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 Liquidazione della quota del socio defunto; liquidazione della società conseguente alla morte del socio D.ssa Rosalba DI VIRGILIO Lo studio da me condotto è volto ad analizzare la disciplina legale nonché le eventuali problematiche e tecniche di stima riguardo l’ipotesi in cui a seguito della morte del socio di società di persone, si verifichi: 1) liquidazione della società per scioglimento anticipato della stessa conseguente alla morte del socio; 2) La liquidazione della quota del socio defunto all’erede/eredi. LO SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLA SOCIETA’ POSIZIONE DEI SOCI SUPERSTITI
Nel caso in cui i soci superstiti preferiscano sciogliere la società, la decisione deve essere adottata con il consenso unanime dei soci superstiti. Nel silenzio della legge, si ritiene, infatti, che l’ipotesi configuri lo scioglimento anticipato della società – ex art. 2272, n.3, c.c. – per <<volontà di tutti i soci>>. POSIZIONE DEGLI EREDI
Quanto alla posizione degli eredi, la giurisprudenza, anche di recente, afferma che gli eredi, aventi causa dal socio premorto, sono titolari esclusivamente di un diritto alla liquidazione della quota del loro dante causa. (Più correttamente, è stato evidenziato che essi vantano non un diritto, ma un <<aspettativa>> a ricevere una quota dell’eventuale attivo residuo.) diritto che sorge indipendentemente dal fatto che la società continui o si sciolga. Ed esclude, peraltro, che gli eredi acquistino, per solo effetto della successione, la posizione di quest’ultimo nell’ambito della società. In altri termini, secondo la giurisprudenza ormai dominante, gli eredi del socio premorto sono e rimangono estranei alla società. Se ne desume: In particolare, che nel caso in cui soci superstiti si avvalgano della facoltà di sciogliere il sodalizio, gli eredi non sono titolari degli stessi diritti riconosciuti ai soci, cioè non vantano un diritto a partecipare alla procedura di liquidazione (non partecipano alla decisione di liquidazione, né nominano e revocano i liquidatori). Al rigore di questa norma corrisponde un evidente vantaggio in termini di RESPONSABILITA’ Gli eredi, non subentrano nella posizione del socio defunto, di conseguenza non rispondono delle obbligazioni sociali assunte dalla società successivamente alla morte del socio. In definitiva, per vedere soddisfatto il loro diritto alla liquidazione della quota del socio defunto, gli eredi devono attendere che si compiano le operazioni di liquidazione della società per partecipare con i soci alla divisione dell’attivo che eventualmente residua dopo l’estinzione dei debiti sociali. Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 2 La causa di scioglimento della società tout court -­‐ nel nostro caso – volontà di tutti soci superstiti di sciogliere la società-­‐ comporta l’automatico ingresso della società nella fase di liquidazione. Es.: -­‐ si decide di sciogliere anticipatamente quando le competenze tecniche/professionali del de cuius erano determinanti e dominanti nella conduzione dell’attività della società. -­‐ Si addiviene ad uno scioglimento anticipato della società quando entro 6 mesi dalla morte del socio, non si ricostituisce la pluralità dei soci -­‐ Nelle s.a.s. nell’ipotesi in cui non venga nel termine di 6 mesi ripristinata la presenza degli accomandanti o degli accomandatari. La liquidazione è la fase in cui si procede al realizzo del patrimonio aziendale, alla definizione dei rapporti giuridici ancora pendenti, all’estinzione delle passività ed alla restituzione dell’eventuale residuo attivo ai soci. Solo dopo il completamento di questa fase la società, non avendo più alcun parimonio (né alcun socio per effetto della restituzione del conferimento) si estingue mediante la cancellazione dal registro delle imprese. Lo scioglimento anticipato della società si può analizzare nelle sue tre fasi: -­‐ SCIOGLIMENTO -­‐ LIQUIDAZIONE -­‐ ESTINZIONE SCIOGLIMENTO: Intervenuta una delle cause di scioglimento –la morte del socio-­‐ la società non si scioglie immediatamente, ma rimane in vita allo scopo di definire i rapporti pendenti. Il verificarsi di una causa di scioglimento determina un mutamento nello scopo del contratto sociale che non è più quello dell’esercizio in comune di una attività economica, ma solo quello di realizzare direttamente il patrimonio sociale. LIQUIDAZIONE:
Quanto alle concrete modalità della liquidazione, la legge si rimette in via generale alla volontà dei
soci. E' stato addirittura deciso nel senso della possibilità per costoro di liberamente determinarne
le modalità (Tribunale Lodi, 15 luglio 2005 n.474 Nelle società personali i soci possono
liberamente determinare, prescindendo da formalismi particolari, oltre allo scioglimento,
anche le modalità della liquidazione, ove necessaria, per addivenire, attraverso la
definizione dei rapporti pendenti, all'estinzione della società, poichè la liquidazione è
stabilita nell'interesse dei soci e non dei creditori sociali.). In difetto di speciali
statuizioni, questa è fatta da una o più persone appositamente incaricate e denominate
liquidatori (art. 2275 cod. civ. ). Spesso la persona di questi ultimi viene a coincidere con quella
dei precedenti amministratori. Infatti ragioni di praticità consigliano spesso di mantenere una linea
di continuità rispetto alla conduzione pregressa degli affari.
LE SOCIETA’ DI PERSONE POSSONO OMETTERE DI ATTUARE UNA FORMALE FASE DI
LIQUIDAZIONE
Giova al riguardo precisare che, nell'ambito delle società a base personale (al contrario di
quanto è dato di osservare relativamente alle società di capitali), la fase liquidativa si palesa,
secondo la prevalente opinione, come meramente eventuale e facoltativa
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 3 Ben può darsi infatti il caso in cui i soci diano atto, contestualmente alla constatazione
dell'intervenuta verificazione di una causa di scioglimento, dell'insussistenza di elementi
patrimoniali passivi o attivi ovvero di aver proceduto alla sistemazione dei reciproci rapporti con
modalità alternative convenzionalmente predeterminate (cfr. Cass. Civ. Sez. II,860/921 ; Cass.
Civ. Sez. I, 6212/80 2). In una siffatta situazione si addiverrebbe direttamente allo scioglimento
della società senza farsi luogo ad alcuna fase liquidatoria, intesa come procedimento a sè stante.
E' anche possibile che i soci decidano di pervenire alla estinzione della società in esito a percorsi
alternativi, eventualmente ricorrendo all'intervento giudiziale (Cass. Civ. Sez. I, 2376/00 3 ).
L’avvio della procedura di liquidazione ha inizio con la convocazione dell’assemblea da
parte degli amministratori per deliberare la messa in liquidazione e la nomina dei
liquidatori.
Nomina dei liquidatori
Chi può essere nominato liquidatore? Deve essere uno tra i soci oppure è possibile nominare un
soggetto estraneo alla compagine sociale? A questo proposito si può richiamare l'analoga diatriba
riferibile alla qualifica di amministratore (Il nodo è quella della necessità o meno che l'amministratore (o, nel nostro caso,
il liquidatore) sia uno dei soci. Chi reputa che le funzioni predette debbano essere ricondotte al mandato tende ad ammettere le stesse
possano essere rivestite anche da un soggetto non socio. Quanti invece pensano che queste qualifiche siano necessariamente
collegate con la qualità di socio, pervengono alla contraria soluzione. Nel primo senso, ammettendo la possibilità che vengano nominati
liquidatori tanto i soci, quanto gli amministratori, i terzi, i creditori o un comitato di creditori ed anche una persona giuridica: cfr. Ghidini,
Società personali, Padova, 1972, p. 832. )
La nomina potrà essere effettuata con il consenso di tutti i soci (art. 2275 cod. civ. ). La
possibilità che essa intervenga a semplice maggioranza potrà tuttavia scaturire da apposita
previsione del contratto sociale. In caso di disaccordo, la nomina è devoluta al Presidente del
tribunale, il quale vi provvede in esito all'istanza degli amministratori, di un singolo socio od anche
di un creditore sociale.
