educazione sessuale e affettiva a casale monferrato: stato dell`arte

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educazione sessuale e affettiva a casale monferrato: stato dell`arte
EDUCAZIONE SESSUALE E AFFETTIVA A
CASALE MONFERRATO: STATO DELL’ARTE
“Spiegare a tuo figlio come è nato è di sicuro più imbarazzante che
parlare della donazione degli organi” recita uno spot pubblicitario
dell’A.I.D.O. Può sembrare strano, ma forse nel 2010 è ancora così, o
per lo meno questa appare una chiave di lettura del fatto che ancora
tanti, troppi giovani, non riescano a parlare di sessualità con i propri
genitori. Certo il salto generazionale è importante, ma è altrettanto vero
che questa tematica che risponde alla fatidica domanda del “Come siamo
nati?” ancora appare una domanda tabù.
Sembrano essere queste alcune indicazioni che sono emerse da una
ricerca che il Distretto di Casale Monferrato, diretto dal Dott. Roberto
Stura, in collaborazione con il Consultorio Familiare e il Gruppo PEAS
(Promozione e Educazione alla Salute), coordinato dal Dott. Mauro
Brusa, ha portato a termine nel corso dell’anno scolastico 2009/2010 e
da cui si evincono alcuni dati che appaiono di importante riflessione.
C’è da dire che ormai da moltissimi anni il Distretto di Casale si muove
su tutto il territorio dell’ASL AL al fine di effettuare progetti di educazione
sessuale e affettiva nelle scuole primarie e secondarie di primo e
secondo grado. Questi progetti che negli anni si stanno ripetendo con
una ottima risposta sia da parte degli insegnanti che da parte degli
alunni, e che sono stati sapientemente gestiti dall’educatrice
professionale Paola Godino, hanno dato adito, durante l’anno scolastico
appena concluso, ad una serie di riflessioni quali-quantitative scaturite
dalla somministrazione di un questionario.
Si è infatti predisposto, nell’ambito del progetto di educazione sessuale e
affettiva dal titolo “Ma che cavolo dici” Corso di Educazione Sessuale e
Relazionale Affettiva, che prevede lo svolgimento di tre incontri per
ciascuna classe coinvolta, un questionario da somministrare in ingresso,
vale a dire nel momento di conoscenza della classe, prima che venissero
fornite dagli specialisti le informazioni e, successivamente, in uscita al
fine di verificarne gli apprendimenti.
L’analisi dei dati è stata effettuata su 137 questionari in ingresso e 133
in uscita somministrati nelle Scuole Secondarie di Primo Grado di
Cerrina, Vignale Monferrato, Trino e San Martino di Rosignano.
Le domande di approfondimento hanno interessato diversi ambiti e in
primo luogo la percezione che l’adolescente ha circa la conoscenza della
materia. In merito alle informazioni che i ragazzi ritengono di avere sul
sesso il 53% pensa che siano sufficienti e il 60% considera che la fascia
di età in cui sia giusto dare informazioni in questo ambito sia quella
compresa tra i 7 e 10 anni.
Parlare di sesso con i propri familiari, come abbiamo detto in
precedenza, è molto difficile per i ragazzi che dichiarano di farlo solo nel
21% dei casi con la mamma e solo per il 9% con il papà. Le
comunicazioni, infatti, vanno per la maggiore tra gli amici 77% e con i
compagni di scuola 53%, rari i casi in cui la comunicazione si fa virtuale,
solo 11 ragazzi su 137 hanno dichiarato di parlarne con altri ragazzi nelle
chat.
Gli adolescenti si dividono precisamente a metà quando si tratta di
dichiarare se a scuola hanno o meno trattato argomenti di educazione
sessuale, e la maggior parte dei giovani ritiene che il momento migliore
per farlo sia proprio nell’ambito della scuola secondaria di primo grado,
quando avvengono le maggiori modificazioni fisiche e ormonali.
