PRIMA DEL “MODELLO 231 - AMBIENTE” - Linea

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PRIMA DEL “MODELLO 231 - AMBIENTE” - Linea
PRIMA DEL “MODELLO 231 - AMBIENTE”
- Linea Guida di Unindustria Pordenone per una conformità
razionale in materia ambientale -
1- Il D. Lgs. 231/2001 e l’estensione ai reati ambientali :
Il D.Lgs. 121/2011 “Attuazione della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente,
nonché della direttiva 2009/123/CE che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa
all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni” ha
esteso la responsabilità amministrativa delle società e degli enti anche ad una serie di
reati di natura ambientale, integrando la serie dei “reati presupposto” già contenuti nel
D.Lgs. 231/2001.
Nello specifico anche per alcuni reati ambientali il Giudice penale può riconoscere, ferme
restando le responsabilità penali, anche una responsabilità “amministrativa” a carico degli
enti e delle società per le quali operano i soggetti che ricoprono posizioni apicali (legale
rappresentante, amministratori, dirigenti, ecc) o intermedie (quadri e impiegati)
comminando alla Società stessa sanzioni sotto forma di quote (si fa riferimento a sanzioni
da 25.800 a 774.500 euro) ma anche di carattere interdittivo, come ad esempio il divieto di
contrarre con la pubblica amministrazione, il divieto di fare pubblicità e che arrivano, come
conseguenza massima, fino al “commissariamento”.
Qual è lo spirito del D.Lgs. 231/2001 in campo ambientale?
In un motto ad effetto potremmo dire che l’Ente o l’Azienda NON possono trarre profitto
(“interesse o vantaggio”, in termini ad esempio di riduzione dei costi per impianti di
depurazione o per lo smaltimento dei rifiuti) dal parziale o mancato rispetto della
legislazione ambientale: per verificare che ciò non avvenga, anche tramite una sorta di
implicito “laissez faire, laissez passer” da parte dell’alta Direzione oppure per un mancato
controllo sull’operato dei Dirigenti o Preposti, gli Amministratori debbono apprestare delle
procedure organizzative apposite costituenti appunto il “modello di organizzazione e
gestione”(detto comunemente per brevità “mog”).
Precisiamo che il “modello di organizzazione e gestione” non va confuso con i sistemi di
gestione ambientali (SGA) certificabili (ISO 14001 ed EMAS) le quali sono sistemi di
gestione assolutamente volontari, che vengono adottati per garantire la massima tutela
dell’ambiente ed hanno quali destinatari i legali rappresentanti, gli amministratori, i delegati
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ambientali ed in generale tutto l’organigramma dell’azienda, mentre il “modello di
organizzazione e gestione” deve essere attuato efficacemente allo scopo di prevenire la
commissione dei reati da soggetti apicali e loro sottoposti, ed ha come destinatario
principali l’organo esecutivo (esempio: consiglio di amministrazione, amministratore unico,
liquidatori, ecc.). Certamente avere un sistema di Gestione Ambientale aiuta e facilita il
lavoro di predisposizione del “Mog” tuttavia bisogna essere consci che non sono
coincidenti e sono sovrapponibili solo in parte.
Gli schemi precedenti visualizzano il Sistema di Gestione Ambientale che si applica dal
“Amministratore delegato ambientale” a cascata mentre il Modello Organizzativo (figura
seguente) copre e presidia più che altro la parte dei processi che va dal “Amministratore
delegato ambientale” in su nel rapporto verso i Soci e gli Azionisti.
(Per “Amministratore delegato ambientale” si intende la persona che viene indicata dal
Consiglio di Amministrazione come Legale Rappresentante, o massimo Responsabile ai
fini della normativa ambientale in caso dell’esistenza di deleghe o procure.)
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Il “modello di organizzazione e gestione” deve prevedere un “organismo di vigilanza”,
dotato di sufficiente competenza, professionalità, autonomia, autorevolezza e
indipendenza (l’orientamento attuale consiglia che l’Organismo di Vigilanza sia costituito
da almeno una persona esterna rispetto all’Impresa o alla holding) e dotato di risorse
adeguate a garantirne l’efficace operatività.
