Ricerca distribuzione in RP Cina - Global Local

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Ricerca distribuzione in RP Cina - Global Local
Ricerca distribuzione in RP Cina
CAPITOLO V
I PRODOTTI DELL’ABBIGLIAMENTO
Introduzione
Questa analisi della distribuzione dei prodotti dell’abbigliamento in PR Cina
deve essere intesa come un primo approccio ad un argomento molto complesso sia per
le dimensioni del settore e la varietà dei prodotti coinvolti che per la vastità del
mercato cui si fa riferimento.
L’oobbiettivo è di valutare le possibilità di entrata sul mercato cinese dei
prodotti toscani dell’abbigliamento. La ricerca non analizzerà però il problema posto
nella sua interezza, cioè quali prodotti della produzione di abbigliamento toscano sono
più adatti al mercato cinese e quindi per questi prodotti quali sono i migliori canali di
approccio al mercato.
Il metodo utilizzato permetterà di valutare, con uno schema simile alla SWOT
analysis (Strength, Weakness, Opportunities, Threats), cioè con uno schema che
consideri le opportunità ed i rischi per i produttori di abbigliamento, le possibilità per
gli stessi di avvicinarsi al mercato cinese.
Il settore considerato è molto ampio e prima di tutto è indispensabile definire il
campo dell’analisi in termini di prodotti e poi analizzare i canali distributivi attraverso
i quali i prodotti arrivano ai consumatori cinesi.
Vengono anche studiati i gusti dei consumatori cinesi dei grandi centri urbani,
in particolare dei tre centri di Beijing, Shanghai e Guangzhou e le loro preferenze in
termini di modalità e punti di acquisto.
L’attenzione è soprattutto puntata sull’analisi strategica e sul modo di operare
che imprese PMI potrebbero e dovrebbero adottare nell’affrontare il mercato della RP
Cina con un prodotto che è in diretta competizione con il prodotto locale. Il tessile
abbigliamento è infatti il maggior settore produttivo della RP Cina, quello da cui è
partito lo sviluppo economico del paese e che può contare sul grosso vantaggio
costituito da manodopera a basso costo e sulla possibilità di rifornirsi localmente di
materie prime pregiate (seta, cashmere) e non (lino, cotone, ramie, ecc.).
Il settore dell’abbigliamento in RP Cina, è ancora un settore in cui è la
manodopera che costituisce uno dei fattori chiave di successo, più che l’offerta di
servizi o l’offerta di prodotti moda.
La presenza sul terrritorio cinese di tutti o quasi gli stilisti italiani (non è ancora
presente Armani) ed internazionali si accompagna a nomi nuovi, emergenti del mondo
cinese e, soprattutto, emergenti delle comunità di cinesi overseas, che vivono sia nel
Sud-est asiatico che oltre oceano (USA e Canada, Australia).
Le proposte dei nuovi stilisti amalgamano temi internazionali e temi
assolutamente tradizionali cinesi interessando sia il mondo giovane che quello meno
giovane.
Quindi anche sul prodotto per le imprese italiane si sta giocando una partita
molto importante in RP Cina: l’abbinamento tra gusto orientale e prodotto di qualità
media dà come risultante un prodotto ecclettico, molto variato, assolutamente
competitivo nel prezzo, adattabile a diverse esigenze e a diverse età.
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A.1 I prodotti del settore tessile abbigliamento
A.1.1 I prodotti analizzati
I prodotti analizzati dallo studio saranno:
1) prodotti dell’abbigliamento femminile, giacche, gonne, pantaloni,
giacconi, cappotti in tessuto e maglieria
2) prodotti dell’abbigliamento maschile, prevalentemente completi, ma
inclusi cappotti, impermeabili, in tessuto e maglieria
3) abbigliamento per il tempo libero
Sono esclusi i prodotti di:
abbigliamento in pelle e in pelliccia,
intimo, spiaggia
abbigliamento per bambini
calzetteria
Le esclusioni sono fatte sulla base di due considerazioni:
a) la relativa minore importanza dei segmenti di mercato rispetto a quelli citati
b) le possibilità di studiarli solo in relazione ad una nicchia della popolazione
urbana e non all’intera popolazione urbana
In ogni caso anche il settore dell’abbigliamento maschile e femminile, sopra
preso in considerazione, è più che sufficiente a fornire un’idea di approccio e a
rispondere al maggior numero di produttori toscani di abbigliamento.
