il mar CH igiano

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il mar CH igiano
il mar CH igiano
anno 2 - numero 4 - dicembre 2006
Ancona
pagina 4
30° anniversario FAMIS
Stoccafisso in bianco
il mar CH igiano
Ascoli Piceno
Fermo
Pesaro Urbino
Macerata
Autore: Anna Maria Rosoni
Categoria: Secondi Piatti
Origine: Marchigiana
Difficoltà: Media
Tempo: 45 minuti
DESCRIZIONE
Vuoi fare lo stoccafisso, ma
non hai tempo per
preparare quello
tradizionale anconetano?
Questo richiede poco tempo
A
è gustoso e non è pesante.
INGREDIENTI
1 kg. di stoccafisso bagnato, farina, prezzemolo, cipolla,
pomodori ciliegini, 1/4 lt latte, salvia, olio extravergine di oliva,
capperi.
ESECUZIONE
Lava bene lo stoccafisso e taglialo a pezzi di circa 6 cm.
Cuocilo nella pentola a pressione con il latte e 1/2 lt di acqua
per 20 minuti. Scolalo bene e tieni da parte l'acqua di cottura,
passalo sulla farina e fallo rosolare in una teglia da forno sul
Ricordi da bambina
Rosa Catani
Oggi, mesi d'inverno da passare,
nelle case poco da fare, ben al caldo
fa piacere che nell'infanzia non
abbiamo potuto avere.
Ora non si ha più fame, troppe cose
si possono comperare, l'età ci ha
fatto avanzare: ora regime si deve
fare!
Ricordi di bimba, che la mente ci fa ricordare quando il
babbo ci diceva: "Non alzatevi troppo presto, state al
caldo, non c'è niente da mangiare e poca legna per
riscaldare".
A Natale grande festa ci sembrava quando la nonna
un'arancia ci regalava.
La miseria l'abbiamo conosciuta e quel poco ci bastava
per essere felici. Con i vicini eravamo molto amici,
gentilezza era scambiata, l'educazione rispettata. E a Dio si
ringraziava per tutte quelle possibilità che ci dava.
Buon Natale 2006
Buon Anno 2007
Abbiamo il piacere di
annunciarvi che il nostro caro amico e Presidente della Sezione
AMIS di Ginevra,
Franco Antonelli
è stato insignito dell’onoreficenza all’Ordine
della Stella della
Solidarietà Italiana.
Felicitazioni e tanti
auguri, caro Franco,
per quello che hai fatto e che
farai, per i marchigiani di Ginevra.
« il marCHigiano »
il mar CH igiano
Periodico della Federazione A.M.I.S.
(Associazioni Marchigiani in Svizzera)
Case postale 670
CH-1212 Grand-Lancy 1
Tel.: +41 22 794 45 66
Direttore: Laila Giorgi
Redattore: Giovanni Paggi
Amministratore: Giuseppe Puglisi
e-mail: [email protected]
vvenimento di eccezione a Rapperswil i 9
e 10 di questo mese per la Federazione
AMIS. Si festeggiavano in effetti il 30°
anniversario della sua fondazione e la Giornata
delle Marche.
Due giornate intense e di qualità che resteranno
impresse nella memoria dei numerosi
partecipanti: soci di tutte le nostre Sezioni e
illustri ospiti dalla Svizzera e dalle Marche, che
hanno colmato la stupenda sala dove si è svolta
la parte ufficiale e la serata di gala.
Abbiamo avuto con noi il
Console di San Gallo
Giampaolo Ceprini, l’Onorevole
Gianni Farina, il presidente del
Consiglio regionale Raffaele
Bucciarelli, che ha celebrato la
Giornata delle Marche, il
presidente della Provincia di Ancona Enzo
Giancarli, il Consigliere regionale Lidio Rocchi, il
presidente del Consiglio dei marchigiani
all’estero Emilio Berionni, e ancora Michele
Schiavone del CGIE e Sergio Giacinti presidente
del Comites di San Gallo.
Nel pomeriggio del sabato il folto gruppo si è
snodato per le vie del centro di Rapperswil in
mezzo alle bancarelle del mercatino di Natale,
per giungere al Castello dove si è consumato un
rinfresco e incontrato le personalità invitate.
