Copyright© Esselibri S.p.A.

Transcript

Copyright© Esselibri S.p.A.
.
A
p.
冟
i
S.
Capitolo 1 Cenni storici sulle funzioni
diplomatica e consolare
br
Sommario 冟 1. Nascita ed evoluzione della figura del diplomatico. - 2. Funzioni diplo-
se
li
matica e consolare. - 3. La missione diplomatica. - 4. Le missioni consolari,
funzioni e natura dell’exequatur. - 5. L’era delle codificazioni: premessa. - 6.
La Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche (1961). - 7. La
Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari (1963-67).
1. Nascita ed evoluzione della figura del diplomatico
Es
A) Egizi e città-Stato greche
C
op
yr
ig
ht
©
Datare la nascita della diplomazia è un’impresa estremamente ardua.
È opinione comune che sin dalla preistoria, quando gli uomini iniziarono ad organizzarsi in gruppi sociali e a lottare tra loro, si sia avvertita la necessità di inviare emissari
per proporre tregue ai combattimenti in corso.
Storicamente, i primi ad avviare contatti formali con i popoli vicini, creando una
sorta di «proto diplomazia», furono gli egizi: nel 1887 vennero ritrovate delle tavolette di argilla, note come «Lettere di Amarna», che costituivano l’archivio reale
dei Faraoni egizi. Si tratta di documenti di vario genere, ma alcuni di essi rappresentano una vera e propria corrispondenza diplomatica che i funzionari del faraone avviarono con babilonesi, assiri, ittiti ed altre popolazioni allo scopo di instaurare una pacifica convivenza nell’area mesopotamica, ad esempio mediante lo sviluppo di traffici commerciali, l’avvio di trattative matrimoniali a fini politici e la
stipula di alleanze militari.
Nel mondo greco i rapporti diplomatici erano altrettanto importanti, conseguenza del
frazionamento delle città-Stato. I greci istituirono una serie di immunità diplomatiche
ai rappresentanti delle polis, che divennero presto una prassi consolidata pur non essendo oggetto di una codificazione scritta. Furono pertanto i primi a comprendere che,
in caso di guerra e ostilità non guerreggiata, se gli emissari delle città-Stato fossero
stati uccisi o catturati sarebbe diventato impossibile condurre qualsiasi trattativa di
pace; ad essi andavano perciò riservati privilegi straordinari, primo fra tutti l’inviolabilità personale.
Nel VI sec. a.C., inoltre, i greci iniziarono a scegliere i propri ambasciatori tra i migliori oratori e avvocati del foro. Le scuole di retorica diventarono al tempo stesso scuole
.
A
冟
Capitolo 1
p.
6
di diplomazia, poiché si capì che per condurre una politica estera di successo erano
indispensabili personalità dotate di carisma, tatto e buona dialettica.
S.
B) La diplomazia a Roma
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
Una diplomazia simile a quella moderna nacque, però, parallelamente all’espansione
imperiale di Roma. Se formalmente l’Impero romano si formò dopo l’assunzione della dittatura da parte di Gaio Giulio Cesare, in realtà già durante il periodo repubblicano
Roma aveva intrapreso una politica di conquista e aveva trasformato i territori acquisiti
in province interne, sottoponendole al suo imperium.
L’Impero romano aveva quindi bisogno sia di funzionari interni, che controllassero le popolazioni sottomesse, sia di funzionari all’estero, che avviassero relazioni
pacifiche con le entità politiche confinanti. Essi presero il nome di legati (1), e nel
tempo divennero cariche politico-diplomatiche di rilievo. Il legatus veniva nominato dall’imperatore e successivamente inviato nella destinazione prescelta per
intrattenere collegamenti politici, economici, commerciali o di altro tipo con la
capitale, Roma. Il suo ruolo era quello di ambasciatore, ovvero di un nunzio privo
di poteri militari, ma latore di messaggi e proposte di trattativa tra eserciti e governanti.
In questo modo veniva creata una rete diplomatica stabile sia all’interno, tra l’Impero
e le sue province, che all’estero, tra l’Impero e le altre realtà politiche; vennero così
prodotti i primi documenti «diplomatici», quali ad esempio lasciapassare e permessi di
transito, che prendevano il nome di diplomas e venivano raccolti in appositi archivi di
Stato.
La diplomazia romana non va però intesa come quella attuale: nel caso delle
province, le relazioni avviate da Roma non si basavano sul riconoscimento di
soggetti politici di pari rango, bensì sull’imposizione della propria superiorità
militare e di un conseguente rapporto di subordinazione; esisteva una struttura
diplomatica permanente, ma certamente non articolata in uffici competenti per
materia in cui fosse possibile distinguere tra una funzione propriamente diplomatica ed una consolare.
Rimane comunque il fatto che il diritto romano fu il primo a codificare uno jus
legationis, ad istituire a tale scopo un legatus quale precursore dell’odierno ambasciatore e ad attribuirgli mediante norme scritte privilegi particolari, come l’inviolabilità personale, affinché potesse svolgere appieno la sua funzione di rappresentanza.
C
(1) In età repubblicana il legatus era un membro dell’ordine senatorio che poteva essere posto al comando di
una legione (legatus legionis), con attribuzioni essenzialmente militari, o al governo di una provincia (legatus
Augusti pro praetore).
.
A
冟7
p.
Cenni storici sulle funzioni diplomatica e consolare
C) La diplomazia bizantina
li
br
i
S.
Con l’appartenenza all’Impero romano (2), i bizantini appresero la centralità delle
ambasciate nello svolgimento delle relazioni internazionali e svilupparono alcuni elementi tipici della funzione diplomatica.
Istituirono un cerimoniale ad hoc per accogliere gli ambasciatori provenienti da entità
politiche straniere ed ufficializzarono la consegna delle credenziali e la ratifica dei
trattati.
Agli ambasciatori vennero riconosciuti formalmente l’inviolabilità personale e delle loro
residenze sulla base del criterio di reciprocità, ovvero nella misura in cui gli Stati terzi
concedessero gli stessi privilegi ai propri emissari. Oltre a ciò, gli imperatori bizantini
contribuirono a creare la figura del diplomatico di professione, attribuendogli compiti
specifici, quali ad esempio la stesura di rapporti periodici sulla situazione interna del
Paese di destinazione e la rappresentanza ufficiale degli interessi dell’Impero.
se
D) La diplomazia del Papa
yr
ig
ht
©
Es
La funzione diplomatica si perfezionò nell’ambito della Chiesa cattolica, su esigenza
del pontefice di inviare propri rappresentanti nelle aree in cui si era diffuso il cristianesimo per dirimere le dispute religiose e per far valere la propria autorità alle riunioni
conciliari. Nacque così la diplomazia pontificia, ed il primo inviato pontificio comparve al sinodo di Arles nel 314, un anno dopo l’Editto di Costantino, durante il pontificato di Silvestro I. Dopo lo scisma d’Oriente che coinvolse l’Impero romano, la figura
del mero inviato fu sostituita da quella dell’apocrisario, un nunzio che il Papa inviava
a Costantinopoli, ricevendo il suo equivalente a Roma, in qualità di portavoce (3). Tra
i secoli V e VIII tale carica venne istituzionalizzata e l’apocrisario si trasformò nel
rappresentante ufficiale e permanente del pontefice.
Durante il pontificato di Innocenzo I, nel V secolo, alla Chiesa cattolica fu riconosciuta
una prerogativa che andava oltre la mera rappresentanza: mediante una bolla, il Papa
poteva nominare un vicario apostolico che si occupasse del vescovado e della gestione delle ordinazioni vescovili su tutto il territorio dell’Impero, potestà che fino ad
allora era appartenuta all’Imperatore. Ciò comportava non solo una maggiore autonomia della Chiesa, ma addirittura l’applicabilità del diritto canonico, che prevaleva su
quello dell’Impero in materia di nomine vescovili.
E) Medioevo e Rinascimento
op
Nel Medioevo non vi furono innovazioni di rilievo: a differenza del periodo romano, il
diplomatico rimaneva sostanzialmente un delegato pro tempore, inviato dal sovrano in
C
(2) Bisanzio fu ceduta a Roma in età repubblicana, quando Attalo III, ultimo sovrano del regno di Pergamo che
deteneva un controllo indiretto sulla città-Stato bizantina, la cedette ai romani nel suo testamento (180 a.C.).
(3) Il termine deriva dal greco apòkrisis, risposta: in origine designava un funzionario della corte di Bisanzio,
incaricato di trasmettere i rescritti dell’imperatore nelle province.
.
A
冟
Capitolo 1
p.
8
Es
F) Le nuove guarentigie dei diplomatici
se
li
br
i
S.
uno Stato terzo per intrattenere relazioni pacifiche, ma senza poter godere di una struttura fissa in cui esercitare la sua carica.
Solo durante il Rinascimento, in Italia, fu istituita una diplomazia intesa in senso moderno: furono i Principati italiani, infatti, a dar vita a missioni diplomatiche permanenti (4) che rappresentassero i rispettivi interessi e si impegnassero nella stipula di
accordi. In quest’opera si distinse la Repubblica di Venezia, il cui Senato definiva il
modus operandi dell’ambasciatore, le scadenze da rispettare nella presentazione di
rapporti periodici, la loro cifratura, ecc.
Gli ambasciatori ricevevano l’incarico di monitorare le attività interne del Paese ospitante, soprattutto in ordine a questioni politico-militari; talvolta si trasformavano in
vere e proprie spie, il cui obiettivo consisteva nell’intercettare i dispacci degli altri
diplomatici, svolgere attività occulte di propaganda, scoprire i segreti di Stato e trasmetterli al proprio governo.
Sospettosi del loro operato, spesso i Paesi accreditanti ricorrevano a misure detentive
cautelari per autotutelarsi, al punto che nel XVI sec. esse si erano trasformate in un
abuso nei confronti degli ambasciatori stranieri, che provocava ritorsioni e un generale
clima di ostilità.
op
yr
ig
ht
©
Si affermarono pertanto due princìpi connessi tra loro, l’extraterritorialità e l’immunità dalla giurisdizione penale (ma non ancora civile) (5): si riteneva che la sede
diplomatica fosse una sorta di appendice territoriale dello Stato di appartenenza, e che
dovesse essere pertanto sottoposta alle sue leggi e al suo potere coercitivo pur trovandosi sul territorio di un Paese straniero; solo in questo modo, il Paese ospitante non ne
avrebbe ostacolato l’attività diplomatica (nel rispetto del brocardo latino ne impediatur legatio). Data l’ampia gamma di inviolabilità e immunità concesse da allora in poi,
si iniziò a parlare di «sacertà» del diplomatico, quasi si trattasse di una figura sacra ed
intoccabile.
Il sistema della diplomazia italiana si estese anche agli altri Paesi europei, assumendo
come obiettivo principale, a partire dal XVII sec., l’equilibrio tra le grandi potenze. In
questo stesso periodo fu elaborato un codice etico formale che il diplomatico era tenuto a rispettare, ed il giurista olandese Ugo Grozio pose le basi di una nuova branca del
diritto, il diritto internazionale, che includeva anche norme riconducibili alla condotta del diplomatico e della diplomazia nel suo complesso.
C
(4) La prima missione permanente, secondo fonti storiche accreditate, fu quella del duca di Milano Francesco
Sforza, istituita a Genova nel 1455. Nel Rinascimento autorevoli personalità svolsero funzioni diplomatiche di
rilievo, tra cui Dante, Machiavelli e Guicciardini.
