La Poesia italiana del Secondo Novecento Umberto Piersanti è nato
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La Poesia italiana del Secondo Novecento Umberto Piersanti è nato
La Poesia italiana del Secondo Novecento Umberto Piersanti è nato a Urbino nel 1941. Nel 1966 suoi scritti giovanili sono usciti nella cartella d' arte All'ora del crepuscolo (Ed. Svolta, Urbino). Ha pubblicato i libri di poesia: La breve stagione (Ad libitum, Urbino; 1967); Il tempo differente , (Sciascia, Caltanissetta, 1974), L'urlo della mente (Vallecchi, Firenze, 1977), Nascere nel '40 (Shakespere e C., Milano, 1981), Passaggio di sequenza (Cappelli, Bologna , 1986); I luoghi persi, (Einaudi, Torino, 1994). Un' antologia di sue poesie è uscita in Spagna col titolo El tiempo diferente (Los libros de la frontera, Barcelona; 1989) Con Fabio Doplicher ha curato l'antologia di poesia italiana Il pensiero, il corpo (Quaderni di Stilb, Roma, 1986 ) Ha inoltre pubblicato il romanzo L'uomo delle Cesane (Camunia, Milano, 1994). Ha scritto tre volumi di saggistica: L'ambigua presenza (Bulzoni, Roma 1981 ), Poesia diffusa, insieme a Fabio Doplicher, (Shakespeare e C., Milano, 1982) e Sul limite d'ombra (Cappelli, Bologna 1989). E' autore del film L'età breve ( 1969) e dei film-poemi: Sulle Cesane ( 1982), Un'altra estate ( 1988) e Ritorno d'autunno ( 1988). Tre suoi testi filmici, L'età breve, Nel dopostoria, Sulle Cesane, insieme a numerosi interventi sulla sua produzione cinematografica, sono usciti nel volume Cinema e poesia negli anni '80, curato da Gualtiero De Santi (Cappelli, Bologna, 1985). Dirige la rivista "Pelagos", collabora con "Tuttolibri La Stampa" e con "Il Corriere Adriatico". Dopo Natale spente le luminarie l'ultima che risplende a fianco dello scivolo, bassa sul mare sei cresciuto Jacopo dall'altro anno, ma i giochi e lo sguardo sono gli stessi, figlio, il tempo non ti riguarda il cerchio delle luci le feste ora passate la luna di gennaio ch'esce più tardi delle tronche parole senza storia, della corsa priva di compagni solo ti ricompensa il tempo fatto eterno per noi si spengono le luci dopo le feste, come la neve bianca grigia si scioglie sull'asfalto febbraio 1999 Da: Per tempi e luoghi, Porretta Terme, I Quaderni del Battello Ebbro, 1999 L'isola Ricordi il mirto, fitto tra le boscaglie, bianchissimo e odoroso, scendere per i dirupi sopra quel mare? e le capre tenaci brucare il timo, l'enigma dello sguardo che si posa dovunque e sempre assente? più non so il luogo dell'imbarco come salimmo nel battello quali erano le carte per il viaggio. Scendevi alta per lo stradino polveroso antica come le ragazze che portarono i panni alle fontane la tua carne era bruna come la loro. Férmati nella radura dove il vento ha disseccato e sparso i rosmarini qui potremmo vederle se aspettiamo immobili alle euforbie quando imbruna vanno alla bella fonte degli aneti giocano lì nell'acqua e tra le erbe e mai s'è udito un pianto sono felici. Tu eri come loro, solo una volta quando uscivi dal mare, ti sei seduta nei gradini del tempio, un'ombra appena trascorse di dolore nella faccia. Seppi così che il tempo era finito che tra li dei si vive un giorno solo. E riprendemmo il mare normali rotte. Qualcun altro s'imbarca, attende il turno né l'isola sprofonda come vorrei. Gennaio 1999 Da: I luoghi persi, Torino, Einaudi, 1999 Lo spino bianco Le lunghe bacche rosse splendono intatte quando l'ottobre entra, i cieli sono i più azzurri dell'anno, ma freddi e brevi, porta pace lo spino gli agnelli bianchi brucano foglie e frutti, dormono al ceppo ma quando viene la bruma nera e spessa e scolora le bacche, cascano secche spegne malva e falasco fa