TACCUINO
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n° 377 - ottobre 2016 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori I-20089 Rozzano (Milan, Italy) www.fondazione-menarini.it TACCUINO I Magi si fermano a Milano Nell’ambito della serie di iniziative organizzate per festeggiare i primi 15 anni di attività del Museo Diocesano milanese - nato nel 2001 per volontà del cardinale Carlo Maria Martini - è stato inaugurato il nuovo complesso museale dei Chiostri di Sant’ Eustorgio che riunisce il Museo Diocesano, il Museo di Sant’Eustorgio con la quattrocentesca Cappella Portinari e la Basilica di Sant’Eustorgio, costruita nel XII secolo. In questa occasione viene esposta nel museo, fino al 5 febbraio prossimo, l’Adorazione dei Magi di Albrecht Dürer (Norimberga, 14711528), in prestito dalla Galleria degli Uffizi di Firenze. Un soggetto strettamente legato alla storia della basilica di Sant’Eustorgio, dove sono custodite le reliquie dei re Magi, che la tradizione vuole siano state donate nel IV secolo dall’imperatore di Costantinopoli allo stesso Eustorgio, vescovo di Milano. Le reliquie furono poi trafugate dagli uomini di Federico Barbarossa nel XII secolo e vennero portate a Colonia; infine, all’inizio del XX secolo, la diocesi di Milano riuscì a farne restituire una parte: le reliquie sono ancora oggi conservate in una preziosa teca dentro l’altare dei Magi, nella cappella a essi dedicata, che si trova nel transetto destro della basilica. Nella stessa cappella vi è anche il grande sarcofago tardo- Albrecht Durer: Adorazione dei Magi romano che, secondo la tradizione, avrebbe conservato i corpi dei Magi durante il trasporto dall’Oriente a Milano. Il ritorno a Roma di Artemisia Dal 30 novembre 2016 il Museo di Roma a Palazzo Braschi ospita una grande mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi. La rassegna monografica, aperta fino al 7 maggio prossimo, vede il ritorno della pittrice nella sua città: nata a Roma nel 1593 e morta a Napoli nel 1653, Artemisia – che fu protagonista di noti episodi drammatici e scandalosi ha vissuto e lavorato principalmente a Firenze (dal 1613 al 1620), Roma (dal 1620 al 1626) e Napoli (dal 1626 al 1630). La mostra è un viaggio nella vita e nell’arte della Gentileschi, con un approfondito esame degli scambi e delle influenze con gli artisti a lei vicini. Tra i dipinti esposti, giunti da grandi musei europei e americani, figurano capolavori quali Giuditta che taglia la testa a Oloferne (Napoli, Museo di Capodimonte) ed Ester e Assuero (Metropolitan Museum di New York). Accanto alle opere di Artemisia il percorso espositivo presenta quelle di alcuni fra i protagonisti del Seicento in Artemisia Gentileschi: Ester e Assuero 2 Italia e in Europa come Cristofano Allori, Simon Vouet e Giuseppe Ribera. Treviso racconta l’Impressionismo La rassegna Storie dell’Impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir, da Van Gogh a Gauguin, in corso fino al 17 aprile prossimo nel Museo di Santa Caterina a Treviso, riunisce 140 opere - in gran parte dipinti, ma anche fotografie e grafica - per raccontare l’impressionismo e il suo rapporto con la cultura figurativa del proprio tempo. Il percorso espositivo documenta quel mezzo secolo di pittura in Francia che va dagli anni Cinquanta dell’Ottocento fino ai primissimi anni del Novecento: accanto alla nascita e all’affermazione dell’impressionismo e al successivo postimpressionismo, si prende in esame anche la pittura accademica della stessa epoca, mostrando come il linguaggio nuovo degli impressionisti, e prima di loro dei pittori della scuola naturalistica di Barbizon, convivesse a lungo con l’arte ufficiale dei Salon. Toulouse-Lautrec e le luci di Parigi Il Palazzo Chiablese di Torino ospita dal 22 ottobre 2016 al 5 marzo 2017 Toulouse-Lautrec. La Belle époque, una retrospettiva dedicata a Toulouse-Lautrec, che presenta circa 170 pezzi provenienti dalla collezione dell’Herakleidon Museum di Atene. L’arte eccentrica e la poetica anticonformista dell’aristocratico bohémien sono documentate attraverso l’opera grafica di quello che è considerato il più grande creatore di manifesti e stampe tra il XIX e XX secolo. In mostra litografie a colori, manifesti pubblicitari, disegni a matita e a penna, grafiche promozionali e illustrazioni per giornali (come La Revue blanche del 1895) che sono divenuti l’emblema di un’epoca, indissolubilmente