Memo Poems - a cura di Stefano Cosulich - Numero

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Memo Poems - a cura di Stefano Cosulich - Numero
Memo Poems - a cura di Stefano Cosulich - Numero straordinario di Set’13
A tutti gli amici.....per l’ 11 Settembre
Oggi vi ripropongo… alcune mie riflessioni già editate ( più o meno riuscite) su eventi che
hanno in comune questa data
Sono passati 40 anni da quando uno stupido adolescente sfilava in qualche corteo studentesco
cantando “ El pueblo unido jamàs serà vencido” oggi un uomo stempiato e disincantato si permette
di “disturbarvi” richiamando ideali calpestati ma che hanno covato fino ad oggi in qualche
ripostiglio del suo cuore
11 Settembre 1973 (editato nel marzo 2011)
Non solo le torri
ma anche il pudore
degli USA crollò
Un grandissimo sogno
di pace
di fratellanza
si spense
con Pablo
con Victor
con Salvador Allende.
In questi tempi penso sia salutare riesumare una tra le più suggestive e utopiche sfide politiche
che hanno affascinato ed incendiato i nostri ardori giovanili, questo per farci ripensare ad alcuni
valori a cui forse dovremmo tendere per arginare un possibile pericolo, in un futuro molto prossimo:
disparità eccessive di condizioni di vita tra gli uomini e i popoli potrebbero condurre ad un’
irrimediabile destabilizzazione del mondo in cui viviamo e che abbiamo nonostante tutto imparato
ad amare.
In Cile alcuni anni fa Pablo Neruda (poeta), Victor Jara (regista e cantautore), Salvador Allende
(politico e Presidente) e con loro moltissime altre persone... amavano la vita e credevano
utopisticamente nella possibilità che tutti gli uomini potessero convivere in maniera pacifica
aiutandosi fra di loro, in funzione delle rispettive capacità economiche e dei rispettivi talenti. Queste
loro tentativo di inseguire un sogno è stato abilmente interrotto da chi non voleva che ciò avvenisse
ed è stato fraudolentemente presentato come un ulteriore minaccia di comunismo e “bau bau” anche
per le nostre democrazie. Anche noi inconsapevolmente abbiamo partecipato a soffocare questo
sogno, insieme a Nixon e Kissinger la CIA c’era anche la nostra DC e forse qualche oscura
presenza in Vaticano. Anche noi forse in qualche modo abbiamo partecipato al golpe militare
dell’11 settembre 1973 e contribuito ad uccidere Allende e Jara e a far morire di crepacuore Neruda
e tutti i sogni a cui non solo loro erano aggrappati.
Certo gli interessi delle multinazionali sarebbero stati pesantemente colpiti, certo alcuni
latifondisti avrebbero visto ridursi i propri terreni, certo alcune industrie belliche ridurre il volume
d’affari...... ma sarebbe stato l’inizio concreto di un nuovo mondo e questo virus forse si sarebbe
propagato ovunque!
Durante i tre anni (1970-1973) di presidenza di Allende, democraticamente eletto dal popolo,
gli studenti di ingegneria progettavano e costruivano case per famiglie da sempre costrette a vivere
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in “favelas” dove strade, servizi erano un miraggio; le menti più fervide del Cile si erano messe al
servizio degli altri più bisognevoli, animate da una “responsabilità sociale” di cui oggi noi ci
riempiamo la bocca ma di cui forse ignoriamo il vero significato, e la libertà di culto religioso non
era certamente osteggiata !
Ho cercato di analizzare in maniera più distaccata (emotivamente e ideologicamente) questa
esperienza e sono oggi convinto che fosse una possibile partenza per creare lo stato perfetto, certo
forse sono stati commessi errori, l’uomo non è infallibile, ma bisognava pur iniziare!
SALVADOR ALLENDE
L’hanno lasciato solo
col suo amore
il suo sogno infranto
seduto sulla sua sedia
nella grande sala
gli occhiali spessi
un buffo elmetto in testa
e il sangue...
L’abbiamo sepolto
nell’ oscura profondità
delle nostre memorie.
Rispolverandole
ci assale vergogna
rabbia
impotenza
gli sgarbi sui popoli
oppressi
ingabbiati
sterminati.
I genocidi
ignorati
taciuti
mistificati
avallati.
Risvegliamolo
risvegliamo un sogno
sognato
che ci piacerebbe
nuovamente sognare.
« j’aimerais bien
réveiller
un rêve
rêvé »
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Cuando Voy Al Trabajo (Victor Jara)
Pienso en tí
por las calles del barrio
pienso en tí
cuando miro los rostros
tras el vidrio empañado
sin saber quienes son, donde van.
Pienso en tí
mi vida, pienso en tí.
En tí compañera de mis días
y del porvenir
de las horas amargas
y la dicha de poder vivir.
Laborando el comienzo de una historia
sin saber el fin.
Cuando el turno termina
y la tarde baja
estirando su sombra
por el tijeral
y al volver de la obra
discutiendo entre amigos
razonando cuestiones
de este tiempo y destino,
pienso en tí
mi vida, pienso en tí.
En ti compañera de mis días
y del porvenir
de las horas amargas
y la dicha de poder vivir.
Laborando el comienzo de una historia
sin saber el fin.
Cuando llego a la casa
estas ahí,
y amarramos los sueños.
Laborando el comienzo de una historia
sin saber el fin.
Quando vado al lavoro
Penso a te
per le vie del borgo
penso a te
quando guardo i volti
dietro i vetri appannati
senza sapere chi sono , dove vanno
penso a te
vita mia , penso a te
in te compagna dei miei giorni
e di quelli che verranno
delle ore amare
e dei momenti belli
da vivere
lavorando all’inizio di una storia
senza conoscerne la fine.