L’inizio della serata è stata dedicata alla
cerimonia ufficiale dove, in particolare, Vitaliano
Menghini, uno dei fondatori della FAMIS, ha
ritracciato i suoi 30 anni di vita.
Le autorità marchigiane hanno rimesso Attestati
di Benemerenza a Laila Giorgi, Vitaliano
Menghini, Alberto Grilli, Osvaldo Bittoni,
Giovanni Paggi e alla FAMIS per l’operato di 30
anni, rimesso al suo presidente Giuseppe
Puglisi.
La serata è proseguita gustando un succulento
menu e terminata danzando.
Einsielden, coperta da uno strato di neve, e la
sua magnifica Abbazia, sono state la meta della
domenica, che si è conclusa al Circolo Italiano di
Rapperswil.
Teniamo a ringraziare tutti coloro che hanno
contribuito al successo della manifestazione, in
particolare: Giorgi Laila, Roberto Guidarelli e
Signora, Franco Antonelli e Giovanni Paggi.
Messaggi di felicitazioni e ringraziamenti ci sono
giunti dalla Svizzera e dalle Marche.
Federazione AMIS
Chi desiderasse ottenere tutte le foto delle due
giornate (circa 150 foto su CD), ne fa richiesta
versando Fr. 10.- sul CCP della FAMIS:
17-742055-6 con la menzione “Foto 30°”.
anno 2, n. 4 / dicembre 2006
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anno 2 - numero 4 - dicembre 2006
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Le campane fantasma
(2 a puntata)
Il giorno dopo molti altri testimoniarono di
aver udito l'inconfondibile vibrazione sonora
nella notte. Per circa quaranta giorni la campana più piccola fece udire la sua voce, con una
puntualità tale da poter regolare l'orologio.
Anche le altre campane, poi, seppure con minore frequenza, partecipavano all'incredibile
concerto. La notizia percorse la cittadina, per
estenderi poi in Italia e addirittura all'estero.
Carpegna venne assediata da curiosi e turisti
che registravano, se nel posto giusto, il suono
fantasma. Si pensò ad una trovata
pubblicitaria o ad uno scherzo di qualche
burlone, ma queste evenienze vennero
decisamente smentite dall'intervento di un
gruppo di esperti e di parapsicologici
interessati al fenomeno di possibile origine
paranormale. L'accadimento continuò per
lungo tempo, con caratteristiche che variavano
di tanto in tanto. Gli esperti conclusero che il
fenomeno era reale, si ripeteva ad orari fissi
della giornata, proveniva materialmente dalle
campane, non si udiva all'interno della cella
campanaria, ma all'esterno. L'intero convento
venne ispezionato e furono condotte numerose
prove, fino ad escludere ogni ipotesi di trucco.
Si giunse perfino a sospendere in segreto
l'erogazione della corrente elettica, ma il
fenomeno si ripeté puntualmente. Il suono,
che iniziò il primo giorno di novembre, ebbe a
cessare dopo circa quaranta giorni, per poi
ripetersi saltuariamente e comunque non a
intervalli regolari. Tutto cessò nel periodo
pasquale del 1972, anche se in paese qualcuno
sosteneva di aver ancora sentito ripetutamente
le campane ad ore anormali. Negli anni
successivi il fenomeno divenne sporadico fino
ad esaurirsi. L'origine del fatto è rimasta
Il monte Carpegna
Cagli
L'antico "giuoco dell'Oca"
L'attuale Cagli deriva dall'antica Cale, che
sorgeva in posizione elevata a dominare la
Flaminia, la strada romana che
collegava Roma all'Adriatico
prendendo il none da Caio
Flaminio, che nel 220 a.C. aveva
trasformato una via malagevole e
insicura in una delle strade più
importanti dell'Italia antica. A
testimoniare invece il periodo
rinascimentale resta il possente
Torrione, considerato anche il
simbolo di Cagli. Questa
costruzione, opera di Francesco
di Giorgio Martini, è sopravvissuta alla
Rocca, alla quale era collegata da un
camminamento sotterraneo, distrutta da
Guidobaldo nel 1502 per non farla cadere
nelle mani del valentino.
