Prova sul campo Quattro reflex d`alta classe

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Prova sul campo Quattro reflex d`alta classe
Prova sul campo
Quattro reflex d’alta classe
Canon, Nikon, Minolta, Pentax, quattro
nomi storici della fotografia con le loro
fotocamere di alto livello. Il parere dei
fotografi che usano i rispettivi sistemi.
Minolta Dynax 9.
Ogni costruttore ha in catalogo una gamma di fotocamere che rispondono alle esigenze vuoi del professionista, vuoi dell’amatore. In cima a ogni sistema stanno le
cosiddette ammiraglie. Si tratta di fotocamere costruite sia per soddisfare le esigenze più specialistiche, sia per dimostrare le
proprie capacità. Non è un caso che, subito dopo l’ammiraglia venga un modello dalle prestazioni leggermente inferiori. Inferiori solamente nel numero, non nei risultati che possono raggiungere. Si tratta di
quei modelli che hanno maggiore successo. Esempio sono la Nikon F 100 e la EOS
3, molto più diffuse, tra amatori e professionisti, delle rispettive ammiraglie Nikon
F5 e EOS 1V. Il motivo principale del loro
successo è il buon rapporto prezzo/prestazioni. Seguendo il filo conduttore del rapporto prezzo prestazioni abbiamo voluto
mettere a confronto le fotocamere più sofisticate dei vari produttori.
Quattro sono le reflex autofocus più diffuse, che troviamo senza difficoltà in tutti i
negozi di fotografia: Canon, Minolta, Nikon
e Pentax. Nei loro cataloghi abbiamo scelto i modelli: Canon EOS 3, Nikon F100,
Nikon F 100.
Minolta Dynax 9 e Pentax MZ-S e li abbiamo confrontati in una prova sul campo.
A confronto sul campo
Le prove strumentali o le prove in condizioni particolari mettono in luce i limiti dell’apparecchio. Ma le foto, nella maggior
parte dei casi, non vengono scattate in condizioni limite. Accanto ai risultati di quelle che potremmo chiamare “prove sotto
stress” al fotografo interessano le prestazioni in condizioni normali. Vediamole, a
partire dalla ergonomia e dalla facilità con
cui tali macchine si impugnano e vengono
regolate.
La più ergonomica, per chi ha mani di grandezza media, è senz’altro Minolta Dynax
9. La sua impugnatura, con un pronunciato alloggiamento per le dita, rende la fotocamera veramente un prolungamento della mano. Seguono Nikon F3, Canon EOS
3 e Pentax MZ-S. Circa l’ergonomia di quest’ultima bisogna fare un discorso a parte.
La casa giapponese ha sempre voluto privilegiare le ridotte dimensioni. Tutte le fotocamere del suo catalogo, anche al tempo
delle meccaniche, facevano della piccolez-
za un punto d’onore. I vantaggi di questa
scelta sono un minore peso del corpo macchina, una sua maggiore compattezza, anche una più facile manovrabilità per quanti hanno mani di dimensioni medio-piccole. Strada differente quella imboccata da
Canon, la cui fotocamere, e anche la EOS
3, si distinguono per maggiori dimensioni.
E veniamo all’accessibilità dei comandi e
alla facilità con cui si azionano. Tutte hanno adottato un sistema di ghiera multifunzioni, da azionare con la fotocamera all’occhio. Canon, Minolta, Nikon ne hanno
due, Pentax una sola. All’atto pratico tutte
e quattro consentono una buona manovrabilità. Secondo il nostro parere, Canon e
Nikon sono in leggero vantaggio sulle altre: la disposizione delle ghiere e del pulsante di scatto consentono di usare tre dita
contemporaneamente: pollice e medio per
azionare le ghiere, indice per premere il pulsante di scatto nella Nikon, pollice e indice per azionare le ghiere e medio per il pulsante di scatto nella Canon. Nella Minolta,
paradossalmente per la grande efficienza
della impugnatura, si possono usare solamente pollice e indice. Ciò obbliga a usa-
Pentax MZ S.
re l’indice per azionare o la ghiera o il pulsante di scatto.
Altra caratteristica importante è l’autofocus: non solo per quanto riguarda il campo
di lettura, ma anche il sistema di messa a
fuoco. Il sistema totale di Canon EOS 3 è
quello che dà risultati migliori, anche per
gli obiettivi dotati, ognuno, di motore a ultrasuoni. Ne deriva la messa a fuoco più rapida di tutte e la più silenziosa. Inoltre si
possono anche selezionare individualmente undici punti di messa a fuoco: il numero più alto tra le quattro fotocamere. L’indicazione del punto selezionato è riportata
da led rossi sul vetrino di messa a fuoco. Il
sistema dei led rossi, corrispondenti al punto di messa a fuoco selezionato, è adottato
anche da Minolta e Nikon. Nella Dynax 9
si possono selezionare tre punti, lungo una
linea orizzontale, nella Nikon F 100 i punti sono cinque, e offrono maggiori possibilità. Per Pentax niente led rossi nel mirino,
ma un semplice cursore, alla base del mirino, che informa quale del sei punti di messa a fuoco è stato selezionato. Un sistema
meno immediato rispetto agli altri tre. Tutte e quattro gli apparecchi offrono la possibilità di impostare un determinato punto
di messa a fuoco. Tra fotocamera e fotocamera esistono differenze di copertura e di
numero di sensori attivabili. Ma c’è anche
un altro parametro importante: la facilità,
o meno, con cui si possono impostare i sensori. In tutte e quattro le fotocamere, una
volta “fatta la mano” i sistemi si azionano
agevolmente. A favore di Canon, forse, un
leggero vantaggio.
E veniamo a due altri punti importanti: le
Canon EOS 3.
indicazioni del display LCD sulla parte superiore della fotocamera e quelle che si vedono nel mirino. Minolta e Pentax hanno i
display LCD più piccoli, ciò comporta anche un minor numero di informazioni visibili. Canon e Nikon hanno i display più
completi, con un maggior numero d’informazioni. Ma le informazioni più importanti
sono quelle che si vedono nel mirino, quelle cioè che si possono controllare senza
staccare la macchina dall’occhio. Nikon ha
scelto di raggrupparle tutte in basso, alla
base. Canon, Minolta e Pentax hanno riservato alla scala delle sovra/sottoesposizioni, o se si vuole all’indicatore dell’esposizione manuale, il lato verticale destro.
