dei danni dal presupposto dell’accertamento in sede penale di un'obbligazione civile in favore della parte danneggiata, costituitasi parte civile, ne consegue che è illegittima l'eventuale pronuncia del giudice che sottoponga la concessione del beneficio della sospensione della pena alla condizione dell'adempimento del suddetto obbligo civilistico, senza che tale richiesta provenga da una costituita parte civile . A tale orientamento, peraltro risalente nel tempo ma nondimeno tuttora seguito, se ne è contrapposto un altro, secondo il quale rientra nella nozione di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato, a cui può essere subordinata la sospensione condizionale della pena irrogata anche in assenza di una richiesta in tal senso conseguente alla mancata costituzione di parte civile, la restituzione delle somme di denaro illegittimamente percepite in relazione al fatto criminoso. Nello stesso senso, distinguendo fra il concetto di risarcimento del danno, logicamente subordinato ad una richiesta in tale senso formulata attraverso la costituzione di parte civile nel giudizio penale, da quello di restituzione, che può anche prescindere da una espressa domanda giudiziale, si era già dichiarata la medesima Corte con la sentenza n. 2684 del 2000, ove si legge che "la subordinazione della concessione della sospensione condizionale all'adempimento dell'obbligo risarcitorio presuppone, a differenza della subordinazione all'obbligo delle restituzioni, la costituzione di parte civile, perché solo in tal caso il giudice penale può prendere in esame, per l'individuazione degli adempimenti imponibili, gli accadimenti lesivi connessi causalmente al reato" . L'art. 165 cod. pen. prevede, espressamente, al primo comma, che la sospensione condizionale della pena possa essere subordinata "all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso". E', pertanto, di tutta evidenza che le due ipotesi previste dalla norma - l'adempimento dell'obbligo delle restituzioni e quella del pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno - sono state intese dal legislatore in termini di separazione, dovendosi, quindi, distinguere fra le stesse.Appare, pertanto, ragionevole ritenere che il vincolo costituito dalla necessità della esistenza di una preventiva domanda giudiziale spiegata nel giudizio penale tramite la costituzione di parte civile del danneggiato, concerna solamente l'ipotesi in cui la subordinazione della sospensione condizionale della pena concerna espressamente, in tutto od in parte, il preventivo adempimento dell'obbligo di risarcimento del danno e non anche quello delle restituzioni. Tanto più che vi è d'altra parte da considerare, riprendendo in tale senso un'indicazione desumibile dalla sentenza n. 41376 del 2010, che in una fattispecie delittuosa quale è quella in esame - nella quale l'aspetto fenomenico del reato in questione si realizza direttamente ed in maniera tale da esaurirne in toto il profilo dell'evento attraverso la mera omissione del versamento all'ente previdenziale delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni da questo corrisposte ai propri dipendenti l'adempimento sia pure tardivo dell'obbligo del versamento di tali ritenute costituisce anche forma di eliminazione delle conseguenze dannose del reato. Le conclusioni In altre parole: posto che nel reato in esame l'evento penalmente rilevante, tale da determinare il danno penale, è esattamente il mancato versamento della contribuzione previdenziale da parte dell'agente, è chiaro che, attraverso l'adempimento, ancorché postumo, dell'obbligo contributivo - obbligo precisamente determinato nel suo ammontare essendo così rispettato il necessario canone della tassatività - si intende elidere le conseguenze dannose del reato in esame, rendendo, altresì, visibile, tramite appunto la rimozione degli effetti dannosi del suo operato, la recuperata adesione del condannato ai valori sociali dell'ordinamento, accrescendo la attendibilità della favorevole prognosi sul suo successivo comportamento, necessaria ai fini della concessione del beneficio in questione .Essendo così certo che la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato può prescindere dalla previa formalizzazione della costituzione di parte civile del danneggiato dal reato, posto che in un caso ci si riferisce al danno civile mentre l'altro caso riguarda il danno penale, ecco che in una fattispecie quale la presente non è ravvisabile alcuna illegittimità nella subordinazione della sospensione condizionale della pena al versamento di quanto dovuto a titolo di contribuzione previdenziale omessa all'INPS, pur non essendosi quest'ultimo ente costituito parte civile in giudizio.Né, infine sul punto, è causa di illegittimità il fatto che il giudice del merito del disporre la predetta subordinazione non abbia valutato le concrete possibilità che il condannato ha, data la sua situazione finanziaria, di adempiere all'obbligo elevato a condizione. Infatti, in tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all'adempimento di un obbligo a contenuto patrimoniale, il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell'imputato, in quanto rientrerà, in caso di inadempimento, nella competenza del giudice dell'esecuzione valutare se vi è stata assoluta impossibilità di soddisfare la condizione che, a sua volta, è elemento ostativo alla revoca del beneficio. Ne è conseguito il rigetto del ricorso.