La prima analisi possibile riguarda i prodotti sopra menzionati ed il
consumatore urbano cinese.
A.1.2 I prodotti importati ed i prodotti locali
I prodotti di abbigliamento importati
I prodotti importati si distinguono dai prodotti locali per:
1) contenuto moda
2) caratteristiche
molto alto
a) di prezzo elevato
(completo uomo da RMB 5.000 pari a Euro 630)
b) di brand conosciuta
c) di pubblicità internazionale
3) presentazione in punti vendita e/o locali più eleganti di Shanghai
4) localizzazione strategica nelle aree più “in” nei centri urbani cinesi
5) sensazione elitaria trasmessa a chi lo acquista
Il vantaggio più forte posseduto da un prodotto italiano in questo settore è
sicuramente il marchio o brand conosciuta abbinata ad una conoscenza diffusa nel
consumatore di prodotto “made in Italy”.
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La conoscenza del prodotto “made in Italy” si è propagata in RP Cina per
immagine riflessa proveniente dalla scena internazionale e supportata da un’insieme
di attività promozionali, pubblicitarie e non, di tutti i maggiori gruppi della moda
italiana.
Data una difficoltà intrinseca a riconoscere un prodotto di abbigliamento
importato da uno fatto localmente, l’abbigliamento importato deve distinguersi da
quello locale e/o copiato, per il marchio ed il canale distributivo.
Il solo marchio non è più sufficiente a riconoscere inequivocabilmente un
prodotto straniero e pertanto anche il fattore del canale distributivo diventa molto
importante.
In questo settore, come in altri settori, è molto sentito il problema del prodotto
copiato (soprattutto sportwear e pelletteria), nonostante il fattore moda cerchi di
inserire dei punti distintivi in termini di colore, taglio, tessuto, ecc..
Questo problema è stato superato dalle grandi firme attraverso politiche
distributive di negozi monomarca e di affermazione dei marchi.
I prodotti di abbigliamento locali
I prodotti locali presentano i seguenti vantaggi competitivi:
1) prezzo molto competitivo (completo uomo da RMB 250 – 350 pari a circa 33,3 Euro)
2) diffusione più spinta sul territorio in termini di numero di punti vendita
3) tessuti in materiali pregiati (seta e cashmere) facilmente disponibili
4) copiatura e falsificazione di modelli di alta moda
Lo sviluppo del settore abbigliamento in RP Cina è avvenuto negli ultimi venti
anni grazie a manodopera disponibile a costi molto bassi, all’inserimento di
macchinari e tecnologie importate e al terzismo per conto di società straniere.
Il primo elemento ha permesso il raggiungimento di un notevole livello di
accuratezza nelle lavorazioni e anche nel finissaggio a costi comunque contenuti; il
lavoro per conto di altri ha permesso alle società cinesi di crescere in termini
dimensionali e acquisire flessibilità e capacità organizzativa.
Il punto di debolezza del settore rimane però la modellistica e l’elemento moda
che vanno di pari passo con l’innovazione tecnologica.
I vantaggi e gli svantaggi non bilanciano ancora i loro effetti ed il prodotto
cinese non è in grado di competere con il prodotto importato soprattutto nella gamma
alta, anche se nella gamma medio–bassa non è molto lontano dal divenire un concreto
problema per i produttori stranieri.