Il suo compito sarà, in estrema sintesi, quello di vigilare sul fatto che l’“Amministratore
delegato ambientale” (apicale) ed il suo Staff di dirigenti e preposti attui la normativa
ambientale senza esitazione, senza conseguire ipotetici “risparmi” sui costi ambientali
(interesse o vantaggio) che “si tradurrebbero” in un inquinamento ambientale oltre i limiti di
legge imposti (cosiddetto “dumping ambientale”).
Come si nota dai pochi esempi che seguono, le pratiche illecite che potrebbero essere in
astratto incluse in questo tipo di provvedimento non sono poche e spesso sono oggetto di
attenzione insufficiente, vieppiù in tempo di crisi, da parte degli specialisti di riduzione dei
costi industriali, esponendo nel contempo l’azienda a rischi di sanzione di elevatissima
intensità.
Esempi: l’“Amministratore delegato ambientale” (o i suoi Dirigenti)
• conseguono un risparmio sullo smaltimento dei rifiuti affidandoli ad un soggetto non
autorizzato che comporta all’Azienda un costo minore
• effettuano un risparmio sui costi di gestione generali non azionando il bruciatore di
un impianto di depurazione fumi conseguendo un risparmio sulla bolletta energetica
• eliminano un addetto all’impianto di depurazione acque che non può quindi essere
condotto in maniera corretta
• non eseguono le analisi chimiche previste sugli scarichi
• gestiscono come sottoprodotto un materiale che invece è un rifiuto
• tagliano o riducono i costi di manutenzione (filtri, tenute, lubrificazioni, …) o di
formazione del personale.
Tutte queste condotte espongono l’ambiente a rischi di inquinamento oltre i parametri
consentiti e, di conseguenza, anche l’azienda a rischio di reati. Tali condotte potrebbero
essere state poste in essere anche da alcuni Dirigenti senza che l’“Amministratore
delegato ambientale” ne sia a conoscenza, in quanto lo stesso potrebbe non aver
impostato delle procedure di controllo idonee. Procedure che sono appunto il cuore del
“Mog”.
Il “Mog”, qualora efficacemente attuato ed aggiornato, dovrebbe consentire agli
Amministratori di confidare sul fatto che tali reati non possano essere commessi (o
possano essere commessi solo in maniera fraudolenta dall’ “Amministratore delegato
ambientale” o dai Dirigenti) e pertanto costituire un esimente nei confronti della Società;
tale Modello impone infatti diversi step di controllo nell’operatività quotidiana e nelle
decisioni ad intervalli regolari.
2 - I reati ambientali specificamente inclusi nell’ambito del D.
Lgs. 231/2001
Non tutti i reati ambientali sono stati estesi al campo di applicazione del D.Lgs. 231/2001:
un esempio tipico è costituito dalle violazioni alla normativa in materia di Autorizzazione
Integrata Ambientale (AIA). Perciò riportiamo la lista delle violazioni alla normativa
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ambientale, suddivisi per area tematica, incluse nei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001 per
effetto del D.Lgs. 121/2011.
Rifiuti
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•
•
•
•
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•
•
•
Gestione non autorizzata di rifiuti comprendente le attività di raccolta, trasporto,
recupero.
Smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti effettuate in mancanza della
prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione prevista dagli art. dal 208 al
216 del D.Lgs. 152/2006.
Realizzazione e gestione non autorizzata di discarica.
Miscelazione di rifiuti pericolosi.
Deposito temporaneo di rifiuti sanitari pericolosi.
Falsità nella predisposizione di certificati di analisi dei rifiuti e uso di certificati falsi
durante il trasporto.
Traffico illecito di rifiuti.
Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
Indicazione di false informazioni nell’ambito del sistema per la tracciabilità dei rifiuti
(SISTRI).
Trasporto di rifiuti privo di documentazione SISTRI (scheda SISTRI-AREA
MOVIMENTAZIONE).
accompagnato
da
documentazione
SISTRI
(scheda
SISTRI-AREA
MOVIMENTAZIONE e certificati di analisi) falsa o alterata.
Acque
•
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•
•
Scarico illecito di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose e/o
superanti i valori limite stabiliti dalla legge e/o dalle autorità competenti (art. 137
commi 2, 3 e 5 del D.Lgs. 152/2006).