Con la successiva accettazione della nomina (che ben può intervenire anche tacitamente: Cass.
Civ. Sez. I, 1235/714 ) i liquidatori prendono il posto degli amministratori. La fase di liquidazione
1 Cass. civile, sez. II del 1992 numero 860 (27/01/1992) Nelle società di persone (così come nelle società di fatto e nelle società
irregolari), per cui le ragioni dei creditori sociali sono garantite dal regime di responsabilità illimitata dei soci, il divieto fatto ai liquidatori
di ripartire fra i soci, anche solo parzialmente, i beni sociali (art. 2280 cod.civ.) finchè non siano stati pagati i creditori sociali o non siano
state accantonate per il pagamento dei debiti non ancora scaduti le somme necessarie, non è imposto dalla legge in modo assoluto; il
procedimento di liquidazione, infatti, può essere omesso nel caso in cui lo statuto stabilisca quale destinazione debba avere il
patrimonio sociale, ovvero quando, in mancanza di apposito patto, i soci siano d' accordo nel procedere alla definizione integrale dei
loro rapporti preesistenti.
2 Cass. civile, sez. I del 1980 numero 6212 (22/11/1980) L'estinzione di una società di persone non richiede necessariamente un
formale procedimento di liquidazione (art. 2275 cod. civ.) e si verifica anche per effetto dell'accordo dei soci diretto alla cessazione
dell'ente sociale, previa definizione con libere modalità, dei rapporti ad esso inerenti.
3 Cass. civile, sez. I del 2000 numero 2376 (03/03/2000) Nelle società di persone (nella specie, società di fatto), il procedimento
formale di liquidazione non è imposto dalla legge in modo assoluto, in quanto i soci possono evitarlo decidendo di pervenire alla
estinzione dell'ente sociale con altre modalità, ed, eventualmente, con l'intervento di un giudice. L'esistenza di un tale accordo non è
esclusa da semplici divergenze nella determinazione della entità delle quote, ma solo dal rifiuto - anche implicitamente manifestato - di
addivenire alla definizione dei rapporti sociali secondo modalità diverse da quelle proprie del procedimento legale di liquidazione.
4 Cass. civile, sez. I del 1971 numero 1235 (26/04/1971) A norma dell'art. 2310 cod. civ., applicabile anche alle società di capitali in
forza dell'art. 2452 dello stesso codice, dall'iscrizione (e temporaneamente dall'adempimento delle formalità previste dall'art. 100 disp.
att. cod. civ.) della nomina dei liquidatori, la rappresentanza della società, anche in giudizio, spetta ai liquidatori medesimi.
L'accettazione della nomina di liquidatore di una società, pur non potendo presumersi, può tuttavia desumersi da atti che evidenzino in
maniera univoca una effettiva assunzione della veste di liquidatore, non essendo per essa prevista dalla legge una determinata forma
ed essendo, dall'altra parte, l'iscrizione nel registro delle imprese delle deliberazioni o dei provvedimenti di nomina diretta unicamente a
rendere opponibile ai terzi lo status della società conseguente al suo scioglimento.
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 4 inizia
con
la
sostituzione
dell’organo
amministrativo.
Una volta che il o i liquidatori siano stati nominati, essi sostituiscono in tutto e per tutto gli
amministratori, sia nella rappresentanza della società, sia nella titolarità del potere di gestione
(Cass. Civ. Sez. II, 6787/95 ).
La relativa nomina dovrà essere iscritta nel registro delle imprese.
Obbligo di inventario (amministratori e liquidatori di società semplice)
Ai sensi dell'art. 2277 cod. civ. gli amministratori devono consegnare ai liquidatori:
-­‐ i beni
-­‐ i documenti sociali
-­‐
presentando inoltre il conto della gestione precedente.
CONTO DELLA GESTIONE: Aspetti contabili
L’obbligo di redazione è espressamente previsto dall’art.2277 c.c. primo comma
L’esigenza di redigere il rendiconto nasce dal fatto che con la messa in liquidazione della società:
-­‐ da un lato, cambia l’organo amministrativo e quindi in virtù del generale obbligo della
resa del conto da parte di chi amministra un patrimonio per conto altrui, occorre che gli
amministratori presentino un consuntivo del loro operato per il periodo successivo alla data
di riferimento dell’ultimo bilancio approvato.
-­‐ dall’altro, il patrimonio sociale viene destinato ad una diversa funzione. Con il
mutamento di destinazione del patrimonio aziendale cambiano anche i criteri da adottare
per la sua valutazione, passando da quelli di funzionamento a quelli di liquidazione.
Destinarlo del documento non è, come per il bilancio di esercizio, l’assemblea dei soci, ma i
liquidatori ai quali spetta il compito di verificare l’operato degli amministratori e promuovere, se del
caso, eventuali azioni di responsabilità volte a reintegrare il patrimonio sociale ridottosi per cause
loro imputabili.
Forma,contenuto e criteri di valutazione
Forma: la dottrina economica e la prassi professionale, ha da sempre ritenuto che il documento ha
la forma ed il contenuto del bilancio d’esercizio. Dovrà quindi essere formato dai documenti e
redatto in conformità alle disposizioni di cui all’art. 2423 e seguenti: SP, CE
Contenuto: è relativo alla frazione di esercizio che va dalla data dell’ultimo bilancio alla data di
inizio della procedura di liquidazione.
Criteri di valutazione i criteri sono quelli tipici delle aziende in funzionamento ed hanno lo scopo
di determinare il risultato economico della gestione della frazione di esercizio.
La legge non prevede un termine per la presentazione del rendiconto da parte degli amministratori
ai liquidatori, che però non potrà coincidere con quello della consegna dei beni e dei documenti
contabili, a motivo dei tempi tecnici di redazione, anche se dovrà avvenire in tempi
ragionevolmente brevi.
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 5 Viste le funzioni del rendiconto, si deve ritenere che il documento deve essere redatto anche nel
caso in cui le persone dei liquidatori coincidano con quelle degli amministratori.
Si tenga a riguardo presente che, il documento va redatto soprattutto per rispettare un preciso
adempimento fiscale.
Art. 2277 c.c secondo comma: i liquidatori devono prendere in consegna i beni e i documenti sociali, e redigere,
insieme con gli amministratori, l'inventario dal quale risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale. L'inventario
deve essere sottoscritto dagli amministratori e dai liquidatori.
Tutti insieme provvedono poi alla redazione ed alla sottoscrizione dell'inventario dal quale
risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale.
La redazione dell’inventario ha una duplice funzione:
documentare contabilmente le avvenute consegne,
presupposto e base delle operazioni di liquidazione .
In una prospettiva diversa, la dottrina ritiene che l'inventario non avrebbe una funzione estimativa, ma
soltanto ricognitiva dello stato in cui si trova il patrimonio sociale.
In altri termini, l'inventario servirebbe solo per individuare le responsabilità facenti capo ad amministratori e
liquidatori in relazione alla gestione di rispettiva competenza .
Cosa dire dell'eventualità, del tutto usuale, in cui le persone dei liquidatori vengano a coincidere con quelle
dei precedenti amministratori? V'è chi ipotizza in questo caso la permanenza del solo obbligo di procedere
all'inventario . Se tuttavia si sostenesse il parere, da ultimo riferito, secondo il quale l'inventario avrebbe la
mera utilità di scandire le responsabilità tra amministratori e liquidatori, appare chiaro come non vi sarebbe
alcuna ragione per procedere alla redazione dello stesso.
INVENTARIO o BILANCIO INIZIALE DI LIQUIDAZIONE: Aspetti contabili
Per le società di persone, la redazione è imposta dal secondo comma dell’art. 2277 c.c.
La sua redazione è, oltre che essere imposta dal c.c., più una necessità, in quanto:
-­‐ ai liquidatori consente di prendere conoscenza dell’entità e dell’articolazione del
patrimonio che dovranno gestire
-­‐ agli amministratori di sgravarsi dalle responsabilità relative al medesimo.
