GIUSTIZIA E VANGELO

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GIUSTIZIA E VANGELO
ASSOCIAZIONE INFORMAZIONI SU CRISTO
GIUSTIZIA E VANGELO
Diego Bona
Torino Incontra – Settembre 2003
Non è facile definire il termine giustizia. Ogni uomo o donna di buona volontà pensa alla giustizia
non solo come un “dare a ciascuno il suo” secondo il diritto romano, ma come un esigere che sia
rispettato il diritto di ciascun individuo e che le relazioni umane siano improntate alla promozione
dell’equità verso gli altri e del bene comune.
Che cosa dice il Vangelo della giustizia e sulla giustizia?
Nel Vangelo, la “buona notizia” che Gesù è venuto ad annunziare al mondo e che risuona oggi
come duemila anni fa, perché il Vangelo è contemporaneo ad ogni uomo in ogni tempo, il termine
giustizia riveste un valore più ampio.
La troviamo nel “discorso della montagna”: «se la vostra giustizia non sorpasserà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 5,1). Poi in quella espressione così significativa: «Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati» (Mt 5,6) e in altre
ancora.
Ma “giustizia più alta”, cioè superiore a quella praticata da coloro che osservavano con zelo la legge (i farisei), che significa?
Si comprende meglio se la si legge nel contesto della Bibbia dove giustizia e pace sono termini
strettamente correlati.
Nella Sacra Scrittura il termine “pace” (shalom) non significa soltanto assenza di guerra o di conflitto, ma è quello stato di armonia e di benessere dell’uomo nei confronti di Dio, il suo Creatore, di se
stesso, con gli altri uomini e con la natura.
È il progetto, il sogno di Dio sull’uomo che inizia con l’elezione del popolo di Israele per estendersi
a tutta l’umanità, secondo la promessa fatta ad Abramo: «in te saranno benedette tutte le nazioni
della terra» (Gn 12,3).
La realizzazione di questo progetto è opera della giustizia e la volontà costante di realizzarlo diventa la caratteristica della virtù della giustizia.
Giustizia è rispecchiare questo atteggiamento di Dio che non si distingue dalla misericordia, dalla
gratuità, dalla liberazione dell’oppresso.
Calpestare i diritti è il veleno dell’ingiustizia.
La giustizia di Dio è sempre giustizia resa al povero e il povero non è solo chi è senza denaro, ma
chi è senza potere, tutela, esposto all’oppressione. Tutta la storia biblica è piena di esempi. Ecco
perché “senza giustizia non c’è pace”.
Questo profondo senso della giustizia trova la sua piena e definitiva esplicazione in Gesù Cristo
quando dice: «cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6, 33) come espressione autentica della fede.
Così i giusti, i benedetti sono coloro che si prendono cura dell’affamato, del forestiero, dell’ignudo,
del malato e del carcerato.
Tutta la vita di Gesù è in questa linea: egli si rivolge a tutti la maggiore attenzione la dedica ai poveri: pubblicani, prostitute, lebbrosi, emarginati, donne e bambini, ossia i “piccoli” che non contano.
Il suo ingresso in Gerusalemme è un trionfo di poveri e anche la sua morte è condivisione con i
poveri, gli ultimi.
La giustizia di Dio, come la fa vedere Gesù, deve dunque diventare la logica profonda
dell’esperienza umana.
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L’annuncio evangelico va oltre al “dare a ciascuno il suo” perché parla di una giustizia che è fraternità, misericordia, attenzione all’altro e richiede di conseguenza un atteggiamento di non dominio,
non oppressione del forte sul debole.
Questa visione di giustizia ha trovato accoglienza nella comunità cristiana? Le prime generazioni
cristiane, quando il credere comportava persecuzione e emarginazione, hanno tradotto nella vita
l’insegnamento di Gesù tanto che il loro comportamento risultava inspiegabile. In regime di libertà,
l’attuazione della giustizia fu vista come frutto della trasformazione della coscienza più che impegno di trasformare le strutture. Tuttavia questa concezione alta della giustizia è rimasta presente
nell’insegnamento della Chiesa.
Es. in san Tommaso giustizia è sempre in primo luogo tendere al bene comune e va promossa da
chi ha il dovere di averne cura.