Il prodotto locale, ma manufatto su disegno di un cliente straniero pone invece
problemi molto seri perchè riesce a far superare la distanza dell’elemento moda così
come il prodotto di abbigliamento copiato.
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B.1. Gli acquirenti cinesi di abbigliamento
Nel settore dell’abbigliamento importato non si può parlare, come per i prodotti
alimentari, di una prevalenza di consumatori stranieri, ma di acquirenti cinesi. Nasce
spontanea la domanda: quali cinesi possono acquistare prodotti che vengono venduti
a prezzi elevati, a volte venti volte superiori a quelli prodotti localmente?
Occorre distinguere almeno le seguenti categorie di acquirenti:
a) i cinesi arricchiti, soprattutto nel settore delle costruzioni (potrebbero
definirsi “i palazzinari della RP Cina”), che hanno accumulato enormi patrimoni
e hanno disponibilità finanziarie per investimenti. Costituiscono la nuova classe
dei ricchi in cui occorre includere anche i loro famigliari;
b) i cinesi che stanno costruendo attività proprie e che possono disporre di un
buon reddito, ma non sono ancora ricchi in termini di patrimonio (possiedono
qualche appartamento, una o due auto, ma l’attività svolta è la fonte primaria
del reddito);
c) i cinesi che sono impiegati presso uffici o società straniere e dispongono di
reddito superiore a quello del resto della popolazione (arrivano a Euro 2.000
netti al mese) e un reddito disponibile molto più elevato di quello
corrispondente ad una buona remunerazione nei paesi occidentali, viste le tasse
molto ridotte, il costo dell’alloggio e del cibo ancora molto bassi.
d) i cinesi overseas (Taiwan e alri paesi dell’estremo oriente) che vivono e
lavorano in RP Cina
a) questa categoria rimane molto nascosta e non facilmente identificabile in
termini numerici, ma chiaramente distinta in termini di gusti e modalità di
acquisto.
I gusti sono spiccatamente per un prodotto di marchio internazionalmente noto
e famoso (ad esempio Ferragamo, Versace per la donna, E. Zegna e Hilfinger per
l’uomo).
L’ostentazione anche nel momento di acquisto porta a frequentare i punti
vendita identificati dal marchio preferito.
Uomini e donne in questa categoria non si fermano davanti al prezzo e non
hanno una conoscenza specifica delle caratteristiche dei prodotti, ma una
generica indotta che permette di capire la differenza tra un capo rifinito e senza
difetti visibili, da uno che abbia anche un minimo problema (una cucitura non
rifinita, una fodera non ben attaccata, una scarpa con qualche dettaglio non
all’altezza, ecc.).
I cinesi ricchi amano spendere con facilità, ma pretendono un servizio accurato
(leggere modifiche, adattamenti, cortesia da parte del personale) e possono
facilmente confrontare il servizio offerto in RP Cina e quello offerto a Hong Kong
o altrove, poichè hanno la possibilità di muoversi e di verificare in prima
persona.
b) la seconda categoria è sempre portata ad acquistare un prodotto di marchio,
ma è anche attenta al prezzo ed è in grado di scegliere un prodotto che
riconosce qualitativamente buono, anche se non sempre con un marchio di
grande notorietà. Il fattore marchio è per questa categoria un modo di essere
oltre che uno status symbol.
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Il marchio conta, ma in modo diverso rispetto alla categoria precedente ed è
comunque una garanzia di qualità e provenienza.
Questi acquirenti sono persone giovani (trenta, quarantenni) che hanno un
forte spirito di successo e desiderio di arrivare, dispongono di redditi mensili di
USD 4.000 circa, vivono nei grandi centri urbani e sono impegnate
prevalentemente in attività di intermediazione distributiva, immobiliare o di
importazione di prodotti stranieri.
