A002408 FONDAZIONE INSIEME onlus

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A002408 FONDAZIONE INSIEME onlus
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FONDAZIONE INSIEME onlus.
Da psicologia contemporanea del 1-8-2014 <<DISABILI E VITA
SESSUALE>> di Giampiero Bonacina, (vedi nota a fine pezzo).
Per la lettura completa del pezzo si rinvia al periodico citato.
Tra angoscia, corporeità e aspetti educativi.
Un tema drammatico e scottante, di fronte al quale spesso ci
si trova smarriti e in imbarazzo, ma che coinvolge la vita di
tante famiglie per lo più impreparate ad affrontarlo senza un
sostegno esterno adeguato e competente.
Tanti anni di lavoro in centri di riabilitazione, di
formazione e di accoglienza per disabili mentali adulti, mi
consentono di osservare la complessità del tema sessualità da
diversi punti di vista.
Prima di tutto per la necessità di dare risposte educative
efficaci passando attraverso un’analisi delle variabili che
entrano in gioco.
Secondo, per aiutare i genitori a gestire e comprendere il
problema corporeità/sessualità del disabile come soggetto sociale
e non solo famigliare.
Terzo, per le implicazioni emotivo-affettive che influenzano
i comportamenti, in una condizione di incapacità di
mentalizzazione.
Mi riferisco in particolare a persone con disabilità mentale.
Affronteremo tutti questi aspetti globalmente anche se con un
occhio particolare a quelli educativi e senza mai dimenticare la
drammaticità dell’argomento, come si può con tutta evidenza
rilevare dai casi riportati di seguito.
COSA C’È CHE NON VA?
Edoardo vive la sua vita in mezzo agli altri, in un modo
magari più complicato, ma, grazie all’associazione per la
distrofia muscolare e altri amici, lo si vede spesso allegro.
È un gran chiacchierone: ascolta molta radio, guarda la
televisione e a volte è difficile reggere il suo incalzare sui
vari argomenti.
Con la mano destra comanda appena la carrozzina elettrica, al
di là dell’uso della testa e del volto per il resto ha bisogno di
tutto; ciò sembra però essere vissuto in un modo
straordinariamente sereno, con la mamma spesso presente, anche se
in modo discreto, soprattutto quando è in compagnia.
Ecco, la mamma.
È difficile anche per uno specialista
sapere certe cose.
A volte Edoardo quando è a casa guarda la mamma in un certo
modo.
La mamma, allora, dopo aver ingoiato una tensione
fortissima, silenziosamente si muove verso la sua camera, tira
fuori dall’armadio un grosso cuscino che mette sul letto “in un
certo modo” e poi, sempre in silenzio, come muovendosi in modo
automatico, porta Edoardo sul letto disponendolo “in un certo
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modo” e velocemente e silenziosamente se ne va, chiudendo bene la
porta in modo che Edoardo la senta.
Dopo circa venti minuti la mamma sente dei rumori in camera e
capisce che può andare.
Porta con sé spugnette e asciugamani e sempre come in un
automatismo ricompone suo figlio, quella persona che non può
nemmeno perdersi da sola nella propria intimità.
Nella vita ordinaria è normale che ci sia una certa distanza
tra i comportamenti sociali e la nostra intimità, soprattutto
sessuale.
Queste distanze vengono percepite come naturali, utili e
tacitamente condivise.
L’abisso di dolore della vita sessuale di Edoardo, però, che
coinvolge e sconvolge la madre, ci dà un senso di smarrimento: è
vita sessuale?
È sfogo fisiologico?
Quale erotismo
esprime e vive Edoardo, che deve coinvolgere la madre?
Queste domande, così come tante altre, non possono avere una
vera risposta, se non si comprende il ruolo, durissimo,
dell’assoluta abnegazione materna.
Ivano, adesso, le fa paura, la turba con i suoi movimenti che
istintivamente inseguono un piacere di cui non conosce le
finalità.
Ivano è un bel ragazzo di 15 anni insufficiente mentale:
occhi espressivi anche se sfuggenti nei suoi atteggiamenti
psicotici; ha un corpo da atleta e piace a tutti, soprattutto alle
ragazze del centro che frequenta.
Anche i suoi genitori sono belli.
La mamma è una donna elegante e sensibile in quel suo
atteggiamento compensatorio che si osserva spesso nelle mamme dei
disabili.
