elastocompressione e linfedema
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elastocompressione e linfedema
Protocolli pratici per il Trattamento Decongestivo Combinato (CDT) nelle linfopatie. De Filippo Guido-Specialista in Chirurgia Vascolare-Angiologia Master Universitario di 2° Livello in Clinica Linfologica e Microchirurgia dei Linfatici Sede Operativa: Unità Operativa di Riabilitazione Territoriale Referente Aziendale per la Riabilitazione Vascolare (Precorsi Ambulatoriali di Riabilitazione Vascolare-P.A.R.V.) Azienda Sanitaria Caserta - Regione Campania RIASSUNTO: L’ insufficienza linfatica cronica, in ogni sua forma patogenetica sia da aumentato carico che da rallentato scarico, rappresenta, nella società moderna, una vera e propria disabilità, raggiungendo, negli stadi più avanzati, la compromissione delle normali attività della vita quotidiana (A.D.L) Nell’ottica di voler apportare dei benefici a questa sfortunata categoria di ammalati le recenti Linee Guida Internazionali sul Linfedema proscrivono ogni forma isolata di trattamento terapeutico esaltando ciò che è definito il Trattamento Decongestivo Combinato che, se adeguatamente eseguito da parte di personale dedicato, può apportare sorprendenti ed eclatanti risultati, molto spesso impensabili ed irrangiungibili e sicuramente incoraggianti sul piano psicologico. La sessione intensiva – pratica nell’ambito del Convegno sulla Compressione mira ad illustrare sia gli aspetti terapeutici dei singoli trattamenti,spaziando dal Dreanaggio Linfatico Manuale al Bendaggio elastocompressivo alla Compressione Pneumatica Intermittente sia le specifiche manualità di ognuno di essi soffermandosi sull’organizzazione del TEAM riabilitativo che vede coinvolti,sullo stesso obiettivo,gli Specialisti del settore nel sinergismo delle rispettive competenze professionali. INTRODUZIONE AL C.D.T. Il Linfedema rappresenta,oggi, una malattia cronica,altamente invalidante sul piano sociale, con alti costi di gestione e di difficile controllo terapeutico. Certamente nell’ambito degli interventi terapeutici disponibili il Trattamento Fisico Riabilitativo Combinato(T.F.R.C.) o C.D.T..rappresenta,oggi, il metodo migliore per ottenere risultati duraturi nel tempo se confrontati con quelli ottenuti con la sola Farmacologia od il Trattamento Chirurgico o singole metodiche. AZIONE SINERGICA DEI PROTOCOLLI FISICI DI TRATTAMENTO Le linee Guida Internazionali e le maggiori Società Scientifiche prescrivono per la terapia conservativa del Linfedema il Trattamento Decongestivo Combinato strutturato in due fasi: La prima fase-fase d’attacco-rivolta alla riduzione del carico linfatico interstiziale con conseguente riduzione volumetrica dell’arto prevede: - cura della cute - linfodrenaggio manuale - pressoterapia sequenziale - bendaggio multistrato elastocompressivo - esercizi isotonici sotto bendaggio. La seconda fase- di mantenimento- e di ulteriore miglioramento dei risultati ottenuti, prevede: - cura della cute - utilizzo del tutore elastico definitivo - autodrenaggio ed esercizi isotonici domiciliari - follow-up ambulatoriale 1 Le due fasi sono strettamente integrate tra loro nel senso che,quando richiesto, da una si può transitare nell’altra e viceversa; personalizzandole ad ogni singolo caso e quindi secondo le necessità cliniche di volta in volta rappresentate. Nell’ottimizzazione dei risultati vanno assolutamente proscritte le monoterapie (cioè la sola pressoterapia o solo drenaggio linfatico manuale o solo bendaggio multistrato dell’arto) in quanto solo i trattamenti integrati e sequenziati tra loro possono condurre a risultati soddisfacenti ed a volte sorprendenti. L’ARTE DEL BENDAGGIO L’elastocompressione, parte integrante e fondamentale del C.D.T., rappresenta una metodica di facile gestione, previa adeguata preparazione dell’operatore e sicuramente, rispetto ad altre metodiche, garantisce risultati duraturi a breve e lungo termine evitando ripetute e sconfortanti recidive. Presupposto fondamentale è la conoscenza base della fisiopatologia del bendaggio ipo-elastico con le relative componenti intrinseche di manifattura sia delle bende che delle calze, unitamente ai principi emodinamici sulle strutture anatomiche sottoposte a