Possono viaggiare, vedere e confrontare prezzi e prodotti, cercano la qualità del
prodotto anche perchè sono in grado di valutarla, sono informati.
c) la terza categoria non acquista i prodotti di lusso o più costosi perchè è
limitata dal reddito, elevato, ma non altissimo (circa USD 1.000 mensili, ma con
un potere di acquisto di 2,5 volte superiore rispetto ad uno stesso livello
stipendiale in Italia). Cerca e acquista prodotti che siano di buona fattura e
livello, ma che abbiano un prezzo medio.
Molto spesso questi cinesi mettono a confronto prodotti importati con prodotti
manufatti in JV e scelgono in base al prezzo. I prodotti devono comunque avere
delle caratteristiche di qualità e, se importati, un marchio distintivo che
permetta di identificare il prodotto. La certezza della provenienza è anche una
giustificazione per il prezzo e per la qualità.
I gusti di questa categoria sono giovani e prevalgono quelli diffusi dai giornali
stranieri di moda tradotti in cinese (da Elle, a Vogue, ecc.), dalla pubblicità e
dai films che sono un veicolo visivo molto importante.
Questa categoria si veste all’occidentale ed è sensibile al fattore moda, oltre che
al fattore prezzo.
L’esposizione al mondo occidentale avviene sul posto di lavoro, ma si estende
anche entro le mura di casa.
Dal punto di vista della delimitazione di questo segmento di mercato, come già
detto precedentemente, è più facile riuscire a quantificare il numero di
appartenenti a questa categoria che quello delle precedenti.
L’analisi statistica si baserebbe infatti su numeri certi di presenza di uffici e
società straniere in una certa area e sugli impiegati cinesi. Comunque si
tratterebbe, in centri come a Shanghai, di alcune decine di migliaia di persone.
d) la quarta categoria è numericamente meno consistente delle precedenti non
solo in termini di numero di persone, ma soprattutto per frequenza di acquisti e
necessità.
I cinesi d’oltremare residenti per motivi di lavoro sono molto numerosi,
ma non cambiano facilmente le modalità di acquisto. Nei rispettivi paesi di
origine possono contare su una gamma molto ampia di possibilità e di prezzi e
quindi è la necessità o la possibilità di trovare abbigliamento che piace, che può
indurre all’acquisto.
Anche questa categoria è molto sensibile al prezzo e alla qualità.
A questa categoria si possono accomunare gli acquirenti di origine asiatica
(coreani, singaporeani, malesi, filippini, in parte giapponesi, ecc.) che vivono e
lavorano in RP Cina. Per questi acquirenti è il livello di reddito goduto come
“expatriates” che determina la scelta del prodotto ed il livello di prezzo scelto.
Questa non è pertanto una categoria omogenea, ma subisce gli influssi e le
conoscenze dei prodotti stranieri acquisite nei paesi di origine.
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C1. I canali distributivi
Per l’abbigliamento, da quanto precedentemente sottolineato, i canali sono
determinati dalla possibilità di affermare il marchio e la qualità. Di quelli analizzati nel
Cap. 3 emergono come utilizzabili i:
- CC (Centri Commerciali) ed i punti vendita monomarca interni ai CC ed i
- negozi monomarca.
Alcuni DS hanno ospitato anche recentemente degli spazi monomarca di
prodotti di abbigliamento e spazi di marchi meno noti, ma la struttura distributiva sta
rapidamente evolvendosi e cambiando e man mano che nuovi centri commerciali sono
aperti in varie parti dei centri urbani, sono i centri commerciali con i negozi
monomarca a diventare il canale per eccellenza dei prodotti di abbigliamento
importati.
Per i prodotti locali, solo cinesi o prodotti in JV, sono i PVCPr i PVS e PVI i
canali distributivi più usati.
In ogni caso il settore abbigliamento ha nel punto vendita o punto di contatto
con l’acquirente il canale distributivo privilegiato, sia esso inserito in un CC o sia di
altra natura.