Nell’uso pratico la soluzione Nikon è migliore, perché offre tutto in un colpo d’occhio solo. Anche se le quattro fotocamere
sono autofocus, la possibilità di regolare
diottricamente l’oculare è utile. A molti fotografi evita l’uso di occhiali. Minolta,
Nikon e Pentax hanno efficienti sistemi di
regolazione diottrica. Canon non ce l’ha.
Assieme alla Nikon F 100, la Canon EOS
3 non ha nemmeno il flash incorporato, come la Minolta Dynax 9 e la Pentax MZ-S.
Peccato: anche se fa meno “professionale”, il piccolo flash, per di più TTL e in grado di fornire un buon fill-in, è utile in molte occasioni. Certo: il professionista o l’amatore di classe non dovrebbe mai andarsene in giro senza flash ma, siamo sinceri:
quanti, specialmente fotoamatori, lo fanno? Un colpo di flash risolve spesso molte situazioni. Quelle appena elencate sono
le funzioni basilari di una fotocamera, quelle con cui ogni fotografo si confronta nel
suo lavoro o nel suo hobby. Esistono, poi,
funzioni particolari - ad esempio il riavvolgimento automatico o meno della pellicola terminata, piuttosto che l’avanzamento automatico del film al primo fotogramma utile - che in alcune si possono variare, a seconda delle preferenze di ciascuno. Minolta e Nikon offrono una ventina
di personalizzazioni ciascuna. Tuttavia crediamo che la personalizzazione delle funzioni aggiunga poco a chi ce l’ha, e tolga
altrettanto poco a chi non l’ha. Siamo giunti alle conclusioni. Rispondere quale sia la
migliore non è sempre facile. Hanno calcolato che difficilmente si usa più del 50%
delle potenzialità di una fotocamera di questa classe. Sta a ciascuno, considerando anche il rapporto prezzo prestazioni, decidere quale apparecchio fa più al caso suo. Da
parte nostra possiamo solamente dire che,
considerando la globalità delle prestazioni
e delle possibilità del sistema di obiettivi e
accessori di ciascun apparecchio, al primo
posto troviamo, affiancate, Nikon e Canon.
Forse, per quanto riguarda la scelta di accessori, il sistema Nikon è in vantaggio.
Piacevole sorpresa è stata la Minolta Dynax 9: corpo macchina robusto, probabilmente il più robusto, un buon autofocus
che, alle brevi distanze, gode anche di un
illuminatore IR per le riprese in luce scarsa. Infine: Pentax MZ-S: un buon apparecchio, come abbiamo avuto modo di scrivere, con un ottimo rapporto prezzo/prestazioni. Tuttavia, messa a confronto con
la completezza di sistemi come quelli offerti da Canon e Nikon, non può che star
loro un passo indietro.
Minolta Dynax 9
Minolta, nel nostro Paese, è una marca che
storicamente non ha mai avuto, da parte dei
fotografi, la diffusione e i riconoscimenti
che merita. Il suo modello più sofisticato,
Dynax 9, lo dimostra ancora una volta. Già
il design e le dimensioni danno l’impressione di un prodotto studiato per fornire risultati di classe. L’elenco delle caratteristiche, poi, mette in luce anche delle esclusive, come il brevissimo tempo di scatto,
appena di 1/12000 di secondo; la performance porta con sé un altro innegabile vantaggio: il tempo di sincroflash è di appena
1/300 di secondo. Per arrivare a tanto le
tendine dell’otturatore sono state realizzate con una speciale resina epossidica, rinforzate con fibre di carbonio, in modo da ot-
tenere leggerezza e robustezza.
È dotata del sistema eye start: basta portarla all’occhio per accendere i circuiti di
alimentazione. La messa a fuoco automatica si vale di un CCD a croce in tre punti,
e ogni punto è selezionabile singolarmente, oltre che contemporaneamente agli altri due. Il punto selezionato è visualizzato
con un riquadro che si accende di rosso sia
nel vetrino di messa a fuoco, che alla base
del mirino. La lettura della luce, invece, si
basa sul collaudato sistema Minolta a nido
d’ape a 14 segmenti.
Il corpo macchina, che gode di un buon design e di una ergonomia altrettanto buona,
presenta una robustezza a tutta prova. Il guscio è in acciaio inox, la struttura è in pres-
Retro della Minolta Dynax 9.
sofusione di alluminio e zinco, la superficie è rivestita di una speciale resina anti UV
e anti graffio, mentre le possibili vie d’ingresso per polvere e umidità risultano ben
protette, anche se non si tratta di una vera
e propria tropicalizzazione.
Per quanto riguarda i comandi, saltano subito all’occhio le due tradizionali ghiere presenti sul tettuccio. Quella a sinistra per la
sovra/sottoesposizione intenzionale, quella a destra, multifunzione, per impostare i
modi di funzionamento e la cadenza di ripresa.
Il resto dei comandi è sparso sulla superficie del corpo macchina. Sulla sinistra, a partire dal basso, abbiamo il selettore delle modalità AF, e il selettore per passare dalla
messa a fuoco automatica a quella manuale, e viceversa, il pulsante di sblocco dell’obiettivo, mentre sul lato stretto troviamo
la presa per il cavetto del flash.
Delle due ghiere abbiamo già parlato, quindi passiamo al lato destro dove, a partire dal
basso, quasi sotto l’obiettivo, troviamo il
pulsante per il controllo della profondità di
campo. In cima all’impugnatura c’è la ghiera multifunzione anteriore e il pulsante di
scatto; sul tettuccio, di fianco alla ghiera, il
display LCD.
Passando al retro, a partire da sinistra abbiamo l’interruttore generale, la levetta della palpebra che chiude l’oculare del mirino, per impedire infiltrazioni di luce. Sulla
destra, di fianco all’oculare, la ghiera per la
sua regolazione diottrica, il selettore per i
modi di misurazione esposimetrica e, coassiale, il pulsante per il blocco dell’esposizione automatica; l’interruttore per illuminare il display, la ghiera multifunzioni posteriore.
Scendendo, in buona posizione per venire
azionato dal pollice, c’è il pulsante per attivare l’autofocus, senza premere il pulsante
di scatto. Infine, proprio alla base, l’interruttore per attivare l’eye start e il selettore
per impostare le modalità flash come occhi
rossi, sincro sulla seconda tendina, sincronizzazione a distanza senza fili con i flash
dedicati Minolta.