l'acqua nera escono allora le anime dai rami girano come fuochi quasi spenti ma solo chi è malvagia lascia lo spino se c'è uno che passa quando annotta dovrà seguirla e perdere la strada Da: I luoghi persi, Torino, Einaudi, 1999 Il favagello è d'un giallo squillante, nessun fiore l'uguaglia anche se prendi l'anno intero copre a febbraio i greppi verdissima è la foglia umida sempre un poco e immacolata quando la neve cade che ritarda il favagello resta sotto intatto se sta sotto la neve tre giorni sani e viene una ragazza che lo coglie dinnanzi alla specchiera, in un bicchiere col gambo dentro l'acqua poi lo mette sale nel vetro l'uomo, sale le scale bussa alla porta e aspetta se lei apre Da: I luoghi persi, Torino, Einaudi, 1999 Per tempi e luoghi c'era la palma sola o a branchi radi ma so che oltre quel cerchio essa non cresce resta la sabbia nuda, la distesa dove affondi la gamba, dov'è scesa la donna corsa avanti che s'arresta sgomenta nell'Aperto che la cerchia il suono monocorde dell'azzurro che s'alza nel silenzio fino al cielo senza una striscia bianca, senza una piuma è come questa febbre che m'appanna poeta che conosci il deserto vasto ci sono stato io una volta sola come turista che si serra ai vetri nel lungo viaggio dove è il più solo trasale per la febbre e lo sgomento c'era prima un villaggio calcinato come talvolta vedi nei presepi ma qui non scorre l'acqua, non c'è il mulino trapassa nell'azzurro anche la terra verde no, ma rossiccia come capra e la viola africana gigantesca anche lei nell'azzurro ci si staglia è stato un lungo viaggio prima gli olivi poi una landa con il vento freddo e le piane di sale bianche e perfette la febbre la portò quell'aria ghiaccia spira lungo il gran disco che m'abbaglia per il suo cupo caldo e la sua luce un solo dio abita il deserto e compone i miraggi, alza la sabbia entra dentro la tenda pervade il sogno del pastore di popoli e di greggi dio dell'imperio sa che nel deserto vince la sabbia e vince nel pianeta ma nei miei boschi passano gli dei stanno dentro le fonti e nelle grotte s'accostano improvvisi nel cammino di rado sono saggi, pronti al riso all'ira e all'amplesso cogli umani Cerveteri ricordo, cogli asfodeli su tumuli rotondi, l'erba che scende, il solco di quel carro che si perde nelle strade dei morti incontro ai vivi e io passo con te mia bionda amica tra le rose canine, tra fiori bianchi e quel cespuglio d'acanto che chiude la nostra storia alle voci d'intorno conobbero il deserto anche gli etruschi o com'era il deserto quando d'intorno scorrevano i ruscelli e nel palmeto la timida cerbiatta s'addentrava prima che arrivasse quel solo dio che non ama l'idillio ma che parla dai rovi o tra la sabbia o la tempesta dentro l'ultima tenda l'etrusco vede l'anatra colorata appesa al palo fitti di voli i cieli di Maremma colmi di pesci tutti i rivi chiari porta nella sua tomba la cara vita l'avrà fissa d'intorno per l'eterno ad Achille pensavo, alla grande ombra mesta nei Campi Elisi, e mi cerchiava l'erba luminosa maggio di tutti i mesi il più gonfio e verde meglio fare il porcaro nel caldo sole che principe dei morti per l'Ade grigio caddero i giovinetti nello Scamandro e fu l'ultimo fiato di rimpianto in un lontano autunno ero venuto qui con Rosaria, il tempo differente era morto per sempre ma da poco per il nero sgomento che mi colse io guardavo il tuo corpo grande e scuro lo specchio che era dietro, il mare in fondo quel tuo corpo in cui entro e mi ci stringo il solo che mi stacchi dalla catena i tuoi capelli sono come arbusti che io afferro e tormento e poi odoro ho rivisto poi la chiesa quadra s'alza potente e chiara sulle mura ha in faccia il mare