Violazione del divieto di scarico sul suolo, nel suolo e nelle acque sotterrane.
Scarico illecito nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili di sostanze o
materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento.
Inquinamento doloso o colposo provocato da navi.
Aria
•
•
•
Violazione dei valori limite di emissione al camino (o diffuse) qualora ciò comporti
anche uno sforamento, in conseguenza del superamento dei valori legali, dei limiti
generali di qualità dell’aria-ambiente. In altre parole il superamento dei parametri
deve assolutamente comportare un deterioramento della qualità dell’aria in
generale.
Violazione delle prescrizioni stabilite dalle disposizioni normative o dalle Autorità
Violazione delle disposizioni relative alla produzione, consumo, importazione,
esportazione, detenzione e commercializzazione di sostanze lesive (con riferimento
alle misure di tutela dell’ozono stratosferico e dell’ambiente di cui all’art. 3, comma 6
della Legge 549/1993 cosiddetta legge “Rutelli”).
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Protezione Habitat, flora, fauna
•
•
•
•
Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto (SIC, Siti di
Interesse Comunitario o ZPS, Zone di Protezione Speciale).
Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o
vegetali selvatiche protette.
Reati relativi al commercio internazionale di specie animali e vegetali in via di
estinzione.
Violazione di norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di
mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità
pubblica.
3 - La tutela dell’ambiente secondo il D. Lgs. 152/2006
Prima di partire con la conformità al D. Lgs. 231/2001 ed alla realizzazione del Mog è
quindi consigliabile ed opportuno presidiare i seguenti punti. Altrimenti un buon Organismo
di Vigilanza, al primo check di controllo previsto NON può che evidenziare tutta una serie
di NON conformità alla normativa di Legge (con evidenti implicazioni anche sui
Procuratori) ed alle buone prassi di gestione industriale.
A) Politica per la tutela dell’ambiente
E’ consigliabile che il Legale rappresentante definisca e faccia divulgare a tutta
l’organizzazione la “politica ambientale”, fondata sui principi e i contenuti del codice etico o
comunque su valori condivisi.
Tale documento in sintesi dovrebbe indicare come fondamentale la conformità aziendale
alla normativa di legge ed esplicitare il fatto che, sulla tutela dell’ambiente, non è possibile
ed opportuno effettuare alcun risparmio, anzi deve essere un dovere di tutti garantire ampi
margini di sicurezza al rispetto dei parametri e delle condizioni imposti dalle norme.
B) Organigramma “ambientale”
Vanno individuate (nome e cognome e incarichi con contenuto specifico) le figure del:
1)
2)
3)
4)
5)
6)
Legale Rappresentante
“Amministratore delegato ambientale”
Delegato o Procuratore ambientale, se necessario
Dirigenti ambientali
Gestore AIA, Autorizzazione Integrata Ambientale
Responsabile tecnico degli impianti (responsabile della gestione operativa di
discariche, responsabile tecnico per le imprese iscritte all’albo gestori
ambientali)
Il Legale Rappresentante è la persona fisica su cui ricadono le responsabilità della
gestione ambientale e quindi dell’attuazione dei vari obblighi connessi all’applicazione del
D. Lgs. 152/2006 e di tutta la normativa in tema di prevenzione dell’inquinamento e tutela
ambientale. Si ritiene opportuno che tale designazione venga chiaramente ufficializzata,
nelle società di capitali, mediante apposita delibera del CdA (Consiglio di
Amministrazione). Nelle società di persone si consiglia il conferimento di poteri a solo uno
dei soci amministratori tramite procura, con esclusione degli altri soci amministratori.
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L’“Amministratore delegato ambientale”, che potrà essere il Legale Rappresentante o un
Consigliere di Amministrazione, potrà a sua volta trasferire ad altri soggetti, attraverso la
procura alcune delle sue funzioni, se giustificato dalla complessità del lavoro e dalle
dimensioni aziendali.
E’ argomento di discussione a livello di dottrina e giurisprudenza se i poteri di
organizzazione più elevati (strutturali od organizzativi) possano o meno essere trasferiti
con delega (ed è pertanto sconsigliato); appare attualmente possibile trasferire compiti
maggiormente operativi. Vista la mancanza di una regolamentazione specifica, allo stato
attuale invece la sub-delega in campo ambientale risulta inopportuna.