Fino allo scorso anno Ivano era un bambino, non aveva fatto
lo scatto di crescita che l’ha trasformato in poco tempo in un
“David di Donatello”, con tutti i muscoli a posto e non solo.
Ivano è bello ma non è autonomo.
Le erezioni del bambino, che ogni tanto si manifestavano
quando faceva la doccia insieme alla mamma, si sono trasformate,
per lei, in una fonte di turbamento profondo.
Il grande pene eretto con il quale viene ora in contatto,
descrive una frattura profonda nella mente e nel corpo della
mamma, sensazioni anche per lei incomprensibili rispetto
all’essere la mamma di un bel bambino da accudire.
Ivano, adesso, le fa paura, la turba con i suoi movimenti che
istintivamente inseguono un piacere di cui non conosce le
finalità, ma che vive lì, nella doccia, con la mamma.
Il dramma nel dramma è quando la mamma, spostandosi,
evitando, vede negli occhi del figlio uno sguardo, magari allegro,
che le chiede: “Cosa c’è che non va?”.
Marina, un’insufficiente mentale di 45 anni, è una persona
naturalmente simpatica: ha un viso buffo ma quasi sempre
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sorridente e piacevole da vedere quando ti fa le sue richieste,
che in genere sono tendenzialmente ossessive e conosciute.
Da un momento all’altro, però, Marina sembra non poter fare a
meno di mettere in atto un automatismo che la porta a tormentarsi
l’inguine con l’avambraccio.
Di fronte alla ripresa educativa si ferma e ti guarda
sorridendo, ma subito, o poco dopo, tende a ricominciare.
Oltre agli interventi educativi ci sono anche quelli
farmacologici che mitigano un po’ questi comportamenti.
Ma il dramma lo vivono i genitori anziani, che nonostante il
nostro sostegno, provano un imbarazzo e una vergogna tali che da
molti anni non escono di casa con Marina e fanno in modo che, per
quanto possibile, non vada nessuno a casa loro.
Ciò, nel tempo, ha determinato ovviamente un isolamento
sociale di Marina, intriso di colpe non sue, ma che non concorre
di certo a un miglioramento della situazione, anzi sullo sfondo
appare una dimensione compulsiva consolatoria.
Giorgio è un uomo di 38 anni con importante sovrappeso, la
diagnosi principale è ritardo mentale e sindrome schizofrenica.
È ipospadico e il suo apparato genitale complessivamente non
è sviluppato.
In presenza di ragazze o donne, ma spesso anche di maschi,
comincia un rituale ossessivo-compulsivo che consiste nell’alzarsi
e girare un po’ alla larga dagli oggetti della sua attenzione;
prosegue poi quasi impercettibilmente con il titillarsi l’indice
della mano sinistra con pollice e indice della destra, guardando
di sottecchi e mugolando.
Non si è mai evidenziato nell’interesse per le persone
“puntate” un collegamento reale tra l’eccitazione compulsiva e
quella genito-sessuale.
Il suo comportamento e la sua “stazza” suscitano però grave
apprensione in chi non ne conosce la sostanziale bontà.
Ci troviamo a proteggerlo da una sessualità che è tutta nella
mente di chi osserva più che in lui.
LA SESSUALITÀ NELLA NOSTRA TESTA.
Come accennato in apertura, una distinzione fondamentale in
questo ambito riguarda il tipo di disabilità.
Un conto è se parliamo di persone con disabilità motoria,
intelligenti e affettivamente autonome, ben altro è parlare di
insufficienti mentali.
Ci sono ovviamente situazioni inerenti alla sessualità dei
disabili il cui dramma è nella manifesta intenzione sessuale,
anche se anomala e quasi mai mentalmente finalizzata; altre volte
è la sessualità solo verbale ma molto esplicita a turbare
fortemente l’ambiente; altre ancora, si tratta semplicemente di
ciò che si crea negli osservatori quando, per esempio, un ragazzo
o una ragazza escono dal bagno con i pantaloni abbassati.
Situazioni ben diverse, come si può immaginare.
Ma esiste davvero la “sessualità del disabile”?
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O esiste la sessualità che abbiamo in mente noi, fatta di
cultura, costumi, mentalità, valori, ecc?
Esiste davvero la sessualità dei disabili?
O esiste la
sessualità che abbiamo in mente noi, fatta di cultura, costumi,
mentalità, valori ecc.?