C.1.1 I Centri Commerciali
I CC sono organizzati in modo alquanto standard non solo in RP Cina, ma negli
altri paesi Asiatici, che hanno fornito i modelli di riferimento per le autorità cinesi.
In particolare è Hong Kong che è stata il modello di riferimento più seguito e
studiato anche perchè fonte della maggior parte degli investimenti commerciali in RP
Cina.
Il modello standard prevede l’inderimento dei CC in edifici o alberghi o ad essi
collegati in modo da offrire una base di visitatori/acquirenti a cui si aggiungono gli
acquirenti esterni.
I CC si sviluppano su più piani, incluso il piano terra che ha accessi su vie
importanti o su aree pedonali.
Allo scopo di fornire un quadro più dettagliato, viene portato come esempio di
CC quello del Plaza ‘66, oggi considerato una “prime location” o “localizzazione
primaria” a Shanghai.
C.1.2. Il Centro Commerciale del Plaza ’66 (Heng Long Square)
Si tratta di un edificio di 66 piani (il doppio 6 è un numero dal significato
particolarmente buono: portatore di infinita ricchezza), terminato nel 2001, sulla
Nanjing Lu, arteria principale di Shanghai per acquirenti e visitatori. La Nanjing Lu
per un lungo tratto è stata chiusa al traffico e lasciata come area pedonale. Non è così
nei pressi del Plaza ’66 che domina la Nanjing Xi Lu e che dal traffico ne ha tratto
ancor più beneficio.
L’edificio, il secondo più alto a Shanghai (dopo il Jin Mao Building dove è
alloggiato l’Hyatt Hotel di Shanghai) è in acciaio, cemento e vetro, costruito dal Hang
Long Group. Ltd. di Hong Kong, disegnato da Kohn Pedersen Fox Associates.
Ai primi 4 piani sono concentrati i negozi monomarca dei marchi più famosi al
mondo nel settore abbigliamento. Ai piani superiori vi è una sezione uffici ed una
sezione appartamenti.
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Il CC dei primi 4 piani è attualmente il più ricercato e conosciuto tra i ricchi di
Shanghai che frequentano le boutiques di Gucci, Prada, Ermenegildo Zegna, Hugo
Boss, F.lli Rossetti, Valentino, Ferragamo, Cartier, Luis Vuitton, ecc.
La concentrazione di marchi conosciuti internazionalmente è elevatissima ai
primi due piani.
Al terzo e al quarto piano cominciano ad apparire, tra nomi noti, anche alcuni
nomi meno noti nel Gotha della moda (ad esempio il negozio monomarca di Patrizia
Pepe) ed altri completamente sconosciuti come “Gelati”.
L’impossibilità di capire dai prodotti esposti l’autenticità della dichiarazione di
produzione “made in Italy” dei negozi dai marchi sconosciuti, non permette di valutare
la consistenza dell’offerta del Plaza ’66.
Resta comunque il fatto che questo CC è un punto di ritrovo di cinesi in grado
di spendere ed in cui l’offerta si è articolata sia su prodotti conosciuti e famosi sia su
prodotti meno conosciuti, ma in teoria, anche questi importati, quindi di prezzo più
elevato.
Nel CC del Plaza ’66 non ci sono negozi di JV produttrici di abbigliamento o di
sartorie, solo uomo, che sono invece concentrati poco più avanti, lungo la Nanjing Lu
in punti vendita aperti sulla strada.
Il CC del Plaza ’66 non è frequentato dalle folle oceaniche che la domenica, in
particolare, si dedicano alle passeggiate lungo le vie commerciali per un buon “window
shopping”, ma da pochissime persone che però costituiscono quella tipologia di ricca
clientela che è quella a cui puntano i marchi dei prodotti di lusso.
C.1.3 I negozi monomarca
I negozi monomarca vengono generalmente aperti nei CC, ma si riscontrano
anche negozi monomarca singoli e aperti su vie commerciali o comunque molto
frequentate.