La grossa ghiera alla sinistra del pentaprisma serve per la sotto/sovraesposizione intenzionale
Il display LCD, posto all’estrema destra del tettuccio, è di
ridotte dimensioni. Alla sua sinistra la ben dimensionata
ghiera per la selezione dei modi, coassiale il selettore del
bracketing e dello scatto singolo o in sequenza.
L’interruttore generale è sul retro, ben visibile, alla sinistra del pentaprisma. A fianco dell’oculare vediamo
la leva della palpebra che chiude l’oculare stesso, per
impedire che luci parassite influenzino la lettura esposimetrica durante le pose su treppiede. Speculare, sulla destra, la ghiera per la correzione diottrica. Sotto l’oculare, le fessure del sensore di prossimità, che attiva
la fotocamera semplicemente avvicinandola all’occhio.
Sul lato sinistro, in basso, il cursore per la selezione
della messa a fuoco manuale o automatica e, vicino,
il selettore per le modalità di autofocus, singolo o continuo.
Sul retro dell’apparecchio, sulla destra, il selettore
per i modi di lettura esposimetrica, coassiale il blocco della lettura esposimetrica AEL; sulla destra la
ghiera multifunzione e, più sotto, sulla sinistra, il
pulsante che attiva l’autofocus, senza azionare l’otturatore.
Sul lato sinistro, in alto, il contatto sincroflash.
Sul retro, in basso, l’interruttore per attivare lo eye
start e, a fianco, un secondo cursore, per impostare i
modi del flash e l’accensione dei flash a distanza, senza collegamento via cavo.
INTER VISTA AL
PROFESSIONISTA
MINOLTA DYNAX 9
Cecilia Cantuarias
Amazzonia equadoregna. Tribù Jivaros.
Ecuador, india al mercato di Ambato: camminando
fila la lana.
La sua specialità sono le foto di viaggio; la
sua origine, il Cile, la fa esperta del Sud
America. Lavora prevalentemente con le riviste e le agenzie di viaggio degli Stati Uniti. Ha iniziato per caso e per necessità. Impegnata con il governo Allende, la sua famiglia dovette fuggire la dittatura di Pinochet. I suoi primi soldi li guadagnò con una
Nikon di seconda mano, fotografando gli
alberghi per un tour operator messicano.
Ultimamente, da Nikon, è passata a Minolta. “Una reflex – dice - che non ha nulla da
invidiare a Nikon o Canon. Almeno per le
mie necessità.” Non sono necessità minori. I climi in cui fotografa mettono a dura
prova l’attrezzatura. Dalla foresta dell’Amazzonia, alle vette delle Ande, il continente sudamericano offre tutte le difficoltà
che una reflex possa, non tanto desiderare,
quanto temere.
Oggi Cecilia fotografa per i cataloghi dei
tour operator. Per gli stessi accompagna anche gruppi di turisti. “Questo mi dà i mez-
zi per dedicarmi alla fotografia che mi piace di più: quella che mi porta in contatto
con genti, situazioni ancora non toccate dal
turismo. Il Sud America offre molte situazioni interessanti e poco conosciute.”
Cecilia viaggia con due corpi macchina:
Dynax 7 e Dynax 9; tre zoom: 20-35mm,
100-300mm e 28-70mm; il macro da
100mm. Flash dedicato e treppiedi completano l’attrezzatura.
Dopo aver usato, per anni, pellicole invertibili, oggi usa solamente il negativo a colori. “Una pellicola molto robusta, che sopporta meglio i climi in cui lavoro. Scatto,
faccio fare le scansioni e do al cliente il CD.
È un metodo di lavoro usato da molti professionisti – aggiunge - che unisce i vantaggi della fotografia tradizionale a quelli
della fotografia digitale.”
E la scelta di Minolta? “Dovevo cambiare
le mie due Nikon F90. Dopo un po’ di anni di strapazzi non ne potevano più. Un collega, sapendo che stavo per cambiare at-
trezzatura, mi ha consigliato Minolta. E
adesso non la cambierei per nulla al mondo. Ne apprezzo in modo particolare la robustezza. La Dynax 9 è tropicalizzata e anche se mi trovo sotto un acquazzone improvviso, cosa che ai tropici capita spesso,
non debbo preoccuparmi. Ma non sono gli
acquazzoni che debbono preoccupare di più.
È l’umidità, spesso del 100%, che trovi nella foresta, in riva al mare a danneggiare una
fotocamera, se non è tropicalizzata; se non
è costruita con materiali robusti. “
E gli obiettivi? “Robusti e di buona qualità.
Non trovo differenza tra le foto che, a volte, scatto nello stesso momento e allo stesso soggetto assieme a questo o quel collega, che usano reflex Nikon o Canon. Quando vedo le foto stampate in una rivista o in
un depliant turistico sfido chiunque a trovare una differenza. E poi - conclude - io
sono innamorata della fotografia, del fotografare, non delle linee per millimetro di un
obiettivo”.
Nikon F 100
Nel catalogo della casa la Nikon F100 è al
secondo posto, dopo l’ammiraglia F5. Nei
dati di vendita la F100 è abbondantemente davanti alla F5 e, tra i suoi acquirenti,
gran parte sono professionisti, nella cui
borsa non troviamo l’ammiraglia F5. Insomma: la seconda in classifica è sorella
minore dell’ammiraglia solamente perché
le mancano alcune funzioni particolari, che
interessano solamente settori molto specifici della fotografia.
A differenza della F5, il suo pentaprisma
è fisso, i vetrini di messa a fuoco sono due
solamente, e se vogliamo raggiungere la
cadenza di scatto di 5 fotogrammi al secondo, dobbiamo usare l’alimentatore Multi Power High Speed. Ma non bastano queste piccole mancanze a declassarla e, abbiamo visto, il mercato la sta premiando.
Professionista e amatore esperto trovano
tutto nella F100. Il sensore per la messa a
fuoco automatica è il Multicam 1300, il sistema di lettura esposimetrica è il Matrix
con lettura su dieci settori.
Buona la robustezza dell’insieme: il frontale e le calotte sono in lega di magnesio,
metallo che alla leggerezza unisce un’alta
resistenza. L’intero corpo macchina è ricoperto da uno strato di gomma contro gli
urti.
Anche Nikon ha optato per i pulsanti multifunzione, integrati da un certo numero di
ghiere. La loro quantità è grande e tra pulsanti, ghiere, contatti, ne troviamo, sparsi
per tutto il corpo macchina, ben 27, contro i 20 della EOS 3, i 18 della Pentax MZS e i 20 della Minolta Dynax 9. Ciò non
significa che l’apparecchio abbia più fun-
Nikon F 100.
