Prova sul campo Quattro reflex d`alta classe
Transcript
Prova sul campo Quattro reflex d`alta classe
Prova sul campo Quattro reflex d’alta classe Canon, Nikon, Minolta, Pentax, quattro nomi storici della fotografia con le loro fotocamere di alto livello. Il parere dei fotografi che usano i rispettivi sistemi. Minolta Dynax 9. Ogni costruttore ha in catalogo una gamma di fotocamere che rispondono alle esigenze vuoi del professionista, vuoi dell’amatore. In cima a ogni sistema stanno le cosiddette ammiraglie. Si tratta di fotocamere costruite sia per soddisfare le esigenze più specialistiche, sia per dimostrare le proprie capacità. Non è un caso che, subito dopo l’ammiraglia venga un modello dalle prestazioni leggermente inferiori. Inferiori solamente nel numero, non nei risultati che possono raggiungere. Si tratta di quei modelli che hanno maggiore successo. Esempio sono la Nikon F 100 e la EOS 3, molto più diffuse, tra amatori e professionisti, delle rispettive ammiraglie Nikon F5 e EOS 1V. Il motivo principale del loro successo è il buon rapporto prezzo/prestazioni. Seguendo il filo conduttore del rapporto prezzo prestazioni abbiamo voluto mettere a confronto le fotocamere più sofisticate dei vari produttori. Quattro sono le reflex autofocus più diffuse, che troviamo senza difficoltà in tutti i negozi di fotografia: Canon, Minolta, Nikon e Pentax. Nei loro cataloghi abbiamo scelto i modelli: Canon EOS 3, Nikon F100, Nikon F 100. Minolta Dynax 9 e Pentax MZ-S e li abbiamo confrontati in una prova sul campo. A confronto sul campo Le prove strumentali o le prove in condizioni particolari mettono in luce i limiti dell’apparecchio. Ma le foto, nella maggior parte dei casi, non vengono scattate in condizioni limite. Accanto ai risultati di quelle che potremmo chiamare “prove sotto stress” al fotografo interessano le prestazioni in condizioni normali. Vediamole, a partire dalla ergonomia e dalla facilità con cui tali macchine si impugnano e vengono regolate. La più ergonomica, per chi ha mani di grandezza media, è senz’altro Minolta Dynax 9. La sua impugnatura, con un pronunciato alloggiamento per le dita, rende la fotocamera veramente un prolungamento della mano. Seguono Nikon F3, Canon EOS 3 e Pentax MZ-S. Circa l’ergonomia di quest’ultima bisogna fare un discorso a parte. La casa giapponese ha sempre voluto privilegiare le ridotte dimensioni. Tutte le fotocamere del suo catalogo, anche al tempo delle meccaniche, facevano della piccolez- za un punto d’onore. I vantaggi di questa scelta sono un minore peso del corpo macchina, una sua maggiore compattezza, anche una più facile manovrabilità per quanti hanno mani di dimensioni medio-piccole. Strada differente quella imboccata da Canon, la cui fotocamere, e anche la EOS 3, si distinguono per maggiori dimensioni. E veniamo all’accessibilità dei comandi e alla facilità con cui si azionano. Tutte hanno adottato un sistema di ghiera multifunzioni, da azionare con la fotocamera all’occhio. Canon, Minolta, Nikon ne hanno due, Pentax una sola. All’atto pratico tutte e quattro consentono una buona manovrabilità. Secondo il nostro parere, Canon e Nikon sono in leggero vantaggio sulle altre: la disposizione delle ghiere e del pulsante di scatto consentono di usare tre dita contemporaneamente: pollice e medio per azionare le ghiere, indice per premere il pulsante di scatto nella Nikon, pollice e indice per azionare le ghiere e medio per il pulsante di scatto nella Canon. Nella Minolta, paradossalmente per la grande efficienza della impugnatura, si possono usare solamente pollice e indice. Ciò obbliga a usa- Pentax MZ S. re l’indice per azionare o la ghiera o il pulsante di scatto. Altra caratteristica importante è l’autofocus: non solo per quanto riguarda il campo di lettura, ma anche il sistema di messa a fuoco. Il sistema totale di Canon EOS 3 è quello che dà risultati migliori, anche per gli obiettivi dotati, ognuno, di motore a ultrasuoni. Ne deriva la messa a fuoco più rapida di tutte e la più silenziosa. Inoltre si possono anche selezionare individualmente undici punti di messa a fuoco: il numero più alto tra le quattro fotocamere. L’indicazione del punto selezionato è riportata da led rossi sul vetrino di messa a fuoco. Il sistema dei led rossi, corrispondenti al punto di messa a fuoco selezionato, è adottato anche da Minolta e Nikon. Nella Dynax 9 si possono selezionare tre punti, lungo una linea orizzontale, nella Nikon F 100 i punti sono cinque, e offrono maggiori possibilità. Per Pentax niente led rossi nel mirino, ma un semplice cursore, alla base del mirino, che informa quale del sei punti di messa a fuoco è stato selezionato. Un sistema meno immediato rispetto agli altri tre. Tutte e quattro gli apparecchi offrono la possibilità di impostare un determinato punto di messa a fuoco. Tra fotocamera e fotocamera esistono differenze di copertura e di numero di sensori attivabili. Ma c’è anche un altro parametro importante: la facilità, o meno, con cui si possono impostare i sensori. In tutte e quattro le fotocamere, una volta “fatta la mano” i sistemi si azionano agevolmente. A favore di Canon, forse, un leggero vantaggio. E veniamo a due altri punti importanti: le Canon EOS 3. indicazioni del display LCD sulla parte superiore della fotocamera e quelle che si vedono nel mirino. Minolta e Pentax hanno i display LCD più piccoli, ciò comporta anche un minor numero di informazioni visibili. Canon e Nikon hanno i display più completi, con un maggior numero d’informazioni. Ma le informazioni più importanti sono quelle che si vedono nel mirino, quelle cioè che si possono controllare senza staccare la macchina dall’occhio. Nikon ha scelto di raggrupparle tutte in basso, alla base. Canon, Minolta e Pentax hanno riservato alla scala delle sovra/sottoesposizioni, o se si vuole all’indicatore dell’esposizione manuale, il lato verticale destro. Nell’uso pratico la soluzione Nikon è migliore, perché