(5) Si riteneva che anche le navi situate nelle acque territoriali di uno Stato straniero dovessero essere immuni
dal suo potere giurisdizionale e coercitivo.
.
A
冟9
p.
Cenni storici sulle funzioni diplomatica e consolare
G) La diplomazia dopo la Pace di Westphalia
se
li
br
i
S.
La pace di Westphalia nel 1648 segna convenzionalmente la nascita degli Stati nazionali
moderni, quali soggetti internazionali di pari dignità giuridica perché tutti sovrani ed
indipendenti. Da quella data si intensificarono le relazioni internazionali e si moltiplicò
l’invio di missioni diplomatiche permanenti (6). L’ambasciatore divenne formalmente il
rappresentante di più alto rango di uno Stato all’estero, coadiuvato da organi consultivi
che possono essere definiti come i precursori dell’odierno Ministero degli Affari esteri.
Nei secoli successivi l’organizzazione dell’attività diplomatica fu gradualmente perfezionata; vennero create strutture interdipendenti ma distinte: il Ministero degli esteri,
quale organo di vertice con sede sul territorio nazionale, e le missioni diplomatiche e
consolari diramate all’estero, che armonizzavano la propria azione nel quadro di una
politica estera delineata dal primo. Si completò così la differenziazione tra la figura del
diplomatico e quella del console, ognuno dotato di competenze specifiche.
2. Funzioni diplomatica e consolare
ht
©
Es
Come detto in precedenza, in origine la diplomazia consisteva nell’invio di propri
emissari all’estero, essenzialmente in tempo di guerra per concordare il ripristino di
rapporti pacifici; nel tempo, la figura del diplomatico fu istituzionalizzata, in quanto
rappresentava una presenza permanente sul territorio dell’entità politica ospitante.
Il «diplomatico» veniva posto al vertice di una Legazione che svolgeva sia funzioni
propriamente diplomatiche (difesa degli interessi dello Stato di appartenenza), che
funzioni di tipo consolare (protezione e assistenza dei connazionali); solo in età moderna, come detto, si assistette ad una migliore organizzazione degli organi diplomatici presenti all’estero, mediante la creazione di una struttura complessa e articolata,
all’interno della quale sussistevano due organi con competenze distinte ma complementari: il diplomatico ed il console.
ig
A) Il significato di Consul nell’antica Roma e di «prosseni»
op
yr
In realtà, durante la fase repubblicana gli antichi Romani indicavano con il termine
consul una carica diversa da quella attuale: il consolato era il livello più alto della
magistratura, rivestito da due consules che esercitavano collegialmente il supremo potere
civile e militare; essi provvedevano agli interessi dello Stato, in qualità di tutores rei
publicae, ma svolgevano la loro opera sul territorio nazionale.
In età imperiale la carica consolare fu progressivamente privata dei poteri originari,
pur continuando ad avere un alto valore simbolico, finché i consoli si trasformarono in
funzionari nominati all’estero dall’imperatore per assistere gli stranieri e tutelare i
traffici commerciali.
C
(6) Basti pensare che nel 1661 la Francia aveva ben ventidue rappresentanti permanenti all’estero.
.
A
冟
Capitolo 1
p.
10
S.
Ancora in età antica, nelle città greche i governi locali nominavano dei prosseni, originari del luogo, conferendo loro il mandato di tutelare gli stranieri: essi possono essere
considerati i precursori degli attuali consoli onorari, o di II grado, prescelti da uno Stato
straniero per svolgere la loro attività nel territorio dello Stato di cui sono cittadini.
B) Il Medioevo
se
li
br
i
Nella prima fase del Medioevo, parallelamente all’espansione del commercio marittimo, si avvertì la necessità di tutelare i navigatori e mercanti che approdavano in un
Paese straniero dalle leggi di quest’ultimo; essendo talvolta costretti a risiedere all’estero per lungo tempo, al fine di poter svolgere i loro affari, ottennero la possibilità
di creare una giurisdizione autonoma a cui ricorrere per dirimere le controversie sorte
con i propri connazionali in loco. Sulla base di accordi con il Paese di origine, quello
ospitante consentiva che appositi agenti tutelassero i rispettivi connazionali, percepissero le imposte sul commercio (7) ed espletassero funzioni giurisdizionali in nome dei
loro sovrani.
C) Il Consolato del Mare
©
Es
Le stesse prerogative in campo marittimo e commerciale, nell’area mediterranea, furono attribuite ad un organo ad hoc, il cosiddetto Consolato del Mare. Esso era composto
da consoli-giudici che uno Stato inviava in un altro per risolvere contenziosi tra i propri sudditi.
Più specificamente, un Consolato del Mare esercitava una giurisdizione di primo grado, per le cause tra padroni di navi e mercanti, e di appello, per tutte le altre questioni
marittime e mercantili.
ig
ht
I principali furono il Consolato di Barcellona, che nel 1494 codificò il diritto marittimo fino ad allora
consuetudinario, e quello di Venezia, che nel 1599 riscrisse il codice barcellonese, includendovi
«tutti gli Statuti et Ordini: disposti da gli antichi, per ogni caso di Mercantia et di Navigare: così a
beneficio di Marinari, come di Mercanti, et Patroni di nave, et navilij […]» (8). I suddetti testi normativi furono entrambi chiamati «Consolati del Mare», assumendo quindi la stessa denominazione
dell’organo che li aveva redatti.
D) Le capitolazioni
op
yr
La figura del console-giudice si diffuse anche in Oriente, ricevendo però come incarico fondamentale quello di applicare l’istituto giuridico delle capitolazioni. Il regime
delle capitolazioni consisteva in una serie di obbligazioni unilaterali, ovvero speciali
concessioni che a decorrere dall’XI sec. furono attribuite dall’Impero bizantino alle
Repubbliche marinare italiane e, successivamente, ad altre città italiane e Paesi euro-
C
(7) Le imposte sul commercio ricordano senza dubbio i «diritti consolari» odierni.
(8) Gli altri Comuni dell’Italia medievale recuperarono invece la carica di console di tradizione romana, quale
magistrato investito di poteri civili e militari (essenzialmente, il potere esecutivo ed il comando militare in caso di
guerra).
.
A
冟 11
p.
Cenni storici sulle funzioni diplomatica e consolare
li
br
i
S.
pei. Dopo la caduta dell’Impero d’Oriente e l’insediamento dell’Impero ottomano a
Costantinopoli, i sultani confermarono tali concessioni, non disponendo di un proprio
diritto sul commercio e la navigazione. Le capitolazioni garantivano ai cittadini europei libertà di commercio, arte, professione e fede religiosa; inviolabilità del domicilio
da parte della polizia locale; inapplicabilità della legge islamica civile e penale; esenzione dalle imposte.
Il diritto capitolare rimase in vigore per diversi secoli (9), comportando la cessione di
molte prerogative sovrane da parte dei territori dell’Impero ottomano. Una volta abolito, i Paesi europei decisero di non ritirare i propri consoli, ma di attribuire loro nuove
competenze e, sulla base del principio di reciprocità, di acconsentire alla presenza sul
territorio nazionale di consoli e consolati provenienti da Oriente.
3. La missione diplomatica
Es
se
Si giunse così alla nascita della missione consolare moderna, ben distinta da quella
diplomatica. Ad oggi, le principali differenze consistono negli atti da esse prodotti,
nelle rispettive competenze e nelle procedure previste allo scopo di avviare le relazioni
tra due Stati.
La missione diplomatica ha sede nella capitale dello Stato accreditatario, in permanente contatto con i suoi organi centrali (Ministri, capo dello Stato e del Governo,
ecc.): ne deriva che gli atti emanati sono il prodotto di una concertazione interstatale,
riconducibili pertanto al diritto internazionale.
ht
©
I suoi compiti consistono nel rappresentare lo Stato di appartenenza, proteggerne gli interessi nello Stato accreditatario, fornire assistenza ai propri connazionali, negoziare con il
governo dello Stato che li ospita, inviare rapporti allo Stato accreditante su quanto accade in
quello accreditatario, e promuovere tra essi rapporti amichevoli, anche intensificandone le
relazioni economiche, commerciali, culturali o di altro tipo. Essa può svolgere le proprie
prerogative solo dopo una complesso iter che prende il nome di accreditamento:
op
yr
ig
— il Ministero degli esteri (o l’organo equivalente) dello Stato accreditante richiede il
gradimento dello Stato accreditatario nei confronti dell’agente diplomatico designato come capo missione;
— il Ministero degli esteri dello Stato accreditatario comunica a quello dell’accreditante il gradimento; qualora esso venga negato, il diplomatico viene formalmente
ritenuto persona non grata;
— l’organo competente dello Stato accreditante, solitamente il capo di Stato, consegna all’agente diplomatico un’apposita lettera credenziale, nella quale attesta che
è abilitato dal suo governo ad esercitare le funzioni di capo missione;
C
(9) In Egitto, ad esempio, il regime delle capitolazioni fu abolito solo nel 1948, in seguito alla stipula di un
Accordo Anglo-egiziano firmato nel 1936 e comprendente un periodo di transizione che sarebbe durato 12 anni.
.
A
冟
Capitolo 1
p.
12
S.
— l’agente accreditato presenta pro manibus la lettera credenziale all’organo competente dello Stato accreditatario, (trattasi anche in questo caso, generalmente, del
Capo di Stato, essendo necessaria una parità di rango ai sensi del protocollo diplomatico), durante una cerimonia solenne che però ha un valore solo formale: l’agente diplomatico, in realtà, ha già ottenuto il gradimento ed il visto diplomatico, con
cui è entrato in territorio straniero.
li
br
i
Per l’agente diplomatico che non ha il ruolo di capo missione è prevista una procedura
semplificata: il Ministero degli esteri dello Stato accreditante trasmette una comunicazione dell’avvenuta nomina, in cui è ovviamente implicita la richiesta di gradimento,
ed in risposta il Ministero degli esteri dello Stato accreditatario comunica la presa
d’atto, dalla quale si desume l’avvenuto gradimento.
A) Generalità e funzioni del console
se
4. Le missioni consolari, funzioni e natura dell’exequatur
op
yr
ig
ht
©
Es
Quanto alle missioni consolari, esse sono organi di carattere più tecnico-amministrativo (10). A differenza delle missioni diplomatiche, nello Stato ospitante vi sono varie
sedi, dette genericamente posti consolari, ognuna competente ratione loci per la parte
del territorio in cui è collocata (ma può anche esistere un solo posto consolare responsabile di tutto il territorio o del territorio di più Stati).
Le funzioni consolari sono variate nel tempo: inizialmente al Console, per provvedere
all’assistenza dei propri connazionali, erano stati concessi pieni poteri nell’applicazione di leggi patrie in territorio straniero; in seguito alle rimostranze del Paese ospitante,
che rivendicava per sé molte di tali prerogative nel rispetto del principio di sovranità, la
funzione consolare si andò progressivamente restringendo, fino a trasformarsi in una
tutela degli interessi dei connazionali rispettosa dell’ordinamento giuridico straniero
(e solo in quanto tale, ritenuta legittima dal Paese in cui essa avviene).
La tutela consolare ha carattere preventivo, perché evita allo Stato ospitante la violazione del diritto internazionale sulla tutela degli stranieri, e localizzato, perché a differenza della missione diplomatica (che si relaziona agli organi centrali dello Stato),
quella consolare intrattiene rapporti con le autorità locali.