Tali Procuratori in materia ambientale rispondono nei casi di non conformità normativa per
quanto disposto nelle relative deleghe a patto che si verifichino alcune condizioni.
Un’efficace procura ambientale dovrà:
- avere un contenuto specifico (le attività delegate andranno accuratamente
dettagliate) e non generico;
- possedere data certa anteriore all’avvenimento avente rilevanza penale;
- essere pubblicizzata in maniera adeguata all’interno e all’esterno
dell’organizzazione, anche nel registro delle imprese.
La delega dovrà essere poi diffusa ed avere riscontro nell’attività operativa quotidiana.
(Esempio: se servisse comprare un impianto di depurazione dei reflui si dovrà riscontrare
che esso è stato ordinato dal Procuratore mediante firma degli ordini e dei contratti senza
autorizzazioni superiori).
Il Procuratore Ambientale, affinché la procura sia efficace, dovrà:
- disporre delle necessarie capacità tecniche e professionali;
- disporre di poteri organizzativi, decisionali e di spesa effettivi;
- accettare la delega in forma scritta.
Inoltre è necessario che chi conferisce detta procura non interferisca nelle decisioni del
Procuratore e che ne verifichi l’operato. Inoltre la persona che conferisce la procura NON
deve essere a conoscenza della non conformità ambientale e la stessa, non deve essere
assolutamente palese anche ai non addetti ai lavori (es. centrale termica che in
continuazione emette fumi pulverulenti densi e neri).
Le nomine e le procure (nome e cognome) devono essere portate a conoscenza del
Personale e anche degli Enti di Controllo (es. inserimento nelle visure camerali, affissione
agli albi aziendali).
L’eventuale procuratore è opportuno sia inserito ad un livello adeguato dal punto di vista
gerarchico.
I compiti ed i ruoli delle varie figure che intervengono e collaborano a vario titolo al rispetto
degli obblighi ambientali (chi fa che cosa) devono essere individuati e comunicati in
maniera formale: esempio mansionario o job description.
L’“Amministratore delegato ambientale”, a sua volta, deve fornire periodicamente (es.
almeno semestralmente) una informativa completa al Consiglio di Amministrazione.
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C) Obblighi di carattere generale
•
Formazione in campo ambientale: il personale che cura la pratiche ambientali, la
gestione diretta degli impianti (recupero, smaltimento e deposito temporaneo di
rifiuti, scarichi idrici , emissioni in atmosfera, impianti di abbattimento e depurazioni)
deve essere adeguatamente addestrato e formato.
•
La formazione va estesa anche a coloro che all’interno dell’azienda si occupano di
acquisti, laboratorio, fabbricazione, produzione, manutenzione degli impianti.
•
Deve essere previsto un aggiornamento informativo / formativo da attuare in
occasione delle emanazione di nuovi provvedimenti legislativi (o loro modifiche e
integrazioni). Ciò anche con l’ausilio di banche dati legislative ed informative
(mailing list) gestite dalle associazioni di categoria e/o consulenti.
•
L’azienda si deve dotare di un sistema aziendale che preveda eventuali sanzioni
disciplinari per mancato rispetto delle procedure, congruenti con le previsioni
sanzionatorie previste dal Contratto di Lavoro applicato.
•
Le sanzioni amministrative e/o penali di carattere personale non dovranno essere
corrisposte dall’Impresa.
•
Le acquisizioni di stabilimenti o di aziende devono avvenire a seguito di specifici
audit ambientali e verifiche su eventuali inquinamenti pregressi (depositi temporanei
non regolari, inquinamenti, siti contaminati, beni contenenti amianto). E’ opportuno
che si prevedano clausole contrattuali di “nullità” ed esimenti la responsabilità
anche al fine di evitare responsabilità in solido. Le stesse cautele devono essere
applicate anche nei casi di fusioni o trasformazioni o cessioni di ramo di azienda.
Pertanto è consigliabile prevedere audit ambientali di conformità normativa sugli
impianti prima di effettuare operazioni societarie in modo di deprezzare nell’atto
notarile il costo di adeguamenti impiantistici o eventuali bonifiche.
•
Le manutenzioni preventive in campo ambientale vanno messe in atto dopo la
valutazione del rischio ambientale e puntualmente registrate.
