A002408 FONDAZIONE INSIEME onlus
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A003016, 1 A003015 FONDAZIONE INSIEME onlus. Da psicologia contemporanea del 1-8-2014 <<LE METAFORE DELLA VITA>> di Edward Hoffman, (vedi nota a fine pezzo). Per la lettura completa del pezzo si rinvia al periodico citato. Una nuova frontiera della psicologia. Una cosa è certa: nella nostra vita le metafore sono fondamentali, ci aiutano a vivere e rivelano chi siamo e dove andiamo. In due o tre parole, qual è la vostra visione dell’esistenza umana? Assomiglia a una guerra, a un gioco d’azzardo, a un gioco di strategia simile agli scacchi? O magari a un viaggio o a una scuola? A un puzzel o a un racconto dell’orrore? O forse a qualcosa di più divertente, come un ballo, una festa, una giornata al mare? Certamente queste sono alcune delle metafore più diffuse fra le persone di ogni parte del mondo. Con ogni probabilità ne avrete anche una per la personalità e la natura umana: cosa siamo essenzialmente, macchine, piante in fiore, alberi che crescono da un minuscolo seme? E qual è la vostra metafora per i rapporti d’amore: uno splendido duetto, un’avventura a due, un mare tempestoso? Gli psicologi sono sempre più convinti che le risposte a queste domande influenzino le nostre decisioni e azioni quotidiane. Sta prendendo piede anche una nuova forma di terapia imperniata specificamente sulla “metafora centrale”, o “metafora radice”, per catalizzare il cambiamento dell’individuo o nella coppia. Tale è il fascino di questo campo emergente di studi. LE METAFORE DEI GRANDI PSICOLOGI. Sembra che ogni teoria psicologica importante si basi su una metafora fondamentale. Per esempio, ai tempi di Sigmund Freud la tecnologia dominante è stata a lungo il vapore, onnipresente come lo sono oggi per noi i computer. Non sorprende che Freud scegliesse la metafora del motore a vapore per descrivere quello che chiamava “apparato” psichico, un sistema “psicodinamico” percorso da una “energia psichica” che non si crea e non si distrugge. Presentando il modello tripartito della personalità, articolato in Es, Io, Super-io, scelse un’altra metafora: l’Io come un cavaliere che per tutta la vita cerca di stare in sella a quello stallone selvaggio e primitivo che è l’Es. Così, nella nuova serie di Lezioni introduttive alla psicoanalisi del 1932, lamentava che spesso <<il cavaliere è costretto a guidare il cavallo nella direzione in cui questo vuole andare>>. A003016, 2 Altri capiscuola della psicologia naturalmente hanno scelto metafore diverse. Benché John B. Watson o Burrhus F. Skinner, i due padri del comportamentismo americano, non abbiano mai definito esplicitamente il neonato una "tabula rasa", quella metafora è stata sempre associata alla loro scuola. E quando nel secondo dopoguerra negli Stati Uniti è nata la psicologia umanistica, i suoi fondatori, come Carl Rogers e Abraham Maslow, si sono messi in cerca di nuove metafore. Per sottolineare l’idea che gli esseri umani sono naturalmente orientati a sviluppare appieno il loro potenziale, Rogers li paragonava a piante fiorite che per crescere hanno bisogno degli equivalenti psicologici di aria, terra e luce solare, mentre Maslow a magnifiche querce che nascono da una minuscola ghianda. Più tardi, con il rapido sorgere della tecnologia informatica, alcuni psicologi hanno evocato la metafora del computer: gli esseri umani sono essenzialmente sistemi complessi di elaborazione dell’informazione, ovvero cyber-sistemi, e il senso di sé è in sostanza un’illusione. Questa prospettiva è spesso associata a quella di Marvin Minsky, il teorico fondatore dell’intelligenza artificiale al MIT, che nel suo libro del 1988, La società della mente, sosteneva che la mente umana fosse di fatto una “società” di innumerevoli componenti, simili a microchip, che sono di per sé privi di coscienza. Eccoci tornati alla metafora della macchina. PERSONALITÀ E METAFORE DELLA VITA. Le metafore della natura umana nascono e muoiono con una certa