offre tutto in un colpo d’occhio solo. Anche se le quattro fotocamere sono autofocus, la possibilità di regolare diottricamente l’oculare è utile. A molti fotografi evita l’uso di occhiali. Minolta, Nikon e Pentax hanno efficienti sistemi di regolazione diottrica. Canon non ce l’ha. Assieme alla Nikon F 100, la Canon EOS 3 non ha nemmeno il flash incorporato, come la Minolta Dynax 9 e la Pentax MZ-S. Peccato: anche se fa meno “professionale”, il piccolo flash, per di più TTL e in grado di fornire un buon fill-in, è utile in molte occasioni. Certo: il professionista o l’amatore di classe non dovrebbe mai andarsene in giro senza flash ma, siamo sinceri: quanti, specialmente fotoamatori, lo fanno? Un colpo di flash risolve spesso molte situazioni. Quelle appena elencate sono le funzioni basilari di una fotocamera, quelle con cui ogni fotografo si confronta nel suo lavoro o nel suo hobby. Esistono, poi, funzioni particolari - ad esempio il riavvolgimento automatico o meno della pellicola terminata, piuttosto che l’avanzamento automatico del film al primo fotogramma utile - che in alcune si possono variare, a seconda delle preferenze di ciascuno. Minolta e Nikon offrono una ventina di personalizzazioni ciascuna. Tuttavia crediamo che la personalizzazione delle funzioni aggiunga poco a chi ce l’ha, e tolga altrettanto poco a chi non l’ha. Siamo giunti alle conclusioni. Rispondere quale sia la migliore non è sempre facile. Hanno calcolato che difficilmente si usa più del 50% delle potenzialità di una fotocamera di questa classe. Sta a ciascuno, considerando anche il rapporto prezzo prestazioni, decidere quale apparecchio fa più al caso suo. Da parte nostra possiamo solamente dire che, considerando la globalità delle prestazioni e delle possibilità del sistema di obiettivi e accessori di ciascun apparecchio, al primo posto troviamo, affiancate, Nikon e Canon. Forse, per quanto riguarda la scelta di accessori, il sistema Nikon è in vantaggio. Piacevole sorpresa è stata la Minolta Dynax 9: corpo macchina robusto, probabilmente il più robusto, un buon autofocus che, alle brevi distanze, gode anche di un illuminatore IR per le riprese in luce scarsa. Infine: Pentax MZ-S: un buon apparecchio, come abbiamo avuto modo di scrivere, con un ottimo rapporto prezzo/prestazioni. Tuttavia, messa a confronto con la completezza di sistemi come quelli offerti da Canon e Nikon, non può che star loro un passo indietro. Minolta Dynax 9 Minolta, nel nostro Paese, è una marca che storicamente non ha mai avuto, da parte dei fotografi, la diffusione e i riconoscimenti che merita. Il suo modello più sofisticato, Dynax 9, lo dimostra ancora una volta. Già il design e le dimensioni danno l’impressione di un prodotto studiato per fornire risultati di classe. L’elenco delle caratteristiche, poi, mette in luce anche delle esclusive, come il brevissimo tempo di scatto, appena di 1/12000 di secondo; la performance porta con sé un altro innegabile vantaggio: il tempo di sincroflash è di appena 1/300 di secondo. Per arrivare a tanto le tendine dell’otturatore sono state realizzate con una speciale resina epossidica, rinforzate con fibre di carbonio, in modo da ot- tenere leggerezza e robustezza. È dotata del sistema eye start: basta portarla all’occhio per accendere i circuiti di alimentazione. La messa a fuoco automatica si vale di un CCD a croce in tre punti, e ogni punto è selezionabile singolarmente, oltre che contemporaneamente agli altri due. Il punto selezionato è visualizzato con un riquadro che si accende di rosso sia nel vetrino di messa a fuoco, che alla base del mirino. La lettura della luce, invece, si basa sul collaudato sistema Minolta a nido d’ape a 14 segmenti. Il corpo macchina, che gode di un buon design e di una ergonomia altrettanto buona, presenta una robustezza a tutta prova. Il guscio è in acciaio inox, la struttura è in pres- Retro della Minolta Dynax 9. sofusione di alluminio e zinco, la superficie è rivestita di una speciale resina anti UV e anti graffio, mentre le possibili vie d’ingresso per polvere e umidità risultano ben protette, anche se non si tratta di una vera e propria tropicalizzazione. Per quanto riguarda i comandi, saltano subito all’occhio le due tradizionali ghiere presenti sul tettuccio. Quella a sinistra per la sovra/sottoesposizione intenzionale, quella a destra, multifunzione, per impostare i modi di funzionamento e la cadenza di ripresa. Il resto dei comandi è sparso sulla superficie del corpo macchina. Sulla sinistra, a partire dal basso, abbiamo il selettore delle modalità AF, e il selettore per passare dalla messa a fuoco automatica a quella manuale, e viceversa, il pulsante di sblocco dell’obiettivo, mentre sul lato stretto troviamo la presa per il cavetto del flash. Delle due ghiere abbiamo già parlato, quindi passiamo al lato destro dove, a partire dal basso, quasi sotto l’obiettivo, troviamo il pulsante per il controllo della profondità di campo. In cima all’impugnatura c’è la ghiera multifunzione anteriore e il pulsante di scatto; sul tettuccio, di fianco alla ghiera, il display LCD. Passando al retro, a partire da sinistra abbiamo l’interruttore generale, la levetta della palpebra che chiude l’oculare del mirino, per impedire infiltrazioni di luce. Sulla destra, di fianco all’oculare, la ghiera per la sua regolazione diottrica, il selettore per i modi di misurazione esposimetrica e, coassiale, il pulsante per il blocco dell’esposizione automatica; l’interruttore per illuminare il display, la ghiera multifunzioni posteriore. Scendendo, in buona posizione per venire azionato dal pollice, c’è il pulsante per attivare l’autofocus, senza premere il pulsante di scatto. Infine, proprio alla base, l’interruttore per attivare l’eye start e il selettore per impostare le modalità flash come occhi rossi, sincro sulla seconda tendina, sincronizzazione a distanza senza fili con i flash dedicati Minolta. La grossa ghiera