Visto da sopra il lato destro presenta un ampio display a cristalli liquidi e, davanti, il pulsante che attiva la ghiera multifunzione per
la selezione dei modi, il pulsante per la selezione della sovra/sottoesposizione intenzionale, il pulsante di scatto e, coassiale, l’interruttore generale e quello per illuminare il
display.
zioni degli altri. Semplicemente il costruttore ha previsto meno tasti e comandi multi funzione. Ciò ha portato ad un aumento
dei comandi, ma anche a una semplificazione delle operazioni. Non è necessario
ricordarsi delle funzioni attivate da questo
o quel pulsante, o dalla loro combinazione. Basta ricordare, cosa più semplice, che
quel tal pulsante è dedicato alla tale operazione.
Sul davanti, lato sinistro impugnando la fotocamera, partendo dal basso troviamo il
selettore dei modi di scatto in autofocus, il
pulsante di sblocco dell’obiettivo, la presa
per il telecomando elettrico e la presa per
il flash esterno. Sulla calotta, alla sinistra
del pentaprisma, tre pulsanti e una ghiera,
rispettivamente per attivare il bracketing e
il riavvolgimento della pellicola; per impostare le modalità di funzionamento del
flash; per impostare manualmente la sensibilità della pellicola e la ghiera per selezionare la cadenza di scatto. Sulla destra
dell’apparecchio abbiamo, a fianco dell’obiettivo, il pulsante per il controllo della
profondità di campo. Risalendo, troviamo,
quasi alla sommità dell’impugnatura, la
ghiera multifunzione anteriore, sopra l’interruttore di alimentazione generale, coassiale al pulsante di scatto. Più indietro il
pulsante per la selezione dei modi e il pulsante per la sotto/sovraesposizione intenzionale. Segue il display LCD e, proprio
sulla parete laterale del pentaprisma il selettore della lettura esposimetrica.
Passando al retro, sulla sinistra due pulsanti: uno per impostare i funzionamenti
personalizzati, l’altro per il blocco. Viene,
poi, il mirino e, a fianco, una piccola ghiera per la regolazione diottrica dell’oculare. Immediatamente sotto, i pulsanti per il
Sul retro, a sinistra, il pulsante per impostare il funzionamento personalizzato.
Il selettore dei modi di lettura esposimetrica è sulla
destra del pentaprisma.
Sulla sinistra del pentaprisma i pulsanti per
impostare il funzionamento del flash, la selezione manuale della
sensibilità, il bracketing e il secondo pulsante per il riavvolgimento. Coassiale la
ghiera per impostare i
modi di avanzamento
motorizzato della pellicola, le doppie esposizioni e l’autoscatto.
Quello che sembra un ampio pulsante, sul retro, è un
selettore basculante con il quale si può attivare uno
dei cinque sensori dell’autofocus. Sopra, sulla destra,
la ghiera posteriore multifunzioni e, al suo fianco, il
pulsante per il blocco dell’autofocus e dell’esposizione Con la scritta AF-ON, il pulsante per azionare l’autofocus indipendentemente dal pulsante di scatto.
Davanti, a sinistra dell’obiettivo, a partire dall’alto:
presa sincroflash, presa per il telecomando, pulsante
di sblocco dell’obiettivo, selettore delle modalità autofocus.
blocco dell’esposizione e dell’autofocus.
Non manca un terzo pulsante, premendolo si effettua la messa a fuoco automatica,
senza correre il rischio di scattare inavvertitamente una foto, come talora accade
quando si preme a metà corsa il pulsante
di scatto. È un pulsante molto comodo, che
hanno tutte le reflex della nostra prova, a
eccezione di Canon. A fianco di questo pulsante, in Nikon, troviamo la ghiera multifunzione posteriore. Nel dorso, infine, c’è
il cosiddetto joystick, il selettore basculante che permette di scegliere uno dei cinque punti di messa a fuoco. L’interruttore
è dotato di blocco. Al suo fianco una ghiera consente di bloccare la lettura esclusivamente sul sensore centrale.
INTER VISTA AL
PROFESSIONISTA
NIKON F 100
Carlo Bolley
Carnevale occitano. Due esempi del modo di fotografare di Bolley: grandangolare e flash di riempimento, anche quando la luce del giorno sarebbe sufficiente per una buona esposizione. Sia nel caso della foto al tramonto, che in quella dei due figuranti, l’esposizione è sempre avvenuta in completo automatismo.
Appassionato da sempre, tanto che non ricorda la sua prima macchina fotografica, si
dedica da anni a documentare le tradizioni
e il folklore della sua zona: le valli del Piemonte Occidentale. Alcune sue foto figurano in depliant turistici, ma le più belle nessuno le ha mai viste. Il sogno di Bolley è
un libro, una testimonianza fotografica di
tradizioni che domani, e molte già oggi, non
sono più. “Mi dedicherò al libro quando
sarò in pensione - e aggiunge con soddisfazione - non manca molto”. Tutti sono
contenti quando vanno in pensione, lui è felice perché potrà realizzare il suo sogno. E
le immagini del sogno riposano ordinate nei
loro plasticoni, suddivise per avvenimento
e data.
“Da anni seguo le medesime manifestazioni - dice - e di ognuna ho la storia fotografica negli anni.” In quelle immagini sono documentati i cambiamenti, anche impercettibili, avvenuti nel corso
degli anni. A volte ritrovi le stesse persone, un po’ invecchiate. Come nel carnevale occitano della valle Varaita. Lo
chiamano Bahìo e si svolge una volta
ogni cinque anni. Vi può partecipare solamente la gente del capoluogo della val-
le, Sampeyre, e di alcune sue frazioni.
Bolley ha tutte le Bahìo degli ultimi
trent’anni.
Anche quest’anno non è mancato con le sue
due Nikon. Può addirittura montare, sugli
ultimissimi corpi macchina, quell’obiettivo con quella tale resa che gli ultimi non
hanno e che ha già trent’anni. Con questo
non si creda che Bolley sia un noioso lodatore del tempo passato. Apprezza e usa la
modernità. I suoi corpi macchina sono Nikon
F100 e, da quando hanno inventato i flash
con il Fill-In, ne è diventato entusiastico assertore.