Per i liquidatori l’inventario assolve ad una FUNZIONE:
-­‐ RICOGNITIVA: i liquidatori acquisiscono la composizione del patrimonio
aziendale, procedendo nel contempo alla sua acquisizione
-­‐ ESPOSITIVA: in quanto permette di operare una prima valutazione del
presumibile valore di realizzo delle attività, dando ai liquidatori una importante
informazione preliminare circa la capienza dello stesso per la copertura delle
passività.
Forma,contenuto e criteri di valutazione Forma: è composto solo dallo S.P. evidenziando l’attivo e il passivo costituenti il
capitale di liquidazione. Non deve essere né approvato né depositato presso il registro
delle Imprese.
Contenuto: Funzione: non è quella di misurare il reddito bensì di valutare il capitale
aziendale.
Criteri di valutazione:
-­‐
per le Attività: presunto valore di realizzo
Le Voci dell’attivo da stralciare e inserire:
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 6 il radicale mutamento dei criteri di valutazione rispetto al bilancio di esercizio determina che alcune
voci tipicamente presenti nel primo, non possono essere iscritte nel bilancio di liquidazione.
Quindi tutti i costi pluriennali che non si traducono in beni materiali o immateriali suscettibili di
autonomo realizzo, quali:
.spese d’impianto e di ampliamento
. spese di pubblicità
. spese di ricerca e sviluppo
vanno STRALCIATE.
Di contro, il radicale mutamento dei criteri di valutazione rispetto al bilancio di esercizio, impone di
iscrivere anche eventuali valori presenti nel patrimonio, suscettibili di essere autonomamente
realizzati sul mercato, ma non iscritti in bilancio poiché generati internamente senza il
sostenimento di alcun costo:
. know-how aziendale
. la rete vendita
. il marchio.
-­‐
per le Passività: presunto valore di estinzione
Dal lato delle voci delle passività occorre eliminare:
. le poste di rettifiche di valore delle attività: ammortamenti e svalutazioni
. stanziamenti per rischi o spese future in misure eccedenti ai rischi correnti.
Posta tipica che dovrà apparire nell’inventario di liquidazione è rappresentata dal
FONDO SPESE E ONERI DI LIQUIDAZIONE posta che accoglierà i costi sostenuti al
netto dei proventi riscossi durante la fase liquidatoria.
Per le voci già presenti nel bilancio di esercizio e che continuano a permanere anche
nell’inventario di liquidazione i nuovi criteri di valutazione da applicare determineranno
mutamenti spesso consistenti nei loro valori.
-­‐ Si pensi alle IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI es impianti e macchinari, il cui
valore di realizzo diretto sul mercato si approssima spesso a zero, tenuto anche
presente dedlle spese di smontaggio e dismissione, che dovranno essere
considerate a decurtazione del valore di realizzo diretto.
-­‐ Per contro, per le IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI il criterio di presunto
realizzo potrebbe evidenziare valori maggiori rispetto al criterio del costo.
-­‐ Anche per le GIACENZE DI MATERIE E PRIME E DI PRODOTTI FINITI O MERCI,
nonostante i criteri di valutazione impongono di adottare il minor valore fra
quello di costo e quello desumibile dall’andamento del mercato, l’esigenza di
procedere al realizzo dell’intera giacenza e la prospettiva di cessazione
dell’attività, determinerranno valori di realizzo probabilmente inferiori a quelli di
bilancio.
-­‐ Anche i CREDITI devono essere valutati al valore di presunto realizzo, ma è
noto che la cessazione dell’attività aziendale e la conseguente interruzione dei
rapporti commerciali con i clienti, determina maggiori difficoltà di incasso, con
la conseguente necessità, molte volte, di addivenire a transazioni o sconti per
evitare azioni legali lunghe e costose.
-­‐ Dal lato delle PASSIVITA’ occorre valutare con attenzione i rischi potenziali
gravanti sull’impresa alla luce della nuova situazione in cui questa viene a
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 7 trovarsi, procedendo eventualmente all’iscrizione fra i fondi rischi e spese future
di partite prima indicate solamente fra i conti d’ordine.
-­‐ I DEBITI dovranno essere valutati secondo il loro valore nominale, salvo che
non sia ipotizzabile definire alcune posizioni mediante pagamento a saldo e
stralcio.
Il PATRIMONIO NETTO DI LIQUIDAZIONE =ATTIVITA’ – PASSIVITA’
Il PATRIMONIO NETTO DI LIQUIDAZIONE sarà formato dal: CAPITALE SOCIALE+
RISERVE e dalla somma algebrica fra le RETTIFICHE apportate alle ATTIVITA’ e alle
PASSIVITA’ a seguito dei mutati criteri di valutazione (che contabilmente sono rilevate
in un conto denominato , appunto <<rettifiche da trasformazione>>.)
Poteri ed attività dei liquidatori
Una volta che il o i liquidatori siano stati nominati, essi sostituiscono in tutto e per tutto gli
amministratori, sia nella rappresentanza della società, sia nella titolarità del potere di gestione
(Cass. Civ. Sez. II, 6787/95 ).
L'art. 2278 cod. civ. dettato espressamente in tema di poteri dei liquidatori, riserva ad essi ampio
spazio di manovra, riconoscendo loro la facoltà di compiere tutti gli atti necessari per la
liquidazione, in particolare esplicitando la possibilità di vendere anche in blocco i beni sociali,
di
fare
transazioni
e
compromessi.
l'unica autentica limitazione generale posta dalla legge ai poteri dei liquidatori (fatte salve, si
intende, le preclusioni di cui agli artt. 2279 e 2280, I comma, cod. civ.) è connessa alla finalità della
fase in esame. Occorre che ciascuno dei singoli atti posti in essere siano compiuti per
soddisfare
lo
scopo
liquidativo.
Pagamento dei debiti sociali (liquidazione di società a base personale)
Ai sensi dell'art. 2280 cod. civ. , norma dettata in materia di liquidazione della società
semplice, onde procedere al pagamento dei creditori sociali, qualora i fondi disponibili
risultino insufficienti, i liquidatori possono chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti.
Nell'ipotesi in cui neppure in questo modo i debiti sociali risultassero appianati, ai liquidatori è in
ogni caso consentito domandare ai soci le somme a tal fine necessarie, seppur nei limiti
della rispettiva responsabilità ed in proporzione della parte di ciascuno nelle
perdite (art. 2280, II comma, cod. civ. )
Si tratta infatti di una conseguenza della responsabilità personale ed illimitata (salva, per
quest'ultimo aspetto, una diversa convenzione), tipica della società semplice. Quest'obbligo di
eseguire ulteriori versamenti non si confonde con quello dell'apporto conferitario: il socio non è
tenuto ad aumentare il proprio apporto, cioè ad aumentare la propria quota sociale, ma è tenuto a
versare somme oltre detta quota, quando il patrimonio sociale non sia sufficiente ad estinguere le
passività
Occorre notare che i liquidatori possono rivolgere la richiesta di ulteriori versamenti solo ai
soci e non anche ai loro eredi: i diritti della società verso l'erede del socio, che non sia
subentrato nel rapporto sociale, possono infatti essere esercitati solo dopo eseguita la liquidazione
della quota del socio defunto e sempre che detta liquidazione si chiuda in passivo, con un credito a
favore della società (Cass. Civ. Sez. I, 2669/67 )
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 8 Responsabilità dei liquidatori (società di persone)
5
Ai sensi dell'art. 2276 cod. civ. gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori delle società a base personale, fatte
salve le speciali prescrizioni di cui alle norme immediatamente successive (ed eventualmente ai patti sociali sono
ricavabili con riferimento alle disposizioni stabilite per gli amministratori.
La prescrizione vale dunque anzitutto quale rinvio recettizio all'art. 2260 cod. civ. , che a propria volta richiama la
disciplina del mandato. Analogamente varrà il richiamo anche per l'art. 2261 cod. civ. ai sensi del quale i liquidatori
saranno tenuti a dare notizia ai soci dello svolgimento delle operazioni inerenti la liquidazione, garantendo loro la
consultazione dei documenti e provvedendo alla redazione di un rendiconto annuale qualora le operazioni di
liquidazione
si
protraggano
oltre
un
anno.
