L`islam politico alla prova del potere

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L`islam politico alla prova del potere
Recensioni
vento della società di massa costringeva le
classi dirigenti a ricercare il consenso dell’opinione pubblica.
In tale quadro della produzione etnografica di carte che presta inevitabilmente
il fianco alla politicizzazione e alla manipolazione tecnica (a causa dell’uso arbitrario di accorgimenti legati in particolare al
colore e alla scala), la cartografia del Touring Club Italiano svetta per rigore scientifico: negli anni della prima guerra mondiale il sodalizio, pur risentendo inevitabilmente del clima di ardente slancio patriottico, frena le proprie smanie nazionaliste. Successivamente, tenterà di conservare la propria autonomia fin dove sarà
possibile, cioè fino a quando la morsa del
controllo del regime fascista sull’editoria
non si farà asfissiante. Di queste diverse
fasi della vita del Touring, che sono poi
comuni a tanti editori italiani, Rafael
Company ci offre una quantità enorme di
indizi, consentendo di leggere attraverso
l’operato del Touring l’intero rapporto tra
l’editoria cartografica privata e il potere
politico. La sua ricostruzione si realizza attraverso un lavoro scrupoloso e meticoloso di ricerca d’archivio, da autentico detective alla caccia di atlanti del Touring
nelle biblioteche di tutto il mondo. L’esame minuzioso delle diverse – e alquanto
enigmatiche – edizioni dell’Atlante Internazionale pubblicate nel 1938 rappresenta il punto più alto di tale «ossessione investigativa».
Si tratta di una ricerca tutt’affatto fine
a sé stessa: come si trasformano le carte
etnografiche del Touring rappresenta
un’indicativa spia di come si trasforma il
mondo scientifico in Italia negli anni del
fascismo, di come si strumentalizza un
concetto scientifico e infine di come cambia la comunicazione politica in quegli
stessi anni. È singolare che non ci abbia
pensato prima uno studioso italiano ad
avviare uno studio di questo tipo, ed è
quindi una fortuna che l’abbia intrapreso
Rafael Company. Lui l’avrà fatto certa-
mente anche per l’amore verso il nostro
paese, ma soprattutto per riflettere sulle
identità e sugli strumenti di creazione delle identità, dimostrando che per un popolo è importante sentire il collante identitario ma è ancora più importante valutare
come gli altri popoli percepiscono quella
stessa identità. Una lezione per l’Europa
di ieri ma anche per quella di oggi.
Edoardo Boria
Sapienza Università di Roma
L’islam politico alla prova del
potere
Geopolitica
vol. III, 1-2, primavera-estate 2014,
pp. 330
L
e osservazioni che seguono sono
ben lontane dal proporsi come una
esauriente recensione al volume: un
volume straordinariamente omogeneo
nella sua altrettanto eccezionale complessità, che per potere essere adeguatamente
presentato dovrebbe avvalersi di un ventaglio di competenze che chi scrive non
possiede. Basti pensare che esso raccoglie
venticinque saggi, dedicati specificamente
all’analisi di tematiche che riguardano il
mondo musulmano considerato sia nel
suo complesso sia nella specificità di ogni
sua singola realtà politica, storica e antropologica. Questi sono rubricati come segue: due nell’editoriale; tredici nella sezione Focus; dieci sotto Commenti e dibattiti.
Nella mia ottica, il tema cui è dedicata
la maggior parte dei lavori o, per meglio
dire, il problema che in maniera più o
meno diretta li accomuna, è l’islam politico. Si tratta qui di un’espressione ormai
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Semestrale di Studi e Ricerche di Geografia
entrata nell’uso, ma ambigua nel suggerire tanto una peculiarità quanto una uniformità, ambedue tutte da dimostrare. È
necessario, invece, contestualizzare caso
per caso senza perdere il filo di un discorso che si vuole critico, e senza concessioni
ai luoghi comuni, purtroppo e troppo
spesso ricorrenti nelle analisi del fenomeno islam nel suo complesso. Qui sta l’eccezionalità di una “narrazione” dell’islam
politico che lascia da parte per l’appunto
gli slogan e tenta, con successo a parer
nostro, di inserire le analisi dei singoli casi
in un mosaico variegato ma coerente: un
mosaico costituito da tessere diverse che
tendono a far emergere sia gli elementi
comuni a più realtà sia la specificità delle
singole realtà considerate. Quanto si va
dicendo è dunque – insistiamo – ben lontano dal proporsi come un puntuale resoconto del volume.