alla sinistra del pentaprisma serve per la sotto/sovraesposizione intenzionale Il display LCD, posto all’estrema destra del tettuccio, è di ridotte dimensioni. Alla sua sinistra la ben dimensionata ghiera per la selezione dei modi, coassiale il selettore del bracketing e dello scatto singolo o in sequenza. L’interruttore generale è sul retro, ben visibile, alla sinistra del pentaprisma. A fianco dell’oculare vediamo la leva della palpebra che chiude l’oculare stesso, per impedire che luci parassite influenzino la lettura esposimetrica durante le pose su treppiede. Speculare, sulla destra, la ghiera per la correzione diottrica. Sotto l’oculare, le fessure del sensore di prossimità, che attiva la fotocamera semplicemente avvicinandola all’occhio. Sul lato sinistro, in basso, il cursore per la selezione della messa a fuoco manuale o automatica e, vicino, il selettore per le modalità di autofocus, singolo o continuo. Sul retro dell’apparecchio, sulla destra, il selettore per i modi di lettura esposimetrica, coassiale il blocco della lettura esposimetrica AEL; sulla destra la ghiera multifunzione e, più sotto, sulla sinistra, il pulsante che attiva l’autofocus, senza azionare l’otturatore. Sul lato sinistro, in alto, il contatto sincroflash. Sul retro, in basso, l’interruttore per attivare lo eye start e, a fianco, un secondo cursore, per impostare i modi del flash e l’accensione dei flash a distanza, senza collegamento via cavo. INTER VISTA AL PROFESSIONISTA MINOLTA DYNAX 9 Cecilia Cantuarias Amazzonia equadoregna. Tribù Jivaros. Ecuador, india al mercato di Ambato: camminando fila la lana. La sua specialità sono le foto di viaggio; la sua origine, il Cile, la fa esperta del Sud America. Lavora prevalentemente con le riviste e le agenzie di viaggio degli Stati Uniti. Ha iniziato per caso e per necessità. Impegnata con il governo Allende, la sua famiglia dovette fuggire la dittatura di Pinochet. I suoi primi soldi li guadagnò con una Nikon di seconda mano, fotografando gli alberghi per un tour operator messicano. Ultimamente, da Nikon, è passata a Minolta. “Una reflex – dice - che non ha nulla da invidiare a Nikon o Canon. Almeno per le mie necessità.” Non sono necessità minori. I climi in cui fotografa mettono a dura prova l’attrezzatura. Dalla foresta dell’Amazzonia, alle vette delle Ande, il continente sudamericano offre tutte le difficoltà che una reflex possa, non tanto desiderare, quanto temere. Oggi Cecilia fotografa per i cataloghi dei tour operator. Per gli stessi accompagna anche gruppi di turisti. “Questo mi dà i mez- zi per dedicarmi alla fotografia che mi piace di più: quella che mi porta in contatto con genti, situazioni ancora non toccate dal turismo. Il Sud America offre molte situazioni interessanti e poco conosciute.” Cecilia viaggia con due corpi macchina: Dynax 7 e Dynax 9; tre zoom: 20-35mm, 100-300mm e 28-70mm; il macro da 100mm. Flash dedicato e treppiedi completano l’attrezzatura. Dopo aver usato, per anni, pellicole invertibili, oggi usa solamente il negativo a colori. “Una pellicola molto robusta, che sopporta meglio i climi in cui lavoro. Scatto, faccio fare le scansioni e do al cliente il CD. È un metodo di lavoro usato da molti professionisti – aggiunge - che unisce i vantaggi della fotografia tradizionale a quelli della fotografia digitale.” E la scelta di Minolta? “Dovevo cambiare le mie due Nikon F90. Dopo un po’ di anni di strapazzi non ne potevano più. Un collega, sapendo che stavo per cambiare at- trezzatura, mi ha consigliato Minolta. E adesso non la cambierei per nulla al mondo. Ne apprezzo in modo particolare la robustezza. La Dynax 9 è tropicalizzata e anche se mi trovo sotto un acquazzone improvviso, cosa che ai tropici capita spesso, non debbo preoccuparmi. Ma non sono gli acquazzoni che debbono preoccupare di più. È l’umidità, spesso del 100%, che trovi nella foresta, in riva al mare a danneggiare una fotocamera, se non è tropicalizzata; se non è costruita con materiali robusti. “ E gli obiettivi? “Robusti e di buona qualità. Non trovo differenza tra le foto che, a volte, scatto nello stesso momento e allo stesso soggetto assieme a questo o quel collega, che usano reflex Nikon o Canon. Quando vedo le foto stampate in una rivista o in un depliant turistico sfido chiunque a trovare una differenza. E poi - conclude - io sono innamorata della fotografia, del fotografare, non delle linee per millimetro di un obiettivo”. Nikon F 100 Nel catalogo della casa la Nikon F100 è al secondo posto, dopo l’ammiraglia F5. Nei dati di vendita la F100 è abbondantemente davanti alla F5 e, tra i suoi acquirenti, gran parte sono professionisti, nella cui borsa non troviamo l’ammiraglia F5. Insomma: la seconda in classifica è sorella minore dell’ammiraglia solamente perché le mancano alcune funzioni particolari, che interessano solamente settori molto specifici della fotografia. A differenza della F5, il suo pentaprisma è fisso, i vetrini di messa a fuoco sono due solamente, e se vogliamo raggiungere la cadenza di scatto di 5 fotogrammi al secondo, dobbiamo usare l’alimentatore Multi Power High Speed. Ma non bastano queste piccole mancanze a declassarla e, abbiamo visto, il mercato la sta premiando. Professionista e amatore esperto trovano tutto nella F100. Il sensore per la messa a fuoco automatica è il Multicam 1300, il sistema di lettura esposimetrica è il Matrix con lettura su dieci settori. Buona la robustezza dell’insieme: il frontale e le calotte sono in lega di magnesio, metallo che alla leggerezza unisce un’alta resistenza. L’intero corpo macchina è ricoperto da uno strato di gomma contro gli urti. Anche Nikon ha optato per i pulsanti multifunzione, integrati da un certo numero di ghiere. La loro quantità è grande e tra pulsanti, ghiere, contatti, ne troviamo, sparsi per tutto il corpo macchina, ben 27, contro i 20 della EOS 3, i 18 della Pentax MZS e i 20 della Minolta Dynax 9. Ciò non significa che