Per questa tipologia di negozi il problema per una società straniera è costituito
dalla licenza che non viene data se non è una società cinese a chiederla e dalla
gestione che richiede sempre l’intermediazione di una società cinese (assunzione del
personale, gestione della moneta, cassa o carta di credito, ecc.).
Là dove esistono tali negozi, si tratta di collaborazioni tra stranieri e società
cinesi e la società straniera non può ancora detenere la maggioranza.
I CC sono stati finora i mezzi per riuscire ad aprire negozi monomarca senza
problemi di soci cinesi, in quanto la copertura per la gestione delle risorse umane e
valutarie è stata assicurata dall’investitore nel progetto di costruzione del CC o
nell’edificio in cui il CC è ospitato.
Per i negozi monomarca su strada si pone anche un problema di mercato:
l’affaccio sulla via permette afflussi di molte migliaia di persone che entrano, a volte,
solo per osservare e non per comprare. Pertanto il negozio può difficilmente gestire
un’esposizione libera dei prodotti e si trasformerebbe quasi subito in un negozio di
prodotto di qualità medio-bassa o bassa, di prodotti importati. Ciò risulterebbe in
contrasto con l’approccio di riservatezza necessario per i prodotti di lusso o comunque
per prodotti di prezzo decisamente elevato.
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Ricerca distribuzione in RP Cina
L’allestimento di un negozio monomarca comporta un investimento consistente
da parte della società straniera che vuole, si potrebbe anche affermare, deve, puntare
su un’immagine forte di qualità ed esclusività per distinguersi dai concorrenti stranieri
e per ribadire la provenienza certa di un prodotto dall’estero.
Da qui la preferenza per luoghi frequentati, ma complessivamente tranquilli,
protetti, che permettano un accesso limitato agli osservatori e facilitino chi desidera
effettuare acquisti molto “costosi”, quindi per i Centri Commerciali.
Ma il negozio monomarca rimane un canale utilizzato nel settore abbigliamento,
soprattutto se non è isolato. Infatti l’isolamento è contrario al principio confuciano, già
menzionato, di “cluster” di punti vendita dello stesso prodotto o dello stesso settore
come apportatori di successo negli affari.
La Nanjing Lu, una via lunga oltre 10 km, è anche un cluster di negozi
monomarca di abbigliamento maschile, oltre che un susseguirsi di DS, CC, CN. In
questo cluster convivono sia i punti vendita prevalentemente cinesi, che presentano
abiti maschili cuciti con tessuti importati, sia quelli aperti da JVs che presentano un
prodotto ricercato, ma di prezzo medio, sia delle sartorie simili a quelle di Hong Kong.
Sono molto più rari i negozi monomarca di solo abbigliamento femminile per cui
non si può ancora parlare di cluster, come per i prodotti maschili.
D.1. La bilancia
abbigliamento
di
interscambio
Italia
Cina
nel
settore
tessile
Nei paragrafi precedenti è stato presentato il quadro della distribuzione nei
principali centri urbani cinesi, ma non è stata quantificata la bilancia commerciale
italiana nel settore analizzato.
Dai dati disponibili di fonte cinese, la bilancia dell’interscambio Italia Cina nel
settore tessile/abbigliamento è risultata, nei primi 4 mesi del 2002, ancora una volta
fortemente spostata a favore delle esportazioni cinesi verso l’Italia.