È un po’ una provocazione che esula da questo articolo, ma ci
può aiutare a pensare ad in contesto antropologico-sociale più
ampio per questo tipo di riflessione.
Del resto, se Giuliana esce dal bagno scomposta è solo perché
è pigra o da sola non è capace di ricomporsi, la sessualità non la
riguarda, ma riguarda le proiezioni esterne: siano solo i
sentimenti di vergogna, che però sono nostri e non di Giuliana.
Anche Adelio non connette a stimoli genitali ciò che dice sul
sesso e su ciò che accade tra uomini e donne quando vuole fare il
suo show, ma è in grado di “far tremare” i volontari e le
volontarie e qualche volta anche gli educatori!
Enrico, invece, ti abbraccia, ti stringe, gode del contatto
fisico traendone piacere e rassicurazione; entra in contatto
spesso con parti del corpo “tabù” sue e dell’altro/a.
Ma è sessualità?
No di certo, stiamo parlando in questo
caso delle modalità di contatto tipiche di un bambino piccolo,
anche se nel disabile adulto sono intrise di idee, osservazioni,
magari esperienze; ma ciò che è sesso, corteggiamento, desiderio,
ecc. non sono nella testa di Enrico, sono certo più nella nostra.
L’INTERVENTO EDUCATIVO.
Questi esempi ci fanno vedere i molti punti di vista che si
possono assumere parlando di sessualità dei disabili: quello del
genitore, dell’educatore, del volontario, dei fratelli, dei
compagni, della gente, ecc.
Quella che chiamiamo sessualità è un mondo variegato creato
dalla posizione, dal ruolo e dallo scopo con cui osserviamo
l’argomento.
Certo, sul piano professionale non possiamo esimerci
dall’affrontare il problema educativo del “fare” e da queste
letture della situazione dobbiamo trarre anche delle conclusioni
operative, che stiano almeno tra il successo educativo da una
parte e la necessità di sedazione o controllo medico all’altro
estremo, mai facile.
Stiamo parlando di comportamenti in cui il confine con le
possibilità di apprendimento non è definito e l’azione educativa è
spesso empirica.
Difatti nei casi in cui è fallito l’intervento educativo
precoce o non c’è stato (famiglia, deprivazione, ecc.),
soprattutto in soggetti di media o lieve gravità, all’educatore
professionale a volte resta poco spazio di manovra, che in questi
casi deve vertere sulla programmazione di gruppi specifici e/o di
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un certo isolamento protettivo per il disabile: orari, laboratori
specifici o altro.
Dobbiamo riflettere sul fatto che ogni singolo caso che
esaminiamo richiede un’attenta osservazione del funzionamento del
soggetto e della sua percezione da parte delle figure che fanno
parte della sua vita.
In genere sul piano educativo si riesce così a mitigare con
un’utile programmazione atteggiamenti e situazioni limite,
controllando alla fine i comportamenti “inadeguati”; ma stiamo
parlando in termini psicofisiologici, di comportamenti che si
collocano su un piano istintivo-emozionale, dove il confine con le
possibilità di apprendimento non è definito e l’azione educativa è
spesso empirica.
Possono quindi esserci casi, pochi per la verità, che
necessitano assolutamente di un controllo medico, mai facile, come
si diceva più sopra, proprio per la molteplicità delle percezioni
delle persone coinvolte: operatori, famiglia, ecc.
La collaborazione tra questi attori è fondamentale.
L’avvicinamento e la condivisione delle percezioni in merito
agli atteggiamenti sessuali del disabile possono aiutare tutti a
comprendere meglio il problema.
Una riflessione a parte, che ci pone di fronte a ulteriori
limiti educativi, è legata al disabile adulto e al conseguente
fatto di avere genitori anziani: in questi casi tutto diventa più
difficile, nell’omertà angosciosa di persone che hanno sempre
“tenuto per sé” certi problemi e che risultano purtroppo
difficilmente collaborative su questi temi, malgrado la volontà di
fare ciò che è meglio per il proprio figlio.
L’argomento sessualità, al di là degli studi tecnici e
accademici, resta in gran parte un mistero d’amore e talvolta
d’angoscia per tutti i soggetti coinvolti.
In letteratura ci possiamo riferire ad alcuni concetti base e
ben conosciuti in psicologia, senza pretese di esaustività.
In freudiana memoria, libido e aggressività sono due facce
della stessa medaglia.