In questo quadro del tutto generale e salva l'analisi che verrà condotta in relazione al problema del compimento di
nuove operazioni, è possibile distinguere tra responsabilità del/dei liquidatore/i nei confronti dei terzi e responsabilità
verso i soci (similmente a quanto prescritto dall'art. 2395 cod. civ. in materia di società di capitali). Il tutto con una
significativa differenza quanto alla natura giuridica: mentre infatti l'eventuale pregiudizio arrecato al socio (che desse
conto di essere stato direttamente danneggiato: cfr. Tribunale di Milano, 26/11/1981 ) costituisce violazione degli
obblighi ex mandato, quello prodotto al terzo non può non avere natura extracontrattuale (Cass. Civ. Sez. I, 3216/94 ).
La responsabilità che incombe al liquidatore della società rinviene il proprio fondamento nella funzione. Perciò egli
risponde non soltanto per gli atti personalmente compiuti, ma anche per tutti quelli che abbia demandato a terzi o
quantomeno consentito o tollerato che altri ponesse in essere, omettendo di vigilare sulla loro esecuzione ed accettando
che
i
relativi
effetti
venissero
riferiti
alla
società
(Cass.
Civ.
Sez.
III, 365/74 ).
E' di tutta evidenza come fonte di responsabilità per il liquidatore sia qualsiasi condotta contraria alla ragion d'essere
della funzione. La legge ha comunque tipizzato alcune condotte che, per la propria rilevanza antigiuridica, possiedono
speciale evidenza: il compimento di nuove operazioni (art. 2279 cod. civ. ) ed il riparto tra i soci dei beni sociali prima
del
pagamento
dei
creditori
(art. 2280 cod.civ.).
E' tuttavia escluso che i patti sociali possano conformare i poteri dei liquidatori in senso eccessivamente
limitativo, come inversamente di ampliarli stravolgendone la funzione (ad esempio rimuovendo il divieto del
compimento di nuove operazioni). Divieto di compimento di nuove operazioni (liquidazione di società a base personale)
L'attività dei liquidatori è volta in primo luogo al reperimento delle liquidità necessarie per
far fronte ai debiti sociali. Si spiega così agevolmente perchè la legge faccia loro
espressamente divieto di intraprendere nuove operazioni (art. 2279 cod. civ. ).
5
ART. 2276 c.c. Obblighi e responsabilità dei liquidatori. Gli obblighi e le responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle disposizioni stabilite
per gli amministratori (2260), in quanto non sia diversamente disposto dalle norme seguenti o dal contratto sociale (2452)
Art. 2260 c.c. Diritti ed obblighi degli amministratori. I diritti e gli obblighi degli amministratoti sono regolati dalle norme sul mandato ( 1703,
1710). Gli amministratori sono solidalmente (1292) responsabili verso la società per l’adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal
contratto sociale. Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa.
Capo IX DEL MANDATO
Art. 1703 c.c. Nozione.Il mandato è il contratto con il quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra.
Art. 1710 c.c Diligenza del mandatario Il mandatario è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia.
ART. 2452 c.c. Responsabilità e partecipazione nelle s.a.s
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 9 Che cosa si intende per nuove operazioni? Secondo la prevalente opinione ci si riferisce ad
operazioni tipicamente e fisiologicamente comprese nell'attività d'impresa relativa all'oggetto
sociale ed affari non finalizzati all'attività di liquidazione
Cosa accade nel caso in cui il liquidatore non rispetti la prescrizione in esame? La violazione del
divieto relativo al compimento di nuove operazioni comporta la responsabilità personale e
solidale tra i liquidatori per l'operazione conclusa (art. 2279cod. civ. ).
Divieto per i liquidatori di ripartire tra i soci i beni sociali
I liquidatori non possono ripartire fra i soci, neppure parzialmente, i beni sociali finché i
creditori sociali non siano stati interamente soddisfatti o non siano accantonate le somme
necessarie per pagarli (art. 2280 cod. civ. ).
II comma dell'art. 2280 cod. civ. prevede infine che, qualora i fondi disponibili risultino insufficienti
per il pagamento dei debiti sociali, i liquidatori hanno la possibilità di chiedere ai soci i
versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e, se occorre, le somme necessarie, nei
limiti della rispettiva responsabilità e in proporzione della parte di ciascuno nelle
perdite. Nella stessa proporzione si ripartisce tra i soci il debito del socio insolvente. La
disposizione da un lato è orientata ad una corretta esecuzione del procedimento di liquidazione,
assicurando che i liquidatori possano assicurarsi le attività con le quali fare fronte al passivo
sociale nota4, dall'altro è dettata anche nell'interesse dei soci. Data la responsabilità personale degli
stessi, infatti ben potrebbe il patrimonio di ciascuno essere aggredito dai creditori sociali
insoddisfatti. Soltanto successivamente, una volta eseguito il pagamento, ciascuno dei soci
escussi potrebbe agire in via di regresso nei confronti degli altri, ciò che appunto mira ad evitare la
norma in considerazione, attribuendo al liquidatore il potere di richiedere a ciascuno di essi le
risorse necessarie per sistemare ogni rapporto passivo. Non risulta tuttavia possibile rivolgere
una siffatta richiesta all'erede del socio defunto, a propria volta non divenuto socio,
nell'ipotesi in cui si tratti del pagamento di debiti relativi alla attività esplicatasi quando il
socio
defunto
era
ancora
in
vita
(Cass.
Civ.
Sez.
I, 2669/67 ).
Giova infine precisare che la possibilità per il liquidatore di richiedere al socio i versamenti in
parola non è condizionata all'inesistenza di attività, bensì soltanto anche alla situazione di
illiquidità, onde il socio non potrebbe legittimamente rifiutarsi di darvi corso (Tribunale di Reggio
Emilia, 10/08/1994 ).
Riparto finale di liquidazione
Una volta che le passività sociali siano state estinte è finalmente possibile per il liquidatore
effettuare il riparto delle attività rimaste nel patrimonio della società. A questo scopo sono dettate
le
norme
di
cui
agli
artt. 2281 , 2282 e 2283 cod.
civ..
La prima assume in considerazione l'ipotesi in cui taluno di soci avesse conferito beni in semplice
godimento, la seconda si occupa del riparto dell'attivo, l'ultima dell'eventualità in cui detto riparto
intervenga mediante assegnazione di beni in natura. Rimane inoltre da esaminare la posizione del
socio d'opera, priva di una disciplina legale. Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 10 Rendiconto finale e Piano di Riparto
Contabilmente dalla messa in liquidazione all’estinzione occorre redigere:
• Primo bilancio annuale post liquidazione
• Bilanci intermedi di liquidazione
• Bilancio finale di liquidazione
I primi due, hanno la finalità di informare i soci e i terzi sull’attività liquidatoria in termini di beni
venduti, crediti incassati e debiti estinti. I criteri di valutazione da adottare attengono alla capacità
di ogni bene singolarmente considerato, di poter essere riconvertito in denaro e di ogni passività di
assorbire risorse liquide per la sua estinzione.
Terminata la fase liquidatoria del patrimonio ed estinte tutte le passività, i liquidatori devono
presentare il BILANCIO FINALE DI LIQUIDAZIONE che per le società di persone trova la sua
disciplina nell’art. 2311 c.c..
È opportuno puntualizzare che:
In materia di società semplice il codice civile è muto circa la predisposizione, in esito alla fase della
liquidazione, di un rendiconto finale. Di esso fa invece menzione l'art. 2311cod. civ. , dettato
tuttavia per la società in nome collettivo. Nonostante ciò si deve comunque ritenere che a tanto
siano tenuti anche i liquidatori di società semplici per effetto dell'applicazione diretta
dell'art. 1713 cod. civ. norma generale che impone al mandatario l'obbligo del rendiconto. La
regola può dirsi infatti implicitamente richiamata dall'art. 2276 cod. civ.