Quasi la metà (46%) dei ragazzi intervistati dichiara di non piacersi
completamente e di voler cambiare, almeno in parte, il proprio aspetto
esteriore: pensiamo solo a quanti adulti insoddisfatti del proprio aspetto
estetico ricorrono alla chirurgia plastica per apparire e sentirsi più
interessanti.
Dai questionari emerge anche una scarsa conoscenza degli organi
genitali e dell’apparato riproduttivo che risulta essere colmata in seguito
alla spiegazione scientifica (l’86% degli adolescenti ha risposto
correttamente alle domande del questionario di uscita). Ma quanto ci
rincuora maggiormente appare la comprensione del messaggio che il
progetto vuole realizzare e che sembra essere capito (e speriamo
applicato) dagli adolescenti. Interventi di questa natura, infatti, vogliono
spostare l’attenzione dal semplice aspetto nozionistico per dirigerla sugli
aspetti emotivi e relazionali che sono insiti in ogni relazione affettiva e
sessuale e che, talvolta i ragazzi, per paura o per superficialità tendono a
sottovalutare.
“Come faccio a sapere se la mia compagna è soddisfatta del rapporto
sessuale o se mi desidera?” sono alcune delle domande che gli
adolescenti si pongono e pongono a noi operatori, in modo particolare
durante il terzo incontro del progetto che è stato condotto dalla
psicologa-psicoterapeuta Franca Bo, e che ci permettono di aprire la
discussione sugli aspetti emotivi che sottendono una relazione sessuale.
“Perché un rapporto sessuale possa essere gratificante – spiega infatti il
Dott. Stura, medico che da sempre si occupa di educazione sessuale
nelle scuole – non è necessario raggiungere l’orgasmo ma che vi sia una
intesa e complicità dettata dalla conoscenza di sé e dell’altro”. La
consapevolezza circa il proprio desiderio appare un elemento importante,
utile anche al fine di ridurre situazioni di violenza psicologica o fisica che
si lega, ad esempio al tema della secchezza vaginale. A tal proposito
molto significativo pare essere stato l’incremento relativo alla domanda
sulla lubrificazione vaginale nella donna prima di avere un rapporto
sessuale, poiché l’80% dei maschi ne ha compresa l’importanza quale
segno di piacere e dimostrazione per l’uomo di gradimento del rapporto
sessuale, elemento che va in direzione opposta rispetto alla violenza sia
fisica che psicologica di cui spesso le adolescenti si sentono vittime
poiché costrette ad avere rapporti sessuali completi per sentirsi accettate
e dentro al gruppo dei pari.
Altro dato significativo emerso dalla ricerca risulta essere quello relativo
all’utilizzo del preservativo quale metodo contraccettivo maggiormente
impiegato dagli adolescenti sia al fine di prevenire gravidanze
indesiderate, sia quale metodo per la prevenzione delle malattie
sessualmente trasmissibili.
Ma allora: “Perché è così difficile parlare con i ragazzi di sesso?” forse
perché, talvolta, anche gli adulti non hanno chiaro il proprio rapporto con
l’altro sesso e con le emozioni che una relazione affettiva suscita. Ma se
come scrive Alba Marcoli, psicoanalista milanese che per anni si è
occupata degli adolescenti e delle loro famiglie, né “Il bambino nascosto”
(1993): “da una famiglia in cui non si parla di certi argomenti un
bambino facilmente imparerà che di quegli argomenti non si parla, in una
in cui non si ascolta, imparerà a non ascoltare, in una in cui si negano le
evidenze imparerà a negarle e così via di seguito”, il lavoro con gli
adolescenti ci insegna che non dobbiamo temere di essere degli adulti
che non hanno tutte le risposte alle loro domande poiché le spiegazioni
di cui i nostri ragazzi necessitano sono di tipo relazionale e non
contenutistico come invece il mondo degli adulti si aspetta.
L’adolescente, infatti, non desidera un adulto che sappia tutto e magari
si sostituisca a lui impedendogli di farsi le sue esperienze, ma di un
adulto capace di stargli accanto e di accompagnarlo in quell’avventura
che l’incontro con l’altro gli riserva.
Franca Bo, Psicologa, Psicoterapeuta, Consulente ASL AL