regolarità, ma è stato Alfred Adler quasi un secolo fa a sostenere per primo che ognuno di noi va incontro alla vita con una sua metafora personale. Questo piano di vita, come lo chiamava, ha origine nell’infanzia e intorno ai sei anni è già consolidato. Rappresenta la nostra bussola particolare per fare rotta fra le incertezze della vita. Da dove nasce? Secondo Adler e la sua scuola il piano di vita deriva dalle particolari risorse fisiche e mentali innate in ciascuno, insieme alle sue specifiche esperienze con i genitori e le altre figure importanti dell’infanzia. Adler sottolineava che ì nostri piani di vita sono di solito inconsci e che li prendiamo in considerazione solo quando forze esterne li rendono inefficaci. Suo figlio Kurt Adler, anch’egli psichiatra, mi ha detto: «Lo scopo della terapia è aiutare la persona a vedere come e quando è cominciato il suo piano di vita. Potrà allora imparare a cambiarlo per essere meno infelice». A003016, 3 LE METAFORE NELLA TEORIA DEL CICLO VITALE. A parte la scuola adleriana, per molti anni il concetto di metafora e piano di vita ha avuto scarso seguito nelle scienze sociali. La situazione è cambiata radicalmente nel 1980 con la pubblicazione di Metafora e vita quotidiana: «Le metafore non sono semplici orpelli poetici o retorici», spiegavano gli autori, George Lakoff e Mark Johnson. «Determinano i nostri modi di percepire, pensare e agire. La realtà stessa è definita da una metafora». I due studiosi americani non si preoccupavano di corroborare la tesi con dati empirici, ma raccoglievano le loro prove nei modi di dire correnti, come “il tempo è denaro”. Tuttavia le loro persuasive argomentazioni hanno influenzato ricercatori nei campi più vari, dalla teoria delle organizzazioni e del management alla psicoterapia, alla psicologia del ciclo vitale. Una di questi è Catherine Sullivan Norton, della University of Southern Illinois. Nel suo libro Life Metaphors, del 1989, sulla base di lunghi colloqui con 50 persone “normali”, uomini e donne di varie professioni e con diverso livello d’istruzione, ha messo in evidenza le loro strategie adattive ispirate a particolari metafore della vita. Ha classificato queste metafore in quattro “orientamenti” principali: gli entusiasti (ottimisti attivi), gli spettatori (ottimisti passivi), gli antagonisti (pessimisti attivi) e i fatalisti (pessimisti passivi). A ognuno di questi orientamenti corrispondeva più di una metafora. È interessante che le metafore non dipendessero né dal genere degli intervistati, né dal loro livello di istruzione. Vari anni dopo il successo editoriale di Life Metaphors, è uscito un altro libro importante sull’argomento. Nel 1995 Richard Kopp, nel suo Metaphor Therapy, suggeriva l’uso specifico delle metafore nel trattamento psicologico individuale e di coppia. In questo metodo il colloquio clinico verte sulle metafore fondamentali che le persone usano per descrivere la propria vita e le proprie relazioni. Come spiega il terapeuta neozelandese David Grove, «la metafora media il collegamento fra psiche conscia e inconscia». Così, se un paziente dice: «Mi sento come se stessi andando a sbattere contro un muro», Grove gli risponde con domande come: «Di che materiale è fatto il muro? Quanto è alto? Chi l’ha costruito? Sta fermo o si sposta? E lei in che direzione corre?». A003016, 4 QUAL È LA VOSTRA METAFORA DELLA VITA? Se vi chiedessero di completare la frase «La vita è come ...», come rispondereste? Avreste dato sempre la stessa risposta? In caso contrario, quando è cambiata la vostra metafora della vita, e perché? In che modo pensate che essa guidi il vostro comportamento? Quale delle seguenti metafore vi corrisponde di più? Quale vi corrisponde di meno? ------------------- oooo ---------------La vita è una guerra. La vita è un gioco d’azzardo. La vita è un puzzle. La vita è un viaggio. La vita è un dono. La vita è una scuola. La vita è un giro sulle montagne russe. La vita è una giornata al mare. La vita è un giallo. La