Le funzioni del Console possono essere così classificate:
— proteggere nello Stato di residenza gli interessi dello Stato d’invio e dei suoi cittadini, siano questi persone fisiche oppure giuridiche, nei limiti ammessi dal diritto
internazionale;
— favorire lo sviluppo di relazioni economiche, culturali, scientifiche o di altro tipo;
— fare rapporto al proprio governo, o alle persone fisiche e giuridiche interessate,
della vita commerciale, economica, culturale e scientifica dello Stato di residenza;
C
(10) L’eminente giurista e docente italiano Biscottini definiva il console un «funzionario amministrativo».
.
A
冟 13
p.
Cenni storici sulle funzioni diplomatica e consolare
Es
se
li
br
i
S.
— concedere passaporti, visti e documenti di viaggio;
— prestare soccorso e assistenza ai connazionali, in particolare a minorenni ed incapaci qualora si renda necessaria l’istituzione di una tutela o di una curatela;
— agire come notaio e ufficiale dello stato civile ed esercitare talune funzioni d’ordine
amministrativo, purché non ostino le leggi e i regolamenti dello stato di residenza;
— tutelare gli interessi dei cittadini in materia successoria;
— rappresentare in giudizio i connazionali o provvederli di una rappresentanza appropriata davanti ai tribunali o alle altre autorità dello Stato di residenza;
— trasmettere atti giudiziali e stragiudiziali o eseguire commissioni rogatorie secondo gli accordi internazionali vigenti o, in mancanza di tali accordi, in maniera compatibile con le leggi e i regolamenti dello Stato di residenza;
— esercitare i diritti di controllo e d’ispezione, previsti dalle leggi e dai regolamenti
dello Stato d’invio, sui navigli marittimi e sui battelli fluviali battenti bandiera di
tale Stato, sugli aeromobili immatricolati nello stesso e sui loro equipaggi;
— prestare assistenza ai suddetti, ricevere le dichiarazioni sul viaggio di navigli e battelli,
esaminare e vistare le carte di bordo, fare inchieste sugli infortuni occorsi nella traversata
e comporre le controversie di qualsiasi natura tra il capitano, gli ufficiali e i marinai;
— esercitare tutte le altre funzioni affidate a un posto consolare dallo Stato di invio,
compatibili con leggi e regolamenti dello Stato di residenza e con gli accordi bilaterali in vigore tra i due Stati.
B) I soggetti della funzione consolare
C
op
yr
ig
ht
©
I soggetti responsabili della funzione consolare si distinguono gerarchicamente in console generale, console, viceconsole o agente consolare.
Il console generale riceve il suo incarico mediante una lettera patente firmata dal capo di
Stato o dal Ministro degli esteri (o dall’organo corrispondente), mentre nel caso del console, del viceconsole e dell’agente consolare la lettera patente viene rilasciata dal soggetto di rango superiore o dal capo della missione diplomatica presente in quel Paese.
Il capo della missione diplomatica provvede poi a notificare la nomina al Ministero
degli esteri dello Stato ospitante, e quest’ultimo rilascia un’autorizzazione di gradimento che prende il nome di exequatur («si esegua»).
Nel rispetto del principio di reciprocità, l’exequatur viene concesso dall’organo che ha
lo stesso rango di quello che ha firmato la lettera patente (dunque, il capo di Stato o il
Ministro degli esteri), per essere, infine notificato dal Ministro degli esteri al capo
della missione diplomatica dello Stato che ha inviato l’agente consolare.
A differenza degli atti necessari all’accreditamento dei diplomatici, lettera patente ed
exequatur rientrano nell’ambito del diritto interno.
Missioni diplomatiche e consolari creano una rete interdipendente che garantisce coerenza alla politica estera di uno Stato; è per questo che i posti consolari dipendono
dalla missione diplomatica accreditata nello Stato di residenza. Le loro prerogative ed
i privilegi che ad esse spettano sono disciplinati da norme evolutesi in un processo
consolidatosi nei secoli.
.
A
冟
Capitolo 1
p.
14
5. L’era delle codificazioni: premessa
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
Cosa sono le consuetudini?
Es
se
li
br
i
S.
Sebbene le funzioni diplomatica e consolare si distinguano per competenze, incarichi
e atti prodotti, da un punto di vista formale le fonti del diritto sono le medesime.
In origine, le funzioni diplomatica e consolare venivano disciplinate dalla sola comitas
gentium, ovvero da regole di comportamento, solitamente non scritte ed esistenti tutt’oggi, che invitano alla «cortesia» a livello internazionale e all’instaurazione di rapporti pacifici.
Esse stabiliscono i princìpi di non discriminazione e reciprocità, ma non trattandosi di
norme giuridiche, la loro inosservanza non comporta un illecito internazionale, rappresentando una mera scortesia politica che potrebbe però ledere il buon andamento
dei rapporti diplomatici.
La comitas gentium è parte imprescindibile del cerimoniale diplomatico e consolare,
inteso come complesso di procedure, tecniche e norme di comportamento che gli organi della diplomazia devono assumere nel relazionarsi a soggetti di pari rango. Al cerimoniale appartiene l’oratoria diplomatica, uno stile retorico enfatico fatto di precise
formule ed espressioni verbali con cui intercorrono comunicazioni scritte a livello internazionale.
Le prime fonti del diritto diplomatico e consolare ad essere prodotte, con effetto vincolante, furono ovviamente le consuetudini.
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
©
Trattasi di fonti-fatto di natura spontanea, caratterizzate dalla diuturnitas (il ripetersi di un determinato
comportamento in maniera costante) e dall’opinio iuris sive necessitatis (la convinzione dell’obbligatorietà del comportamento stesso); esse vincolano tutti i soggetti dell’ordinamento internazionale (secondo la norma consuetudo est servanda), sia quelli responsabili della sua formazione, sia quelli sorti in
un’età storica successiva.
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
ht
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
op
yr
ig
Qualora nascano dei comportamenti condivisi da uno specifico gruppo di Stati, e non
dall’intera comunità internazionale, si parla di consuetudini particolari, applicabili
solo nei rapporti che intercorrono tra quei soggetti (11).
Una fonte secondaria è l’analogia iuris, secondo cui, nel giudicare un caso concreto, è
possibile sopperire all’assenza di una norma giuridica applicando una norma relativa
ad una fattispecie affine.
Nell’ambito del diritto particolare, infine, la fonte per eccellenza è l’accordo scritto.
L’accordo tipico è quello bilaterale: trattasi di un patto stipulato tra due Stati in cui
vengono fissati i procedimenti protocollari delle loro relazioni diplomatico-consolari,
subordinato alle consuetudini e alla norma pacta sunt servanda.
C
(11) Molte consuetudini particolari sussistono, ad esempio, tra gli Stati arabi, i cui diplomatici ricorrono a formalità, dovute ad una certa omogeneità culturale, che differiscono da quelli adoperati per rapportarsi ai diplomatici
occidentali.
.
A
冟 15
p.
Cenni storici sulle funzioni diplomatica e consolare
br
i
S.
Ma a partire dal secondo dopoguerra si è avvertita l’esigenza di razionalizzare il diritto
diplomatico e consolare attraverso la successiva stipula di due trattati multilaterali: la
Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, del 1961, e la Convenzione di
Vienna sulle relazioni consolari, entrata in vigore due anni dopo. Entrambe furono
redatte dalla Commissione di Diritto Internazionale (organo sussidiario dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite) ai sensi dell’art. 13, comma I, dello Statuto ONU,
secondo il quale «L’Assemblea Generale intraprende studi e fa raccomandazioni allo
scopo di: a) promuovere la cooperazione internazionale nel campo politico ed incoraggiare lo sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione […]».
li
6. La Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche (1961)
A) La missione diplomatica
op
yr
ig
ht
©
Es
se
La Convenzione adottata a Vienna il 18 aprile 1961, ed entrata in vigore nel 1964,
consta di 53 articoli che riassumono le norme di diritto diplomatico precedentemente
sorte per via consuetudinaria.
Ai sensi dell’art.1, una missione diplomatica è composta dal capo missione e dagli
altri agenti diplomatici (12), tutti denominati «membri del personale diplomatico»; dai
«membri del personale tecnico» (13); e dai «membri del personale di servizio».
Essi costituiscono i cosiddetti «membri della missione». Qualora il capo missione sia
impossibilitato a svolgere la propria funzione, viene sostituito dal soggetto di rango
immediatamente inferiore che assume così il ruolo di incaricato d’affari (ex art. 19).
In base all’art. 14, esiste una gerarchia discendente secondo cui i capi missione sono
ripartiti in tre classi: ambasciatori (o nunzi nel caso della Santa Sede); inviati o ministri
plenipotenziari (o internunzi inviati dallo Stato del Vaticano); e incaricati d’affari.
Le funzioni di una missione diplomatica, l’intera procedura di accreditamento e gli
strumenti previsti per quest’ultima (lettere credenziali, gradimento), di cui si è già
detto, sono enunciate dagli artt. 3-14. L’invio delle missioni diplomatiche deve avvenire per mutuo consenso, nel rispetto dell’art. 2 e secondo il principio per cui uno Stato,
superiorem non recognoscens, accetta la presenza di un organo straniero sul proprio
territorio solo mediante un’autolimitazione di sovranità. Ai sensi di questo stesso principio, l’art. 4, co. 2, autorizza uno Stato a non fornire spiegazioni su un eventuale
rifiuto di gradimento (ma allo stesso tempo la Convenzione non prevede procedure di
espulsione: lo Stato ospitante può revocare il gradimento semplicemente invitando
l’agente diplomatico a lasciare il territorio).
C
(12) Gli agenti diplomatici che collaborano con il capo missione sono consiglieri e segretari di legazione, nonostante la Convenzione non li citi espressamente.
(13) Trattasi di soggetti con competenze tecniche e settoriali (addetti militari, commerciali, etc., detti anche
attachés).
.
A
冟
Capitolo 1
p.
16
B) Lo status diplomatico
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
Gli artt. 22 e seguenti definiscono nel dettaglio lo status diplomatico, ovvero un’ampia gamma di inviolabilità, immunità, diritti di protezione e trattamenti particolari.
L’inviolabilità viene garantita ai locali della missione, che insieme con i mezzi di trasporto non possono essere oggetto di perquisizione, requisizione, sequestro o misura
di esecuzione (art. 22); ad archivi e documenti (art. 24) (14); alla corrispondenza, alla
valigia diplomatica e al corriere diplomatico (o staffetta), purché munito di documento
che ne attesti la qualifica (art. 27); alla persona dell’agente diplomatico, che non può
essere sottoposto a nessuna forma di arresto o detenzione (neanche in via cautelare),
alla sua dimora privata e ai suoi beni (artt. 29 e 30).
I trattamenti particolari comprendono una completa esenzione fiscale riservata sia all’intera missione (artt. 23 e 28), che all’agente diplomatico (art. 34); libertà di spostamento e circolazione (art. 26); e libertà di comunicazione da intendersi in maniera
funzionale, cioè ai soli fini ufficiali dell’attività diplomatica.
Fulcro della Convenzione sono gli articoli relativi alle immunità, che insieme ai precedenti rendono talvolta difficile bilanciare i privilegi attribuiti all’agente diplomatico
con il rispetto delle leggi interne dello Stato accreditatario.
Ai sensi dell’art. 31, un diplomatico gode dell’immunità assoluta dalla giurisdizione
penale, salvo i casi di flagranza di reato, e di un’immunità dalla giurisdizione civile e
amministrativa parziale, che esclude le situazioni riguardanti azioni reali e possessorie
(15), azioni successorie (e a tal proposito, la Convenzione innova rispetto al diritto
consuetudinario) ed azioni relative ad attività professionali e commerciali.