RENDICONTO FINALE: Aspetti contabili
Il rendiconto finale di liquidazione sarà formato da S.P. e corredato da C.E. relativo alla gestione
dell’ultimo esercizio.
Lo STATO PATRIMONIALE contiene:
-­‐ nell’ ATTIVO unicamente l’ammonatre delle disponibilità liquide da ripartire
-­‐ nel PASSIVO il valore del capitale netto finale di liquidazione.
Sia l’attivo che il passivo potrebbero, avere un aforma più articolta quando, ad esempio, siano
previsti riparti in natura a favore dei soci/eredi o vi siano debiti ancora giunti ascadenza.
A fronte di evntuali passvità non ancora estinte dovranno figurare nell’attivo le somme accantonate
per farvi fronte, onde evitare che i liquidatori incorrano a responsabilità.
Quanto alla PUBBLICITA’ Per le società di persone, ai sensi dell’art. 2311 c.c. il bilancio finale di
liquidazione deve essere portato a aconoscenza dei soci /eredi mediante invio a mezzo lettera
raccomandata. Non è prevista l’approvazione.
Per le società di persone, anorma dell’art. 2311 il PIANO DI RIPARTO DELL’ATTIVO è documento
formalmente distinto dal BILANCIO FINALE DI LIQUIDAZIONE.
ESTINZIONE
Il bilancio finale di liquidazione ed il piano di riparto si intendono approvati se
- comunicati a tutti i soci tramite raccomandata, non vengono impugnati nel termine
di due mesi (approvazione tacita);
- espressamente approvati con il cosiddetto atto di manleva (approvazione espressa).
Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori, viene depositato presso il Registro delle
Imprese.
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 11 a)Scioglimento senza liquidazione e contestuale cancellazione della società E'
possibile omettere la fase della liquidazione qualora la società non abbia debiti e
crediti (crediti IVA, autoveicoli o immobili intestati, rapporti pendenti).
In questo caso con un’unica domanda, deve essere depositato l’atto del notaio, con la
richiesta di iscrizione dello scioglimento e della cancellazione. Nell'atto di scioglimento
della società, predisposto dal notaio occorrerà indicare la persona (tra i soci) che per
dieci anni conserverà i documenti e i libri della società
b)Scioglimento con apertura della fase di liquidazione e nomina del liquidatore.
In questo caso occorre effettuare due domande.
La prima per la richiesta di iscrizione dello scioglimento con apertura della fase di
liquidazione e nomina del liquidatore, depositando l’atto notarile.
La seconda domanda deve essere presentata per la richiesta della cancellazione della
società. La richiesta di cancellazione deve essere presentata dal liquidatore con la
dichiarazione che il bilancio e il piano di riparto sono stati preventivamente comunicati
ai soci, ai sensi dell’art. 2311 c.c. e che gli stessi non sono stati impugnati nel termine
di 2 mesi dalla suddetta comunicazione (la dichiarazione va riportata nelle note del
modello). Nel caso in cui la cancellazione venga richiesta prima dello scadere dei due
mesi, deve essere allegata alla domanda una dichiarazione con la quale i soci
attestano di approvare il piano di riparto e autorizzano il liquidatore a procedere alla
cancellazione della società.
Atto di scioglimento dal notaio
L'atto di scioglimento viene redatto dal notaio, che provvede:
- alla registrazione dell'atto - all'iscrizione dell'atto nel registro delle imprese
- (se la società si è chiusa senza la nomina di liquidatore) alla cancellazione della
società dal registro delle imprese
Chiusura della P. Iva e cancellazione dal Registro delle Imprese con
Comunicazione Unica. Dal 19 febbraio 2008 è partita la fase sperimentale della
Comunicazione Unica, , la nuova procedura telematica che consente, con un’unica
operazione effettuata all’ ufficio Registro Imprese della Camera di commercio, di
presentare tutti gli adempimenti per il Registro Imprese, Inps, Inail previsti al
momento della costituzione, modifica e chiusura di un’impresa. Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 12 LA CONTINUAZIONE DELLA SOCIETA’ CON GLI EREDI Nel caso in cui i soci preferiscano continuare con gli eredi del socio defunto, la decisione deve essere adottata con il consenso unanime: dei soci superstiti con il consenso unanime dei soci superstiti la dottrina prevalente ritiene, infatti, che la decisione di continuare la società configuri –aggiungendo nuovi soci a quelli preesistenti-­‐ una modificazione del contratto sociale ex art. 2252 c.c. e sempre che il contratto sociale non richieda per le modificazioni del contratto sociale la maggioranza dei consensi e econ il consenso degli eredi stessi. con il consenso degli eredi stessi Secondo la dottrina prevalente, gli eredi diventano, quindi, soci a seguito di una loro espressa o tacita dichiarazione di voler entrare in società. È interessante notare che la particolarità di questa adesione al contratto sociale risiede nel fatto che gli eredi, soci entranti, non devono apportare nessun conferimento, dal momento che esiste già il conferimento del socio defunto Di contro, non esistono particolarità, né limitazioni per quanto riguarda il regime della responsabilità sociale. Ciò significa che l’erede, divenuto socio, risponde delle obbligazioni sociali al pari di qualsiasi altro socio. A titolo esemplificativo, nella s.n.c., l’erede-­‐socio entrante diviene illimitatamente responsabile per le obbligazioni passate e future solidalmente con gli altri soci anche quando abbia accettato l’eredità con beneficio di inventario ( non beneficiando della limitazione della responsabilità pro quota prevista dall’art. 752 c.c.) Se ne desume: sulla base di queste considerazioni, che la continuazione della società con gli eredi non configura una trasmissione della partecipazione sociale iure successionis, bensì <<un atto di adesione degli eredi alla società, avente pertanto natura di atto inter vivos>>. L’ accettazione dell’eredità costituisce, il mero presupposto legale per l’acquisto della qualità di erede, qualità che abilita l’erede all’esercizio della facoltà di aderire al contratto sociale mediante una espressa o tacita manifestazione di volontà. DELICATO PROBLEMA INTERPRETATIVO: pluralità di eredi del socio deceduto Un delicato problema interpretativo è posto dal silenzio della norma riguardo l’evenienza, peraltro frequente, dell’esistenza di una pluralità di eredi del socio deceduto. Ci si chiede, in particolare, se l’adesione al “patto di continuazione” della società richieda l’unanimità dei consensi degli eredi, come peraltro sostiene la dottrina prevalente, ovvero se sia possibile l’adesione solo di alcuni degli aventi causa. E’ evidente che la risposta a questo quesito presuppone la soluzione di un’altra annosa questione relativa al bene “partecipazione sociale” In dottrina si discute sulla natura di questo bene, e in particolare, ci si chiede se la partecipazione in una società di persone abbia natura divisibile oppure indivisibile. Due essenzialmente sono le opinioni emerse: Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 13 1) la DOTTRINA , che sembra preferibile, ritiene che – se i soci nulla hanno stabilito in proposito – la partecipazione del socio defunto si divida in più partecipazioni distinte, sichhè la società continua con gli eredi che hanno aderito – individualmente – alla “proposta” dei soci superstiti, mentre gli altri eredi hanno diritto esclusivamente alla liquidazione della quota parte ereditata. 