Alla prima metà del Cinquecento risalgono
le origini del Giuoco dell'Oca, che oggi
viene riproposto in agosto con il corredo di
un grande corteo storico che sfila per le vie
cittadine. I quattro Quartieri si disputano il
Palio con questo gioco, animato da pedine
umane. Vince la contesa il Quartiere che,
dopo varie peripezie e una buona dode di
fortuna, riesce a porre la propria pedina sulla
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In dirittura d’arrivo il primo atto del progetto ideato dalla Regione Marche al fine di raccontare l’emigrazione marchigiana, valorizzarla come risorsa umana e culturale e trasmetterne la memoria alle nuove
generazioni che la ignorano completamente
L’emigrazione marchigiana
Tratto da « Guida insolita delle Marche », di Fabio Filippetti e Elsa Ravaglia
CARPEGNA
anno 2 - numero 4 - dicembre 2006
Progetto “Phoenix-Viaggio nella memoria”
Storia, segreti, leggende
e curiosità delle Marche
sconosciuta. Molti studiosi si sono occupati
del fenomeno, senza però trovare una
spiegazione razionale. Gli esperti del Centro
Studi Parapsicologici di Bologna conclusero
che le origini potevano essere tre: un trucco
resistente ad ogni controllo, un evento
sovrannaturale o un fenomeno paranormale
(poltergeist o di tipo infestatorio) dalle
modalità così particolari da renderlo unico
nella storia mondiale, a meno di non ritenere
vero quello che il conte Monaldo Leopardi,
padre di Giacomo, descrisse nella sua
autobiografia, raccontando che durante un
pellegrinaggio al santuario della Madonna di
Monte Santo, sempre e stranamente nelle
Marche anche questa volta, "le campane
avevano suonato da sole senza che alcuno le
muovesse".
FINE
il mar CH igiano
« Si dipinge in forma di
una donna bella, & di virile aspetto, che con la
destra mano si appoggi
ad una targa attraversata d’arme d’hasta, con
l’elmo in capo, & per cimero un pico, & con la sinistra mano tenga un mazzo
di spighe di grano, in atto
di porgerle, & appresso a
lei vi sarà un cane »
casella 54, che nel grande
tabellone è occupata da san
Geronzio, patrono della città, e
dalla sua candida oca. Alla
fine, si festeggia, o ci si
consola, nelle taverne, fornite
di buon vino e dei piatti
tradizionali della cucina locale.
A proposito di Cagli, va
ricordato che fu patria di Fra
Prospero Domenico Maroni,
autore della Decisiones
Prudentiales Casuum et
Quaesitorum Conscientiae,
pubblicate nel 1702. Nel
famoso "caso 167", in qualità
di inquisitore si occupò di
pratiche magiche e di credenze
dell'epoca, con particolare
riguardo al territorio
marchigiano.
Pur essendo simile a quello di altre regioni
italiane, il flusso migratorio in partenza
dalle Marche, si è distinto per alcune
caratteristiche proprie: ritardo, intensità,
netta predilezione verso l’Argentina.
Mentre diverse regioni (soprattutto settentrionali) si aprivano all’emigrazione di
massa, nelle Marche si registravano ancora tassi di piccola entità. L’Inchiesta
agraria Jacini (pubblicata nel 1884 ed
elaborata per le Marche dal professore
maceratese Ghino Valenti, annotava che
nella regione l’emigrazione per l’estero è
pressoché nulla.
Non era certamente nulla, invece, quella
interna al paese: dalle Marche ci si spostava, singolarmente o a piccoli gruppi,
verso le pianure comprese fra gli Appennini ed il mar Tirreno, nelle Maremme toscane e laziali, nell’Agro romano, nelle paludi pontine ed in Campania. Si trattava di
piccoli proprietari, coltivatori, coloni, braccianti delle zone più depresse della montagna e della collina, che partivano in autunno e facevano ritorno a giugno dell’anno successivo.
Molti di essi, braccianti o pastori, finivano
per stabilirsi a Roma dove si formò col
tempo uno dei gruppi regionali più consistenti.
L’emigrazione all’estero soppiantò l’esodo
stagionale verso le regioni confinanti
allorché la crisi agraria nazionale divenne
preoccupante (la produzione granaria
diminuì del 28%,
il prezzo del pane
aumentò del 33%, le giornate lavorative
diminuirono di numero ed i salari agricoli
si
abbassarono
di
valore);
furono
completate le grandi opere pubbliche
iniziate dopo l’Unità d’Italia, ed aumentò
l’imposizione fiscale.