L’ultimo punto sembrerebbe in contrasto con l’art. 42, che vieta al diplomatico lo svolgimento di tali attività: la dottrina ha risolto l’incongruenza applicando ai familiari
l’art. 31, lett. c), e l’art. 42 all’agente diplomatico stesso.
Nella prassi è emerso un quarto punto che andrebbe aggiunto all’art. 31: l’agente diplomatico non gode dell’immunità giurisdizionale nel caso di infrazioni al codice della strada. Ai sensi del successivo art. 32, da un lato il diplomatico può rinunciare alla
propria immunità (ad esempio per presentare una deposizione o testimoniare ad un
processo), dall’altro non può avvalersene se, dopo aver intentato una procedura giudiziaria, il convenuto presenta una domanda riconvenzionale.
La parte della Convenzione relativa alle immunità è stata quella che ha comportato maggiori difficoltà di scrittura e, successivamente, di interpretazione. Sotto un primo punto di
vista, è stato arduo dare una definizione comune di giurisdizione civile, poiché esistono
nette divergenze tra i sistemi giuridici di common law, civil law e di diritto islamico (16).
C
op
(14) In origine tale disposizione si riferiva al materiale cartaceo in possesso della missione diplomatica, ma per
analogia è stata estesa anche alla documentazione informatica, ormai prevalente in seguito alla rivoluzione dei
mezzi di comunicazione.
(15) Vale però la pena di ricordare che in Italia la deroga all’immunità è stata interpretata come applicabile nel
caso di diritti di proprietà, ma non per i contratti di locazione (secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale
nella sentenza Russell).
(16) Basti pensare che nel sistema di common law, real actions e possessory actions sono due categorie distinte.
.
A
冟 17
p.
Cenni storici sulle funzioni diplomatica e consolare
i
S.
Sotto un secondo aspetto, in dottrina manca un’uniformità di vedute sul valore da
attribuire alle immunità: per alcuni esse riguardano gli atti iure privatorum, perché
per gli atti di ufficio sarebbe improprio parlare di non punibilità trattandosi di atti
compiuti dal diplomatico non in quanto individuo, ma in quanto organo-rappresentante (agli atti d’ufficio spetterebbe pertanto a priori un’immunità derivante dal principio
di domestic jurisdiction, che impedisce allon Stato accreditatario di interferire con gli
affari interni di quello accreditante).
br
7. La Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari (1963-67)
A) Gli uffici consolari e i loro membri
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
La Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari, firmata il 24 aprile 1963 e vigente
dal 19 marzo 1967, seguì a ruota quella sulle relazioni diplomatiche, conseguenza della
volontà codificatrice di quegli anni. Essa comprende 79 articoli suddivisi in cinque capitoli (ad eccezione del primo) che hanno trascritto gran parte del diritto consuetudinario.
Ai sensi dell’art. 1, rubricato «Definizioni», gli uffici (o posti) consolari si distinguono
in consolati generali, consolati, vice consolati e agenzie generali; la porzione di territorio per la quale è competente un posto consolare è definita «circoscrizione consolare»
(o distretto); i soggetti che svolgono la loro attività sono il capo dell’ufficio consolare,
gli altri funzionari consolari a lui subordinati (che formano il personale consolare), gli
impiegati consolari (dotati di specifiche competenze tecnico-amministrative) ed i membri del personale di servizio.
L’art. 9 specifica in senso discendente il rango di capi dell’ufficio consolare, che possono essere consoli generali, consoli, vice-consoli o agenti consolari. Essi sono abilitati
allo svolgimento della loro missione da atti definiti lettere patenti ed exequatur (artt. 11
e 12). Generalmente i funzionari consolari devono possedere la cittadinanza dello Stato
di invio (art. 22), ma i cittadini dello Stato ospitante, con il suo consenso, possono essere
chiamati a svolgere la funzione di consoli onorari; questi ultimi, ex art.64, hanno il diritto di ricevere una protezione adeguata alla loro posizione ufficiale (17).
Al pari delle relazioni diplomatiche, anche quelle consolari avvengono per mutuo
consenso, che ha un senso politico, ma tra le due non c’è interferenza perché la rottura
delle relazioni diplomatiche non inficia il buon andamento di quelle consolari (art. 2).
Come esplicitato dall’art. 5, le funzioni consolari hanno natura preminentemente burocratico-amministrativa, ma l’art. 17 prevede che se nello Stato di residenza manca una
missione diplomatica, i funzionari consolari possano essere autorizzati all’espletamento
di atti diplomatici. Nel rispetto dell’art. 28 e del brocardo latino ne impediatur legatio,
lo Stato di residenza si impegna a non ostacolare in alcun modo lo svolgimento delle
attività consolari.
C
(17) Ma in realtà per usufruire di tale protezione devono presentare una richiesta motivata: si tratta di un’eccezione
insolita nella materia diplomatica e consolare, in cui nulla va motivato.
.
A
冟
Capitolo 1
p.
18
B) I trattamenti privilegiati
©
Es
se
li
br
i
S.
Le facilitazioni, i privilegi e le immunità sono simili a quelli riservati ad una missione
diplomatica: inviolabilità di locali consolari, archivi e documenti, libertà di movimento e comunicazioni, esenzioni fiscali, etc.
Vale però la pena di ricordare che l’art. 35.3 prevede l’apertura della valigia consolare
(a differenza di quella diplomatica), in presenza di un rappresentante dello Stato d’invio, qualora le autorità competenti locali abbiano una seria giustificazione.
I funzionari consolari godono dell’inviolabilità personale, a meno che non abbiano commesso crimini gravi: in tal caso, sono sottoponibili a procedimento penale, arresto e detenzione preventiva avvisando il prima possibile il capo dell’ufficio consolare (artt. 41 e 42).
Per quanto riguarda le immunità, l’art. 43 stabilisce che né i funzionari, né gli impiegati consolari possano essere tratti in giudizio per gli atti compiuti nell’esercizio delle
loro funzioni, salvo illeciti commessi stipulando un contratto senza essere stati designati come mandatari dallo Stato d’invio ed illeciti contro i quali sia un soggetto terzo
ad intentare una causa. I membri di un ufficio consolare hanno altresì l’obbligo di
presentarsi come testimoni in procedimenti giudiziari o amministrativi.
Da quanto detto finora risulta che le due Convenzioni redatte a Vienna hanno avuto due
obiettivi.
Da un lato, cristallizzare le norme fino ad allora consuetudinarie, inserendole in testi
scritti per ragioni di certezza del diritto.
Dall’altro, armonizzare il diritto diplomatico e consolare, mediante disposizioni che
trasformano l’agente diplomatico ed il funzionario consolare in due figure entrambe
rappresentative del proprio Stato di appartenenza, in quanto tali degne di godere di uno
status per molti versi simile.
ht
Questionario
(par. 1)
ig
1. Quando nacquero le prime missioni diplomatiche permanenti?
2. Cos’era il Consolato del Mare?
(par. 2)
yr
3. In cosa consiste la procedura di accreditamento?
(par. 3)
4. Come avviene la nomina del console generale e degli altri funzionari consolari?
(par. 4)
op
5. Quali sono le fonti del diritto diplomatico e consolare?
(par. 5)
6. Quali sono le Convenzioni codificatrici del diritto diplomatico e consolare? Qual
C
è il loro scopo?
(parr. 6 e 7)
.
A
p.
冟
i
S.
Capitolo 3 La funzione consolare in materia di
stato civile
br
Sommario 冟 1. Le funzioni di stato civile: fonti e definizione. - 2. La funzione anagrafica.
li
- 3. Il lavoro di coordinamento con l’Ufficio di stato civile. - 4. Le funzioni
in materia di cittadinanza.
se
1. Le funzioni di stato civile: fonti e definizione
ig
ht
©
Es
La Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari dedica l’art. 5 ad un lungo
elenco di funzioni che il diritto internazionale generale ha conferito nei secoli ai consoli.
Tra esse, compaiono anche le funzioni in materia di stato civile che i funzionari
consolari devono svolgere nei riguardi dei connazionali residenti all’estero, ovvero la
compilazione dei registri di stato civile (che sono quattro: registri di cittadinanza, nascita, matrimonio e decesso) e lo svolgimento di tutte le attività connesse: rilascio di
attestati e certificati, legalizzazioni e traduzioni, etc.
Tali competenze sono altresì disciplinate da atti di diritto interno con cui i singoli Paesi
organizzano la propria rete consolare all’estero. In Italia, la normativa di riferimento è
contenuta in un decreto legislativo del 5 gennaio 1967, comunemente definito «legge
consolare», redatto a seguito di legge delega n. 586/1966 ed emanato con decreto del
Presidente della Repubblica n. 200/1967.
La rete consolare italiana consta di 116 uffici consolari, 79 cancellerie consolari e 414
uffici consolari onorari, che svolgono all’estero le medesime funzioni di stato civile
spettanti, sul territorio nazionale, ai Comuni.
yr
2. La funzione anagrafica
A) L’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE)
C
op
Affinché gli uffici consolari possano adempiere alle loro funzioni in materia di stato civile,
è necessario un censimento dei connazionali presenti sul territorio dello Stato di residenza.
A tale scopo, il cittadino italiano che ha stabilito la propria residenza permanente in
uno Stato terzo ha il diritto-dovere di iscriversi all’AIRE, Anagrafe degli Italiani
Residenti all’Estero.
.
A
冟
Capitolo 3
p.
36
Disciplinata dalla legge 470/1988 e dal successivo regolamento di esecuzione, D.P.R.
323/1989 (1), l’AIRE è stata ufficialmente istituita nel 1990 per raccogliere i dati di:
i
S.
— cittadini italiani che abbiano spontaneamente dichiarato di voler trasferire la propria residenza all’estero per un periodo superiore a 12 mesi;
— cittadini italiani la cui residenza all’estero sia stata rilevata d’ufficio;
— cittadini italiani nati e residenti all’estero;
— soggetti residenti all’estero che abbiano acquisito la cittadinanza italiana.
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
Risultano dunque esenti dall’iscrizione all’AIRE gli individui che soggiornano in un
Paese terzo per un periodo inferiore ad un anno, i lavoratori stagionali, i dipendenti
pubblici che prestano servizio all’estero ed il personale militare operante all’interno di
uffici e strutture della NATO.
L’AIRE viene gestita a livello locale dai Comuni, mediante la creazione di archivi ad
hoc in cui sono stati trasferite tutte le schede individuali e familiari dei cittadini residenti all’estero (prima contenute negli archivi anagrafici della popolazione residente
in Italia).
A livello nazionale, invece, gli stessi dati vengono registrati da un’AIRE istituita presso il Ministero degli Esteri, nel Dipartimento per gli Affari interni e territoriali.
I soggetti di cui alla L. 470/1988 sono obbligati ad iscriversi all’Anagrafe dell’ufficio
consolare competente per quella circoscrizione, secondo un iter che prevede la compilazione di un apposito modello dopo aver presentato un proprio documento di riconoscimento ed un qualsiasi atto che provi l’effettiva e stabile residenza all’estero (eventualmente, anche una dichiarazione).
L’iscrizione deve essere effettuata entro 90 giorni dalla data dell’espatrio, nonostante
sia ammessa la possibilità di iscrizione tardiva. Qualora i soggetti interessati non si
presentino autonomamente, l’ufficio consolare può effettuare l’iscrizione d’ufficio.