I dati rilevano che sta emergendo anche la tendenza all’aumento della quota di
valore aggiunto prodotta in RP Cina, diminuiscono cioè le merci in conto lavorazione o
prodotte con materie prime importate. E’ possibile rilevare il fenomeno grazie alle
modalità con cui le statistiche cinesi suddividono l’export:
Tessile
Variazione
Mln di USD annua
Export prodotti 3.943
interamente
Made in China
Export prodotti 1.594
basati
su
materie
prime
importate
Export prodotti 321
con materiali in
conto
lavorazioni
Abbigliamento Variazione annua
Mld USD
+17%
6.341
+13%
-3%
1.863
-7%
4,6%
1.893
-3%
Fonte: National Statistical Bureau of PR China
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Ricerca distribuzione in RP Cina
I dati non forniscono i dettagli disaggregati per il tessuto e l’abbigliamento, che
sarebbe interessante analizzare, ma solo le voci che interessano le lavorazioni cinesi e
la collaborazione più o meno accentuata delle società cinesi con le società italiane.
Dal quadro export risulta comunque chiaro il fenomeno di bilancia in rosso per
l’Italia per il settore abbigliamento, che conferma sia un trend di ricerca di prodotti a
prezzo competitivo che l’interesse molto alto per il prodotto fatto in RP Cina, ad
esempio con i tessuti pregiati utilizzati.
IMPORT TESSILE E ABBIGLIAMENTO GENNAIO-APRILE 2002
Tessile + Abbigliamento
Mln di USD
1.300
Variazione annua
Filiera fibre/tessuti
artificiali
1.900
-10%
Filiera lana
199
4,3%
Filiera juta e altre fibre
62
+25%
Filiera seta
31
-34%
Filiera cotone
+5,4%
Fonte: National Statistical Bureau of PR China
I dati mostrano inoltre che l’incidenza delle importazioni effettivamente
finalizzate si limita a coprire il mercato interno cinese, per quanto il trend sia in
crescita. Non sono disponibili i dati segmentati secondo le diverse filiere, ma solo quelli
aggregati: Tra i mesi di gennaio ed aprile emerge un aumento consistente (+69%)
nell’import di prodotti di abbigliamento, il cui controvalore resta per altro ridotto (43
milioni US$). Cresce anche l’import di tessuti (+33%) utilizzati per la produzione
destinata al mercato interno, per un controvalore di 193 milioni US$.
Per quanto riguarda le materie prime, sempre da dati di fonte cinese, si
osservano significativi aumenti di produzione in tutti i comparti delle fibre artificiali,
come risulta dalla tabella seguente:
Fibre in
poliestere
Fibre in
polipropilene
Fibre e filati in
viscosa
Fibre acriliche
Vinylon (fibre)
Gennaio-aprile
(migliaia
tonn)
2.359,2
di cui filati: 1.415,5
di Variazione su base annua
+28%
942,3
+8%
218,1
+16%
168,6
11,7
+12%
+13%
Fonte: National Statistical Bureau of PR China
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Ricerca distribuzione in RP Cina
La Cina resta comunque deficitaria nel settore delle fibre: complessivamente ha
importato nei primi 4 mesi dell’anno 483 mila tonnellate di materie prime per utilizzi
tessili, corrispondenti a un controvalore di 612 milioni US$ (-11% su base annua).
I dati di fonte ISTAT raccontano invece un’altra storia.
Interscambio Italia – RP Cina (Mln di Euro)
2001
gen-lug
2002
gen-lug
Import abb.to cod. 61 e 62
742,78
868,62
Export abb.to cod. 61 e 62
15,43
18,53
Import abb.to cod. 62
204,22
263,25
Export abb.to cod. 62
5,37
5,48
Fonte: Istat – ultimi dati disponibili
Il Cod. 62 (Nomenclatura combinata NC8) è riferito a tutti i prodotti di abbigliamento
di tessuto, mentre il Cod. 61 è riferito a tutti i prodotti di abbigliamento in maglia.