“E della F100 apprezzo in modo particolare il sistema esposimetrico e il modo con
cui legge l’esposizione e dosa la luce del
flash mischiandola con quella del giorno”.
Anche in pieno sole Bolley non abbandona il suo SB 28, sul quale ha montato un
piccolo bank diffusore Apollo. “Mi serve
per ammorbidire la luce del flash e renderla più simile a quella del giorno. Per il resto lascio fare agli automatismi, che funzionano benissimo.”
Della F100, scelta perché gli dà le stesse
prestazioni della ammiraglia F5, ma costa
meno, apprezza la velocità con cui può at-
tivare il sensore di messa a fuoco senza togliere l’occhio dal mirino. Trova molto utile anche l’integrazione tra il sistema di messa a fuoco e la lettura esposimetrica, che
privilegia il punto di messa a fuoco.
La sua modalità preferita è la priorità dei
diaframmi. “Imposto sempre un diaframma aperto, in modo da avere il tempo di
esposizione più breve possibile, quando fotografo senza flash di Fill-In. Più il tempo
è breve, meno sono i rischi di avere il micromosso. E nelle riprese a mano libera lo
hai già con il tempo di 1/125. Quando uso
il flash, invece, imposto spesso la sincronizzazione sui tempi lunghi. Voglio sempre
avere, almeno un po’ di luce ambiente.”
Molti fotografi della vecchia guardia tendono a snobbare gli automatismi, Bolley ne
è un assertore entusiasta. “Fotografo sempre in automatismo: sistema Matrix, priorità dei diaframmi, e autofocus su uno dei
cinque punti di lettura selezionabili - conferma - e non sbaglio mai una foto. Almeno da un punto di vista tecnico.”
Oltre ai corpi macchina F100 e al flash SB
28, nella sua borsa troviamo due zoom e un
macro: 20-40mm e 80-200mm le focali degli zoom, 90mm quella del macro.
Pentax MZ-S
Compattezza, che ha sempre caratterizzato le reflex Pentax, e design inconsueto:
queste le caratteristiche che saltano immediatamente agli occhi nella Pentax MZS. La calotta, in modo particolare, si differenzia nettamente da tutte le altre. Niente linee curve, ma rette; niente superfici a
piombo, ma inclinate, che s’incastrano le
La MZ-S si caratterizza per le superfici
inclinate.
une nelle altre. Il risultato è un aspetto indubbiamente differente dal solito e più grintoso.
Ma l’aspetto, per quanto accattivante, non
basta a fare una buona reflex. La resistenza agli urti accidentali e la durata nel tempo, anche se sottoposta a un uso rude, sono qualità indispensabili. Il corpo della MZ
S è metallico, rivestito da una robusta vernice nera antiscivolo, e da generosi strati
di gomma semidura, specialmente nei punti che vengono in contatto con le mani che
la impugnano. I comandi sono ben evidenti
e azionabili mediante ghiere e pulsanti, che,
in alcuni casi, offrono soluzioni un po’ diverse da quelle cui siamo stati abituati. Non
precipitiamo ed esaminiamo nel dettaglio
pulsanti, ghiere e compagnia.
Alla sinistra dell’obiettivo, un cursore permette di selezionare i modi di messa a fuoco: manuale, AF continua e AF a scatto singolo. Sopra viene il pulsante dei modi di
funzionamento del flash; sopra ancora, la
presa per il telecomando elettrico. Sul tettuccio, inclinato, troviamo due ghiere di
grandi dimensioni, l’una a destra e l’altra
a sinistra del pentaprisma. La ghiera di sinistra, oltre a permettere la sovra/sottoesposizione intenzionale consente di personalizzare alcuni modi di funzionamento:
diciotto per l’esattezza. All’interno di quella di destra è alloggiato il display LCD, che
indica le funzioni dell’apparecchio. La ghiera che gli sta attorno serve a impostare i vari modi di funzionamento. Sulla destra di
questa ghiera due selettori permettono, quello inferiore, d’impostare i tre classici modi di lettura esposimetrica: a settori, preferenza al centro e spot; quello superiore di
mettere in funzione l’autoscatto, la ripresa
a scatto singolo, a scatto continuo e la ripresa senza avanzamento del fotogramma,
per realizzare sovrimpressioni. Scendendo, sul davanti a destra dell’obiettivo, incontriamo un pulsantino verde, che abilita
la ghiera a impostare le priorità dell’esposizione. Segue il pulsante di scatto e, coassiale, il cursore per accendere/spegnere l’alimentazione della fotocamera e anche per
controllare la profondità di campo. Scendendo, a fianco dell’obiettivo troviamo un
altro cursore: serve a bloccare la lettura dell’autofocus, e abilita la ghiera multifunzioni, quella coassiale al display LCD, a
selezionare uno dei sei sensori AF. Quello
selezionato, purtroppo, non appare nello
schermo di messa a fuoco, ma solamente
Assieme alla Dynax 9, solo la Pentax offre un piccolo flash incorporato.
Coassiale al pulsante di scatto il selettore per l’accensione e spegnimento della fotocamera, e il controllo della profondità di campo.
Anche Pentax ha, sul retro, il pulsante per attivare
l’autofocus, senza premere a metà corsa il pulsante di scatto. Sopra, l’interruttore che blocca il modo di funzionamento scelto, impedendo che cambi
per un movimento accidentale della ghiera multifunzione.
La presa per il
telecomando è
situata sul davanti, a sinistra,
sotto la scritta
MZ-S.
Pentax MZ-S monta, di serie, il dorso datario. Attenzione: bisogna disattivarlo, quando non si desidera
avere sul fotogramma l’indicazione di giorno, mese,
anno.
In posizione ben evidente la presa del sincro flash, sul
lato sinistro.
in un piccolo display, alla base del mirino.
Scendendo ancora troviamo il pulsante di
sblocco degli obiettivi. Sul dorso, subito
sotto la ghiera multifunzioni, un cursore
serve a bloccare le impostazioni fatte con
la ghiera, in modo da evitare spostamenti
accidentali. Sulla sua destra il pulsante di
blocco della lettura esposimetrica e il pulsante per illuminare il display. Scendendo
ancora, ecco il pulsante che consente di
mettere a fuoco automaticamente senza
premere a metà corsa il pulsante di scatto
e, sulla sinistra, il display del datario e relativi pulsanti. Particolarità, rispetto alle
altre reflex, il dorso data fornito di serie.
Notevole il fatto che impressiona la pellicola non sulla superficie del fotogramma
ma tra una perforazione e l’altra.