Tutta la documentazione viene poi inoltrata al Comune italiano di competenza, che
provvede al trasferimento dei dati dall’Anagrafe della Popolazione Residente (ARP)
all’AIRE.
Ai sensi dell’art. 4 della L. 470/1988, la cancellazione dall’AIRE avviene a seguito di
iscrizione nell’ARP, rimpatrio, morte (ivi compresa morte presunta, purché giudizialmente dichiarata), irreperibilità presunta, perdita della cittadinanza italiana e registrazione all’AIRE di un altro Comune.
L’iscrizione all’AIRE è conditio sine qua non per usufruire dei servizi consolari e per
non perdere il diritto di elettorato attivo e passivo qualora si verificasse il rimpatrio,
giacché tra i dati archiviati rientra anche l’iscrizione del cittadino nelle liste elettorali
del Comune di provenienza.
È questa la ragione per cui, oltre a costituire un dovere, l’iscrizione all’AIRE è anche
un diritto. È dunque nell’interesse del soggetto interessato dichiarare tutte le eventuali
variazioni di stato civile e di indirizzo.
C
(1) Tale normativa è stata oggetto di emendamenti in vigore dal 16 giugno 2002.
.
A
冟 37
p.
La funzione consolare in materia di stato civile
B) Il Sistema Integrato delle Funzioni Consolari (SIFC)
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
Leggendo in combinato disposto l’art. 67 del D.P.R. 200/1967 (rubricato «Schedario
dei cittadini») e l’art.17 della L. 470/1988 emerge da un lato, la responsabilità degli
uffici consolari di istituire, curare e aggiornare un apposito schedario sui dati anagrafici e su «ogni altro elemento utile ai fini della tutela degli interessi del connazionale»;
dall’altro, l’obiettivo di installare moderni impianti elettronici, informatici e telematici
con cui il Ministero degli Esteri e le rappresentanze diplomatiche e consolari possano
creare un sistema integrato di raccolta, elaborazione e trasmissione dati.
Il suddetto obiettivo è parte integrante di un ambizioso quanto ampio progetto: modernizzare gli uffici pubblici e renderli in grado di interagire con i privati mediante la
creazione di siti web su Internet. Ciò è possibile mediante l’istituzione di una e-government e, per ciò che riguarda le relazioni internazionali, di una e-diplomacy.
Quest’ultima, in particolare, oltre a rendere trasparente la politica estera italiana, rende
possibile al cittadino italiano all’estero (o che intenda recarsi all’estero) richiedere, in
tempi brevi e direttamente on-line, i servizi e la documentazione di cui ha bisogno,
senza essere costretto a recarsi di persona presso gli uffici competenti.
In tale contesto si inserisce lo sforzo del Ministero degli Esteri di creare entro la fine
del 2009 un «Consolato digitale», ufficialmente denominato Sistema Integrato delle
Funzioni Consolari (SIFC).
Esso consiste in una piattaforma informatica attraverso cui sarà possibile archiviare i
dati in possesso della rete consolare italiana all’estero, oltre che erogare servizi consolari via Internet.
Una volta operativo, il SIFC sostituirà il precedente sistema di anagrafe consolare,
consentirà di snellire i tempi di interazione tra cittadini - uffici consolari - amministrazioni nazionali e razionalizzerà la prestazione delle funzioni consolari, rendendola più
efficiente.
C) Il libretto internazionale di famiglia
C
op
yr
ig
La Commissione Internazionale dello Stato Civile è un’istituzione che facilita la cooperazione interstatale in materia di stato civile ed è responsabile dell’elaborazione di
accordi internazionali relativi alla modulistica, che migliorano lo scambio di informazioni tra i Registri di stato civile.
Grazie al lavoro di tale Commissione, nel 1974 venne firmata da gran parte dei Paesi
europei la Convenzione di Parigi che istituiva il cosiddetto «libretto internazionale
di famiglia», con valore legale riconosciuto da tutte le Alte Parti contraenti.
Trattasi di un documento che due coniugi possono richiedere gratuitamente all’Ufficio
dello stato civile del Comune in cui è stato celebrato o registrato il matrimonio.
Il libretto contiene una lunga serie di informazioni relative al matrimonio e viene costantemente aggiornato al variare della situazione familiare.
Può pertanto dimostrarsi utile ai coniugi che intendano spostare la propria residenza in
uno degli Stati firmatari della Convenzione, in quanto la sua esibizione alle autorità
.
A
冟
Capitolo 3
p.
38
S.
straniere competenti rende superflua, da parte di queste ultime, la richiesta di ulteriori
certificati dall’Italia.
3. Il lavoro di coordinamento con l’Ufficio di stato civile
A) La trascrizione
ht
©
Es
se
li
br
i
L’Ufficio di stato civile è un’istituzione responsabile dell’archiviazione e dell’aggiornamento, in appositi registri di stato civile, di tutti i dati relativi a cittadinanza, nascita, matrimonio e morte.
Dopo essersi iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), i cittadini
italiani sono abilitati a registrare tutte le variazioni dello stato civile direttamente
presso l’ufficio consolare competente per quella circoscrizione, che provvederà automaticamente a trasmettere i dati in suo possesso al Comune italiano di origine o di
ultima residenza affinché i registri di stato civile vengano aggiornati.
Una volta in possesso di un atto di stato civile emesso da autorità straniere, infatti, il
cittadino ha l’onere di rivolgersi al posto consolare e richiedere che tale documento sia
inviato al Comune per effettuarne la trascrizione (istituto con cui l’atto viene registrato
nel sistema nazionale) (2).
La domanda di trascrizione può essere presentata personalmente dall’interessato o da
chi esercita la potestà in caso di minore, o inoltrata a mezzo posta.
Essa va redatta in carta bollata e deve essere accompagnata da un valido documento di
riconoscimento (o da una fotocopia nel caso della trasmissione per via postale) e, ovviamente, dall’atto di stato civile in questione.
Qualora l’atto originario non venga rilasciato dall’autorità straniera, l’organo diplomatico o consolare competente, a seguito di dovuti accertamenti, può rilasciare una
certificazione sostitutiva, ex art.20 del D.P.R. 396/2000.
Conformemente all’art. 18 del suddetto, la domanda di trascrizione non può essere
accolta in caso di atti di stato civile contrari all’ordine pubblico.
ig
Il cittadino che non scegliesse di rivolgersi all’ufficio consolare è autorizzato a presentare la domanda di trascrizione direttamente all’Ufficio di stato civile italiano, che provvederà a registrare
l’atto dopo aver accertato l’assenza di condizioni ostative.
yr
L’art. 17 del già citato decreto stabilisce un ordine decrescente di competenza per
individuare il Comune presso cui inviare la domanda di trascrizione:
op
— Comune in cui il soggetto ha già la residenza o intende stabilirla;
— Comune di iscrizione all’AIRE;
— Comune di iscrizione/trascrizione dell’atto di nascita;
C
(2) Da non confondersi con la trascrizione quale strumento di diritto civile, ovvero mezzo di pubblicità relativo a
beni mobili e immobili registrati, che assicura la conoscibilità delle vicende ad essi relativi.
.
A
冟 39
p.
La funzione consolare in materia di stato civile
S.
— qualora il soggetto sia nato o residente all’estero, Comune di nascita o residenza
della madre o del padre (eventualmente, dell’avo materno o paterno);
— Comune scelto dal soggetto, nell’impossibilità di rispettare uno dei precedenti parametri.
B) Traduzione conforme e legalizzazione
Es
se
li
br
i
In alcuni casi, gli atti di stato civile emessi da autorità straniere, per poter essere trasmessi all’Ufficio di stato civile e/o eventualmente utilizzati in Italia, devono essere
legalizzati e tradotti. Queste funzioni spettano, appunto, all’ufficio consolare.
La traduzione deve avere il valore di «traduzione conforme»: la sua redazione spetta
cioè all’autorità diplomatica o consolare, ad un traduttore ufficiale o ad un interprete
che attesti con giuramento dinanzi all’ufficiale di stato civile la conformità della traduzione al testo straniero.
I documenti redatti su modelli multilingue, conformi alle Convenzioni poste in essere
dalla Commissione Internazionale dello Stato Civile, non sono oggetto di traduzione
conforme.
La legalizzazione, invece, consiste nell’attestare la qualità legale del pubblico ufficiale che ha apposto la propria firma su un documento, nonché l’autenticità della firma
stessa.
La legalizzazione è un servizio erogato sul territorio nazionale dalla Prefettura – Ufficio Territoriale
del Governo (su delega del Ministero degli Esteri), e all’estero, appunto, dalle rappresentanze
diplomatiche o consolari.
op
yr
ig
ht
©
Tutti i documenti devono essere legalizzati, salvo quanto previsto a seguito di accordi
bi- o multilaterali. A tal proposito, l’Italia e molti altri Paesi terzi hanno ratificato la
Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 sull’abolizione della legalizzazione di atti
pubblici stranieri.
La nuova disciplina tra le Parti contraenti consiste pertanto nel sostituire la legalizzazione con lo strumento dell’Apostille, ovvero un’annotazione che l’autorità straniera
appone sul documento all’atto del rilascio per attestarne la validità, evitando così il
coinvolgimento dell’ufficio consolare.
La Convenzione prevede l’abolizione della legalizzazione per una gamma molto vasta
di «atti pubblici stranieri»: documenti rilasciati da un’autorità o un funzionario dell’amministrazione pubblica (quali, ad esempio, un Pubblico Ministero, un cancelliere,
un ufficiale giudiziario), documenti amministrativi, atti notarili, dichiarazioni ufficiali
relativi a registrazioni, visti di data certa, autenticazione di firme su atti privati, ecc.
In base alla successiva Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987 (3), inoltre, è
stata soppressa ogni forma di legalizzazione e di formalità equivalente o analoga (tra
cui l’Apostille), tra Belgio, Francia, Danimarca, Irlanda e Italia.
C
(3) Ratificata dall’Italia con Legge 24 aprile 1990, n. 106.
.
A
冟
Capitolo 3
p.
40
C) Certificati
se
li
br
i
S.
Se iscritto all’AIRE, il cittadino italiano all’estero può richiedere all’ufficio consolare
le certificazioni riguardanti il suo stato civile o altro.
Affinché il servizio possa essere erogato con facilità e in tempi brevi, è diritto-dovere
del cittadino comunicare ogni variazione dello stato civile, della cittadinanza o eventuali cambiamenti d’indirizzo.
Solo così, tramite il lavoro coordinato dell’ufficio consolare e del Comune competenti,
le informazioni verranno registrate e continuamente aggiornate nel sistema nazionale
ed il soggetto ne potrà fare richiesta, senza problemi, pur trovandosi all’estero.
Per ottenere il rilascio del certificato desiderato, generalmente, l’interessato deve recarsi di persona presso il posto consolare, compilare un’apposita richiesta e corredarla
di documento di riconoscimento. In alternativa, può inviare la richiesta per posta, fax,
o tramite persone in possesso di delega scritta e fotocopia del documento d’identità del
delegante.
D) Forme alternative di certificazione
○
○
yr
ig
ht
©
Es
Conseguentemente all’adozione di fonti normative finalizzate alla semplificazione delle
certificazioni amministrative (L. 127/1997, con relativo regolamento di esecuzione —
D.P.R. 403/1998 — e D.P.R. 445/2000 su Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa), attualmente è possibile sostituire un atto amministrativo
con una propria dichiarazione.
