05 Dibattiti - Accademia Italiana di Scienze Forestali

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05 Dibattiti - Accademia Italiana di Scienze Forestali
05 Dibattiti
10-04-2007
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LE IMPRONTE DEL PENSIERO FORESTALE
DIBATTITI E QUERELLE
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, alcune interessanti riflessioni su un
argomento attuale e di notevole interesse.
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A PROPOSITO DI EMPIRISMO E SCIENZA
In tempi abbastanza recenti si sono registrate prese di posizione pressoché drastiche nei riguardi dell’empirismo considerandolo quasi come il
diavolo e la scienza come l’acqua santa.
Questa condanna senza appello dell’empirismo è sembrata eccessiva e
quasi fuorviante perché l’empirismo è anche esperienza e conoscenza. È
vero che qualcosa gli si concede quando si abbinano scienza e arte (arte
come dote personale, come intuito che può sfociare in qualcosa che è in
comunione con la scienza) però …
Ma guardiamoci un po’ intorno.
Philip Roth (in Pastorale americana): «Possedere un albero non è
come possedere una casa, un’azienda; è come se ti fosse affidato qualcosa in
amministrazione fiduciaria, cresce con te, con i tuoi figli, con i tuoi nipoti,
lo devi seguire, curare …».
Garcìa Màrquez si è chiesto (cito a memoria): «Ma che ci faccio io in
mezzo a questo consesso di scienziati? Ma mi sono risposto: Porto il contributo dell’esperienza che è conoscenza e guida per operare correttamente».
Ma Philip Roth e Garcìa Màrquez non sono né Galileo, né Leonardo,
né Popper. E Galileo ha affermato che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico e quindi spezza una lancia in favore della scienza. Ma
ha anche scritto: «Se gli uomini si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre e le vostre nuove macchine
non saranno altro che fonte di nuovi triboli per l’uomo. E quando con l’andar del tempo avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non
sarà che un progressivo allontanamento dall’umanità. Tra voi e l’umanità
può scavarsi un abisso così grande che un giorno ad ogni vostro eureka
rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale».
Tutto ciò suggerisce che gli scienziati debbono sempre mettere in
discussione il senso e le conseguenze della scienza (Magris).
È vero, o almeno sembra, che una volta applicate le conoscenze della
scienza ed il suo progredire, la selvicoltura non potrà che essere un cardine;
– I.F.M. n. 1
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L’ITALIA FORESTALE E MONTANA
ma talvolta si ha l’impressione che la scienza estremizzata stia quasi per
sconfinare nel virtuale, così come accade per altre discipline. In proposito
sembrano opportune alcune riflessioni.
Io non sapevo nulla del taglio a schiumarola del pino laricio in Sila e
sapevo poco del taglio a buchi se non per una reminiscenza di un lavoro di
Susmel sulle faggete di Muro Lucano, dove lui suggeriva il taglio a gruppi o
a buchi.
E Ciancio scrive: «Ora, dagli autorevoli studiosi e dai valenti amministratori si apprende che il taglio a piccole o piccolissime buche – ma forse
lo confondono con il ‘taglio a scelta a piccoli gruppi’ – o non è conveniente
o presenta difficoltà per applicarlo. Ma invero intere dinastie di proprietari
hanno realizzato e continuano a realizzare redditi consistenti applicando ai
propri boschi questo trattamento».
Nel 1974 (Annali dell’Accademia di Scienze Forestali «Il pino marittimo in Toscana») scrivevo: «Il taglio a buchi o a gruppi correlato alle condizioni del soprassuolo con studio accurato della viabilità forestale (ma il verricello risolve tanti problemi) che potrebbe essere chiamato ‘stellare’ è
applicato nelle pinete di marittimo in Provincia di Lucca ed altrove». E
seguitavo: «Resta il problema del cespugliame tagliato che non è di lieve
momento, donde la tendenza a dare ampiezza limitata ai buchi. Abbiamo
constatato del resto che la rinnovazione è ottima anche con buchi di
ampiezza limitata (50/100 m2)». Ma, questo trattamento particolare non è
frutto dell’esperienza?
Pare che ne convenga anche Ciancio e che, tutto sommato, la «querelle» non abbia motivo di esistere almeno per quanto riguarda empirismo e
scienza.
MARIO BUCCIANTI