etrusco verderame un ceppo di giusquiamo era filtrato dalla sua pietra bianca gode la luce il tondo lago di Bracciano è specchio alle selve d'intorno, tra i grandi ontani solo un momento ti saresti distesa per un istante solo t'avrei colta così assoluta e tesa nel lucore che trapassa le erbe, mescola il giallo della prima ginestra al miele della pelle ai capelli biondissimi che sanno di ramo nuovo e foglia quindi un quieto paese in fondo al lago come altre volte mi stringeva il cuore che ce ne andiamo e il cielo quasi piove il tuo corpo e le erbe i campi e i fiori tutto trascorre è tempo di tornare parto questa volta di primavera i prati sono gialli per le rape ma come allora scorgo l'Appennino che addensa nubi e nebbie alle sue cime (1987) Da: Per tempi e luoghi, Porretta Terme, I Quaderni del Battello Ebbro, 1999 Viaggio E la suora presente all'improvviso bella, il volto velato nero e la voce antica un testo sacro nel convento-emporio sotto il Subasio dove Crista si merca tutto il giorno turisti-ricordini fitti tra le navate un residuo di stupore per questa mortificata religione solenne solo per i ceri e le cripte chiuse da ferro lavorato dove sono le ultime penombre ed odori d'incenso simili ancora a quelli dell'infanzia. Pellegrini meglio mendicanti di sensazioni esteti ingenui e patetici ad essere cattivi ma, meglio, forse uomini semplicemente uomo e donna per esattezza. Eremo delle carceri tu il più puro di francescana bellezza con il leccio non ulivo benché somigliante quello di Giotto con gli uccelli a cui predica frate Francesco e la grotta di frate Leone quello che "ne combina" sempre tante come dice la dolce amica col sorriso degli occhi chiari azzurri e franchi occhi del Nord e io godo a stare qui senza estasi mistiche ma lieto tra i lecci. È lo stupore d'ogni affresco i muri sghembi, i buoi e gli animali le campagne appena accennate e quelle rocce-rupi bianche-grigie È così inutile l'arte come mezzo di comunicazione ormai superato e si può anche credere vero e forse è meglio utilizzare le parole obbedendo ai compagni del Movimento Studentesco. Ma qui, vicino alla cripta oscura, nel riquadro degli olmi sulla collina umbra qui non ti sorprende il dubbio anche se l'affresco è rovinato e ci dev'essere la superstrada poco lontano. L'amica ha occhi chiari adesso quasi tristi e gira, gira su se stessa al centro della Chiesa e guardarla m'è sufficiente ed ho quasi vergogna degli occhi scuri e velati del collo pesante e la bocca affannosa Ritorneranno fuori le parole sul mattone bianco del crepuscolo in Assisi a tentare di nuovo la scommessa anche se la sua lingua vera ha note di gola musicali Sarai poi nuda con i tuoi occhi chiari nuda e tranquilla sotto le mie mani. Tu lo capisci quest'ultimo sforzo e il rifiuto patetico del contingente tu lenta e umana con il corpo disteso e sorridi perché tu sei sana ma sui tuoi occhi azzurri e sul volto chiaro per fermarli alla mente e al tocco delle mani libero una pazzia testarda e la tensione mortale dell'istante. Perché allora tutto era istante fisso nel semicerchio dei monti vicenda conchiusa nel tempo e nello spazio così sicura e vera e lieta e fragile e commovente e spaurita Bruciarlo sul pendio delle more impazziva tra ulivi e cipressi passavano frati bigi e neri chi sornione, chi tetro, chi francescano come il giovane umbro dalla voce armoniosa, stretto contro la tua veste rossa difeso da un cerchio di braccio ostinato nel tuo sguardo mutevole. E fu il momento di ripassare i valichi un rettangolo scuro veloce tra i monti con caldo, affetto, tenerezza, presagi di paura e vino e frutta e panini imbottiti agli orli, fermi negli attimi scanditi del ritorno i vecchi