Per i cittadini italiani, tali innovazioni evitano l’obbligo di inviare in Italia gli atti originari formati all’estero.
Esistono due tipi di dichiarazione sostitutiva: l’autocertificazione e la dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà. Entrambe sono considerate valide nei rapporti con
la pubblica amministrazione italiana e con concessionari e gestori di pubblici servizi,
ma non con l’autorità giudiziaria durante un procedimento giurisdizionale o con soggetti privati che non abbiano espresso il loro consenso.
Con l’autocertificazione il dichiarante attesta, tramite documento firmato (senza autentica di firma, né bollo) corredato da fotocopia del documento di identità, informazioni
che la pubblica amministrazione già possiede all’interno di registri, elenchi o albi.
Egli si assume la responsabilità di quanto dichiarato, ed è pertanto passibile di denuncia all’autorità giudiziaria e di condanna penale in caso di controlli da parte della pubblica amministrazione che accertino la falsità dell’autocertificazione.
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
op
Cosa può essere scritto nell’autocertificazione?
C
Nell’autocertificazione possono essere inserite solo le seguenti informazioni, in quanto già contenute in
un pubblico registro italiano:
— data e luogo di nascita, cittadinanza o residenza;
— godimento dei diritti civili e politici;
— stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;
○
.
A
冟 41
—
—
—
—
—
—
S.
i
br
—
—
—
—
—
—
li
—
—
se
—
stato di famiglia;
esistenza in vita;
nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente;
iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;
appartenenza a ordini professionali;
titolo di studio, esami sostenuti;
qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, abilitazione, formazione, aggiornamento
e qualificazione tecnica;
situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione di benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;
assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto;
possesso e numero di codice fiscale, partita IVA e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria;
stato di disoccupazione;
qualità di pensionato e categoria di pensione;
qualità di studente;
qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;
iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;
tutte le situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel
foglio matricolare dello stato di servizio;
di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano
l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;
di non essere a conoscenza di procedimenti penali a proprio carico;
di non essere l’ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al D.Lgs. 231/2001;
qualità di vivenza a carico;
tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile;
di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.
Es
—
—
—
—
—
—
—
p.
La funzione consolare in materia di stato civile
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
ht
○
©
Ai sensi dell’art. 49 del D.P.R. 445/2000 non possono essere oggetto di autocertificazione certificati
medici, sanitari e veterinari; certificati di origine e conformità CE; certificati di marchi o brevetti.
op
yr
ig
Qualora le informazioni non siano contenute nei pubblici registri italiani, il soggetto
non può procedere all’autocertificazione, ma deve ricorrere alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (ex art. 47 del D.P.R. 445/2000).
Trattasi di documento che può essere sottoscritto dall’interessato senza obbligo di autentica della firma solo quando viene inviato unitamente a copia fotostatica del documento di riconoscimento o quando la sua compilazione avviene in presenza del dipendente addetto.
Esso comprova sia fatti, stati e qualità personali o, eventualmente, inerenti ad altri
soggetti (purché il dichiarante ne sia direttamente a conoscenza), sia la conformità di
una pubblicazione all’originale.
E) Trasmissione di atti di natura giurisdizionale
C
Tra le funzioni consolari rientra anche la trasmissione ai Comuni italiani competenti
di provvedimenti di natura giurisdizionale o amministrativa che producono effetti
sullo status dell’individuo.
.
A
冟
Capitolo 3
p.
42
S.
L’efficacia di tali provvedimenti è riconosciuta dal nostro ordinamento ai sensi della
Legge 38 maggio 1995 n. 218 sulla Riforma del sistema italiano di diritto internazionale
privato, la quale, ex art.1, «[…] disciplina l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri».
Della suddetta legge meritano particolare attenzione l’art. 65, rubricato «Riconoscimento di provvedimenti stranieri», ed il successivo art. 66 che riguarda nello specifico
il «Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria».
br
i
Il primo stabilisce il «principio di prossimità» tra atti nazionali e stranieri, e dispone
che abbiano effetto in Italia tutti i provvedimenti stranieri in materia di capacità delle
persone, rapporti di famiglia e diritti della personalità, se si riscontra uno dei seguenti
parametri:
se
li
— la legge dello Stato le cui autorità hanno adottato il provvedimento è richiamata
dalla L. 218/1995;
— il provvedimento produce effetti nell’ordinamento di quello stesso Stato pur derivando dal pronunciamento di un’autorità straniera.
Es
In entrambi i casi, i provvedimenti vengono riconosciuti in Italia solo se non contrari
all’ordine pubblico e purché siano l’atto finale di una procedura (giudiziaria) in cui
siano stati rispettati i diritti della difesa.
Il successivo art. 66 autorizza il riconoscimento di provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione, senza ricorrere ad alcun procedimento, nelle stesse materie previste
dall’art. 65 e secondo gli stessi parametri, nonostante ne venga aggiunto un terzo: il
provvedimento deve essere pronunciato da un’autorità che sia competente in base ai
medesimi criteri previsti dall’ordinamento italiano.
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
©
Cos’è la volontaria giurisdizione?
○
○
yr
ig
ht
La volontaria giurisdizione, contemplata dal diritto processuale civile, è un tipo di giurisdizione che non
ha come finalità la composizione di controversie, bensì la gestione di un negozio o di un affare, per la cui
conclusione è necessario l’intervento partecipativo di un terzo (il giudice) estraneo ed imparziale.
Quest’ultimo è tenuto a collaborare con le parti che vogliano costituire il rapporto giuridico in tutti i casi in cui
la legislazione non consente ai privati di provvedervi autonomamente: ad esempio, per l’integrazione della
capacità delle persone incapaci (autorizzazione alla vendita di beni posseduti da minori), per attività commerciali (omologazione di atti societari), o in riferimento allo stato delle persone (legittimazione di figlio naturale). I provvedimenti adottati dal giudice, essendo emessi in base ad una valutazione di opportunità che può
mutare nel tempo, possono essere in ogni tempo revocati o modificati.
Si tende pertanto a qualificare la volontaria giurisdizione come attività strutturalmente e funzionalmente
di tipo amministrativo.
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
○
C
op
Ciò premesso, per i provvedimenti di cui all’art. 65 gli uffici consolari richiedono alle
autorità giudiziarie straniere le sentenze emesse in materia di rapporti di famiglia, ovvero separazione, divorzio, adozione, etc. (ovviamente riguardanti un cittadino italiano). Dopo aver provveduto ad eventuali traduzioni e legalizzazioni, le trasmettono ai
Comuni italiani corredate di tutta la documentazione necessaria che ne attesti la validità conformemente alla legislazione dei Paesi in cui sono state emesse.
.
A
冟 43
p.
La funzione consolare in materia di stato civile
i
S.
Una volta pervenute ai Comuni, le sentenze vengono sottoposte al vaglio dell’Ufficio
di stato civile, per accertarne la non contrarietà all’ordine pubblico; solo al termine di
questo iter può avvenire la trascrizione.
Per i provvedimenti di cui all’art. 66, invece, l’ufficio di stato civile deve semplicemente verificare la presenza dei requisiti richiesti dalla legge, senza entrare nel merito
della sentenza.
Qualora l’atto emesso all’estero abbia natura amministrativa, per l’ufficio di stato civile si impone solo l’obbligo di verificarne la non contrarietà all’ordine pubblico.
br
F) Produzione di atti di stato civile
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
Gli uffici consolari sono competenti in materia di registrazione di atti di stato civile
prodotti in Paesi terzi e loro trasmissione ai Comuni per aggiornare costantemente lo
status dei cittadini residenti all’estero, purché questi ultimi siano regolarmente iscritti
all’AIRE.
Trattasi essenzialmente di atti di nascita, morte e matrimonio.
Ai sensi della L. 91/1992, i figli di cittadini entrambi italiani o di cui almeno uno sia
cittadino italiano (anche in caso di acquisizione o riacquisizione della cittadinanza),
hanno diritto alla cittadinanza italiana iure sanguinis. La loro nascita deve pertanto
essere registrata in Italia.
I genitori, ex art. 15 del D.P.R. 396/2000, devono effettuare la dichiarazione di nascita
dinanzi al funzionario consolare responsabile per quella circoscrizione.
Hanno l’obbligo di recarsi presso il posto consolare muniti di atto di nascita emesso
dall’Ufficio di stato civile competente e documento comprovante la cittadinanza italiana
di almeno uno di essi (carta d’identità, passaporto o certificato di cittadinanza).
Qualora la legislazione dello Stato di residenza lo imponga, la dichiarazione deve avvenire all’autorità locale competente; sarà poi il dichiarante ad inviarne una copia all’organo diplomatico o consolare (art. 15, co. 2).
L’autorità consolare (o diplomatica) trasmetterà infine l’atto di nascita all’ufficio di
stato civile del Comune italiano di pertinenza, individuato secondo i parametri predisposti dall’art. 17, affinché avvenga la trascrizione nell’apposito registro.
In caso di morte di cittadino italiano all’estero, la comunicazione va effettuata presentando l’atto di morte emesso dall’ufficio di stato civile competente e la documentazione relativa alla cittadinanza del defunto.
Il posto consolare registra il decesso e, nel rispetto della stessa normativa prevista per
l’atto di nascita, provvede agli adempimenti necessari per la trasmissione e trascrizione nei registri nazionali.
Per ciò che attiene al matrimonio tra due cittadini italiani, o di cui almeno uno sia
cittadino italiano, i soggetti interessati devono richiedere le relative pubblicazioni all’ufficio consolare competente.
Conseguentemente, il matrimonio viene celebrato dinanzi all’autorità diplomatica o
consolare (pur trattandosi di una pratica ormai in disuso) o dinanzi all’autorità locale
secondo le leggi dello Stato di residenza.
.
A
冟
Capitolo 3
p.
44
S.
Nell’ultima ipotesi gli interessati presentano all’ufficio consolare una copia dell’atto
di matrimonio, eventualmente accompagnata da traduzione conforme e legalizzazione, che verrà poi inviata al Comune italiano competente.
Prima della trascrizione, l’ufficio di stato civile accerterà la non contrarietà all’ordine
pubblico nel rispetto dei seguenti parametri:
li
br
i
— validità del matrimonio in base alla legge dello Stato di celebrazione (trattasi
di un mero riscontro di quanto già verificato dall’organo diplomatico o consolare);
— rispetto della normativa nazionale di cui agli artt. 84 e ss. c.c.;
— accertamento di avvenute pubblicazioni (un eventuale riscontro negativo non inficia la validità dell’atto, ma espone gli sposi ed il celebrante alla sanzione prescritta
dall’art. 134 c.c.).
Es
se
Le pubblicazioni consistono in un verbale di promessa di matrimonio, redatto in presenza del funzionario consolare e previa presentazione, da parte degli sposi, di atto di
nascita, certificato di residenza (entrambi sostituibili da relative autocertificazioni),
certificato di cittadinanza e certificato di stato libero.
4. Le funzioni in materia di cittadinanza
A) Definizione di cittadinanza
yr
ig
ht
©
Nel diritto internazionale, la cittadinanza è la condizione giuridica della persona fisica che appartiene ad un determinato Stato; più propriamente, è l’insieme dei diritti e
dei doveri che l’ordinamento giuridico riconosce all’individuo e che definiscono lo
status di cittadino di quest’ultimo.
I soggetti che posseggono la cittadinanza di uno Stato terzo sono definiti stranieri; se
privi di cittadinanza, sono invece detti apolidi.