l’apparecchio abbia più fun- Nikon F 100. Visto da sopra il lato destro presenta un ampio display a cristalli liquidi e, davanti, il pulsante che attiva la ghiera multifunzione per la selezione dei modi, il pulsante per la selezione della sovra/sottoesposizione intenzionale, il pulsante di scatto e, coassiale, l’interruttore generale e quello per illuminare il display. zioni degli altri. Semplicemente il costruttore ha previsto meno tasti e comandi multi funzione. Ciò ha portato ad un aumento dei comandi, ma anche a una semplificazione delle operazioni. Non è necessario ricordarsi delle funzioni attivate da questo o quel pulsante, o dalla loro combinazione. Basta ricordare, cosa più semplice, che quel tal pulsante è dedicato alla tale operazione. Sul davanti, lato sinistro impugnando la fotocamera, partendo dal basso troviamo il selettore dei modi di scatto in autofocus, il pulsante di sblocco dell’obiettivo, la presa per il telecomando elettrico e la presa per il flash esterno. Sulla calotta, alla sinistra del pentaprisma, tre pulsanti e una ghiera, rispettivamente per attivare il bracketing e il riavvolgimento della pellicola; per impostare le modalità di funzionamento del flash; per impostare manualmente la sensibilità della pellicola e la ghiera per selezionare la cadenza di scatto. Sulla destra dell’apparecchio abbiamo, a fianco dell’obiettivo, il pulsante per il controllo della profondità di campo. Risalendo, troviamo, quasi alla sommità dell’impugnatura, la ghiera multifunzione anteriore, sopra l’interruttore di alimentazione generale, coassiale al pulsante di scatto. Più indietro il pulsante per la selezione dei modi e il pulsante per la sotto/sovraesposizione intenzionale. Segue il display LCD e, proprio sulla parete laterale del pentaprisma il selettore della lettura esposimetrica. Passando al retro, sulla sinistra due pulsanti: uno per impostare i funzionamenti personalizzati, l’altro per il blocco. Viene, poi, il mirino e, a fianco, una piccola ghiera per la regolazione diottrica dell’oculare. Immediatamente sotto, i pulsanti per il Sul retro, a sinistra, il pulsante per impostare il funzionamento personalizzato. Il selettore dei modi di lettura esposimetrica è sulla destra del pentaprisma. Sulla sinistra del pentaprisma i pulsanti per impostare il funzionamento del flash, la selezione manuale della sensibilità, il bracketing e il secondo pulsante per il riavvolgimento. Coassiale la ghiera per impostare i modi di avanzamento motorizzato della pellicola, le doppie esposizioni e l’autoscatto. Quello che sembra un ampio pulsante, sul retro, è un selettore basculante con il quale si può attivare uno dei cinque sensori dell’autofocus. Sopra, sulla destra, la ghiera posteriore multifunzioni e, al suo fianco, il pulsante per il blocco dell’autofocus e dell’esposizione Con la scritta AF-ON, il pulsante per azionare l’autofocus indipendentemente dal pulsante di scatto. Davanti, a sinistra dell’obiettivo, a partire dall’alto: presa sincroflash, presa per il telecomando, pulsante di sblocco dell’obiettivo, selettore delle modalità autofocus. blocco dell’esposizione e dell’autofocus. Non manca un terzo pulsante, premendolo si effettua la messa a fuoco automatica, senza correre il rischio di scattare inavvertitamente una foto, come talora accade quando si preme a metà corsa il pulsante di scatto. È un pulsante molto comodo, che hanno tutte le reflex della nostra prova, a eccezione di Canon. A fianco di questo pulsante, in Nikon, troviamo la ghiera multifunzione posteriore. Nel dorso, infine, c’è il cosiddetto joystick, il selettore basculante che permette di scegliere uno dei cinque punti di messa a fuoco. L’interruttore è dotato di blocco. Al suo fianco una ghiera consente di bloccare la lettura esclusivamente sul sensore centrale. INTER VISTA AL PROFESSIONISTA NIKON F 100 Carlo Bolley Carnevale occitano. Due esempi del modo di fotografare di Bolley: grandangolare e flash di riempimento, anche quando la luce del giorno sarebbe sufficiente per una buona esposizione. Sia nel caso della foto al tramonto, che in quella dei due figuranti, l’esposizione è sempre avvenuta in completo automatismo. Appassionato da sempre, tanto che non ricorda la sua prima macchina fotografica, si dedica da anni a documentare le tradizioni e il folklore della sua zona: le valli del Piemonte Occidentale. Alcune sue foto figurano in depliant turistici, ma le più belle nessuno le ha mai viste. Il sogno di Bolley è un libro, una testimonianza fotografica di tradizioni che domani, e molte già oggi, non sono più. “Mi dedicherò al libro quando sarò in pensione - e aggiunge con soddisfazione - non manca molto”. Tutti sono contenti quando vanno in pensione, lui è felice perché potrà realizzare il suo sogno. E le immagini del sogno riposano ordinate nei loro plasticoni, suddivise per avvenimento e data. “Da anni seguo le medesime manifestazioni - dice - e di ognuna ho la storia fotografica negli anni.” In quelle immagini sono documentati i cambiamenti, anche impercettibili, avvenuti nel corso degli anni. A volte ritrovi le stesse persone, un po’ invecchiate. Come nel carnevale occitano della valle Varaita. Lo chiamano Bahìo e si svolge una volta ogni cinque anni. Vi può partecipare solamente la gente del capoluogo della val- le, Sampeyre, e di alcune sue frazioni. Bolley ha tutte le Bahìo degli ultimi trent’anni. Anche quest’anno non è mancato con le sue due Nikon. Può addirittura montare, sugli ultimissimi corpi macchina, quell’obiettivo con quella tale resa che gli ultimi non hanno e che ha già trent’anni. Con questo non si creda che Bolley sia un noioso lodatore del tempo passato. Apprezza e usa la modernità. I suoi corpi macchina sono Nikon F100 e, da quando hanno inventato i flash con il Fill-In, ne è diventato entusiastico assertore. “E della F100 apprezzo in modo particolare il sistema esposimetrico e il modo con cui legge l’esposizione e dosa la luce