Islam politico è espressione inevitabilmente impropria nel suggerire un rapporto particolare legato all’appartenenza
religiosa nei vari paesi musulmani incidendo sulla modalità di percepire il fenomeno religioso nell’ambito di una
omogeneità per noi anomala. E qui si
tenga ben presente che con questo noi si
intende costantemente la nostra situazione odierna a fronte di una situazione che
è stabilmente loro. L’eccezionalità della
“narrazione” dell’islam politico che i vari
contributi mettono in risalto consiste nel
fatto che, sgomberata la strada dai luoghi
comuni, si tenta, con successo, di inserire
le analisi dei singoli casi in un quadro tanto complesso quanto coerente. Come a dire che, se l’islam è cifra identitaria primaria, esso islam deve essere analizzato nello
specifico contesto socio-politico, vista, e
denunciata, la non omogeneità dei vari
casi. Tanto è in qualche modo teorizzato e
annunciato nei due saggi con cui si apre il
volume.
Nel primo saggio, Riduzionismo identitario e analisi geopolitica di Tiberio
Graziani (pp.7-9), il ruolo del fattore reli-
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Roma - XXVII, Fascicolo 1, gennaio-giugno 2015
gioso viene definito «elemento imprescindibile per la piena comprensione di alcuni
fra i più complessi scenari regionali», portando come casi emblematici «il processo
rivoluzionario avviato da Khomeini, conclusosi con l’istaurazione della Repubblica
Islamica dell’Iran, e l’esperienza dei mujahidin nella guerra sovieto-afghana». Dove il caso vincente è quello iraniano, definito come «un’eccezione», e dove la rivoluzione khomeinista, mette in atto «una
sintesi continuamente riattualizzata tra il
potere temporale e l’autorità spirituale,
tale da permeare, con successo la gestione
pratica di una società moderna e perciò
stesso altamente complessa». Al contrario
«altri movimenti politici, come ad esempio il movimento talebano […] e quello
dei Fratelli musulmani, alla “prova del potere” […] hanno miseramente fallito». Osservazioni che conducono, secondo l’autore a sostenere che «il cosiddetto islamismo
politico, mal si coniuga con la gestione
della complessità nella conduzione del potere di una nazione nell’epoca attuale».
Il secondo contributo, a firma di Pietro
Longo, Ascesa e declino dell’Islam politico (pp. 11-27), inquadra il problema partendo dalla tradizione medievale e dalle
letture della medesima per arrivare alle
analisi delle teorizzazioni attuali, per
esempio della Fratellanza musulmana.
Quello che l’autore mette in risalto è la
fragilità, se non il fraintendimento delle
teorie sul potere (sovranità) vuoi medievali locali, vuoi ispirate all’Occidente. Per
esempio, «il Costituzionalismo islamico ha
una sua fisionomia ben precisa che tuttavia non ha mai ricevuto una concreta applicazione» e «La cosiddetta “Primavera
Araba” non può essere definita come la
realizzazione di un modello di stato» che
abbia come referente «l’idea di un contratto sociale di marca illuministica». Lo snodo più interessante del discorso di Longo,
a parere di chi scrive, è il paragrafo dedicato all’Islam Politico alla prova del potere e al suo fallimento, almeno allo stato
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attuale delle cose, come dimostrerebbero
nella fattispecie le vicende egiziane, yemenite, ma anche tunisine e quant’altro.
La modalità di scrittura e di costruzione
dei singoli contributi mi pare ricalchi
quella di Longo e sia funzionale alla già
sottolineata unitarietà e coerenza all’intero volume. Preme a chi scrive sottolineare
l’esplicitamente considerata centralità
dell’Iran, intesa giustamente come caso a
sé, ma analizzata anche sul piano dell’impatto della Rivoluzione khomeinista
nello scenario mediorientale e da leggersi
nel quadro complessivo dei mutamenti
sociali e politici dell’intera area negli
scorsi decenni. Neppure questo elemento
non è scontato nelle “normali” analisi politiche del mondo musulmano, soprattutto vicino-orientale. Tutto a dire che il volume va letto e studiato. A facilitarne la
lettura sarebbe stato utile, per esempio,
una lista delle sigle usate. Ma sono peccati veniali.
Biancamaria Scarcia Amoretti
Sapienza Università di Roma
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