compressione. Particolare importanza bisogna riservare alla dimostrazione pratica dell’arte del bendare giacchè questa metodica, più di ogni altra, è caratterizzata dalla componente manuale e dalla corretta applicazione e sorveglianza nel tempo delle bende. Va sottolineato però che oltre agli evidenti vantaggi anche per questa pratica esistono dei limiti e complicanze dovute ad un errata applicazione delle bende sull’arto. Bisogna tendere,quindi, ad ottimizzare la compliance del soggetto, momento di particolare importanza nel determinare il successo del risultato atteso sia sotto gli aspetti della riduzione centimetrica dell’arto ma soprattutto in termini di miglioramento della qualità della vita dei questi soggetti (A.D.L.). Nell’ambito del C.D.T. il bendaggio si pone come pilastro della prima fase di trattamento su cui ruota l’intero programma riabilitativo. Dopo pochi giorni di applicazione del bendaggio si potrà assistere ad un netto decremento dell’edema per poi transitare gradualmente nella fase successiva consistente nella conservazione dei risultati raggiunti con l’utilizzo dell’indumento elastico definitivo. Naturalmente per l’ottenimento dei risultati entrano in gioco diversi fattori dovuti alla 1. struttura fisica, proprietà elastomerica , qualità ed usura della benda 2. grandezza e forma dell’arto 3. attività fisica del paziente 4. abilità ed esperienza dell’operatore RACCOMANDAZIONI PER UNA VALIDA COMPRESSIONE Esistono delle raccomandazioni in grado di sorvegliare nel tempo l’adeguatezza di ciò che si è confezionato e porre sicuri rimedi contro eventuali fenomeni indesiderati dovuti ad un erroneo bendaggio e per limitarne i danni. Un bendaggio dovrà essere energico ma non causa di dolore, né provocare costrizione circolatoria, specie a riposo (bende a corta estensibilità). Soprattutto la tensione di avvolgimento della benda sull’intero arto deve essere mantenuta costante. Deve essere, inoltre, tollerato e “pratico” tanto da consentire i movimenti articolari, bendando i relativi distretti nelle posizioni funzionali. Deve rimanere quanto più possibile in situ, senza arrotolamenti, anche dopo terapia fisica riabilitativa. Esercitare una graduale compressione decrescente in senso disto-prossimale ed uniforme. 2 E’ necessario proteggere le aree a rischio(tipo salienze ossee,tendini,lesioni cutanee infette etc…) impiegando adeguato materiale morbido da sottobendaggio e creme protettive specifiche. CONTROINDICAZIONI AL BENDAGGIO MULTISTRATO Esistono delle controindicazioni sia assolute che relative alla pratica del bendaggio multistrato. Tra le controindicazioni assolute troviamo: L’insufficienza cardiaca congestizia scompensata L’arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori(I.W.< 70mmHg) La poliartrite La sclerosi progressiva sistemica(sclerodermia) L’atrofia di Sudek Tra quelle relative: L’arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori (I.W.> 70%) L’ipertensione arteriosa L’aritmia cardiaca e/o stenosi dei vasi cardiaci La linforrea La distrofia cutanea Gli arti particolarmente dismorfici APPLICAZIONE PRATICA DI BENDAGGIO ARTI INFERIORI Per praticare un bendaggio quanto più possibile funzionale il paziente dovrà assumere la posizione completamente supina e rilassata nel bendaggio di gamba ed nell’articolazione del ginocchio mentre il soggetto sarà in posizione ortostatica per il confezionamento il bendaggio di coscia (Fig. 1) La benda arrotolata và fissata intorno alla parte distale del piede con un doppio giro, quindi avvolta a spirale fin sopra la caviglia, per poi ritornare al tallone a mò di” 8” Infine la fasciatura continua lungo la gamba e la coscia, a spirale , conservando costante la tensione determinata dall’estensione. In prossimità dell’articolazione del ginocchio si effettueranno giri ad “8” per evitare fenomeni di slippage fig.1 Fig.2 3 Fig.3 Quella descritta (bendaggio a spirale) è una delle metodiche di svolgimento ed applicazione della benda, ma esistono altre metodologie che per brevità ci limiteremo solo ad accennarle. Esse consistono nella metodica cosiddetta”a spina di pesce” determinata dall’applicazione sequenziale di un giro trasverso ed uno obliquo e l’altra definita ad “X” caratterizzata dall’applicazione sequenziale di un giro obliquo a destra e un giro obliquo a sinistra. In ogni caso è molto importante includere il tallone nella fasciatura per evitare l’effetto emostatico della caviglia con conseguente edema del piede. Materiale richiesto: Tubolare in cotone Garze elastiche da 3 o da 4 cm 4 o 6 rotoli di benda morbida non tessuta(cotone di Germania) o strisce di gomma piuma Bende a corta estensione( una da 6/8 cm, quattro da 10, tre da 12, due da 20 per bendare il tronco) Crema protettiva per la cute ARTI SUPERIORI Il bendaggio viene eseguito con paziente seduto e rilassato.