del flash mischiandola con quella del giorno”. Anche in pieno sole Bolley non abbandona il suo SB 28, sul quale ha montato un piccolo bank diffusore Apollo. “Mi serve per ammorbidire la luce del flash e renderla più simile a quella del giorno. Per il resto lascio fare agli automatismi, che funzionano benissimo.” Della F100, scelta perché gli dà le stesse prestazioni della ammiraglia F5, ma costa meno, apprezza la velocità con cui può at- tivare il sensore di messa a fuoco senza togliere l’occhio dal mirino. Trova molto utile anche l’integrazione tra il sistema di messa a fuoco e la lettura esposimetrica, che privilegia il punto di messa a fuoco. La sua modalità preferita è la priorità dei diaframmi. “Imposto sempre un diaframma aperto, in modo da avere il tempo di esposizione più breve possibile, quando fotografo senza flash di Fill-In. Più il tempo è breve, meno sono i rischi di avere il micromosso. E nelle riprese a mano libera lo hai già con il tempo di 1/125. Quando uso il flash, invece, imposto spesso la sincronizzazione sui tempi lunghi. Voglio sempre avere, almeno un po’ di luce ambiente.” Molti fotografi della vecchia guardia tendono a snobbare gli automatismi, Bolley ne è un assertore entusiasta. “Fotografo sempre in automatismo: sistema Matrix, priorità dei diaframmi, e autofocus su uno dei cinque punti di lettura selezionabili - conferma - e non sbaglio mai una foto. Almeno da un punto di vista tecnico.” Oltre ai corpi macchina F100 e al flash SB 28, nella sua borsa troviamo due zoom e un macro: 20-40mm e 80-200mm le focali degli zoom, 90mm quella del macro. Pentax MZ-S Compattezza, che ha sempre caratterizzato le reflex Pentax, e design inconsueto: queste le caratteristiche che saltano immediatamente agli occhi nella Pentax MZS. La calotta, in modo particolare, si differenzia nettamente da tutte le altre. Niente linee curve, ma rette; niente superfici a piombo, ma inclinate, che s’incastrano le La MZ-S si caratterizza per le superfici inclinate. une nelle altre. Il risultato è un aspetto indubbiamente differente dal solito e più grintoso. Ma l’aspetto, per quanto accattivante, non basta a fare una buona reflex. La resistenza agli urti accidentali e la durata nel tempo, anche se sottoposta a un uso rude, sono qualità indispensabili. Il corpo della MZ S è metallico, rivestito da una robusta vernice nera antiscivolo, e da generosi strati di gomma semidura, specialmente nei punti che vengono in contatto con le mani che la impugnano. I comandi sono ben evidenti e azionabili mediante ghiere e pulsanti, che, in alcuni casi, offrono soluzioni un po’ diverse da quelle cui siamo stati abituati. Non precipitiamo ed esaminiamo nel dettaglio pulsanti, ghiere e compagnia. Alla sinistra dell’obiettivo, un cursore permette di selezionare i modi di messa a fuoco: manuale, AF continua e AF a scatto singolo. Sopra viene il pulsante dei modi di funzionamento del flash; sopra ancora, la presa per il telecomando elettrico. Sul tettuccio, inclinato, troviamo due ghiere di grandi dimensioni, l’una a destra e l’altra a sinistra del pentaprisma. La ghiera di sinistra, oltre a permettere la sovra/sottoesposizione intenzionale consente di personalizzare alcuni modi di funzionamento: diciotto per l’esattezza. All’interno di quella di destra è alloggiato il display LCD, che indica le funzioni dell’apparecchio. La ghiera che gli sta attorno serve a impostare i vari modi di funzionamento. Sulla destra di questa ghiera due selettori permettono, quello inferiore, d’impostare i tre classici modi di lettura esposimetrica: a settori, preferenza al centro e spot; quello superiore di mettere in funzione l’autoscatto, la ripresa a scatto singolo, a scatto continuo e la ripresa senza avanzamento del fotogramma, per realizzare sovrimpressioni. Scendendo, sul davanti a destra dell’obiettivo, incontriamo un pulsantino verde, che abilita la ghiera a impostare le priorità dell’esposizione. Segue il pulsante di scatto e, coassiale, il cursore per accendere/spegnere l’alimentazione della fotocamera e anche per controllare la profondità di campo. Scendendo, a fianco dell’obiettivo troviamo un altro cursore: serve a bloccare la lettura dell’autofocus, e abilita la ghiera multifunzioni, quella coassiale al display LCD, a selezionare uno dei sei sensori AF. Quello selezionato, purtroppo, non appare nello schermo di messa a fuoco, ma solamente Assieme alla Dynax 9, solo la Pentax offre un piccolo flash incorporato. Coassiale al pulsante di scatto il selettore per l’accensione e spegnimento della fotocamera, e il controllo della profondità di campo. Anche Pentax ha, sul retro, il pulsante per attivare l’autofocus, senza premere a metà corsa il pulsante di scatto. Sopra, l’interruttore che blocca il modo di funzionamento scelto, impedendo che cambi per un movimento accidentale della ghiera multifunzione. La presa per il telecomando è situata sul davanti, a sinistra, sotto la scritta MZ-S. Pentax MZ-S monta, di serie, il dorso datario. Attenzione: bisogna disattivarlo, quando non si desidera avere sul fotogramma l’indicazione di giorno, mese, anno. In posizione ben evidente la presa del sincro flash, sul lato sinistro. in un piccolo display, alla base del mirino. Scendendo ancora troviamo il pulsante di sblocco degli obiettivi. Sul dorso, subito sotto la ghiera multifunzioni, un cursore serve a bloccare le impostazioni fatte con la ghiera, in modo da evitare spostamenti accidentali. Sulla sua destra il pulsante di blocco della lettura esposimetrica e il pulsante per illuminare il display. Scendendo ancora, ecco il pulsante che consente di mettere a fuoco automaticamente senza premere a metà corsa il pulsante di scatto e, sulla sinistra, il display del datario e relativi pulsanti. Particolarità, rispetto alle altre reflex, il dorso data fornito di serie. Notevole il fatto che impressiona la pellicola non sulla superficie del fotogramma ma tra una perforazione e