INTER VISTA AL
PROFESSIONISTA
Ho conosciuto Michele Mazzetti una decina
d’anni fa, aveva poco più di cinquant’anni e
fotografava fiori. Tra tutti preferiva le orchidee. Aveva un archivio cospicuo, con migliaia di fotogrammi, raccolti durante il corso degli anni, delle specie più comuni e di
quelle più rare. L’altro suo segno distintivo
era l’attrezzatura usata: rigorosamente Pentax.
Non sono molti i fotografi che la usano. “Trovo che il rapporto prezzo prestazioni sia il
migliore – afferma - Poi la leggerezza dell’attrezzatura, sia obiettivi che corpi macchina. Mi sta tutto in una borsa, compreso il
flash.”
Non fotografa solamente nelle serre e durante le mostre ma anche i fiori spontanei
della campagna. Pochi sanno che le orchidee non crescono solamente nei Paesi tropicali. Decine sono le specie che possiamo trovare e fotografare nelle nostre regioni. “Se,
poi, - continua Mazzetti - riusciamo a farlo
con un’attrezzatura leggera, di qualità, ancora meglio”.
La sua prima macchina fotografica è stata
una Polaroid, l’affascinava l’immediatezza
del risultato e non sapeva nulla di fotografia.
Un giorno chiese al commesso del negozio
dove comperava le pellicole Polaroid un duplicatore di focale per la sua instant. Fu allora che scoperse le reflex. Il commesso fu
il suo mentore nel mondo della fotografia,
assieme ai manuali, che Mazzetti divorava
curioso di imparare e sapere. Gli inizi furono quelli di tutti i fotoamatori: paesaggi, ritratti, fiori. E i fiori divennero presto il suo
interesse quasi esclusivo. Interesse facilitato dall’abitare in Liguria, a due passi dalle
più belle coltivazioni di fiori. Così, anno dopo anno, scatto dopo scatto, divenne l’esperto
della fotografia di fiori richiesto da vivaisti
e collezionisti, specie quelli di orchidee, capaci di telefonare ad ore impossibili per avvertirlo che quella particolare piantina che,
per anni, non aveva mai cacciato fuori un fiore, s’era decisa e splendeva in tutta la sua bellezza. A un simile richiamo Mazzetti è sempre accorso.
Il suo archivio conta migliaia di foto, praticamente tutte inedite. Le foto, per Mazzetti,
sono figli, e lasciarle andare in giro per il
mondo da sole sarebbe pericoloso per loro.
La prima volta che l’incontrai non avevo an-
PENTAX MZ S
Michele Mazzetti
Le orchidee sono un soggetto che fornisce sempre nuovi spunti al fotografo.
Specialmente se vengono riprese a distanza ravvicinata. Il flash TTL e il cavalletto sono, in questo caso, complementi indispensabili.
cora finito di guardare le foto nei plasticoni
che già me le chiedeva indietro.
La prima reflex di Mazzetti fu una Pentax
MX. Poi altre reflex, ma tutte rigorosamente Pentax. Una preferenza particolare per il
modello LX, il top della gamma precedente
all’attuale Pentax MZ-S.
Tra gli obiettivi più usati, preferito il macro assieme all’indispensabile flash. Fotografare a luce ambiente è possibile solamente in pochi casi. Quasi mai quando fotografi all’aperto. Un minimo colpo di vento, diventerà, ingrandito come il soggetto
che fotografi, una folata di bora.
Quando, poi, si lavora nella penombra di
una serra, nemmeno a pensare di usare la
luce ambiente. Anche volendo non si potrebbe fare a meno del flash. Due sono i
modelli usati: uno normale, l’altro anulare, entrambi automatici TTL.
Quando non si debbono avere ombre, l’anulare è d’obbligo.
Ad esempio quando si riprende l’interno di
una corolla. Negli altri casi il flash normale consente di modulare meglio la luce. Due
flash TTL Pentax, l’obiettivo macro da
90mm, lo zoom 80-200mm, un cavalletto,
pellicole invertibili Fuji. Mazzetti non ha
mai usato altro.
Canon EOS 3
Il sistema Canon è tra i più completi, in grado di soddisfare ogni richiesta sia di obiettivi sia di accessori. In modo particolare il
costruttore ha guardato alle esigenze dei
fotografi di sport e di quanti si trovano a
fotografare avvenimenti che si svolgono
con rapidità. La risposta del sistema autofocus, grazie ai motori ultrasonici incorporati in ogni obiettivo, è velocissima. Ciò
è un vantaggio non solo per il fotografo di
sport, ma anche per il reporter d’attualità e
per il fotografo naturalista, che ha bisogno
non solo di teleobiettivi potenti, ma anche
di una messa a fuoco automatica senza tempi morti troppo lunghi. Anche la superficie
dell’area dell’autofocus è importante, per
questo tipo di fotografi, più che per altri:
per consentire loro di operare velocemente deve essere la più ampia possibile. La
EOS 3 ha un’area di lettura autofocus che
copre ben il 23% del campo inquadrato.
Ciò, oltre a renderla utilissima nelle riprese in cui il soggetto è composto in modo
decentrato, ne fa un apparecchio adattissimo alla fotografia d’azione, grazie anche
al sistema cosiddetto AIM che integra autofocus e lettura esposimetrica.
Altra caratteristica dell’apparecchio che favorisce la fotografia d’azione è il cosiddetto eye control. Si fissa, nel mirino, il
Sul retro dell’apparecchio spicca l’ampia ghiera selettrice, dotata di blocco.
Alla destra del pentaprisma l’ampio display LCD
e, davanti il pulsante di
scatto e la ghiera multifunzione; il pulsante per
la sovra/sottoesposizione
intenzionale e il tasto per
illuminare il display. Dietro, sulla sinistra, la piccola scacchiera indica il
pulsante che abilita la
ghiera multifunzioni a selezionare uno dei sensori
di messa a fuoco.
punto che si desidera a fuoco, e il dispositivo fa in modo da attivare l’autofocus proprio in quel punto. Naturalmente il punto
deve cadere in quell’area del 23% della inquadratura coperta dai sensori AF. Il sistema, basato su di un sensore che rileva il movimento degli occhi, funziona sia che si impugni la macchina fotografica per foto verticali, che per foto orizzontali.
