Editoriale

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Editoriale
… Ecco a voi il terzo numero
del nostro giornalino…
Così doveva cominciare il
nostro “editoriale”. Invece
vogliamo ricordare
MADDALENA che da sempre
veniva al centro il giovedì. Lei si
è addormentata una sera ed è
andata direttamente in cielo. Ci
mancherà tanto perché era la
memoria storica di Crespellano,
nelle sue tradizioni civili e
religiose ed era superesperta di
cucina. Ci siamo molto
commossi ad ascoltare Don
Alessandro che aveva con lei
un legame affettivo profondo.
Ha spiegato la scelta del brano
del Vangelo letto per
Maddalena: quello del chicco
di grano che germoglia e dà
frutti. Maddalena ha dedicato
la sua vita agli altri, nel servizio
svolto come “perpetua”di don
Zanarini e nella cura e custodia
della chiesa di Pragatto e altro
ancora.
Don Alessandro ha raccontato
che si sentiva un po’ controllato
da Maddalena quando andava
a celebrare la Messa vespertina
perché lei già aveva ascoltato,
alla tv o alla radio, le omelie e la
spiegazione del Vangelo di
quella domenica ed esprimeva
il suo parere.
Era lei che sceglieva e intonava
i canti, in genere quelli dedicati
a Maria.
I parenti, attraverso don
Alessandro, hanno ringraziato il
personale del centro.
Ma noi siamo qui a dire che da
Maddalena abbiamo imparato
tanto e ci ha stimolato per
uscite e visite interessanti per
tutti, le ultime proprio nelle “sue”
chiese: il santuario di Pragatto e
la chiesa su, in alto. CIAO
MADDALENA!
UNA MOSTRA E IL SUO SEGUITO
A Maggio, nelle sale della biblioteca comunale, è stata
presentata una mostra intitolata
“ IL TEATRO FARMACEUTICO”,
organizzata da La Bottega della
Creta. Un viaggio nelle spezie e
nelle piante curative. Siamo andati a visitarla e abbiamo ammirato piatti e vasi da farmacia, la
ricostruzione della bottega dello
speziale oltre a cartelloni e immagini sulle principali piante curative. Fino al 1700 veniva preparato un medicinale: la “Teriaca” adatto a tutti i mali e fatto
di ingredienti incredibili.
Al centro anche noi abbiamo tirato fuori i nostri metodi
curativi, lunghi da riportare tutti. Ne vogliamo ricordare alcuni.
Le “formule” magiche tipo: “Ghet mél a la panza? Va da la
Costanza c’lat dà un garavlein d’u e at pasa la bubu”.
Oppure per una ferita… “Merda ed galat, merda ed galeina,
s’t’an guares ades, at gaures dmateina”. Oppure, per
l’orzaiolo, da Wilma si diceva così: “Orzarol, baron futù, torna
indrè dov tu se vgnu. Tu se vgnù da Brisighela, torna indré da
tu sorela” ( ripetere 3 volte, segnando con le dita a corna).
Le piante curative: la malva per il mal di denti, la camomilla
per il mal di pancia l’aglio contro i vermi intestinali, i semi di
lino… L’olio di merluzzo usato per tutti i mali, le pietre
riscaldate per gli
impacchi, i gargarismi
con l’aceto e così via.
Ida, a sorpresa,
comincia a parlare
della sua nonna
Clementina che
sapeva “segnare” e
guarire ogni tipo di
male, dal fuoco sacro
al colpo della strega
(znester), usando
pentolini e preghiere e
altre cose ancora, mai
però insegnate a Ida.
Andava dalla nonna anche il medico, lei non si faceva
pagare e pare che i suoi metodi funzionassero per davvero.
IL PANE FATTO IN CASA
C’è ancora chi lo fa. Per hobby
come il figlio di Vincenzina e lei
ci descrive tutta la preparazione, simile a quella usata una
volta, a parte il lievito che si può
comprare e una volta si
conservava.
Si preparava il pane circa una
volta la settimana e lo si conservava dentro la “spartura” o
madia, la “panareina” o credenza. Il grano lo si andava a
macinare un po’ alla volta,
tanto c’erano vari mulini nella
zona. Si setacciava il macinato
con due setacci diversi e si teneva la farina bianca, a volte il
“tritello”. La crusca la si impastava per i maiali.
Si preparava l’impasto con
lievito, sale, acqua, spesso alle
due della notte e ci si aiutava
con la “gramadaura” (impastatrice) se l’impasto era grande. Si controllava con un dito se
l’impasto lievitava e si preparavano le pagnotte, le pagnottine, le crocette. In casi eccezionali anche la “streia” con una
“pistadeina ed lerd”. Il forno
stava fuori e veniva riscaldato
con i bacchetti delle potature.
Si svuotava dalla cenere e si
metteva a cuocere il pane per
circa tre quarti d’ora. Lo si poteva portare anche dai fornai i
quali mettevano un numero
sulle pagnotte per non
confonderle.
A tutti veniva insegnato che il
pane non si sciupa e che sulle
tavole deve essere appoggiato
diritto dato che sulla pagnotta
c’è una croce incisa.
E i proverbi…”Bisogna cuocere il
pane finchè il forno è caldo”.
“Se tott i sass i fòssén panétt, ai
srév da sfamer dimondi puvrett”.
E continuiamo a ricordare…
GIOVENTU’ FASCISTA ( come si era inquadrati fin da piccoli
…quando c’era lui...)
I maschi dai 4 agli 8 anni erano “figli
della lupa”.
Dagli 8 ai 14 anni i maschi diventavano “ balilla” e le femmine dagli 8 ai 12
anni “piccole italiane”, vestite con
gonna nera e camicia bianca.
Dai 14 ai 18 anni i maschi erano “avanguardisti” e partecipavano al sabato fascista con i pantaloni grigi,
camicia nera, fez in testa.
Le ragazze dai 13 ai 18 anni erano “le
giovani italiane.”
Dai 18 ai 21 anni i giovani erano “gioventù fascista”, poi passavano ad essere militari o milizie fasciste.
Cesarina ci ricorda che c’erano anche le “massaie” con la camicia bianca e lo scamiciato a fiorellini e che
tra le giovani erano selezionate le più
brave per il saggio ginnico al Vittoriale di Bologna.
Nerina, con orgoglio, racconta che
rifiutò la tessera delle “giovani italiane”.
IL NOSTRO DIALETTO
Anna è un’assistente domiciliare e ci racconta un episodio.
Un giorno, dopo aver fatto il bagno a una sua assistita,
questa le chiede: “ Bàin, e la ghegna? Quand la lèvit la
ghegna ? »
Anna ricorda di aver velocemente pensato alle varie parti
del corpo, non sapendo lei,di origine meridionale, che
“ghegna”, nel nostro dialetto, è il viso, la faccia.
E noi tutti a ridere… E ci siamo divertiti a elencare le
parole dialettali più strampalate o forse ormai sconosciute.
Voi che leggete sapete cosa significano?
albasein, aldam, arsintèr,
arsoi, bensaun, bosla, breg,
gàgia, gàrat, ghettal, inciòn,
incu, mugnèg, mazacrot,
pistinega, sgherz, smoia…
e si può continuare.