2) Secondo altra ricostruzione teorica, invece, la partecipazione del socio non è divisibile. La trasmissione della partecipazione sociale mortis causa creerebbe, quindi, in capo agli eredi una situazione di comunione della quota. Con la ulteriore conseguenza che gli eredi dovrebbero nominare un loro rappresentante comune. È evidente, tuttavia, che la decisione relativa all’entità e alle caratteristiche della partecipazione dei soci in società è materia rimessa all’autonomia dei soci ( e post mortem alla volontà espressamente manifestata dai soci superstiti e dagli eredi). Ciò spiega perché nei contratti sociali delle società di persone spesso ricorrono specifiche pattuizioni in tema di divisione della quota mortis causa. Generalmente simili clausole stabiliscono una divisione automatica della quota convenzionalmente trasmissibile mortis causa ovvero introducono limitazioni alla divisione stessa. ….. L’utilità delle clausole in parola è quella di consentire al socio, futuro dante causa, di predisporre l’assetto di quella parte del suo patrimonio rappresentata dalla quota sociale e predeterminare i diritti societari dei suoi eredi, futuri aventi causa. Quanto, poi, alle modalità di manifestazione del consenso, la giurisprudenza ha precisato che la manifetsazione del consenso da parte degli eredi non necessita della forma scritta, ma può esprimersi mediante comportamenti concludenti. Esempio emblematico è quello della tacita prosecuzione della attività d’impresa con gli eredi. IL TERMINE PER LA DECISIONE DEI SOCI SUPERSTITI L’art. 2284 c.c. non prevede un termine entro il quale i soci superstiti debbono compiere la scelta fra le diverse alternative previste dal modello legale. Si ritiene, tuttavia, che la scelta debba intervenire entro sei mesi dalla morte del socio perché entro tale termine deve essere effettuato il pagamento della quota di liquidazione a favore degli eredi ex art. 2289, quarto comma, c.c.. Mancando una diversa previsione, una parte della dottrina ritiene che il termine, posto dalla legge per tutelare gli interessi degli eredi del socio, sia derogabile. Altra dottrina, invece, ritiene che le opzioni previste dall’art. 2284 c.c. siano da qualificarsi come obbligazioni alternative. La citata norma, quindi, porrebbe in capo ai soci superstiti l’obbligazione principale di liquidare la quota entro sei mesi dalla morte del socio con facoltà alternativa di sciogliere la società ovvero di continuare la stessa con gli eredi del socio deceduto. Da questa ricostruzione ne discende che gli eredi avrebbero la facoltà di richiedere al giudice, prima della scadenza del semestre, la fissazione di un termine entro il quale i soci superstiti dovranno effettuare la scelta. Ciò premesse è consigliabile, a fronte delle incertezze espressa dalla dottrina, adottare una specifica clausola che preveda tempi e modalità sia per la decisione dei soci superstiti, sia per l’adesione alla proposta da parte degli eredi. Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 14 LA LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA DEL SOCIO DEFUNTO La disciplina legale della liquidazione del socio deceduto è contenuta nell’art. 2289 c.c. che si applica all’ipotesi di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio (per morte, recesso e esclusione del socio). A norma dell’art. 2289, 1° co. C.c. : nel caso di morte, i suoi eredi, hanno diritto soltanto ad una somma di denaro che rappresenti il valore della quota, il che tra l’altro significa, per concorde dottrina e pacifica giurisprudenza, che il socio non può pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà o in godimento. Ciò significa che gli eredi vantano esclusivamente un diritto di credito pecuniario nei confronti della società e che salvo patto contrario non possono pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà ( se ancora presenti nel patrimonio sociale) ovvero in godimento (fino a quando dura la società) La ratio della norma si ravvisa, sotto il profilo giuridico, nel principio dell’intangibilità del conferimento e, sotto il profilo operativo, nell’intento di consentire la continuazione dell’impresa, impedendo la sottrazione dei beni sociali alla loro destinazione produttiva. Breve analisi Liquidazione della partecipazione del socio che ha conferito beni in godimento Il caso è disciplinato in maniera assai succinta soltanto nell'ambito del procedimento di liquidazione
dell'intera società dall'art. 2281 cod. civ. . La norma prevede il diritto del socio conferente a riprendere il
bene nello stato in cui si trova nota1. Il perimento o il deterioramento consentono di ottenere il risarcimento
del danno a valere sul patrimonio sociale (e salva l'azione contro gli amministratori) soltanto nell'ipotesi in cui
essi
derivino
da
causa
imputabile
agli
amministratori.
Ciò
premesso,
possono
astrattamente
essere
prospettate
due
tesi
antitetiche.
Secondo un'impostazione, il godimento del bene dovrebbe essere capitalizzato in base alla
durata. Così al tempo dello scioglimento della società, ovvero (il che ai nostri fini è equivalente) dello
scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad uno soltanto dei soci (a cagione della morte, del recesso o
dell'esclusione), colui che avesse precedentemente apportato il godimento del bene non soltanto ne
riacquisirebbe la disponibilità, ma avrebbe anche diritto ad una somma di denaro ragguagliata al valore del
prorio apporto ed alla situazione patrimoniale della società. Seguendo invece una differente
prospettazione, il socio che avesse conferito il mero godimento di un cespite non avrebbe
altro diritto all'infuori di quello legato alla restituzione di esso. In altri termini, il socio avrebbe
diritto
alla
restituzione
del
bene
semplicemente nello
stato
in
cui
si
trova.
Poniamo che in sede di costituzione della società Tizio abbia conferito 100, Caio il godimento di un
immobile sul quale siano state effettuate durante societate migliorie per 50. Al termine del rapporto, liquidate
tutte le passività, residua nell'attivo 150 oltre alle migliorie sull'immobile. Quid juris? È stato deciso, in
un'ipotesi di questo segno, che, una volta restituiti i conferimenti, la distribuzione di ciò che residua tra i soci
in proporzione all'entità dei conferimenti, deve essere effettuata computando anche il valore delle
migliorie (Cass. Civ. Sez. I, 5876/796 ). Ciò sia pure nella misura, conformemente alle indicazioni di cui
6 Cass. civile, sez. I del 1979 numero 5876 (13/11/1979) A seguito dello scioglimento di una società di persone, il socio, che abbia
conferito in godimento beni immobili, ha diritto di riprenderli nello stato in cui si trovano, ritenendo le migliorie e le addizioni che siano
intervenute con il suo consenso, ma è tenuto ad indennizzare la società per tali migliorie ed addizioni, nella minor somma fra l' importo
della spesa ed il valore del loro risultato utile al momento della riconsegna, secondo i criteri dettati dagli artt. 1592 e 1593 cod. civ. in
tema di locazioni, atteso che, per effetto di detto conferimento, la società ha acquisito una detenzione dei beni medesimi analoga a
quella del conduttore sulla cosa ricevuta in locazione.Il diritto del socio di una società di persone a partecipare alla distribuzione del
residuo attivo del patrimonio sociale, in conseguenza dello scioglimento della società stessa, non può essere fatto valere prima del
verificarsi di tale scioglimento, il quale, pertanto, segna il dies a quo per il decorso del relativo termine di prescrizione.In tema di
scioglimento di società di persone, il diritto del socio a partecipare alla distribuzione del residuo attivo del patrimonio sociale, dopo che
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 15 agli artt. 1592 e 1593 cod. civ. ) della minor somma fra l'importo della spesa ed il valore del risultato utile al
momento della riconsegna del bene conferito. Nell'esempio effettuato, le utilità ulteriori rispetto ai
conferimenti iniziali sono pari a 100 (50 liquidità, 50 valore delle migliorie): questo valore dovrebbe essere
ripartito tra i soci proporzionalmente al valore dei conferimenti. Ne segue l'indispensabile esigenza, in
sede di conferimento del godimento del bene, di fissare un valore convenzionale del
medesimo.
Potrebbe anche verificarsi una diversa situazione in cui residuassero corpose plusvalenze liquide. Un esempio
pratico potrà valere a meglio illustrarne la dinamica. Si ipotizzi che, in sede di costituzione della società,
Tizio abbia apportato il godimento per anni venti di uno stabile industriale a fronte della quota di metà della
partecipazione nella società della quale è socio anche Caio, il quale vi ha apportato a propria volta la somma
di denaro pari a 1000. Giunto il termine previsto per la durata della società, la società presenta nelle casse un
attivo netto di 9000. Seguendo quest'ultima tesi Tizio vanterebbe unicamente il diritto alla restituzione
dell'opificio, mentre Caio, una volta rimborsato della somma di 1000 siccome originariamente versate, si
gioverebbe dell'ingente residuo di cassa. E' palese l'iniquità di una siffatta situazione.
In giurisprudenza è stato deciso che, nell'ipotesi di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un
socio, la liquidazione vada commisurata all'utilità che la società ha ricavato dal fatto di essere stata titolare di
7
un
diritto
di
godimento
sul
bene
(Cass.