l’altra. INTER VISTA AL PROFESSIONISTA Ho conosciuto Michele Mazzetti una decina d’anni fa, aveva poco più di cinquant’anni e fotografava fiori. Tra tutti preferiva le orchidee. Aveva un archivio cospicuo, con migliaia di fotogrammi, raccolti durante il corso degli anni, delle specie più comuni e di quelle più rare. L’altro suo segno distintivo era l’attrezzatura usata: rigorosamente Pentax. Non sono molti i fotografi che la usano. “Trovo che il rapporto prezzo prestazioni sia il migliore – afferma - Poi la leggerezza dell’attrezzatura, sia obiettivi che corpi macchina. Mi sta tutto in una borsa, compreso il flash.” Non fotografa solamente nelle serre e durante le mostre ma anche i fiori spontanei della campagna. Pochi sanno che le orchidee non crescono solamente nei Paesi tropicali. Decine sono le specie che possiamo trovare e fotografare nelle nostre regioni. “Se, poi, - continua Mazzetti - riusciamo a farlo con un’attrezzatura leggera, di qualità, ancora meglio”. La sua prima macchina fotografica è stata una Polaroid, l’affascinava l’immediatezza del risultato e non sapeva nulla di fotografia. Un giorno chiese al commesso del negozio dove comperava le pellicole Polaroid un duplicatore di focale per la sua instant. Fu allora che scoperse le reflex. Il commesso fu il suo mentore nel mondo della fotografia, assieme ai manuali, che Mazzetti divorava curioso di imparare e sapere. Gli inizi furono quelli di tutti i fotoamatori: paesaggi, ritratti, fiori. E i fiori divennero presto il suo interesse quasi esclusivo. Interesse facilitato dall’abitare in Liguria, a due passi dalle più belle coltivazioni di fiori. Così, anno dopo anno, scatto dopo scatto, divenne l’esperto della fotografia di fiori richiesto da vivaisti e collezionisti, specie quelli di orchidee, capaci di telefonare ad ore impossibili per avvertirlo che quella particolare piantina che, per anni, non aveva mai cacciato fuori un fiore, s’era decisa e splendeva in tutta la sua bellezza. A un simile richiamo Mazzetti è sempre accorso. Il suo archivio conta migliaia di foto, praticamente tutte inedite. Le foto, per Mazzetti, sono figli, e lasciarle andare in giro per il mondo da sole sarebbe pericoloso per loro. La prima volta che l’incontrai non avevo an- PENTAX MZ S Michele Mazzetti Le orchidee sono un soggetto che fornisce sempre nuovi spunti al fotografo. Specialmente se vengono riprese a distanza ravvicinata. Il flash TTL e il cavalletto sono, in questo caso, complementi indispensabili. cora finito di guardare le foto nei plasticoni che già me le chiedeva indietro. La prima reflex di Mazzetti fu una Pentax MX. Poi altre reflex, ma tutte rigorosamente Pentax. Una preferenza particolare per il modello LX, il top della gamma precedente all’attuale Pentax MZ-S. Tra gli obiettivi più usati, preferito il macro assieme all’indispensabile flash. Fotografare a luce ambiente è possibile solamente in pochi casi. Quasi mai quando fotografi all’aperto. Un minimo colpo di vento, diventerà, ingrandito come il soggetto che fotografi, una folata di bora. Quando, poi, si lavora nella penombra di una serra, nemmeno a pensare di usare la luce ambiente. Anche volendo non si potrebbe fare a meno del flash. Due sono i modelli usati: uno normale, l’altro anulare, entrambi automatici TTL. Quando non si debbono avere ombre, l’anulare è d’obbligo. Ad esempio quando si riprende l’interno di una corolla. Negli altri casi il flash normale consente di modulare meglio la luce. Due flash TTL Pentax, l’obiettivo macro da 90mm, lo zoom 80-200mm, un cavalletto, pellicole invertibili Fuji. Mazzetti non ha mai usato altro. Canon EOS 3 Il sistema Canon è tra i più completi, in grado di soddisfare ogni richiesta sia di obiettivi sia di accessori. In modo particolare il costruttore ha guardato alle esigenze dei fotografi di sport e di quanti si trovano a fotografare avvenimenti che si svolgono con rapidità. La risposta del sistema autofocus, grazie ai motori ultrasonici incorporati in ogni obiettivo, è velocissima. Ciò è un vantaggio non solo per il fotografo di sport, ma anche per il reporter d’attualità e per il fotografo naturalista, che ha bisogno non solo di teleobiettivi potenti, ma anche di una messa a fuoco automatica senza tempi morti troppo lunghi. Anche la superficie dell’area dell’autofocus è importante, per questo tipo di fotografi, più che per altri: per consentire loro di operare velocemente deve essere la più ampia possibile. La EOS 3 ha un’area di lettura autofocus che copre ben il 23% del campo inquadrato. Ciò, oltre a renderla utilissima nelle riprese in cui il soggetto è composto in modo decentrato, ne fa un apparecchio adattissimo alla fotografia d’azione, grazie anche al sistema cosiddetto AIM che integra autofocus e lettura esposimetrica. Altra caratteristica dell’apparecchio che favorisce la fotografia d’azione è il cosiddetto eye control. Si fissa, nel mirino, il Sul retro dell’apparecchio spicca l’ampia ghiera selettrice, dotata di blocco. Alla destra del pentaprisma l’ampio display LCD e, davanti il pulsante di scatto e la ghiera multifunzione; il pulsante per la sovra/sottoesposizione intenzionale e il tasto per illuminare il display. Dietro, sulla sinistra, la piccola scacchiera indica il pulsante che abilita la ghiera multifunzioni a selezionare uno dei sensori di messa a fuoco. punto che si desidera a fuoco, e il dispositivo fa in modo da attivare l’autofocus proprio in quel punto. Naturalmente il punto deve cadere in quell’area del 23% della inquadratura coperta dai sensori AF. Il sistema, basato su di un sensore che rileva il movimento degli occhi, funziona sia che si impugni la macchina fotografica per foto verticali, che per foto orizzontali. Con i flash Speedlite del catalogo Canon e con i Metz dotati di zoccolo SCA abbiamo anche una l’integrazione tra autofocus e lettura TTL. La zona di messa a fuoco è quella che pilota la luce del flash, in modo da essere non solo