In questo caso, parlando di pulsioni di base fortemente
legate a elementi biologici che riguardano la sopravvivenza, come
l’alimentazione e la riproduzione (libido orale e sessuale, ma non
entriamo qui nel discorso specifico), è facile vedere
fenomenicamente, sia in natura, sia a volte nel comportamento
umano, come la libido repressa, bloccata, impossibilitata ad
esprimersi, in qualche modo si associ a comportamenti aggressivi
legati alla rabbia, utile per la difesa del territorio per
garantirsi il cibo e il partner sessuale.
Se teniamo quindi presente come alla pulsione sessuale si
associ in qualche modo una condizione di rabbia, ci viene offerta
una possibilità operativa sul piano educativo, che sfrutta in modo
positivo questo legame.
Laddove è difficile intervenire sul controllo degli
atteggiamenti sessuali inadeguati, si interviene difatti con la
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proposta di sfogo fisico che niente ha a che fare con la
sessualità.
Ma ancora più indicato, a titolo esemplificativo, è
l’utilizzo di attività o giochi competitivi, dai più semplici “da
tavolo” a quelli che investono più risorse fisiche (come giochi di
movimento e/o sportivi).
Queste proposte, lungi dall’essere risolutive, ma lungi anche
da un’apparente banalità, stimolano l’espressione naturale di una
certa utile aggressività che in qualche modo mitiga i
comportamenti inadeguati della sfera “sessuale”.
Lo sanno bene gli educatori, oltre che i genitori.
Sulla sessualità delle persone con disabilità c’è molta buona
letteratura e ricerca.
Un dato tecnico che posso citare qui per analizzare il tema
in rapporto poi al “fare”, riguarda l’importanza di considerare il
livello di sviluppo psicologico globale del disabile mentale
(Castelli e Mariani, 2005).
Ciò permette di utilizzare maggiormente gli strumenti della
psicologia nell’ambito specifico psicoeducativo.
Un altro aspetto che qui non è stato approfondito è la
sessualità del disabile rispetto al genere e alla masturbazione al
maschile e al femminile; si veda, per esempio, Gay e Di Bona
(2007), o la monografia di Hacca Parlante (AA. VV., 2013).
Altri argomenti attualissimi, e che suscitano importanti
dibattiti sul piano socio-culturale e morale, riguardano gli
interventi volti al soddisfacimento dei desideri sessuali nella
persona con disabilità: si veda Narduzzo (2005) in DM, periodico
dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, o anche
Radaelli (2007); una raccolta più completa di riflessioni e
dibattiti su questo tema la si può trovare in rete a cura della
Cooperativa Sociale Gea (2010).
Concludendo, ho voluto dischiudere un mondo privatissimo
delle famiglie e degli operatori attenti ad affrontare in modo
umano oltre che professionale l’argomento sessualità che, al di là
degli studi tecnici e accademici, resta in gran parte un mistero
d’amore e talvolta d’angoscia per tutti i soggetti coinvolti.
I nomi presenti in questo articolo sono di fantasia, ma le
storie sono vere.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
AA.VV. (2013), <<IL CORPO DEGLI ALTRI>> :, Hacca Parlante, 2.
CASTELLI G, MARIANI V. (2005). L’educazione sessuale delle
persone disabili. Edizioni Ares. Milano.
COOPERATIVA SOCIALE GEA (2010),<<L’ultimo muro: il sesso (a
pagamento) per portatori di handicap>>,
www.geacoopsociale.eu/pdf/pop2/ultimo.muro/tutto. il.dibattito.pdf
GAY R., DI BONA M.(2007), Eros e disabili. Riflessioni e
testimonianze, Ancora. Milano.
NARDUZZO G.,(a cura di, 2005), Assistenti sessuali:
parliamone, UILDM-DM. 153.
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RADAELLI A. (2007), Diversamente sesso. La Repubblica-Donna,
28 luglio.
L’AUTORE.
GIAMPIERO BONACINA, psicologo clinico e psicoterapeuta, è
coordinatore del Centro Diurno Disabili “La Rosa” di Nibionno
(LC).
Coordina progetti formativi, educativi e assistenziali per
persone con grave disabilità.
Ha insegnato per 15 anni Psicologia dell’età evolutiva e
della Famiglia nelle scuole regionali e universitarie per
Educatori Professionali presso l’I.R.C.C S. E. Medea di Bosisio
Parini (LC).