Quando finisce il turno
e la sera scende
allungando le sue ombre
sull’opificio
al rientro dal lavoro
discutendo tra amici
ragionando problemi
di questo periodo e destino
penso a te
in te compagna dei miei giorni
e di quelli che verranno
delle ore amare
e dei momenti belli
da vivere
lavorando all’inizio di una storia
senza conoscerne la fine.
Quando rientro a casa
ti trovo là
e ci aggrappiamo ai sogni
lavorando all’inizio di una storia
senza conoscerne la fine.
Víctor Lidio Jara Martínez (San Ignacio, 28 settembre 1932 – Santiago del Cile, 16 settembre
1973) è stato un cantautore, musicista, regista teatrale e poeta cileno. Proveniente da famiglia
contadina, politicamente impegnato, è divenuto negli anni un riferimento internazionale nel mondo
della canzone. Sostenitore del presidente Salvador Allende, Jara fu assassinato nello stadio di
Santiago cinque giorni dopo il golpe dell’11 settembre 1973, vittima della repressione messa in atto
dal generale Augusto Pinochet.
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Quando ci fu il colpo di stato in Cile, l’11 settembre 1973, il giorno in cui Pinochet fece
bombardare il palazzo presidenziale uccidendo l’ultima disperata resistenza di Salvador Allende,
Victor Jara fu uno dei primi a vivere i giorni del terrore e della spietatezza dell’esercito golpista. Fu
anche uno dei primi a essere massacrato. Lo prelevarono durante un rastrellamento all’università e
lo portarono nello stadio di Santiago dove nei giorni del sogno socialista aveva suonato e cantato
tante volte. Ma ora quel campo da calcio si era trasformato in un centro di detenzione dove migliaia
e migliaia di giovani, sindacalisti, operai, uomini e donne, vennero torturati senza pietà. Era il
metodo di Pinochet e dei suoi aguzzini. “Canta bastardo!” gli disse il militare prima di ucciderlo. E
Victor si mise a cantare con la sua voce mite e ben intonata attraverso i microfoni del campo, il
canto di libertà di Sergio Ortega “Venceremos!”, testo musicato e cantato dagli Inti Illimani.
“Venceremos, venceremos, / mil cadenas habrá que romper / venceremos, venceremos, la miseria
(al fascismo) / sabremos vencer”.
Dopo poco venne trucidato a colpi di mitragliatrice e siccome era un bravo chitarrista pensarono
bene, prima di ucciderlo, di fargli lo sfregio più brutale, più immondo per un musicista: gli
spezzarono entrambi i polsi.
Forse sapeva che sarebbe stata orribile la sua fine. La sua ultima poesia scritta fra le urla dei
condannati, è drammatica: “Com’è difficile cantare / quando devo cantare l’orrore. / L’orrore che
sto vivendo / l’orrore di cui sto morendo”.
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Ricardo Reyes Eleazer Basoalto, noto più tardi come Pablo Neruda, nacque il 12 luglio 1904 da
un impiegato delle ferrovie e da una insegnante che morì lasciandolo orfano a solo un mese dal
parto. Poeta, scrittore, militante politico e diplomatico cileno è considerato tra le grandi figure della
letteratura latino-americana.
Il 21 ottobre 1971 vinse il Premio Nobel della Letteratura. Al suo ritorno in patria fu accolto come
un eroe dal suo popolo nello Stadio di Santiago. Fu testimone del golpe dell’ 11 settembre del 1973,
della morte del suo amico Allende e di centinaia di cileni. Quando i soldati lo vessavano
rispondeva: «Guardatevi in giro, c'è una sola forma di pericolo per voi qui: la poesia».
Il 23 Settembre, dodici giorni dopo il golpe, mentre aspettava di partire per l’esilio in Messico morì,
ufficialmente per un cancro alla prostata. Ma in realtà quasi sicuramente fu assassinato nella clinica
Santa Maria a Santiago con una inezione letale, apparentemente per la responsabilità diretta di
Michael Townley, un ufficiale di collegamento della Cia con la famigerata Dina, la polizia segreta
della dittatura.
Il suo funerale fu un atto di ribellione in quanto erano proibite le riunioni pubbliche e i presenti
erano guardati a vista dalla polizia con i mitra spianati. Per sfregio, Pinochet ordinò la devastazione
delle su tre abitazione in Cile: La Chascona a Santiago, La Sebastiana a Valparaiso e la Casa de Isla
Negra.
CONSIDERAZIONI
Il sogno, come l’amicizia
muore all’alba del tornaconto
e... dell’utopia
rimangono solo gocce di sangue
nelle memorie.
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E come possiamo dimenticare un altro tragico evento che abbiamo tutti seguito in diretta
televisiva che il sottoscritto (anche se un po’ troppo retoricamente) ha voluto ricordare
(I POMPIERI SULLE TORRI GEMELLE L'11 SETTEMBRE 2001)
Salivano (ott. 2001)
Salivano
Salivano pesantemente
Tra fuliggine e arsura di fuoco
Gradino dopo gradino
Salivano
Salivano controcorrente
Nelle belle tute argentee
Impavidamente
Salivano
Fendendo il buio fumo
Cogli elmi scintillanti
Fieramente
Salivano
L'ascia nel pugno
E la vita nel cuore
Inesorabilmente
Salivano
I volti belli e sicuri
Di attori senza paura
Eroicamente
Salivano
Salivano
Salivano
………
E sono arrivati in cielo
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