Anche la proprietà privata è vista in questa ottica: è legittima ma non intangibile, va messa a disposizione di chi ha bisogno.
Nei secoli successivi la giustizia viene ridotta al solo aspetto economico, in particolare come “dare
a ciascuno il suo”.
L’uso della proprietà per il bene comune è praticamente ignorato per cui rubare un pollo è peccato
mentre è lecito trasferire capitali per massimizzare il profitto mettendo con ciò alla fame migliaia o
milioni di persone. Negli ultimi decenni si è sviluppata una nuova sensibilità verso un ideale di giustizia più ampio.
La ricerca di una convivenza umana nella logica del non-dominio e di sostegno al più debole è
sempre più presente nella coscienza dell’umanità ed è fortemente sentita dalla Chiesa, in particolare a partire dal magistero degli ultimi pontefici.
Che cosa dice il Vangelo su giustizia e diritti umani.
Al tempo di Gesù non mancavano gli emarginati dalla società, dalla convivenza o dal culto: lebbrosi, storpi e ciechi, pubblicani, le donne, considerate di livello inferiore.
Gesù non ne fa un tema di discussione ma va con loro. Guarisce i lebbrosi, mangia con i pubblicani, accoglie le donne al suo seguito, libera gli storpi e i ciechi vicino al tempio in cui potranno entrare. Ha attenzione per ogni persona la quale vale più di tutto, in quanto amata dal Padre. Nessuno,
perciò, deve andare perduto.
Giustizia e solidarietà. Ripensiamo su scala odierna la parabola del ricco Epulone e di Lazzaro.
Oggi l’80% della popolazione mondiale dispone di meno del 20% delle risorse a fronte di chi se ne
accaparra l’80%. Noi siamo dunque la società opulenta che detiene e consuma la gran parte delle
risorse mondiali e il resto del mondo si ritrova in Lazzaro che sta alla porta e non può sedersi alla
tavola del mondo.
Questo richiede a tutti noi di recuperare la virtù della sobrietà, di introdurre nel nostro costume il bilancio di giustizia dove c’è la parte dei poveri, a metter in atto tutte le forme di solidarietà dal basso
che sono praticabili da tutti (equo-solidale, banca etica, adozioni a distanza, consumo critico, ecc.).
“Un altro mondo è possibile” non è altro che il progetto di Dio nella creazione e il sogno e
l’esigenza dell’umanità.
Giustizia e violenza. Se non c’è pace senza giustizia, che fare di fronte ad ingiustizie palesi? Come
conciliare giustizia e il precetto evangelico della non violenza?
La parola del Vangelo è alta e chiara: beati gli operatori di pace, non ribattere colpo su colpo di
fronte al violento, perdonare il nemico, rimettere la spada nel fodero.
La guerra e la violenza non sono vie alla giustizia.
A partire dalla “Pacem in terris” il magistero cattolico afferma che non esiste la guerra giusta, essa
è sempre un male.
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Oggi in occidente viviamo una situazione paradossale: una parte della coscienza collettiva ha maturato una forte e convinta contrarietà alla guerra, dall’altra ritorna una politica che considera la
guerra strumento normale per fare giustizia.
Nel caso di violazione di un diritto da parte di uno stato, quando ogni altro mezzo diplomatico o politico è fallito, può essere legittimo l’intervento da parte degli organismi internazionali (ONU) che
abbiano l’autorità, il potere politico, giuridico e militare per ristabilirlo, configurandolo come intervento umanitario (polizia internazionale) esclusivamente finalizzato a disarmare l’aggressore.
Giustizia e perdono. Lo ha ricordato Giovanni Paolo II in una delle recenti giornate della Pace:
«non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono».
Se la verità e il diritto vanno fatti valere, infierire invece sulla persona che ha sbagliato produce altre ferite nella coscienza della società.
Il perdono non si contrappone alla giustizia perché non consiste nel cancellare la riparazione
dell’ordine leso.
Il perdono si oppone al rancore e alla vendetta.
Le vere riconciliazioni umane, individuali e sociali devono tenere conto di entrambe le cose: la
possibilità del perdono senza che vengano misconosciute la verità e la giustizia.
(Sintesi non rivista dall'Autore)
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