D) Provvedimenti autorizzativi e documentali, concessioni
Vanno controllate ed aggiornate periodicamente le seguenti autorizzazioni ambientali e
relativi limiti di emissione:
•
•
•
•
•
•
•
•
Rispetto dei limiti di rumorosità in ambiente esterno previsti dalle valutazioni di
impatto acustico e dalle norme comunali. Tale reato non è strettamente incluso nel
novero dei reati inclusi nel D. Lgs. 231/2001.
Rispetto dei vincoli ambientali per aziende ricadenti in zona SIC o ZPS.
Concessione di derivazione d’acqua o emungimento da falda o da acque
superficiali e rispetto dei relativi disciplinari. Tale reato non è strettamente incluso
nel novero dei reati inclusi nel D. Lgs. 231/2001.
Autorizzazione integrata ambientale (AIA). Tale reato non è strettamente incluso nel
novero dei reati inclusi nel D. Lgs. 231/2001.
Autorizzazione allo scarico in corso d’acqua o in pubblica fognatura.
Autorizzazioni allo scarico sul suolo in deroga al divieto (se sussistono le condizioni
o eccezioni previste dall’art. 103 del D. Lgs. 152/2006).
Autorizzazione allo scarico di acque meteoriche, laddove previsto.
Rispetto dei limiti allo scarico delle acque e delle prescrizioni stabilite nei
provvedimenti autorizzativi.
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•
•
•
•
•
Autorizzazione alle emissioni in atmosfera e rispetto delle scadenze per i rinnovi
delle autorizzazioni.
Rispetto dei limiti delle emissioni in atmosfera e delle prescrizioni stabilite nei
provvedimenti autorizzativi.
Autorizzazioni o iscrizioni o comunicazioni alla gestione dei rifiuti (attività di
recupero o smaltimento) eseguite in sito o fuori sito.
Conformità della documentazione ambientale (Registri, Formulario Identificazione
Rifiuti, MUD, piano gestione solventi, registri delle manutenzioni, certificati analitici).
Certificato prevenzione incendi (ex CPI oggi “SCIA”) e suo rinnovo. Tale reato non è
strettamente incluso nel novero dei reati inclusi nel D. Lgs. 231/2001.
I provvedimenti dovranno essere sempre volturati in caso di operazioni societarie quali
conferimenti, cessioni ramo d’azienda ecc.
Vanno inoltre aggiornati con eventuali mutamenti dei nominativi dei Gestori o degli
“Amministratori delegati ambientali”.
E) Gestione dei rifiuti, dei “non più rifiuti” (end of waste) e dei sottoprodotti
Le procedure dovranno presidiare e dettagliare i seguenti aspetti:
•
Modalità di gestione dei rifiuti da parte dei fornitori terzi (intermediari commercianti
senza detenzione, trasportatori, recuperatori o smaltitori).
•
Vanno inserite specifiche clausole contrattuali con gli intermediari commercianti
senza detenzione, smaltitori o recuperatori e trasportatori (qualifica del contraente,
estremi autorizzativi, risoluzioni contrattuali in caso di inadempienze, …): è
inopportuno affidare rifiuti o residui o sottoprodotti senza un contratto scritto.
•
Caratterizzazione merceologica periodica con controlli analitici sui rifiuti e sui
residui.
•
Scelta dello intermediari commercianti senza detenzione, smaltitore, recuperatore e
trasportatore.
•
Gestione della IV copia del formulario.
•
Gestione, un domani, dell’“affair SISTRI”.
•
Spedizione di rifiuti transfrontalieri con rispetto dei regolamenti CE (Regolamento
CE 1013/2006) o convenzioni internazionali.
•
Certificazioni di end of waste (non più rifiuti) per rottami di ferro, di acciaio, di
alluminio, di vetro, di combustibile solido secondario (CSS) e altri materiali che di
volta in volta saranno normati.
•
Gestione delle sostanze e degli oggetti come sottoprodotti: va garantito il rispetto
dei requisiti e delle condizioni previste perché ciò sia lecito con adeguati contratti
con gli utilizzatori. E’ opportuno predisporre una relazione tecnica da parte di un
professionista qualificato nei casi di dubbia interpretazione.