La legge ammette la cittadinanza doppia o plurima, ovvero il possesso contemporaneo della cittadinanza italiana e di una straniera, salvo norme internazionali pattizie,
nazionali o straniere che lo vietino.
La cittadinanza europea, disciplinata dal Trattato di Maastricht del 1992 agli artt. 1722, integra (non sostituisce) quella italiana.
C
op
I diritti connessi alla cittadinanza europea
Essa spetta di diritto ad ogni cittadino appartenente agli Stati dell’Unione europea, che acquisisce così la titolarità delle seguenti posizioni soggettive:
— libertà di circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri;
— diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali e a quelle per il Parlamento
europeo nello Stato di residenza;
— protezione diplomatica e consolare nei Paesi terzi da parte delle autorità competenti di
qualsiasi Stato membro;
.
A
冟 45
p.
La funzione consolare in materia di stato civile
— facoltà di inviare petizioni al Parlamento europeo e di rivolgersi al Mediatore europeo;
— diritto di accesso ai documenti di qualsivoglia istituzione, organo o organismo dell’Unione.
S.
Tali diritti non costituiscono un numerus clausus ma sono suscettibili di integrazione grazie ad
una clausola evolutiva che consente al Consiglio di adottare disposizioni in tal senso.
B) La legislazione italiana sulla cittadinanza
br
i
Attualmente, il regime giuridico in materia di cittadinanza è dettato dalla Legge 5
dicembre 1992, n. 91, che stabilisce le modalità di acquisizione, perdita e riacquisizione. Il corpus normativo vigente si differenzia da quello abrogato per il fatto di riconoscere espressamente il diritto alla titolarità della cittadinanza plurima, oltre che maggiori possibilità di acquisto e perdita della cittadinanza su volontà individuale.
li
Ciò premesso, ai sensi della legge italiana la cittadinanza si acquista:
op
yr
ig
ht
©
Es
se
— per nascita. È cittadino il figlio di padre o di madre cittadini (criterio dello ius
sanguinis); chi è nato nel territorio della Repubblica(ius soli), se entrambi i genitori sono apolidi o ignoti, o se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo
la legge dello Stato al quale questi appartengono; il figlio di ignoti trovato abbandonato in territorio italiano e di cui non si riesca a determinare lo status civitatis;
— per estensione. Il matrimonio fa acquistare al coniuge (straniero o apolide) la cittadinanza italiana, quando questi risieda da almeno sei mesi nel territorio dello Stato,
ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio a condizione che non vi sia stato
scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e non sussista separazione legale (4). Acquistano la cittadinanza anche il minore straniero adottato ed il
figlio riconosciuto o dichiarato giudizialmente che sia minore d’età (se è maggiorenne può dichiarare, entro un anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione, di
eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione);
— per beneficio di legge. Lo straniero o l’apolide che abbia padre, madre o un ascendente in linea retta fino al secondo grado, cittadini per nascita, può acquistare la
cittadinanza se:
a) presta servizio militare o assume un pubblico impiego e dichiara preventivamente di voler acquistare la cittadinanza stessa;
b) al raggiungimento della maggiore età risiede da almeno due anni in Italia e
dichiara, entro un anno, di voler acquistare la cittadinanza italiana.
Anche lo straniero, nato in Italia e quivi residente ininterrottamente, diviene cittadino se ne fa richiesta entro un anno dal raggiungimento della maggiore età;
C
(4) Ulteriori condizioni riguardano la condotta personale dell’individuo: assenza di condanne penali per delitti
contro la personalità interna e internazionale dello Stato e contro i diritti politici dei cittadini; assenza di condanne penali per delitti non colposi, la cui pena edittale non sia inferiore a tre anni; assenza di condanne penali per
reati non politici, con pena detentiva non superiore a un anno, inflitte da autorità giudiziarie straniere con sentenze riconosciute in Italia; insussistenza di fondati motivi che facciano sospettare la pericolosità del soggetto per
l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato.
.
A
冟
Capitolo 3
p.
46
se
li
br
i
S.
— per naturalizzazione. La cittadinanza può essere concessa con decreto presidenziale, previo parere obbligatorio del Consiglio di Stato:
a) allo straniero residente legalmente in Italia da almeno tre anni e del quale il
padre, la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati
cittadini per nascita;
b) allo straniero nato nel territorio della Repubblica e quivi residente legalmente
da almeno tre anni;
c) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano, se dopo l’adozione ha
risieduto in Italia per almeno cinque anni;
d) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della
Repubblica o che abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero quando ricorre
un interesse eccezionale dello Stato;
e) al cittadino di uno Stato membro della Comunità europea, se risiede da almeno
quattro anni nel territorio della Repubblica e all’apolide o rifugiato che vi risieda almeno da cinque;
f) allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, alle dipendenze dello
Stato per almeno cinque anni.
Es
Per la richiesta di acquisto di cittadinanza italiana, in particolare, il soggetto interessato deve munirsi di una serie di documenti. Tra essi rientrano la dichiarazione di rinuncia alla protezione diplomatica e consolare italiana nei confronti del Paese di origine e
l’autorizzazione alle competenti autorità del Paese di origine a rilasciare informazioni
sul proprio conto che fossero richieste dagli organi diplomatici italiani. Entrambe vanno compilate su modello prestampato ritirabile presso la Prefettura.
©
La cittadinanza italiana si perde:
yr
ig
ht
— per rinuncia, qualora il cittadino italiano risieda o stabilisca la propria residenza all’estero; o quando, essendo figlio di persona che ha acquistato o riacquistato la cittadinanza, abbia raggiunto la maggiore età e sia in possesso di altra
cittadinanza;
— per assunzione di impiego o prestazione di servizio militare presso uno Stato estero, nel caso in cui il cittadino italiano non cessi tale rapporto, entro il termine fissato, in ottemperanza all’intimazione del Governo;
— per assunzione di carica o impiego pubblico, prestazione di servizio militare o
acquisto volontario della cittadinanza presso uno Stato estero che si trovi in stato
di guerra con l’Italia.
op
La cittadinanza italiana, infine, si riacquista:
C
— per prestazione del servizio militare o accettazione di un impiego pubblico in Italia
da parte di un ex cittadino, previa dichiarazione di volerla acquisire nuovamente;
— per rinuncia di un ex cittadino alla cittadinanza straniera, all’impiego o al servizio
militare svolti all’estero, previa dichiarazione di volerla riacquisire e a seguito di
trasferimento, per almeno due anni, della propria residenza in Italia;
.
A
冟 47
p.
La funzione consolare in materia di stato civile
S.
— per dichiarazione di volerla riacquistare dopo aver stabilito la Residenza nella
Repubblica per almeno un anno;
— dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la residenza nel territorio della Repubblica, salvo espressa rinuncia entro lo stesso termine.
C) L’adeguamento dell’ordinamento italiano al diritto internazionale pattizio in materia di
cittadinanza
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
La legge riconosce espressamente il diritto a mantenere la cittadinanza italiana pur
essendo già in possesso di una cittadinanza straniera, ovvero dopo averla acquistata o
riacquistata.
Tale facoltà è però soggetta a restrizioni derivanti dal diritto internazionale pattizio o
da norme statali straniere: l’art. 26, co. 3, della L. 91/1992, in particolare, riconosce la
prevalenza delle disposizioni contenute in accordi internazionali sottoscritti dall’Italia
sulla disciplina interna.
In quest’ambito va pertanto citata la Convenzione di Strasburgo del 6 maggio 1963
sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi militari, ratificata
con Legge 4 ottobre 1966, n. 876, di cui risultano Parti contraenti Austria, Belgio,
Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi,
Spagna e Svezia (5).
L’art. 1, 1° comma stabilisce che il cittadino, residente all’estero, di uno dei Paesi
aderenti alla Convenzione, perde la cittadinanza precedente se acquista o riacquista
volontariamente la cittadinanza di uno degli altri Paesi sottoscrittori. La norma esclude
cioè ogni possibilità di mantenere la vecchia cittadinanza.
Ne deriva, per il cittadino italiano residente all’estero, che l’acquisto volontario della
cittadinanza di uno dei Paesi summenzionati comporta automaticamente la perdita di
quella italiana. La norma non va però applicata qualora si acquisti la cittadinanza di
Regno Unito, Irlanda o Spagna, che hanno aderito esclusivamente al II Capitolo della
Convenzione relativo agli obblighi militari in caso di cittadinanza plurima.
Gli artt. 1, co. 3, e 2 disciplinano le vicende relative alla cittadinanza del minorenne,
stabilendone la dipendenza da quelle relative alla cittadinanza dei genitori.
L’Italia, infine, ha ratificato con Legge 14 dicembre 1994, n. 703, il Secondo Protocollo di emendamento alla Convenzione di Strasburgo, attualmente sottoscritto anche
da Francia e Paesi Bassi.
Conformemente ad esso, quando un cittadino di uno degli Stati contraenti acquisisce
la nazionalità di un altro di essi in cui è nato e risiede, oppure vi ha risieduto abitualmente a partire da una data anteriore al compimento del diciottesimo anno di età, ognuno
dei due Stati può disporre che il soggetto conservi la cittadinanza d’origine.
In caso di matrimonio tra cittadini di due Parti contraenti diverse, ciascuna di esse può
provvedere affinché il cittadino che acquisisce volontariamente la nazionalità del coniuge, conservi al tempo stesso quella di origine.
C
(5) La Germania, in origine Parte contraente, non aderisce più alla Convenzione.
.
A
冟
Capitolo 3
p.
48
D) Le funzioni consolari in materia di cittadinanza
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
Il diritto internazionale generale predispone, nell’ambito delle funzioni consolari, anche delle competenze in materia di cittadinanza.
Nella «legge consolare» italiana (D.P.R. 200/1967), in particolare, le norme a riguardo
sono contenute nel Capo III del Titolo III, agli artt. 77 e 78.
Il primo di essi, rubricato «Attribuzioni in materia di cittadinanza», recita che «L’autorità consolare dà comunicazione ai competenti uffici in Italia dell’acquisto di cittadinanza straniera da parte di cittadini residenti nella circoscrizione e di tutti gli altri atti
o fatti che possano influire sul loro stato di cittadinanza, ai fini delle conseguenti
annotazioni».
A tal fine, collaborando con gli uffici di stato civile dei Comuni italiani e con le autorità locali competenti, il funzionario consolare cura l’anagrafe dei cittadini residenti
nella propria circoscrizione, riceve tutti gli atti relativi al riconoscimento, all’acquisto
o al riacquisto della cittadinanza e svolge i relativi accertamenti.
Per accertare lo stato di cittadinanza, ai sensi del successivo art. 78, il capo del posto
consolare conduce le indagini d’ufficio necessarie, avvalendosi di tutti i mezzi di prova
leciti ai sensi della legislazione nazionale; può anche ricorrere ai mezzi predisposti
dall’ordinamento dello Stato di residenza, qualora lo ritenga opportuno e dopo averne
valutato discrezionalmente l’efficacia probatoria.
Per quanto riguarda il possesso della cittadinanza italiana, esso va accertato nel caso in
cui la discendenza di un soggetto da genitore o avo italiano non risulti dai registri dello
stato civile italiano: occorre verificare la discendenza, e conseguentemente il fatto che
che gli ascendenti abbiano mantenuto e poi trasmesso la cittadinanza italiana (6).
Nel silenzio della legge consolare, l’autorità responsabile dell’accertamento viene individuata in base al luogo di residenza del soggetto: sarà pertanto l’organo diplomatico
o consolare territorialmente competente, per il residente all’estero; l’ufficiale di stato
civile del Comune di residenza, per il residente in Italia.