Con i flash Speedlite del catalogo Canon e
con i Metz dotati di zoccolo SCA abbiamo
anche una l’integrazione tra autofocus e lettura TTL. La zona di messa a fuoco è quella che pilota la luce del flash, in modo da
essere non solo perfettamente nitida, ma anche perfettamente illuminata. Il sincro flash è su 1/200 di secondo, caratteristica importante per quanti, come i fotografi di cronaca, si trovano a fotografare assieme ad
altri colleghi, e tutti usano il flash. Più il
tempo di sincronizzazione è breve, meno
probabilità ci sono che il flash del collega
scatti proprio assieme al nostro, causando
una foto abbondantemente sovraesposta.
Per offrire la massima sicurezza di funzionamento, anche nelle condizioni più dure,
nella EOS 3 le possibili vie d’ingresso di
polvere e umidità sono protette da O-ring
o sigillate con gomme al silicone. Robustissimo anche l’otturatore. È del tipo a magneti rotanti, che offrono un basso consumo d’energia e una risposta velocissima. Il
costruttore lo garantisce per 100.000 scatti, cioè 2777 rullini da trentasei pose. Una
fotocamera non è fatta solamente di componenti interni, per quanto sofisticati possano essere.
Anche l’ergonomia, cioè la facilità con cui
la si impugna e si azionano i comandi, è
molto importante. L’aspetto della EOS 3 è,
come ci si aspetta da una fotocamera di classe, rassicurante per struttura e peso, e fa perdonare l’abbondante uso di materiali sintetici per la carrozzeria.
Fedele alla filosofia Canon, che ha sempre
privilegiato i pulsati alle ghiere, anche in
questo apparecchio le varie funzioni sono
comandate da un discreto numero di pulsanti, distribuiti prevalentemente sul coperchio, a fianco del pentaprisma. Sulla sinistra i pulsanti multifunzione per esposizione, motore, bracketing, sensibilità della
pellicola. Sono tre e, premuti in coppia o
singolarmente consentono, ruotando la ghiera multifunzione presente sopra il pulsante
di scatto, di impostare la funzione che interessa. La procedura è pratica, e permette
anche di attivare le varie funzioni mentre si
traguarda con l’occhio al mirino della fotocamera. Tutte le funzioni compaiono nel
display alla destra del pentaprisma, mentre
Sul retro, a sinistra in basso, l’interruttore generale. C’è
anche la posizione per selezionare il bip che indica il
“pronti allo scatto”. A fianco il tasto per il riavvolgimento,
a qualsiasi fotogramma della pellicola si sia arrivati.
Sulla sinistra, di lato, la presa per il telecomando e
quella del sincroflash.
Nel display LCD della
EOS 3 vengono indicate
tutte le funzioni attive.
Ampio e ben dimensionata è di facile lettura.
Proprio sul pentaprisma, alla destra, il selettore dello eye-control.
Sulla sinistra del pentaprisma i pulsanti multifunzione, da premere due a due: le
indicazioni sono molto chiare, non ci si può sbagliare.
non tutte compaiono nel mirino.
Sempre sulla destra del pentaprisma, e sul davanti, in posizione facilmente accessibile, il pulsante di
scatto e la ghiera multifunzioni. Sul lato
posteriore, invece, troviamo due pulsantini, da azionare col pollice. Premendo quello più vicino al pentaprisma e ruotando la
ghiera multifunzione, possiamo cambiare
la coppia tempo/diaframma impostata, sen-
za variare i parametri di esposizione. Premendo quello a fianco, e sempre ruotando
la ghiera, selezioniamo i sensori della messa a fuoco. Interessante, e unica, la possibilità di selezionare sia un particolare sensore, sia tutta l’area da loro delimitata. Anche sul retro abbiamo alcuni comandi: il
selettore che attiva l’alimentazione e il bip che avverte dell’avvenuta messa a fuoco, il pulsantino per il riavvolgimento della pellicola, anche quando non è terminata, e
un’ampia ghiera. Si aziona, col pollice, tenendo la fotocamera ad altezza d’occhio e
serve a sotto/sovraesporre intenzionalmente
quando si usa uno dei programmi automatici di cui è dotata la fotocamera.
CANON EOS 3
INTER VISTA AL
PROFESSIONISTA
Paolo Tripodi
Il mondo delle gare e dei cavalli western non ha segreti per Paolo Tripodi. Negli anni è diventato un richiesto specialista del settore. foto Tripodi
Paolo Tripodi è un ex metalmeccanico che,
quando la sua fabbrica ha chiuso, s’è inventato un nuovo lavoro: il fotografo. Oggi
sono passati più di dieci anni e Paolo è tra i
migliori fotografi di cavalli. Una specializzazione che, da sola, non gli darebbe da vivere ma che, messa assieme agli altri lavori di fotografo di provincia, gli consente di
tirare avanti come tutti. La fotografia era
sempre piaciuta a Paolo, fin da ragazzo. Non
è stata casuale la sua scelta, dopo la chiusura della fabbrica. I suoi inizi sono stati quelli di tutti: le foto alla fidanzata, i paesaggi,
il ritratto mandato al concorso. Poi, quando
si è trattato di fare di necessità virtù, il fatto
che il fratello lavorasse in un maneggio è
stato determinante. Perché non specializzarsi
nella foto di cavalli? Così passo passo Paolo si è fatto un nome nell’ambiente. Fino a
essere il fotografo ufficiale dell’associazione che raggruppa gli allevatori italiani di Appaloosa, quei cavalli a pois, che la leggenda
vuole fossero usati dagli indiani. Non è un
traguardo da poco, visto che tra gli associati figura il mitico Oliviero Toscani, quello
stesso Toscani che gridò un sonoro “asini!”
a un gruppo di studenti di fotografia che gli
rispondevano di voler diventare fotografi di
moda.
“Io sono uno che vola basso - confida Pao-
lo - uno che è convinto di potere e dovere
sempre imparare.” L’ affermazione è da vero professionista.
L’attrezzatura di Paolo è Canon. “Come per
la maggior parte dei fotografi che si dedicano allo sport - puntualizza e continua - con
la EOS 3 non faccio solamente le foto ai cavalli, ma tutto il resto del lavoro. Anche i
matrimoni. Lo trovo un corpo macchina molto versatile, che ti permette di fare di tutto.
E che può contare su un catalogo di prim’ordine. I flash dedicati, per esempio, sono di
alto livello.” Per fotografare i cavalli Tripodi usa spesso il flash. Le gare di cavalli western, quelle che fotografa con frequenza, si
svolgono in arene coperte e non illuminate
per le riprese fotografiche. Il flash è indispensabile per bloccare il movimento nei
momenti più significativi: ad esempio durante lo sliding stop, una delle figure più importanti della gara del reining.