umbri giocavano e bestemmiavano. Viene poi la fine della leggenda: ed è ancora tempo di [cronaca. agosto 1968 Da: Il tempo differente, Caltanissetta, Sciascia, 1974. Mi commuove il ragazzo immortale Mi commuove il ragazzo immortale alla luce chiara di gennaio ha il cammino lieve di un dio e una femmina tenera sulla spalla. L'ho sentito parlare con voce forte ai ragazzi splendenti con le giubbe e i pastrani; si scuote ora nei capelli lunghi e nel sorriso gli si allaccia la compagna per lo stradino. Anche tu sei entrato di soppiatto insieme agli altri, con parole ed atti già nella storia, come l'ultimo gioco. Ma ti è ignara la meta e il tempo che ti sovrasta. marzo 1973 Da: Il tempo differente, Caltanissetta, Sciascia, 1974 La battitura sulla macchina da battere stavano senza camicie o solo con le canottiere buttavano il grano nel nastro col forcone mentre le donne preparavano ai camini a mezzogiorno passavano con le fiamminghe prima col lesso, poi con l'arrosto e non avevo mai mangiato tanta carne in vita mia mi dava gusto mordere sui cosci dei conigli nelle ali dei capponi gli uomini venivano dagli altri poderi per battere a Che' Gino m'anche le donne erano numerose perché così si lavorava nell'anno una volta sola e chi sta a battere sotto il sole tutto il giorno deve mangiare ciccia molta della più buona Verso le tre i grandi russavano nell'aia noi giocavamo dentro i mucchi di grano sul magazzeno e facevamo moscacieca coi piedi curvi sprofondati negli acini fino ai ginocchi ma qualcuno preferiva andare coi battitori al pozzalone dove la figlia di Carloni faceva il bagno nei due pezzi era come le donne nei cinema americani il corpo lungo e nella pelle non c'erano le crepe né le rughe senza l'odore nero delle altre donne Carloni aveva più di trenta poderi ma rozzo più dei contadini scorreggiava perfino quand'era a tavola ma lei aveva per amante un cittadino che teneva la cintura bianca sui calzoni dopo la cena nell'aja cacciavamo le lucciole noi bambini mentre i più grandi andavano con le ragazze nel canneto. 6 Novembre 1978 Da: Il tempo differente, Caltanissetta, Sciascia, 1974 Figure dell'autunno che trascorre Dove un cerchio finisce un altro volo il compasso perfetto ridisegna dell'anatra marina questi anelli sono come la coda d'aquilone che al luogo destinato obliqua tende e perché porta la pioggia l'ho rivista incrociarsi a Pescara sopra il mare baluginava fitto dentro l'aria nelle nubi di nebbia coi gabbiani Evi noi stemmo dentro l'aria sui platani settembre l'ha indorata nel bosso che va a siepi lungo il mare l'estate già declina sulla tua faccia alta sopra di me che son steso nella sabbia e godo di quest'ora avanti sera la stanza dell'albergo era ristretta e la finestra lunga quasi spegne la luce scarsa [sull'imposta un cachi rinserrato da palazzi il tronco veniva fuori da un resto d'orto tiepido era e scuro di tra il vetro c'era un'ombra di foglie lungo il collo senza sfilarla apristi la tua gonna hai le cosce potenti, i fianchi stretti mentre mi tocchi c'hai i miei occhi addosso l'amore lo fai bene sei pacata sei tenera negli occhi se ti guardo e continui a baciarmelo anche dopo la bruma di novembre avanti sera spande giù nella selva i Cappuccini e il cipresso posto sul declivo che spesso Paolo Uccello ha disegnato diventa un'ombra densa nella valle ora non è che morbido contorno la campagna anche il disco del sole puoi guardare pacato vi risplende con l'alone in questi giorni nei prati bagnati si spengono le malve e le cicorie viene fitta la nebbia su dai fossi ma il cachi luce tento forte che non l'uguaglia frutto lungo l'anno. fine ottobre 1981 Da: Passaggio di sequenza, Bologna, Cappelli, 1986