legata alle creazioni dell’aristocratico visconte Henri de Toulouse-Lautrec. Nonostante i limiti fisici Henri non ebbe difficoltà a inserirsi nel mondo libero e spregiudicato degli artisti e degli spettacoli: i caffè concerto e i cabaret, principali luoghi della vita notturna parigina di fine secolo, divennero il suo rifugio prediletto, offrendogli i temi preferiti per la sua arte. Fra soggetti scabrosi e innovative ricerche espressive, Toulouse Lautrec trae ispirazione per i protagonisti delle sue opere dalla vita notturna di Montmartre – il circo e il Moulin Rouge, le stelle del cabaret e i bicchieri di assenzio - alternandola con istanti di quotidianità, e momenti colti “dietro le quinte” con effetti di grande immediatezza. Il visconte di Lautrec esce di scena a trentasette anni, il 9 settembre 1901, alle soglie del XX secolo. Un’epoca si chiude con lui. A Rovereto il Mart accoglie Boccioni Dopo la tappa al Palazzo Reale di Milano, arriva al Mart di Rovereto fino al 19 febbraio 2017 la mostra Umberto Boccioni. Genio e memoria; nel centenario della morte, la figura del padre della pittura futurista viene ripensata alla luce delle ricerche più recenti condotte sulla base di preziosi materiali d’archivio. Il percorso si sviluppa attraverso oltre 180 opere, Claude Monet: La casa dell’artista ad Argenteuil Henri de Toulouse-Lautrec: Femme au tub Umberto Boccioni: Forze di una strada che dialogano con le Collezioni e i Fondi dell’Archivio del ’900 custoditi presso il Mart. Disegni, dipinti, sculture, incisioni, 3 fotografie d’epoca, libri, riviste e documenti raccontano la storia dell’artista, integrandola con opere dei suoi contemporanei e preziosi materiali d’archivio. La mostra si articola in cinque sezioni che non seguono un andamento rigorosamente cronologico, ma piuttosto uno sviluppo tematico. Si svolge così davanti agli occhi dei visitatori il racconto di una straordinaria parabola artistica, dal Divisionismo al Futurismo, da una dimensione intimistica, ancora affascinata dal clima simbolista di inizio secolo e ricca di rimandi all’arte del passato, a una vitalistica apertura al mondo esterno, stimolata dall’ideologia di Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento futurista. Il Vittoriano per Hopper Dopo il successo della mostra bolognese tenutasi nella primavera scorsa, la rassegna monografica dedicata alla pittura di Edward Hopper (Nyack, 1882 – New York, 1967) si è trasferita a Roma, nell’Ala Brasini del Vittoriano, dove rimarrà aperta fino al 12 febbraio prossimo, presentando circa 60 opere realizzate tra il 1902 e il 1960, comprese alcune fra le più note, come Le Bistro or The Wine Shop (1909), New York Interior (1921), South Carolina Morning (1955) e Second Story Sunlight (1960). Tra le opere esposte figura anche il grande olio su tela Soir Bleu, realizzato da Hopper nel 1914 a Parigi. L’edizione romana della mono- grafica di Hopper è arricchita da una sezione del tutto inedita, dedicata all’influenza della pittura di Hopper sul grande cinema: dai film che hanno per protagonista l’investigatore Philip Marlowe, ai lavori di Hitchcock, fino a quelli di Michelangelo Antonioni, con vari riferimenti alla pittura di Hopper ne Il grido, Deserto rosso e L’eclisse; anche nelle opere di registi come David Lynch, Wim Wenders e i fratelli Cohen l’influenza di Hopper si fa sentire ripetutamente. Manzù a Roma Al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo e presso il Museo Giacomo Manzù di Ardea (Roma) fino al 5 marzo, la rassegna Manzù. Dialoghi sulla spiritualità, con Lucio Fontana, affronta il problema dell’arte sacra nella realtà dell’uomo contemporaneo, segnata dalla guerra e dall’ingiustizia, at- traverso il percorso creativo di un grande scultore. Giacomo Manzù (Bergamo, 1908 - Roma, 1991), nel secondo dopoguerra si pose il problema di aprire un dialogo vivo e fruttuoso con l’arte contemporanea partecipando nel 1949 al concorso per la porta di San Pietro in Vaticano. Nello stesso periodo, Lucio Fontana (Rosario, 1899 Comabbio, 1968) tenta di rispondere a interrogativi simili partecipando nel 1950 al concorso per le porte del Duomo di Milano. Intento della mostra è quello di stabilire un ponte fra i due maestri per riportare alla luce una linea essenziale dell’arte italiana fra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Edward Hopper: El Station Giacomo Manzù: Cardinale