(Fig. 2) Nel bendaggio dell’arto superiore e specie nei casi di soggetti portatori di linfedema postmastectomia con interessamento del distretto della mano sarà necessario ricorrere al bendaggio della stessa comprese le dita. In questo caso il bendaggio richiede una notevole esperienza dell’operatore, nonché adeguata preparazione a dover fronteggiare via via situazioni di difficile compliance del soggetto nei confronti del bendaggio stesso. Particolare attenzione si presterà nel bendaggio delle dita della mano utilizzando specifici accorgimenti nell’evitare fenomeni di sofferenza delle vie linfatiche superficiali ed irritazione della cute Analoga attenzione si porrà anche quando si applicano le bende in sovrapposizione tra loro; si raccomanda in questo caso un bendaggio in senso orario ed antiorario sequenziale. Al termine del bendaggio sarà opportuno fissare l’orlo dell’ultima benda con cerotto in tela risparmiando tassativamente la cute! e ribaltare la bordatura del tubolare in cotone sia sull’inizio che sulla fine del bendaggio a scopo protettivo. (Fig3) Controllare sempre il gradiente di pressione, la mobilità e il colorito delle dita dell’arto interessato. Materiale richiesto: Tubolare in cotone Garze elastiche da 3 o 4 cm 2-3 rotoli di benda morbida non tessuta(cotone di Germania) o strisce di gomma piuma Bende a corta estensione(una da 6 cm, una da 8 cm, due/quattro da 10 cm) Crema protettiva per la cute ( Fig. 25 e 26) LIMITI E COMPLICANZE Nella pratica del bendaggio elastocompressivo capita frequentemente di dover assistere a fenomeni di resistenza psicologica da parte del soggetto o ad intolleranza al materiale utilizzato od anche a complicanze legate a mancata esperienza pratica dell’operatore. Tra i limiti principali riconosciamo, dunque, l’opposizione psicologica da parte del paziente ad una sovrastruttura,quale il bendaggio, che, soprattutto se multistrato, può assumere connotati di antiesteticità e visibilità tali da affliggere l’ammalato in misura maggiore della stessa infermità. Pertanto il segreto di un buon successo dipende dalle motivazioni del paziente che possono essere influenzate da fattori quali l’isolamento sociale o il dolore causato dalla terapia. 4 Tra le complicanze più frequenti annoveriamo: Il dolore incontrollato L’occlusione arteriosa L’ischemizzazione La trombosi La gangrena L’allergia cutanea Le lesioni da decubito Le flittene La mancanza della riduzione dell’edema in un mese DRENAGGIO LINFATICO MANUALE Il drenaggio linfatico manuale (DLM), ideato da Vodder intorno agli anni 20, agisce sui vasi linfatici attivandone l'automatismo ed aiutando l'eliminazione del liquido interstiziale e della linfa. Il drenaggio linfatico manuale rappresenta una tecnica efficace ed ormai diffusa in tutto il mondo. Il concetto di "drenaggio" si riferisce alla mobilizzazione del liquido da una zona dove si è accumulato(edema) verso un punto di sbocco(stazioni linfoghiandolari, foce linfovenosa succlaveare), mediante un appropriato sistema di manovre opportunamente studiate e codificate, attraverso un naturale sistema di conduzione: il sistema linfatico. Così come l'agricoltore drena un campo inondato ed elimina l'acqua stagnante mediante una rete di canali, nel nostro organismo esiste un sistema tubulare formato dai vasi linfatici che rende possibile l'uscita relativamente semplice del liquido interstiziale e della linfa che, per vari motivi patologici, si sono accumulati in diverse parti del corpo, specialmente nella pelle o sotto di essa (compartimento soprafasciale)). Le manipolazioni che si eseguono durante il drenaggio linfatico sono delicate, lente e ripetitive ed esercitano un piacevole effetto