In ambito regionale, alcuni eventi
minarono l’economia marchigiana: furono
chiuse, perché sfruttate in modo inadeguato, le miniere di Perticara (nel
Pesarese) e Ca’ Bernardi (al confine con
l’Umbria), ed entrarono in crisi i settori
extra -agricoli, impresa manufatturiera in
testa.
Partita in sordina, l’emigrazione si impennò velocemente, tanto che nel periodo
1895-1915 le Marche furono le più colpite
del centro Italia. Il periodo in assoluto più
rappresentativo è quello intercorrente tra
il 1906 e il 1915 con 224.000 espatri (su
un totale complessivo di circa 700.000
unità), mentre il solo triennio 1905-1907
ne registrò ben 91.009.
Dopo il 1925 i flussi regionali seguirono a
grandi linee le vicende
italiane:
diminuirono
negli anni Trenta; ripresero dopo la fine del
conflitto mondiale, e
proseguirono soprattutto
negli anni Cinquanta e
Sessanta, pur con minor
intensità e soprattutto
con caratteristiche strutturali notevolmente mutate rispetto ai primi
anni del secolo. Il saldo
migratorio divenne positivo nella nostra regione
fin dal 1966, con ben
nove anni di anticipo
rispetto a quello nazionale.
Per quanto attiene alle
destinazioni,
l’emigrazione si orientò inizialmente verso l’Europa e
le coste mediterranee,
assimilandosi al modello
settentrionale; una delle
sue mete fu l’Egitto
(dove si stava costruendo all’epoca il canale di
Suez).
Attorno al 1890, gli espatri si diressero verso i
paesi d’oltreoceano, tanto da sfiorare nel periodo 1882 –1896, il 90 %
del totale.
Dopo la chiusura delle
due
miniere
marchigiane, molti corregionali
lavorarono come minatori in Michigan, Minnesota e Pennsylvania.
In violazione della legge
italiana del 1888 (che
vietava la promozione
dell’emigrazione
artificiale, cioè non spontanea), che della legge
americana (che proibiva
l’arruolamento di manodopera dall’estero), centinaia di famiglie provenienti
dall’entroterra
senigalliese
partirono
per gli stati meridionali
degli U.S.A. (Arkansas
in testa), reclutati dall’Amministrazione Ruspoli con sede a Senigallia.
Diedero vita là a diverse
colonie lungo il corso del
Mississippi dove l’attività principale
consisteva nella raccolta del cotone.
L’esodo verso l’Europa crebbe fino allo
scoppio della prima guerra mondiale,
allorché raggiunse il 40 % del totale
degli espatri.
Nel secondo dopoguerra le destinazioni
mutarono ed i paesi emergenti furono la
Svizzera, la Francia, il Belgio, il Lussemburgo e la Germania, dove, ancora nel
1975 vi lavoravano oltre seimila marchigiani.
Le quattro province marchigiane hanno
vissuto in modo diverso il fenomeno migratorio, sia per quanto attiene al numero degli espatri, che per le mete di destinazione ed i periodi scelti per le partenze: nella provincia di Pesaro- Urbino,
ad esempio, è prevalsa la destinazione
europea (modello padano), mentre nella
provincia di Ascoli Piceno, è prevalsa
quella statunitense (modello meridionale).
Il territorio compreso tra le stesse (e più
precisamente quello racchiuso tra il
fiume Esino a nord ed il confine meridionale della provincia di Macerata a sud)
rappresenta quello che gli studiosi chiamano il modello marchigiano, contraddistinto da una forte connotazione agricola di origine e di destinazione, ed una
quasi totale uni- direzionalità verso l’Argentina; alcuni comuni dell’alto Maceratese, infatti, registrano percentuali (sul
numero totale degli espatri) a dir poco
sorprendenti: 70% nel periodo 19041914; 73% nel periodo 1894-1903, e
92% nel periodo 1884-1893.
Indipendentemente da questi dati, la
preferenza regionale verso l’Argentina
(seguita da U.S.A. e Brasile) è indiscussa; ciò ha posto le Marche, nel periodo
1876-1925, al quinto posto in Italia per
quanto concerne il valore assoluto degli
espatri ed al primo posto per quanto
concerne il valore percentuale degli stessi sul totale regionale (38%).
Paola Cecchini
Arrivo a Buenos Aires (1925)