•
Corretta gestione dei rifiuti da operazioni di installazione impianti, costruzione,
manutenzioni e demolizione, effettuate da soggetti terzi (materiali di risulta, materiali
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•
•
•
•
•
•
tolti d’opera, residui di manutenzione, residui di materiali da costruzione e
demolizione).
Procedure operative per la gestione di particolari rifiuti pericolosi quali ad esempio
amianto (coperture in eternit, amianto friabile in coibentazioni o centrali termiche) e
policlorobifenili (PCB).
Responsabilità legate al regime ADR per il caricamento e trasporto di merci (o
rifiuti) pericolose con la responsabilità solidale (consulente ADR).
Caratteristiche dei depositi temporanei dei rifiuti, delle aree di stoccaggio di materie
prime, semilavorati o prodotti (anzitutto carburanti, olii e lubrificanti, vernici,
coloranti, ausiliari):
Impermeabilizzazione del suolo
Divieto di miscelazione dei rifiuti
Protezione dal trascinamento dovuto al vento
Controllo limiti quantitativi e/o di tempo (solo per i rifiuti)
Copertura dal dilavamento meteorico
Etichettatura
Bacini di contenimento (attualmente minimo il volume del contenitore
più grande e comunque maggiore di un terzo della capacità globale).
Tenere in considerazione l’estinguente o l’acqua se usata ai fini
antincendio
Protezione delle sostanze etichettate con T+ o T da furti o usi illeciti
Presidi antincendio
Allagamento e conseguente dilavamento
F) Gestione delle acque di scarico
Dovrebbero esserci regole chiare e condivise su:
•
Come devono essere progettati e gestiti gli impianti di depurazione delle acque
Progettazione sul carico massimo di attività (capacità produttiva)
Progettazione sulla tipologia di sostanze o preparati impiegato
Documentazione di progetto e manuale d’uso e manutenzione delle
apparecchiature
Manutenzioni periodiche svolte in base al manuale d’uso ed
all’esperienza aziendale
Tarature e controllo dell’impianto in base al manuale d’uso ed
all’esperienza aziendale
Procedure ed istruzioni aziendali per l’esercizio (chi si occupa
dell’esercizio, cosa, come controllare e dove registrare e come gestire
le situazioni fuori standard).
•
Aggiornamento della planimetria delle reti fognarie interne ed ispezione periodiche
sul loro stato di conservazione con riferimento ai pozzetti di ispezione ed al recapito
nei vari recettori (suolo in pozzo perdente, fognatura pubblica o consortile, corso
d’acqua superficiale, …).
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•
•
•
•
Gestione delle emergenze che possono essere causate da eventi comunque
“prevedibili” (es. casi di rottura accidentale di un fusto di lubrificante o del serbatoio
di un camion nel piazzale).
Conoscenza delle prescrizioni autorizzative negli Uffici interessati e rispetto delle
stesse.
Scadenze relative ad alcune prescrizioni: come vengono presidiate dal personale
interno o eventualmente come vengono comunicate e gestite dai professionisti
(consulenti, laboratori di prelievo ed analisi).
Regolare i rapporti (es. convenzioni o protocolli, regolamenti) fra eventuali aziende
che “scaricano” nel medesimo recettore (es. stesso collettore fognario) pur avendo
compresenza nello stesso sito industriale. Sistema di controllo degli scarichi parziali
prima dell’immissione nel collettore consortile.
G) Emissioni in atmosfera
Dovrebbero esserci regole chiare e condivise su:
•
Come devono essere progettati e gestiti gli impianti di depurazione dei fumi (cfr.
stesso punto in tema di acque di scarico).
•
Protocollo per le manutenzioni degli impianti con sostituzione o rigenerazione
periodica dei sistemi di filtrazione e abbattimento degli inquinanti.
•
Valori limite di emissione “di allerta” più bassi di quelli “massimi” consentiti che
consentano di prendere delle misure correttive senza sforare i parametri di Legge.
•
Come vanno tarati e sottoposti a manutenzione periodica gli strumenti di
misurazione interni.
•
Come vengono analizzati e comunicati all’interno i parametri misurati dalla
strumentazione aziendale (fissa o portatile) e dai laboratori esterni per la necessaria
riservatezza e tempestività di azione.