Civ.
Sez.
I, 5853/84
).
nota1
Anche quando il vincolo sociale si sciolga limitatamente ad un solo socio, non può comunque essere revocato
in dubbio il diritto di costui alla restituzione in natura del bene oggetto del conferimento in mero godimento
(Cass.Civ.Sez.I, 2171/8).
Breve analisi Scioglimento della società e liquidazione della quota del socio che ha conferito la propria opera Quando il socio di una società a base personale ha conferito semplicemente la propria opera si
pone la questione di determinarne le spettanze economiche in esito allo scioglimento della società.
In tal caso la regola generale di cui all'art. 2282 cod. civ. prevede che, dopo esser state estinte le
passività, "l'attivo residuo è destinato al rimborso dei conferimenti. L'eventuale eccedenza è
ripartita tra i soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni". Quale ulteriore regola per i
conferimenti diversi dal denaro, la stessa norma prosegue affermando che l'ammontare di essi "è
determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel contratto o, in mancanza, secondo il
siano stati pagati i debiti, restituiti i beni ricevuti in godimento e rimborsati i conferimenti, investe tutte le entità patrimoniali ed i profitti
della società stessa, ivi compresi, pertanto, quegli incrementi derivanti da migliorie ed opere di trasformazione di beni sociali.
7 Cass. civile, sez. I del 1984 numero 5853 (17/11/1984) n ipotesi di uscita del socio da una società di persone la conseguente
definizione dei rapporti fra socio e società, che va attuata attraverso la liquidazione della quota del socio uscente, deve essere
effettuata tenendo presenti i criteri stabiliti in relazione alla divisione del patrimonio sociale, con la conseguenza che ove oggetto del
conferimento non sia stata la proprietà della cosa conferita, ma solo il godimento della stessa, oggetto della liquidazione - cui ha diritto il
socio uscente - non può essere una somma di denaro pari al valore della proprietà del bene - mai entrata nel patrimonio della società ma una somma che corrisponda all'utilità che la società ricava dall'essere titolare di un diritto di godimento.
8 Cass. civile, sez. I del 1953 numero 2171 (08/07/1953) La disposizione dell'art. 2289 cod. civ., la quale dispone che nei casi in cui il
rapporto sociale si scioglie limitatamente a 1 socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto a una somma di denaro che rappresenti il
valore della quota, non mira ad escludere il diritto del socio recedente alla restituzione del bene di cui ha conferito in società soltanto il
godimento e l'uso, ma tende unicamente a porre il principio generale che la determinazione della quota spettante al socio uscente
sull'attivo sociale non va fatta in natura.
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 16 valore
che
essi
avevano
nel
momento
in
cui
furono
eseguiti."
A proposito del conferimento dell'opera sono state al riguardo prospettate due opinioni. Secondo la
prima occorrerebbe innanzitutto procedere al rimborso del valore nominale del
conferimento ai soci che hanno compiuto apporti di capitale. Soltanto successivamente a
questa operazione l'eventuale differenza potrebbe essere ripartita in proporzione alla
misura della partecipazione agli utili fissata nel contratto sociale, coinvolgendo così anche
il
socio
d'opera nota1.
Secondo altra opinione, si sottolinea che la mancata distinzione nell'art. 2282 cod. civ. del tipo di
conferimento, impone di trattare in modo eguale tanto i soci di capitali quanto i soci d'opera.
In tal modo nell'ambito della prima fase, quella cioè volta a restituire a ciascun socio quanto
oggetto dell'originario conferimento, occorrerebbe rimborsare al socio d'opera il valore
dell'opera
prestata,
appositamente
capitalizzata nota2.
E' palese, a causa di queste incertezze, l'opportunità di disciplinare la vicenda in forza di appositi
patti in sede di costituzione della società. In difetto di una siffatta previsione potrà farsi ricorso alla
determinazione giudiziale secondo equità ai sensi dell'art. 2263 cod. civ. (cfr. Cass. Civ. Sez.
II, 3980/01 9; Cass. Civ. Sez. I, 9392/99 10).
L’art. 2289 c.c. stabilisce, inoltre, le modalità di determinazione e di pagamento della quota. MODALITA’ DI DETERMINAZIONE E PAGAMENTO DELLA QUOTA Il parametro per determinare il valore della quota è costituito dalla <<situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento>> del rapporto sociale, ovvero, nel caso in esame, dalla data della morte del socio. Al fine di assicurare la congruità della valutazione, il legislatore ha cura di precisare poi che, se esistono operazioni in corso, gli eredi sono chiamati a partecipare agli utili e alla perdita correlati a queste operazioni (art. 2289, terzo comma, c.c. ). 9 Cass. civile, sez. II del 2001 numero 3980 (20/03/2001) Il criterio di ripartizione dei guadagni e delle perdite, stabilito dal comma
secondo dell'art. 2263 cod. civ. per il socio che ha conferito la propria opera, vale anche all'atto dello scioglimento della società
limitatamente al socio predetto per la determinazione della quota da liquidare a questo o ai suoi eredi. Pertanto, se nel contratto sociale
sia riconosciuta, ai soci che conferiscono soltanto il loro lavoro, parità di diritti nella ripartizione dei guadagni e delle perdite, siffatto
criterio deve seguirsi anche all'atto dello scioglimento del rapporto sociale nella liquidazione della quota al socio uscente. Se, viceversa,
manchi una tale determinazione convenzionale, il valore della quota già spettante al socio conferente la propria opera è, ai fini della sua
liquidazione, fissato dal giudice secondo equità, assumendo a base la situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è
verificato lo scioglimento.
10 ICass. civile, sez. I del 1999 numero 9392 (04/09/1999) In sede di liquidazione della quota di partecipazione al socio uscente di una
società di fatto (nella specie composta da due soci), deve ritenersi viziata da inadeguata motivazione la sentenza di merito, la quale
consideri esclusivamente come socio d'opera il socio uscente, ancorchè egli avesse conferito capitali in misura paritaria rispetto all'altro
socio all'atto della costituzione della società, nonché trascuri, nel procedere alla liquidazione equitativa della quota, la circostanza che,
fino al momento dello scioglimento della società gli utili sociali erano stati divisi in misura eguale fra i due soci (con riferimento a questo
secondo profilo la Suprema Corte, nel cassare con rinvio la sentenza di merito, ha precisato che, in ogni caso, se alla liquidazione
equitativa della quota del socio d'opera uscente può procedersi equitativamente, in applicazione del criterio indicato dall'art. 2263 cod.
civ., per la ripartizione delle perdite dei guadagni, nella relativa valutazione non può mancare la motivata considerazione della misura
della sua partecipazione in via di fatto agli utili).