vita è una festa. La vita è una gara sportiva. La vita è un’avventura. La vita è una danza o una canzone. La vita è una partita a scacchi. La vita è una storia d’amore. La vita è una galera. La vita è un sogno. ------------------- oooo ---------------- In questo metodo il colloquio clinico verte sulle metafore fondamentali che le persone usano per descrivere la propria vita e le proprie relazioni. Come spiega il terapeuta neozelandese David Grove, «la metafora media il collegamento fra psiche conscia e inconscia». Così, se un paziente dice: «Mi sento come se stessi andando a sbattere contro un muro», Grove gli risponde con domande come: «Di che materiale è fatto il muro? Quanto è alto? Chi l’ha costruito? Sta fermo o si sposta? E lei in che direzione corre?». L’insieme delle descrizioni fornite dal paziente costituisce per Grove il suo “paesaggio metaforico”, il contesto in cui avviene la crescita. L’importanza delle metafore è sempre più riconosciuta anche nel mondo aziendale. Si potrebbe pensare che, agli occhi di un manager, l’argomento sembri un futile gioco filosofico, ma non è così. A003016, 5 Sono ormai numerosi gli autori che sponsorizzano le metafore come strumento importante per migliorare la produttività e la competitività. Per esempio, Sophie Cacciaguidi-Fahy e James Cunningham, alla National University of Ireland, hanno messo in evidenza il ruolo delle "metafore strategiche" ai fini delle alleanze economiche internazionali. Come scrivono in un articolo uscito nel 2007 su Managing Global Transitions, le metafore sono decisive non solo per efficaci cambiamenti organizzativi, ma anche per comunicare «nuovi concetti, nuove visioni, e motivare l’innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti». LE METAFORE NELL’ARCO DELLA VITA. I ricercatori che oggi lavorano nel settore sempre più vasto della gerontologia danno molta importanza alle metafore. Per esempio, Rosanne Beuthin e la sua équipe alla scuola di infermiere dell’Università di Vittoria (Canada) hanno esaminato i tipi di metafora usati dai pazienti anziani in terapia farmacologica per malattie croniche. È un tema importante, perché il rispetto delle prescrizioni da parte dei pazienti in certi casi può essere questione di vita o di morte. Le metafore dominanti nel loro modo di vedere l’assunzione delle medicine erano quattro: ** essere prigionieri di una routine; ** alimentare nuove speranze; ** dipendere da un’autorità esterna; ** temere la comunicazione con il personale sanitario. Secondo le ricercatrici, questi risultati sono importanti per capire il problema dei farmaci dal punto di vista dei pazienti anziani. Di recente due medici dell’istituto di medicina palliativa di San Diego (California), Bruce Arnold e Linda Lloyd, hanno studiato le metafore usate dai pazienti terminali per descrivere certe loro esperienze trascendenti. Erano molto varie, ma presentavano quattro caratteri comuni: ineffabilità, percezione alterata del mondo, estrema esaltazione di cose qualunque, ma soprattutto un senso di appagamento e pace interiore. Secondo i due autori, la sensibilità verso le metafore della trascendenza può aiutare gli operatori di un centro di cure palliative a comunicare meglio con i pazienti terminali. All’altro estremo dell’arco vitale, si studiano le metafore verbalizzate dai bambini nella terapia di gioco. In una ricerca pubblicata nel 2005 dall’American Counseling Association, per esempio, un’équipe dell’Università del Mississippi guidata da Marilyn Snow riferiva che «attraverso la comunicazione metaforica i bambini possono rivelare le loro A003016, 6 preoccupazioni, esprimere desideri e trovare la soluzione dei loro problemi». Lo studio presenta vari casi clinici in cui le metafore dei bambini nelle sedute di terapia di gioco sono servite a rivelare sentimenti profondi legati al divorzio dei genitori o a episodi di abuso sessuale. In Italia le metafore più popolari sono risultate quelle della vita come viaggio come dono e come avventura. IL