La Terra di Gaetano - Comitato Italiano Sport Contro Droga

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La Terra di Gaetano - Comitato Italiano Sport Contro Droga
LA TERRA DI GAETANO
Cosa ci ha insegnato Gaetano Scirea sul “gioco del pallone”
Gaetano aveva dieci anni e tirava calci ad un pallone. Gaetano aveva dieci anni e sognava di
indossare la maglietta blu e nera della sua squadra del cuore. Gaetano aveva dieci anni e
guardava il campo con gli occhi di chi vuole, ma sa non di potere.
Gaetano nasce a Cernusco sul Naviglio, un piccolo paesino in provincia di Milano. La madre
lavora come impiegata presso il negozio di scarpe all’angolo, il padre come operaio nella
fabbrica della Pirelli a pochi isolati dal campetto di Via Marconi.
Sotto le macerie di una carriera come ballerino, stroncata dalle continue beffe dei compagni di
scuola, Gaetano decide di scrollarsi tutto di dosso e di cambiare strada.
All’età di sette anni s’iscrive alla società calcistica del quartiere, la “Serenissima San Pio X”.
Quello che all’inizio sembra un misero ripiego al sogno di diventare ballerino, ben presto si
trasforma in una passione, in una necessità; come il vento gelido d’autunno filtra tra la sciarpa
ed il mento e va ad infilarsi dritto nel collo, la passione per il calcio si addentra nel cuore del
piccolo Gaetano.
Ed è così che il sudore, la fatica, gli affanni delle corse sulla fascia con gli stinchi che si
scontrano per cercare il pallone diventano il pane quotidiano di Gaetà, che stringe i denti:
perché il calcio è anche sacrificio.
Con il passare degli anni però, le panchine cominciano a pesare; come quegli interminabili
minuti trascorsi a sperare che il mister ti chiami e ti dica:-“Su Gaetà, vatti a scaldare”
Anche il giorno della finale il copione sembra essere lo stesso, poi però l’allenatore lo chiama
all’improvviso: “Franceschini si è fatto male alla caviglia, siamo sotto di uno, entri tu Gaetano”.
Lui si scalda, studia i movimenti da fare in campo. Sogna il gol: sogna la gloria.
Gli basta poco per guadagnarsi un calcio di rigore; la panchina è in delirio.
Il piccolo campetto in terra di Via Marconi si trasforma tutto ad un tratto in una Wembley con
tanto di tifoserie e diverbi tra gli spalti; e come se fosse la finale di Champions League, il
numero 7 della Serenissima Marco de Ritis, per gli amici “Derri”, si appresta a battere dal
dischetto con la pressione alle stelle .
La rincorsa è giusta, il tiro no. La Serenissima perde, sul campo rimangono soltanto due
ragazzi.
Quelle braccia gettate a terra, quella lacrima che tocca il gesso appena sparso sulla linea del
dischetto, quei rimpianti che mangiano la faccia appena rialzi la testa e vedi ancora la traversa che
trema. Hai perso la partita sì, ma hai trovato un amico. Perché quella mano di Gaetano,
poggiata piano sulla spalla del compagno in lacrime, fa capire che il calcio è lealtà, è rispetto
delle persone che ti circondano e dei loro errori.
Il calcio è spirito di squadra, perché dare una mano ai propri compagni nei momenti di
difficoltà è la prima regola per vincere. Il calcio è magia, il calcio è sogno, il calcio è passione: Il
calcio è Gaetano.
La classe III C Liceo Scientifico Tassoni Modena