Una volta accertato lo stato di cittadinanza, l’ufficio consolare è altresì incaricato di
rilasciare tutta la certificazione relativa.
C
(6) Nell’ipotesi di ascendenza materna, la cittadinanza viene trasmessa solo per i nati a decorrere dal 1° gennaio 1948.
.
A
冟 49
p.
La funzione consolare in materia di stato civile
Modulistica
S.
Fac-simile - Domanda di trascrizione di atto di nascita all’estero (cittadino
minorenne)
Marca da bollo
14,62 euro
br
i
All’Ufficiale dello Stato Civile
del Comune di ____________
se
li
Io
Cognome/Nome: ______________________________________________________
data di nascita: _ _ / _ _ / _ _ _ _
luogo di nascita ___________________________ Stato: ________________________
residente a: ____________________________ Via _______________________ n. ___
genitore del minore:
Es
Cognome/Nome: _______________________________________________________
data di nascita: _ _ / _ _ / _ _ _ _
luogo di nascita ___________________________ Stato: ________________________
residente a: _____________________________Via _______________________ n. ___
CHIEDO
ig
ht
©
ai sensi dell’art. 12 comma 11 del D.P.R. 3-11-2000, n. 396, la trascrizione nei registri
di nascita del Comune di _______ dell’unito atto di nascita, documento redatto (1):
su modello plurilingue rilasciato in base alla vigenti convenzioni internazionali in lingua ________________________________________________, tradotto nel testo italiano (2) e legalizzato da (3) ____________________________________ , relativo al
suindicato/a figlio/a.
_________, li ________________________
op
yr
In fede
___________________________________ (4)
======================================================================
Comune di ________ - Ufficio dello Stato Civile (5)
C
La presente richiesta è stata sottoscritta in mia presenza
Richiedente riconosciuto con _____________________________________________
L’Ufficiale dello Stato Civile
.
A
冟
Capitolo 3
p.
50
Avvertenze
Es
se
li
br
i
S.
1) Barrare la condizione ricorrente.
2) Gli atti e i documenti redatti in lingua straniera devono essere accompagnati da una
traduzione in lingua italiana che deve essere certificata conforme al testo straniero
dall’autorità diplomatica o consolare ovvero da un traduttore ufficiale o da un interprete che attesti, con giuramento davanti all’ufficiale dello stato civile la conformità al testo straniero (art. 22 D.P.R. 3-11-2000, n. 396).
3) I documenti e gli atti dello stato civile formati all’estero da autorità straniere devono essere legalizzati, salvo la vigenza di convenzioni esentative (art. 21, 3° comma
D.P.R. 3-11-2000, n. 396).
Le firme sugli atti e documenti formati all’estero da autorità estere e da valere nello
Stato italiano sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero. Quelle su atti e documenti rilasciati da una rappresentanza diplomatica o consolare estera residente nello Stato, da valere nello Stato italiano, devono
essere legalizzate a cura delle Prefetture (art. 33, 2° e 4° comma, D.P.R. 28-122000, n. 445).
4) Apporre la firma per esteso e leggibile.
5) La domanda, corredata dalla copia dell’atto da trascrivere può essere presentata
personalmente dall’interessato o inoltrata a mezzo posta unitamente alla fotocopia
di un documento di identità personale.
Domanda di trascrizione di atto di nascita all’estero (cittadino maggiorenne)
ht
©
Marca da bollo
14,62 euro
ig
All’Ufficiale dello Stato Civile
del Comune di ____________
op
yr
Io
Cognome/Nome: ______________________________________________________
data di nascita: _ _ / _ _ / _ _ _ _
luogo di nascita _____________________________ Stato: _____________________
residente a : ____________________________Via ______________________ n. ____
CHIEDO
C
ai sensi dell’art. 12 comma 11 del D.P.R. 3-11-2000, n. 396, la trascrizione nei registri
di nascita del Comune di _______ dell’unito atto di nascita, documento redatto (1):
su modello plurilingue rilasciato in base alla vigenti convenzioni internazionali in lingua ________________________________________________, tradotto nel testo ita-
.
A
冟 51
p.
La funzione consolare in materia di stato civile
liano (2) e legalizzato da (3) __________________________________________, relativo alla mia persona.
S.
________, li _______________________
br
i
In fede
___________________________________ (4)
======================================================================
Comune di ________ - Ufficio dello Stato Civile (5)
La presente richiesta è stata sottoscritta in mia presenza
Richiedente riconosciuto con _____________________________________________
li
L’Ufficiale dello Stato Civile
se
Avvertenze
C
op
yr
ig
ht
©
Es
1) Barrare la condizione ricorrente.
2) Gli atti e i documenti redatti in lingua straniera devono essere accompagnati da una
traduzione in lingua italiana che deve essere certificata conforme al testo straniero
dall’autorità diplomatica o consolare ovvero da un traduttore ufficiale o da un interprete che attesti, con giuramento davanti all’ufficiale dello stato civile la conformità al testo straniero (art. 22 D.P.R. 3-11-2000, n. 396).
3) I documenti e gli atti dello stato civile formati all’estero da autorità straniere devono essere legalizzati, salvo la vigenza di convenzioni esentative (art. 21, 3° comma
D.P.R. 3-11-2000, n. 396).
Le firme sugli atti e documenti formati all’estero da autorità estere e da valere nello
Stato italiano sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero. Quelle su atti e documenti rilasciati da una rappresentanza diplomatica o consolare estera residente nello Stato, da valere nello Stato italiano, devono
essere legalizzate a cura delle Prefetture (art. 33, 2° e 4° comma, D.P.R. 28-122000, n. 445).
4) Apporre la firma per esteso e leggibile.
5) La domanda, corredata dalla copia dell’atto da trascrivere può essere presentata
personalmente dall’interessato o inoltrata a mezzo posta unitamente alla fotocopia
di un documento di identità personale.
.
A
冟
Capitolo 3
p.
52
Domanda di trascrizione di matrimonio all’estero
S.
Marca da bollo
14,62 euro
i
All’Ufficiale dello Stato Civile
del Comune di ____________
CHIEDO
li
br
Io
Cognome/Nome: ______________________________________________________
data di nascita: _ _ / _ _ / _ _ _ _
luogo di nascita _____________________________ Stato: _____________________
residente a : ______________________ Via ____________________________ n. ____
©
Es
se
ai sensi dell’art. 12 comma 11 del D.P.R. 3-11-2000, n. 396, la trascrizione nei registri
di stato civile del Comune di _______ dell’unito atto di matrimonio
avvenuto in (1) ______________________________________________________
il (2) _ _ / _ _ / _ _ _ _ con (3) ______________________________________________
____________________________________________________________________________________________________________
L’atto di matrimonio è redatto (4):
su modello plurilingue rilasciato in base alla vigenti convenzioni internazionali in lingua ________________________________________________, tradotto nel testo italiano (5), e legalizzato da (6) __________________________________________.
ht
________, li _______________________
ig
In fede
___________________________________ (7)
======================================================================
Comune di ________ - Ufficio dello Stato Civile (8)
yr
La presente richiesta è stata sottoscritta in mia presenza
Richiedente riconosciuto con _____________________________________________
L’Ufficiale dello Stato Civile
op
Avvertenze
C
1)
2)
3)
4)
Indicare il luogo di matrimonio (città e Stato).
Indicare la data del matrimonio.
Indicare i dati relativi al coniuge.
Barrare la condizione ricorrente.
.
A
冟 53
p.
La funzione consolare in materia di stato civile
Es
se
li
br
i
S.
5) Gli atti e i documenti redatti in lingua straniera devono essere accompagnati da una
traduzione in lingua italiana che deve essere certificata conforme al testo straniero
dall’autorità diplomatica o consolare ovvero da un traduttore ufficiale o da un interprete che attesti, con giuramento davanti all’ufficiale dello stato civile la conformità al testo straniero (art. 22 D.P.R. 3-11-2000, n. 396).
6) I documenti e gli atti dello stato civile formati all’estero da autorità straniere devono essere legalizzati, salvo la vigenza di convenzioni esentative (art. 21, 3° comma
D.P.R. 3-11-2000, n. 396).
Le firme sugli atti e documenti formati all’estero da autorità estere e da valere nello
Stato italiano sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero. Quelle su atti e documenti rilasciati da una rappresentanza diplomatica o consolare estera residente nello Stato, da valere nello Stato italiano, devono
essere legalizzate a cura delle Prefetture (art. 33, 2° e 4° comma, D.P.R. 28-122000, n. 445).
7) Apporre la firma per esteso e leggibile.
8) La domanda, corredata dalla copia dell’atto da trascrivere può essere presentata
personalmente dall’interessato o inoltrata a mezzo posta unitamente alla fotocopia
di un documento di identità personale.
©
Domanda di trascrizione di decesso all’estero
Marca da bollo
14,62 euro
ht
All’Ufficiale dello Stato Civile
del Comune di ____________
yr
ig
Io
Cognome/Nome: ______________________________________________________
data di nascita: _ _ / _ _ / _ _ _ _
luogo di nascita _____________________________ Stato: _____________________
residente a : ______________________ Via ____________________________ n. ____
CHIEDO
C
op
ai sensi dell’art. 12 comma 11 del D.P.R. 3-11-2000, n. 396, la trascrizione nei registri
di stato civile del Comune di _______ dell’unito atto di morte, documento redatto (1):
su modello plurilingue rilasciato in base alla vigenti convenzioni internazionali in lingua ________________________________________________, tradotto nel testo italiano (2), e legalizzato da (3) __________________________________________,
relativo a:
Cognome/Nome: ______________________________________________________
.
A
冟
Capitolo 3
p.
54
data di nascita: _ _ / _ _ / _ _ _ _
luogo di nascita _____________________, già residente in _____________________.
S.
________, li _______________________
br
i
In fede
___________________________________ (4)
======================================================================
Comune di ________ - Ufficio dello Stato Civile (5)
La presente richiesta è stata sottoscritta in mia presenza
Richiedente riconosciuto con _____________________________________________
li
L’Ufficiale dello Stato Civile
se
Avvertenze
C
op
yr
ig
ht
©
Es
1) Barrare la condizione ricorrente.
2) Gli atti e i documenti redatti in lingua straniera devono essere accompagnati da una
traduzione in lingua italiana che deve essere certificata conforme al testo straniero
dall’autorità diplomatica o consolare ovvero da un traduttore ufficiale o da un interprete che attesti, con giuramento davanti all’ufficiale dello stato civile la conformità al testo straniero (art. 22, D.P.R. 3-11-2000, n. 396).
3) I documenti e gli atti dello stato civile formati all’estero da autorità straniere devono essere legalizzati , salvo la vigenza di convenzioni esentative (art. 21, 3° comma
D.P.R. 3-11-2000, n. 396).
Le firme sugli atti e documenti formati all’estero da autorità estere e da valere nello
Stato italiano sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero. Quelle su atti e documenti rilasciati da una rappresentanza diplomatica o consolare estera residente nello Stato, da valere nello Stato italiano, devono
essere legalizzate a cura delle Prefetture (art. 33, 2° e 4° comma, D.P.R. 28-122000, n. 445).
4) Apporre la firma per esteso e leggibile.
5) La domanda, corredata dalla copia dell’atto da trascrivere può essere presentata
personalmente dall’interessato o inoltrata a mezzo posta unitamente alla fotocopia
di un documento di identità personale.