CONTESTO ITALIANO. Per capire meglio come cambiano da un paese all’altro le metafore della vita, ho raccolto dei dati in collaborazione con alcune colleghe italiane. Di recente abbiamo presentato a un campione di 82 soggetti (tra 21 e 60 anni) una lista di 17 metafore diverse, chiedendo di indicare le 2 preferite e le 2 meno accettabili. Le metafore più popolari sono risultate quelle della vita come viaggio (43%), come dono (40%) o come avventura (27%). La più rifiutata è stata di gran lunga quella della vita come carcere o colonia penale (61%). Cosa interessante, il 71% dei partecipanti ha riferito che la sua metafora centrale era cambiata dopo l’infanzia o l’adolescenza. Di solito il cambiamento era legato a uno specifico rito di passaggio, come l’ingresso nel mondo del lavoro, la nascita di figli o l’aver a che fare con i genitori anziani. A conferma delle nostre ipotesi circa l’importanza dell’argomento, oltre l’80% degli intervistati ha sostenuto che la metafora della vita era servita utilmente da guida nella visione del mondo e nelle decisioni quotidiane. Una giovane donna, per esempio, ha notato: «Mi dà l’energia di andare avanti e raggiungere i miei obiettivi». E un’altra: «Mi aiuta ad affrontare ogni giorno con serenità». NUOVE METAFORE PER I TEMPI NUOVI? Un’ultima questione: stanno emergendo ai nostri giorni nuove metafore della vita? Sembra proprio di sì. Per esempio, la trilogia di Matrix, comparsa sugli schermi dal 1999 al 2003 è stata salutata da molti come una potente metafora della nostra società tecnologica, nella quale le macchine dominano sempre di più l’esistenza quotidiana e forse plasmano la nostra visione della realtà. Ecco un commento di Martin Lass nel suo blog ampiamente seguito negli USA: «Matrix è qualcosa di più di una serie di film di fantascienza e arti marziali all’ultima moda. A003016, 7 È piuttosto -e forse vuole esserlo di proposito- una metafora moderna dello stato attuale del nostro inconscio individuale e collettivo». Secondo altri analisti della società, Internet sta generando una nuova e diversa metafora della vita di oggi: quella del perpetuo turista. A loro avviso siamo tutti in un certo senso turisti in continuo movimento da un sito web all’altro, da una relazione in rete all’altra, senza più un senso reale di appartenenza, radicamento o identità. Non possiamo dire se tutti sottoscriverebbero questa visione. Ma passando in rassegna la lunga storia delle metafore nella riflessione psicologica, una cosa è certa: ne nasceranno sicuramente di nuove. Altrettanto chiaro è che le nostre metafore della vita, nel breve periodo e forse anche a lungo termine, riflettono chi siamo e dove siamo diretti. [TRADUZIONE DI GABRIELE NOFERI] RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI CACCIAGUIDI-FAHY S.(2007). <<The use of strategic metaphors in intercultural business communication>>, Managing Global Transitions, 5(2), 133-15 5 FREUD S. (1933), <<Introduzione alla psicoanalisi. Nuova serie di lezioni» (trad. it.). In Opere, vol. 11, 1918. pp. 121284 KOPP R. R. (1995), Le metafore nel colloquio clinico. L’uso delle immagini mentali del cliente (trad. it) Centro Studi Erickson, Trento. LAKOFF G. JOHSON M. (1980). Metafora o vita quotidiana (trad. it.) Bompiani. Milano, 2004. MINSKY (1980), La società della mente (trad. it.), Adelphi, Milano, 1989. NORTON C. S. (1989), Life metaphors, Southern Illinois University Press,Carbondale Sullo stesso argomento in Psicologia Contemporanea ricordiamo anche: ARCURI L (2014) le metafore nella vita quotidiana Psicologia contemporanea. 242 58-61. L’AUTORE. EDWARD HOFFMAN, professore alla Yeshiva University di New York, è coautore (con W.C. COMPTON) di Positive Psychology: The Science of Happiness and Flourishing (Wadsworth, 2012). Per Psicologia contemporanea ha pubblicato: Psicologia zen (234) e Lacrime di gioia (239). A003016, 8 RINGRAZIAMENTI Per la raccolta dei dati ringrazio le psicologhe Federica Cappelletto, Francesca Passera e Francesca Soglian.