perfettamente nitida, ma anche perfettamente illuminata. Il sincro flash è su 1/200 di secondo, caratteristica importante per quanti, come i fotografi di cronaca, si trovano a fotografare assieme ad altri colleghi, e tutti usano il flash. Più il tempo di sincronizzazione è breve, meno probabilità ci sono che il flash del collega scatti proprio assieme al nostro, causando una foto abbondantemente sovraesposta. Per offrire la massima sicurezza di funzionamento, anche nelle condizioni più dure, nella EOS 3 le possibili vie d’ingresso di polvere e umidità sono protette da O-ring o sigillate con gomme al silicone. Robustissimo anche l’otturatore. È del tipo a magneti rotanti, che offrono un basso consumo d’energia e una risposta velocissima. Il costruttore lo garantisce per 100.000 scatti, cioè 2777 rullini da trentasei pose. Una fotocamera non è fatta solamente di componenti interni, per quanto sofisticati possano essere. Anche l’ergonomia, cioè la facilità con cui la si impugna e si azionano i comandi, è molto importante. L’aspetto della EOS 3 è, come ci si aspetta da una fotocamera di classe, rassicurante per struttura e peso, e fa perdonare l’abbondante uso di materiali sintetici per la carrozzeria. Fedele alla filosofia Canon, che ha sempre privilegiato i pulsati alle ghiere, anche in questo apparecchio le varie funzioni sono comandate da un discreto numero di pulsanti, distribuiti prevalentemente sul coperchio, a fianco del pentaprisma. Sulla sinistra i pulsanti multifunzione per esposizione, motore, bracketing, sensibilità della pellicola. Sono tre e, premuti in coppia o singolarmente consentono, ruotando la ghiera multifunzione presente sopra il pulsante di scatto, di impostare la funzione che interessa. La procedura è pratica, e permette anche di attivare le varie funzioni mentre si traguarda con l’occhio al mirino della fotocamera. Tutte le funzioni compaiono nel display alla destra del pentaprisma, mentre Sul retro, a sinistra in basso, l’interruttore generale. C’è anche la posizione per selezionare il bip che indica il “pronti allo scatto”. A fianco il tasto per il riavvolgimento, a qualsiasi fotogramma della pellicola si sia arrivati. Sulla sinistra, di lato, la presa per il telecomando e quella del sincroflash. Nel display LCD della EOS 3 vengono indicate tutte le funzioni attive. Ampio e ben dimensionata è di facile lettura. Proprio sul pentaprisma, alla destra, il selettore dello eye-control. Sulla sinistra del pentaprisma i pulsanti multifunzione, da premere due a due: le indicazioni sono molto chiare, non ci si può sbagliare. non tutte compaiono nel mirino. Sempre sulla destra del pentaprisma, e sul davanti, in posizione facilmente accessibile, il pulsante di scatto e la ghiera multifunzioni. Sul lato posteriore, invece, troviamo due pulsantini, da azionare col pollice. Premendo quello più vicino al pentaprisma e ruotando la ghiera multifunzione, possiamo cambiare la coppia tempo/diaframma impostata, sen- za variare i parametri di esposizione. Premendo quello a fianco, e sempre ruotando la ghiera, selezioniamo i sensori della messa a fuoco. Interessante, e unica, la possibilità di selezionare sia un particolare sensore, sia tutta l’area da loro delimitata. Anche sul retro abbiamo alcuni comandi: il selettore che attiva l’alimentazione e il bip che avverte dell’avvenuta messa a fuoco, il pulsantino per il riavvolgimento della pellicola, anche quando non è terminata, e un’ampia ghiera. Si aziona, col pollice, tenendo la fotocamera ad altezza d’occhio e serve a sotto/sovraesporre intenzionalmente quando si usa uno dei programmi automatici di cui è dotata la fotocamera. CANON EOS 3 INTER VISTA AL PROFESSIONISTA Paolo Tripodi Il mondo delle gare e dei cavalli western non ha segreti per Paolo Tripodi. Negli anni è diventato un richiesto specialista del settore. foto Tripodi Paolo Tripodi è un ex metalmeccanico che, quando la sua fabbrica ha chiuso, s’è inventato un nuovo lavoro: il fotografo. Oggi sono passati più di dieci anni e Paolo è tra i migliori fotografi di cavalli. Una specializzazione che, da sola, non gli darebbe da vivere ma che, messa assieme agli altri lavori di fotografo di provincia, gli consente di tirare avanti come tutti. La fotografia era sempre piaciuta a Paolo, fin da ragazzo. Non è stata casuale la sua scelta, dopo la chiusura della fabbrica. I suoi inizi sono stati quelli di tutti: le foto alla fidanzata, i paesaggi, il ritratto mandato al concorso. Poi, quando si è trattato di fare di necessità virtù, il fatto che il fratello lavorasse in un maneggio è stato determinante. Perché non specializzarsi nella foto di cavalli? Così passo passo Paolo si è fatto un nome nell’ambiente. Fino a essere il fotografo ufficiale dell’associazione che raggruppa gli allevatori italiani di Appaloosa, quei cavalli a pois, che la leggenda vuole fossero usati dagli indiani. Non è un traguardo da poco, visto che tra gli associati figura il mitico Oliviero Toscani, quello stesso Toscani che gridò un sonoro “asini!” a un gruppo di studenti di fotografia che gli rispondevano di voler diventare fotografi di moda. “Io sono uno che vola basso - confida Pao- lo - uno che è convinto di potere e dovere sempre imparare.” L’ affermazione è da vero professionista. L’attrezzatura di Paolo è Canon. “Come per la maggior parte dei fotografi che si dedicano allo sport - puntualizza e continua - con la EOS 3 non faccio solamente le foto ai cavalli, ma tutto il resto del lavoro. Anche i matrimoni. Lo trovo un corpo macchina molto versatile, che ti permette di fare di tutto. E che può contare su un catalogo di prim’ordine. I flash dedicati, per esempio, sono di alto livello.” Per fotografare i cavalli Tripodi usa spesso il flash. Le gare di cavalli western, quelle che fotografa con frequenza, si svolgono in arene coperte e non illuminate per le riprese fotografiche. Il flash è indispensabile per bloccare il movimento nei momenti più