antistress, perché attivano il sistema nervoso vegetativo preposto al rilassamento (parasimpatico). Le indicazioni del DLM sono numerose e viene proposto,soprattutto,per la sua azione antiedemigena , l'effetto analgesico (sedativo del dolore), l'effetto sulle fibre muscolari lisce. Sulle fibre muscolari striate il DLM esercita un effetto rilassante quando questi muscoli sono tesi e ipertonici; attiva la risposta difensiva del sistema immunitario: attraverso il drenaggio linfatico, miglioriando la risposta difensivo immunitaria nelle zone trattate. La pratica del DLM non deve mai produrre arrossamento della pelle, espressione di un maggior apporto di sangue e di maggior apporto di liquidi ad un tessuto. Al contrario, attraverso il DLM, favoriamo il riassorbimento di liquidi in eccesso. Non si deve mai procurare dolore durante il drenaggio, ma anzi sensazione di benessere. Il ritmo delle manipolazioni è piuttosto lento, a differenza del massaggio manuale tradizionale, e le mani dell'operatore devono lavorare con buona aderenza ai piani cutanei, senza l'ausilio di alcun prodotto (oli o creme) per favorire l'attivazione della linfa e il convogliamento delle scorie e dei liquidi ristagnanti. Le pressioni delle manipolazioni del drenaggio linfatico si eseguono tangenzialmente alla superficie cutanea e le vie anatomiche linfatiche e di solito sono di 30- 40 Torr (unità fondamentale di pressione), per cui risultano più deboli e delicate di quelle utilizzate nel massaggio manuale tradizionale, che sono di circa 70- 80 Torr. Ad ogni fase di pressione di spinta deve seguire una fase di rilassamento, fase molto importante perché il liquido interstiziale e la linfa agiscono come una massa liquida che si sposta lentamente. Per ottenere un buon drenaggio, è necessario eseguire manipolazioni lunghe e lente, enfatizzando i movimenti delle spalle e dei gomiti rispettando i periodi di pausa per la fase di rilassamento e di riempimento dei vasi linfatici. 5 COMPRESSIONE PNEUMATICA INTERMITTENTE La compressione pneumatica intermittente(CPI) simula passivamente, ossia in assenza di attività muscolare, la fase diastolica e sistolica dellsa circolazione linfovenosa. Gli apparecchi di pressoterapia sono costituiti da sacche gonfiabili,parzialmente sovrapposte tra loro, che vengono applicate su varie parti del corpo e collegate ad un motorino pompante. Il gonfiaggio dei comparti avviene in sequenza comprimendo l’arto edematoso in direzione prossimale. Le pressioni esercitate dal sistema (fase sistolica) variano dai 40 ai 120 mmHg a secondo delle caratteristiche dell’edema e con una durata di 30-40 sec. ed un intervallo tra un’onda pressoria e l’altra (pausa diastolica) di 20 sec. Questa metodica determina uno spostamento meccanico sia dei liquidi dall’interstizio intercellulare verso il comparto circolatorio sia verso altri distretti intercellulari (che saranno trattati secondo le procedure sopra descritte)ottenendo in tempi rapidi risultati soddisfacenti sia sotto il profilo funzionale che estetico. Naturalmente la metodica và utilizzata con l’integrazione tecnica del linfodrenaggio mediante manovre di preparazione e svuotamento dei pacchetti linfonodali. ESERCIZI DI GINNASTICA ISOMETRICA SOTTO BENDAGGIO Gli effetti dinamici di pompaggio del liquido linfatico vengono stimolati intensamente dagli esercizi muscolari effettuati sotto bendaggio specie se ipoelastico. Questi esercizi possono essere effettuati sia in palestra collettivamente in gruppi o singolarmente nonché a domicilio in “self terapy” e saranno diversificati tra loro a secondo i gruppi muscolari specifici da attivare. CONCLUSIONE Il Trattamento Decongestivo Combinato attraverso le singole metodiche sopra descritte e fortemente integrate tra loro rappresenta il vero protocollo strategico per affrontare adeguatamente il linfedema ottenendo risultati soddisfacenti e duraturi nel tempo. La gestione delle varie tipologie di intervento da utilizzare nelle singoli fasi di malattie rappresentano le armi che ogni fisioterapista deve custodire gelosamente nel suo bagaglio formativo per limitare quanto più possibile l’evoluzione di questa malattia che rappresenta una vera e propria disabilità con importanti e gravi risvolti sul piano sociosanitario. 6