•
Procedura di monitoraggio e redazione continua (mensile, trimestrale, …) del piano
di gestione solventi organici volatili (consumi, riutilizzi e % solventi nei preparati) e
del calcolo delle emissioni diffuse e bersaglio.
•
Sostanze lesive dell’ozono (ODS) e che contribuiscono all’“effetto serra” (questi
ultimi non strettamente inclusi nel campo di applicazione del D.Lgs. 231/2001):
dovrebbero essere presenti in azienda protocolli per l’acquisto, lo smaltimento e la
manutenzione degli impianti (con freon o similari).
H) Gestione delle emergenze e danni ambientale
Le emergenze, anche di lieve entità come impatto ambientale, possono avere significative
conseguenze in termini di costo per l’Azienda e, tra l’altro, possono essere molto
sottostimate in termini di probabilità di accadimento. Dovrebbero esistere:
•
Procedure di emergenza ambientali (es. rottura di un fusto per errata manovra di un
carrello elevatore o di una tubazione dovuta ed esempio da uno scavatore).
•
Mezzi e dispositivi per gestire le emergenze (materiale assorbente, personale in
grado di intervenire con prontezza)
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•
•
•
•
•
•
Esercitazioni di emergenza, simulazioni.
Strutture interrate (tubazioni, vasche e serbatoi) anche abbandonate od in esercizio:
valutazione del rischio e procedure di ispezione e manutenzione.
Procedura di affiancamento per le ispezioni ambientali da parte degli Enti di
Controllo in ordine all’esercizio puntuale dei diritti e delle garanzie difensive previste
dal Codice di Procedura Penale.
Procedura per gestire altre situazioni critiche: black out, allagamento, terremoto e
incendio. Bisogna tenere presente l’obbligo di avvisare necessariamente gli Enti di
Controllo in caso di emergenza o di sospetto inquinamento (art. 257 c.1 e 2 D. Lgs.
152/2006). Ciò va previsto anche come clausola nel caso di contratto di affidamento
di lavoro in appalto o similari.
Come devono essere gli impianti di trasporto sostanze chimiche e preparati
(tubazioni, pompe, valvole, organi di intercettazione).
Le polizze assicurative dovrebbero prevedere delle clausole particolari per questo
tipo di rischi.
I) Verifica dei fornitori e norme generali di salvaguardia
Molte non conformità ambientali possono aver origine non tanto da personale dipendente
ma da Fornitori esterni. Andrebbero quindi valutate:
•
•
•
•
Procedure di qualifica e controllo dei Fornitori e Appaltatori (una sorta di “DUVRI
ambientale”, documento di valutazione dei rischi interferenziali) e subappalti a
cascata (autorizzazioni al subappalto andrebbero sempre previste e andrebbe
verificata la congruità dei costi). Può essere opportuno evidenziare che i “costi
ambientali” non sono soggetti a negoziazioni al ribasso.
Responsabilità “solidale” del Committente: “piccoli fornitori” (piccole imprese o
artigiani) possono combinare “grossi guai ambientali” esponendo a gravi rischi
l’Appaltante, sia di carattere patrimoniale che giudiziario. E’ opportuno che ogni
Fornitore sia in possesso di adeguate coperture assicurative per danni, fermo
produttivo ecc.
E’ opportuno effettuare un approfondimento di carattere legale (mediante un
“civilista” con esperienza in vertenze con compagnie assicurative o con un broker
assicurativo o un Risk manager) sulle specifiche assicurative delle polizze. In caso
di polizze mal scritte o mal negoziate è possibile andare incontro a cattive sorprese.
Ciò può essere opportuno, se possibile, soprattutto in caso di inquinamenti
pregressi (problemi delle retroattività delle coperture) ed aspetti legati a polizze
insolute di Aziende andati in crisi.
Procedura di scelta del consulente ambientale e del laboratorio di analisi: si
dovrebbero presidiare i seguenti aspetti
I rapporti andrebbero regolati mediante incarichi scritti con chiara definizione
dell’oggetto della consulenza o della prestazione.
Congruità economica dei contratti. L’ Ufficio acquisti o chi per esso deve
avere un criterio di valutazione della congruità del prezzo / servizio.