Oltre ai corpi macchina Canon EOS, e al flash Speedlite, la borsa di Tripodi contiene due
zoom: 28-80mm e 80-210 mm. Con queste
due ottiche è in grado di fare tutto. Non è di
quei fotografi che, se non hanno l’intero catalogo, dicono di non riuscire a fotografare.
È un professionista che non si lascia intimidire dall’attrezzatura e che fa rendere al cento per cento quella che ha. Fotografi come
lui sono una costante fonte di insegnamenti, anche se è difficile tirarglieli fuori.
“Vola basso” quando gli chiedi trucchi e segreti del suo mestiere. Per lui tutto sembra
semplice. Tanto che non vale la pena dire
come si fa. Solamente nel fluire della conversazione scopri come fa ad ottenere i suoi
risultati. Ad esempio impari che i cavalli vanno fotografati come le automobili: di tre quanti e con il tele. Come le automobili sono stretti e lunghi. Un’altra prospettiva e un’altra
ottica ne falserebbero le proporzioni.
E le pellicole? Cinquanta per cento diapositive, cinquanta stampe a colori, comunque
sempre rullini Kodak. Le diapositive servono per le condizioni di luce più semplici, in
esterni per lo più o in luce naturale. Il negativo a colori serve per le arene male illuminate e con fonti di luce a differenti temperature di colore. “Con il negativo a colori
riesci a venire a capo di situazioni d’illuminazione più complesse. La sua latitudine di
posa è maggiore, rispetto a quella dell’invertibile, così che riesci a ottenere con più
facilità una immagine tecnicamente corretta; e poi – aggiunge - se qualcuno ti chiede
una stampa dalla foto che hai fatto al suo cavallo, con il negativo tutto è più facile”. Anche da queste piccole cose si vede il professionista.
Prova a confronto
AUTO
Canon EOS 3
Pentax MZ S.
Nikon F 100
Minolta Dynax 9
CONTROLUCE
Abbiamo voluto mettere a confronto le
quattro reflex in una prova pratica sia del
sistema di esposizione, sia di quello autofocus. I soggetti, lo confessiamo, erano
un po’ “cattivi”, al limite delle possibilità.
Ma è proprio in questa zona di confine che,
se ce ne sono, si possono trovare le eventuali differenze.
Impostato, su tutte, il modo di esposizione a priorità dei diaframmi e la lettura esposimetrica su tutto il campo, con un valore
di diaframma di f/5.6, abbiamo fotografato i medesimi soggetti, scelti tra quelli che
potevano ingannare i sistemi della macchina. Tra i soggetti più semplici: una siepe ripresa in controluce e un paesaggio di
fiume, sempre in controluce.
Dalla loro riuscita, più o meno buona, si
può giudicare l’efficienza del sistema esposimetrico. Per giudicare la validità dell’autofocus sono stati scelti due soggetti
altrettanto difficili: il pilone, con arco, di
quello che una volta era un ponte sospeso, e una ripresa con una cancellata in primo piano.
Infine, alcune riprese notturne, per verificare l’effettivo funzionamento dei sistemi
che fanno interagire i dati dell’autofocus
con quelli della lettura esposimetrica. In
questo caso abbiamo avuto l’accortezza di
far sempre coincidere la zona più illuminata della inquadratura con quella della
lettura dell’autofocus.
I risultati sono in queste pagine e non ri-
chiedono molti commenti. Iniziamo dai
soggetti relativamente più semplici: siepe
e paesaggio in controluce. Le immagini
che preferiamo sono quelle della Nikon F
100, seguite da quelle della Canon EOS 3,
della Minolta Dynax 9 e della Pentax MSS. Occorre premettere che dietro al software della macchina c’è una precisa logica e
il fotografo che usa quella macchina deve
conoscerla. Inoltre dovrà tenere presente
il tipo di pellicola usata, dato che con le
diapositive si tende a sottoesporre leggermente per dare più saturazione ai colori.
E veniamo all’autofocus, usato in condizioni critiche. I sensori dei vari sistemi si
estendono per una certa lunghezza e quindi coprono una certa superficie al centro
FOCUS
del fotogramma: più ampia è la superficie, migliore sarà il risultato con oggetti
difficili. Uno di questi è la ripresa attraverso le sbarre di una cancellata, posta a
una certa distanza dal soggetto. In questo
caso tutte e quattro le fotocamere hanno
dato un buon risultato, mettendo a fuoco
quanto stava dietro la cancellata e non la
cancellata stessa. Buoni risultati anche nell’altro soggetto, scelto per saggiare l’ampiezza della zona di lettura dell’autofocus:
i due piloni ad arco del ponte. Se niente
c’è da eccepire sulla messa a fuoco, vale
la pena puntualizzare sull’esposizione. In
entrambi i soggetti un’ampia zona della
inquadratura era volutamente occupata dal
cielo, cioè risultava più chiara del resto.
NOTTURNI
La conferma del buon funzionamento del
sistema Matrix è venuta anche da questi
soggetti. Seguono Dynax 9, e a pari merito EOS 3 e Pentax MZ-S.
Infine la prova più difficile, i due notturni: ripresa a tutto campo del castello e una
parte della torre dello stesso castello. Nel
primo caso il risultato migliore è quello
offerto da EOS 3. I sensori hanno letto
un’area ampia e hanno impostato un tempo che ha tenuto conto della illuminazione generale della scena sacrificando, con
una leggera sovraesposizione, le parti più
illuminate. Sovraesposizione tuttavia più
che accettabile, visto che ha permesso la
leggibilità di ampie zone della inquadratura. Primo posto anche per quanto riguarda
la ripresa della torre del castello, con la luna, coperta da nubi, in cielo. Al secondo
posto, dopo EOS 3, segue Dynax 9, Nikon
F 100 e Pentax MS-Z.
Che conclusioni trarre dalla prova eseguita,
lo ripetiamo, in condizioni che solo eccezionalmente si presentano nella normale
pratica fotografica? Malgrado i sistemi
esposimetrici e autofocus adottati siano in
alcuni casi anche molto diversi, i risultati
non si discostano tanto quanto il divario
tecnologico farebbe immaginare. Non abbiamo riscontrato risultati nettamente inferiori di un apparecchio, rispetto a un altro.
Edo Prando