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 17 Quanto al termine entro il quale adempiere l’obbligazione relativa alla liquidazione della quota in favore degli eredi, il quarto comma dell’art. 2289 c.c. stabilisce, come detto, che il pagamento in favore degli eredi deve essere effettuato entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto sociale. Occorre soffermarsi ulteriormente sulle disposizioni in commento. Il 2° comma dell’art. 2289 c.c. statuisce che la liquidazione della quota va fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. La liquidazione del valore della quota del socio defunto a favore degli eredi, impone di individuare il valore reale attuale del patrimonio della società. In altri termini, la determinazione della quota deve avvenire sulla base della situazione patrimoniale che registri la effettiva consistenza economica del patrimonio sociale (vale a dire i valori effettivi delle attività e delle passività) al momento in cui il rapporto sociale si è sciolto (la data della morte del socio). Per giungere alla determinazione della situazione patrimoniale si deve tener conto, quindi, del valore dei beni materiali e immateriali posseduti dalla società (l’avviamento, il marchio, le eventuali licenze, i contratti…) ed anche delle operazioni ancora in corso al momento della morte del socio. La dottrina ritiene, inoltre, necessaria la redazione di un vero e proprio bilancio volto ad individuare il netto patrimoniale della società nel giorno di riferimento. Si tratta di un bilancio: . straordinario perché almeno in linea di principio, diretto a stabilire l’effettivo valore dei beni che compongono il patrimonio sociale, (non quello prudenziale risultante dal bilancio di esercizio, ove redatto, o dalle altre scritture contabili). Quindi che tenga conto dell’avviamento e dei valori effettivi degli elementi patrimoniali alla data considerata. Siano all’istante t(in cui si verifica lo scioglimento del rapporto col socio uscente: -­‐ W (t) = il valore economico o globale della società -­‐ CS (t) = il capitale sociale -­‐ RS (t) = le riserve -­‐ δ quota di partecipazione del socio uscente ( 0< δ <1) -­‐ UP (t) = l’utile di periodo maturato dal 1° gennaio a (t) AV (t) = W (t)-­‐ [CS (t) + RS (t) + UP (t)] QL (quota di liquidazione spettante al socio uscente) = δ W (t) = δ * CS (t) + δ [ RS (t) + AV (t) ] + δ * UP (t) . aperto in quanto deve comprendere la valutazione di situazioni in fieri al momento dello scioglimento. Quanto alla nozione di operazioni in corso ai cui utili e alle cui perdite partecipa l’erede, essa ricomprende, secondo la Corte di Cassazione, tutte le operazioni che, pur se non in atto al momento dello scioglimento del rapporto sociale, debbono considerarsi conseguenza necessaria ed inevitabile dei rapporti giuridici preesistenti (esempio rata di mutuo stipulato prima dello scioglimento del rapporto sociale cui la scadenza si verifichi successivamente). In latri termini, gli eredi del socio defunto partecipano anche ai guadagni e delle perdite contratte durante lo svolgimento dell’attività sociale e fino al momento dello scioglimento del rapporto sociale relativo al socio premorto. Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 18 Quanto ai beni conferiti in proprietà ovvero in godimento, durante societate, l’erede non può, come già detto, pretendere la loro restituzione, ma, salvo patto contrario, ha diritto esclusivamente ad ottenere il controvalore dell’utilità che la società ricava dal bene. IN CASO DI VALORE NEGATIVO DELLA QUOTA:
Infine, si deve notare che la norma, pur se con riferimento alle operazioni in corso accenna alla evenienza di perdite, nulla dice sulla possibilità che a causa di perdite il valore della quota risulti essere negativo. A riguardo, si rileva che il debito liquidatorio deve essere trattato alla stregua di qualsiasi altro debito sociale e perciò soddisfatto mediante l’utilizzo dell’attivo patrimoniale netto (utili e riserve esistenti nel patrimonio sociale eccedenti il capitale sociale nominale). Ne discende che, in caso di incapienza del patrimonio sociale, gli eredi non possono ottenere alcuna liquidazione dalla società. Parallelamente, si deve ritenere che la società non può chiedere all’erede di effettuare versamenti per reintegrare proporzionalmente le perdite accertate. Articolo 2289 Liquidazione della quota del socio uscente
Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di
danaro che rappresenti il valore della quota.
La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento.
Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime.
Salvo quanto è disposto nell'art. 2270, il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si
verifica lo scioglimento del rapporto La disciplina per la S.a.s. Nella società in accomandita semplice Soltanto la quota di partecipazione del socio accomandante (limitatamente responsabile) è trasmissibile per causa di morte, ai sensi dell’art. 2322 c.c. La quota del socio accomandante è liberamente trasferibile per causa di morte degli eredi, senza alcun consenso dei soci superstiti. Mentre in caso di morte del socio accomandatario (illimitatamente responsabile) trova applicazione l’art. 2284 c.c., in virtù del quale gli eredi non subentrano nella posizione del defunto socio accomandatario nell’ambito della società, ma hanno diritto soltanto alla liquidazione della quota del loro dante causa nel termine di sei mesi, salvo diverso accordo con gli altri soci in ordine alla continuazione della società, e fermo restando che in tal caso l’acquisto della qualifica di socio accomandatario non deriva dalla posizione di erede del socio accomandatario defunto bensì deriva da un accordo. Posizione dei soci superstiti in caso di morte del socio accomandatario: o i soci superstiti possono decidere per lo scioglimento anticipato della società, in questo caso verrà meno il diritto degli eredi alla liquidazione della quota nel termine di sei mesi, in quanto occorre attendere il termine delle relative operazioni oppure o i soci superstiti possono optare per la continuazione della compagine societaria con gli eredi del socio defunto, previo consenso di tutti i soci superstiti e di tutti gli eredi che in tal modo diventerebbero soci per atto tra vivi e non iure successionis. Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 19 È importante sottolineare che come nella s.n.c. anche nella s.a.s lo scioglimento del singolo rapporto sociale rappresenta un fatto(morte) modificativo dell’atto costitutivo. Sarà perciò necessaria la pubblicità prevista dall’art. 2300 c.c. ART.2230 C.C. gli amministratori devono richiedere nel termine di trenta giorni all’ufficio del registro delle imprese,
l’iscrizione delle modificazioni dell’atto costitutivo e degli altri fatti relativi alla società, dei quali è obbligatoria l’iscrizione.
SCIOGLIMENTO SOCIETÀ DI PERSONE (S.N.C. E S.A.S.) PRATICHE CCIAA
SCIOGLIMENTO CON ATTO NOTARILE E CONTESTUALE CANCELLAZIONE
(ARTT. 2272, 2308 C.C.)
TERMINE: 30 giorni data atto
codice atto: A13 e A14
Modulo S3. La distinta dovrà essere sottoscritta dal notaio o da un socio amministratore
Modulo NOTE con indicazione del luogo di conservazione delle scritture contabili
Atto notarile di modifica dei patti sociali
Diritti di segreteria pari a Euro 90,00 (con floppy digitale Euro 120,00)
Imposta di bollo pari a Euro 59,00
SCIOGLIMENTO CON ATTO NOTARILE CON O SENZA LIQUIDAZIONE
(ART. 2272, 2308 C.C.)
TERMINE: 30 giorni data atto
• codice atto: A13 e A09 (se viene nominato il liquidatore)
• Modulo S3. La distinta dovrà essere sottoscritta dal notaio o da un socio amministratore
• atto notarile di modifica dei patti sociali
• Eventuale intercalare P per la nomina del liquidatore, se deliberata anche la liquidazione
• Diritti di segreteria pari a Euro 90,00 (con floppy digitale Euro 120,00)
• Imposta di bollo pari a Euro 59,00
SCIOGLIMENTO PER MANCATA RICOSTITUZIONE DELLA PLURALITÀ DEI SOCI E CONTESTUALE
CANCELLAZIONE
(ARTT. 2272 N. 4, 2308 C.C.)
TERMINE: nessuno
• codice atto: A13 e A14
• Modulo S3. La distinta dovrà essere sottoscritta dal socio superstite
• dichiarazione sostitutiva di atto notorio, sottoscritta dal socio superstite circa l’avvenuta
definizione dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla società (vedi facsimile)
• Diritti di segreteria pari a Euro 90,00 (con floppy digitale Euro 120,00)
• Imposta di bollo pari a Euro 59,00
SCIOGLIMENTO PER PERMANENZA DI SOLI SOCI ACCOMANDANTI O ACCOMANDATARI PER
OLTRE 6 MESI E CONTESTUALE CANCELLAZIONE
(ART. 2323 C.C.)
Ipotesi valida solo per società in accomandita semplice
TERMINE: nessuno
• codice atto: A13 e A14
• Modulo S3. La distinta dovrà essere sottoscritta da un amministratore
• dichiarazione sostitutiva di atto notorio, sottoscritta da tutti i soci nella quale si attesta
l’avvenuto scioglimento, la non prosecuzione dell’attività a seguito dello scioglimento e
Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 20 l’avvenuta definizione dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla società (vedi
fac-simile).
• Diritti di segreteria pari a Euro 90,00 (con floppy digitale Euro 120,00)
Imposta di bollo pari a Euro 59,00 Liquidazione della quota del socio defunto, liquidazione della società conseguente alla morte del socio. 21