significativi: ad esempio durante lo sliding stop, una delle figure più importanti della gara del reining. Oltre ai corpi macchina Canon EOS, e al flash Speedlite, la borsa di Tripodi contiene due zoom: 28-80mm e 80-210 mm. Con queste due ottiche è in grado di fare tutto. Non è di quei fotografi che, se non hanno l’intero catalogo, dicono di non riuscire a fotografare. È un professionista che non si lascia intimidire dall’attrezzatura e che fa rendere al cento per cento quella che ha. Fotografi come lui sono una costante fonte di insegnamenti, anche se è difficile tirarglieli fuori. “Vola basso” quando gli chiedi trucchi e segreti del suo mestiere. Per lui tutto sembra semplice. Tanto che non vale la pena dire come si fa. Solamente nel fluire della conversazione scopri come fa ad ottenere i suoi risultati. Ad esempio impari che i cavalli vanno fotografati come le automobili: di tre quanti e con il tele. Come le automobili sono stretti e lunghi. Un’altra prospettiva e un’altra ottica ne falserebbero le proporzioni. E le pellicole? Cinquanta per cento diapositive, cinquanta stampe a colori, comunque sempre rullini Kodak. Le diapositive servono per le condizioni di luce più semplici, in esterni per lo più o in luce naturale. Il negativo a colori serve per le arene male illuminate e con fonti di luce a differenti temperature di colore. “Con il negativo a colori riesci a venire a capo di situazioni d’illuminazione più complesse. La sua latitudine di posa è maggiore, rispetto a quella dell’invertibile, così che riesci a ottenere con più facilità una immagine tecnicamente corretta; e poi – aggiunge - se qualcuno ti chiede una stampa dalla foto che hai fatto al suo cavallo, con il negativo tutto è più facile”. Anche da queste piccole cose si vede il professionista. Prova a confronto AUTO Canon EOS 3 Pentax MZ S. Nikon F 100 Minolta Dynax 9 CONTROLUCE Abbiamo voluto mettere a confronto le quattro reflex in una prova pratica sia del sistema di esposizione, sia di quello autofocus. I soggetti, lo confessiamo, erano un po’ “cattivi”, al limite delle possibilità. Ma è proprio in questa zona di confine che, se ce ne sono, si possono trovare le eventuali differenze. Impostato, su tutte, il modo di esposizione a priorità dei diaframmi e la lettura esposimetrica su tutto il campo, con un valore di diaframma di f/5.6, abbiamo fotografato i medesimi soggetti, scelti tra quelli che potevano ingannare i sistemi della macchina. Tra i soggetti più semplici: una siepe ripresa in controluce e un paesaggio di fiume, sempre in controluce. Dalla loro riuscita, più o meno buona, si può giudicare l’efficienza del sistema esposimetrico. Per giudicare la validità dell’autofocus sono stati scelti due soggetti altrettanto difficili: il pilone, con arco, di quello che una volta era un ponte sospeso, e una ripresa con una cancellata in primo piano. Infine, alcune riprese notturne, per verificare l’effettivo funzionamento dei sistemi che fanno interagire i dati dell’autofocus con quelli della lettura esposimetrica. In questo caso abbiamo avuto l’accortezza di far sempre coincidere la zona più illuminata della inquadratura con quella della lettura dell’autofocus. I risultati sono in queste pagine e non ri- chiedono molti commenti. Iniziamo dai soggetti relativamente più semplici: siepe e paesaggio in controluce. Le immagini che preferiamo sono quelle della Nikon F 100, seguite da quelle della Canon EOS 3, della Minolta Dynax 9 e della Pentax MSS. Occorre premettere che dietro al software della macchina c’è una precisa logica e il fotografo che usa quella macchina deve conoscerla. Inoltre dovrà tenere presente il tipo di pellicola usata, dato che con le diapositive si tende a sottoesporre leggermente per dare più saturazione ai colori. E veniamo all’autofocus, usato in condizioni critiche. I sensori dei vari sistemi si estendono per una certa lunghezza e quindi coprono una certa superficie al centro FOCUS del fotogramma: più ampia è la superficie, migliore sarà il risultato con oggetti difficili. Uno di questi è la ripresa attraverso le sbarre di una cancellata, posta a una certa distanza dal soggetto. In questo caso tutte e quattro le fotocamere hanno dato un buon risultato, mettendo a fuoco quanto stava dietro la cancellata e non la cancellata stessa. Buoni risultati anche nell’altro soggetto, scelto per saggiare l’ampiezza della zona di lettura dell’autofocus: i due piloni ad arco del ponte. Se niente c’è da eccepire sulla messa a fuoco, vale la pena puntualizzare sull’esposizione. In entrambi i soggetti un’ampia zona della inquadratura era volutamente occupata dal cielo, cioè risultava più chiara del resto. NOTTURNI La conferma del buon funzionamento del sistema Matrix è venuta anche da questi soggetti. Seguono Dynax 9, e a pari merito EOS 3 e Pentax MZ-S. Infine la prova più difficile, i due notturni: ripresa a tutto campo del castello e una parte della torre dello stesso castello. Nel primo caso il risultato migliore è quello offerto da EOS 3. I sensori hanno letto un’area ampia e hanno impostato un tempo che ha tenuto conto della illuminazione generale della scena sacrificando, con una leggera sovraesposizione, le parti più illuminate. Sovraesposizione tuttavia più che accettabile, visto che ha permesso la leggibilità di ampie zone della inquadratura. Primo posto anche per quanto riguarda la ripresa della torre del castello, con la luna, coperta da nubi, in cielo. Al secondo posto, dopo EOS 3, segue Dynax 9, Nikon F 100 e Pentax MS-Z. Che conclusioni trarre dalla prova eseguita, lo ripetiamo, in condizioni che solo eccezionalmente si presentano nella normale pratica fotografica? Malgrado i sistemi esposimetrici e autofocus adottati siano in alcuni casi anche molto diversi, i risultati non si discostano tanto quanto il divario tecnologico farebbe immaginare. Non abbiamo riscontrato risultati nettamente inferiori di un apparecchio, rispetto a un altro. Edo Prando