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•
Laboratori accreditati per la metodologia analitica specifica e certificazioni di
qualità nel prelievo che garantisca la rappresentatività del campione alla
realtà oggetto di misura (scarico, emissione, fango, …).
Curriculum dello studio o dei professionisti.
Protezione assicurativa in essere anche per le colpe professionali dei
consulenti o del laboratorio.
Turnazione o rotazione dei fornitori di servizio e di consulenza al fine di
evitare appiattimenti e convergenze inopportune.
Sconsigliato che lo smaltitore (o recuperatore) o il trasportatore o
l’intermediario effettui l’analisi del rifiuto al posto o per conto del produttore.
Sconsigliato che la classificazione, l’attribuzione del codice CER e
conseguentemente la compilazione del formulario di identificazione del rifiuto
sia stata fatta dal trasportatore o dallo smaltitore/recuperatore in sede di
asporto.
Fornire copia delle autorizzazioni ambientali e delle prescrizioni ivi contenute
a chi viene affidato il controllo analitico degli inquinanti per il rispetto della
periodicità ivi prevista, dei metodi e di quant’altro.
Fornire copia delle schede di sicurezza aggiornate delle sostanze e delle
miscele (o “preparati”) impiegati nel ciclo produttivo (si può valutare di fornire
l’“estratto” della valutazione del rischio chimico) ai laboratori che effettuano la
caratterizzazione dei rifiuti. Ciò anche in riferimento all’attribuzione del codice
“H14” di pericolosità per l’ambiente.
Opportuno prevedere clausole di riservatezza nei contratti con divieto di
cessione del contratto se non autorizzato.
Protezione assicurativa per episodi di inquinamento:
accaduti nel passato anche a carico di precedenti gestioni (e società) del sito
dovuti ad episodi di emergenza ambientale (es. rottura improvvisa di un
serbatoio di lubrificante)
dovuti ad episodi di inquinamento strisciante (es. perdita di una goccia al
giorno per 30 anni da un serbatoio di lubrificante)
dimensionamento opportuno dei massimali in polizza, anche in base al
recettore (es laguna di Venezia o zone SIC/ZPS).
== == == == ==
La presente linea guida è stata elaborata a titolo informativo e senza scopo di lucro dal Gruppo di
Lavoro presieduto dall’ing. Sergio Barel, Vice Presidente di Unindustria Pordenone:
- Ing. Paolo Badin – Unindustria Pordenone , Area Ambiente e Sicurezza
- Avv. Romeo Bianchin – foro di Pordenone
- P.i. Ermanno Bon – RSPP di aziende industriali
- Ing. Carlo Concini – Gruppo Electrolux Ecologia e Sicurezza
- Rag. Gianfranco Favaro – ragioniere commercialista in Pordenone
- Dr. Adriano Ferraro – dottore commercialista in Pordenone
- Avv. Novelio Furin – foro di Vicenza
- Dr. Michele Marchesini – Unindustria Pordenone, Area Economia e Finanza
- Dott. Renato Pilutti – Consulente Direzionale e nella gestione delle risorse umane
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PRIMA DEL “MODELLO 231 Ambiente” rev 1 Maggio 2013
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P.a. Dario Trevisiol – Unindustria Pordenone, Area Ambiente e Sicurezza
Il fine principale che si è posta è quello di indirizzare l’impresa a delle attività propedeutiche per la
realizzazione del “modello 231”: molte attività di quelle consigliate sono obbligatorie per Legge
molte altre invece sono opportune per limitare rischi di incidenti ma anche di erosione del
patrimonio aziendale e per la corretta gestione dell’impresa nei confronti dei soci.
Il Gruppo di Lavoro ritiene che partire subito con la predisposizione del Modello (codice etico,
procedure di controllo, organismo di vigilanza, etc. etc.) non riscontrando e affrontando
parzialmente i punti della presente non sia un’operazione consigliabile.
La linea guida non ha carattere enciclopedico per cui contributi, segnalazioni e suggerimenti (che
saranno diffusi gratuitamente) possono essere inviati per successivi aggiornamenti ad Unindustria
in forma scritta o mediante gli usuali recapiti telefonici (0434 526.411).
[email protected]
[email protected]
[email protected]
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PRIMA DEL “MODELLO 231 Ambiente” rev 1 Maggio 2013