I dati ISTAT mostrano che:
-l’Italia sta importando abbigliamento dalla RP Cina più di quanto ne esporti e
confermano i dati di fonte cinese
- in termini di valori il fenomeno sembra essere sottostimato dalla fonte
Italiana, ma probabilmente si tratta anche di una diversa disaggregazione dei
dati
- i prodotti di maglieria sono in assoluto quelli più esportati dall’Italia mentre
l’abbigliamento in tessuto esportato raggiunge valori ridotti (circa 5 Mln di Euro
e solo in leggero aumento). Ciò sembrerebbe indicare una non permeabilità del
mercato cinese ai prodotti di importazione e confermare quanto visivamente è
possibile rilevare: cioè che il prodotto “made in Italy” si afferma con marchi, ma
per ora in modo ancora limitato.
Problemi relativi ai marchi
L’affermazione del marchio risulterebbe il problema principale del prodotto
“made in Italy”. Il prodotto di maglieria, oltre ad essere il prodotto di abbigliamento più
consistente in valore in tutte le esportazioni di abbigliamento, è anche un prodotto
che, senza marchio, è sensibile al fattore prezzo unitario.
I dati potrebbero indicare anche delle esportazioni di prezzo unitario molto
basso nel settore maglieria. In questa ipotesi si tratterebbe di esportazioni non
destinate al circuito di prodotto di marchio, ma a quello dei negozi cinesi PVCPr.
Questo fenomeno si accompagnerebbe a quello di una forte presenza cinese in
Italia nelle aree del tessile abbigliamento e sembrerebbe confermare l’ipotesi di
esportazioni di prodotti di abbigliamento manufatti in Italia, ma esportati da società di
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Ricerca sulla distribuzione in RP Cina
cittadini cinesi residenti in Italia, attraverso canali cinesi e destinati ad una
distribuzione in soli PVCPr.
Il caso di prodotti di abbigliamento esportati non di marchio entrerebbe nel giro
molto grande di import/export di prodotti di abbigliamento, manufatti in RP Cina per
conto di società italiane e importati in Italia, manufatti con filati italiani, manufatti in
Italia ed esportati, ecc.
I prodotti senza marchio italiani entrerebbero sul mercato cinese attraverso
canali di distribuzione solo cinesi, non facilmente controllabili e per niente gestibili e
verrebbero utilizzati solo in quanto l’idea di “made in Italy” si accompagna al fattore
moda ed è più facile per i negozianti cinesi vendere in RP Cina prodotti dichiarati come
importati a prezzi molto più elevati di quelli prodotti in RP Cina anche con materie
prime importate.
E.1 Possibili strategie per le imprese toscane
Le produzioni toscane di abbigliamento, come del resto quelle italiane, si
trovano ad affrontare delle problematiche di mercato cinese che non lasciano che
scelte limitate.
Da quanto precedentemente detto, due sole potrebbero essere le scelte
strategiche di una penetrazione sul mercato cinese:
a) scelta di prodotto di abbigliamento di marchio da affermare con negozi
monomarca
b) scelta di prodotto di abbigliamento di marchio da affermare più lentamente
attraverso una presenza indiretta, ad esempio offerta da una show room
Non vengono considerate come realizzabili delle altre scelte di inserimento di
prodotti di abbigliamento senza marchio per i motivi già esposti e riassumibili
in: non riconoscibilità del prodotto come importato, impossibilità di spuntare
prezzi interessanti, forte competizione di prodotti cinesi sia manufatti in conto
terzi che con materie prime importate dall’Italia.
Le due scelte strategiche comportano un approccio completamente diverso ed un
impegno finanziario molto diverso.
a) La strategia del negozio monomarca è quella che porta maggiori benefici in
termini di affermazione della provenienza del prodotto, della qualità e degli
attributi del fattore moda.
Il costo è però molto elevato ed è composto di:
- affitto del locale
in un CC di buon livello, ma non “prime location” ed una posizione
interna del negozio non di primo piano, si parla di USD 2,00 /mq giorno
cioè per spazi di circa 100 mq, di un affitto mensile di USD 6.000,
escluse spese di management e consumi vari
- personale del negozio da addestrare e pagare mensilmente, oltre che
dotare di divise (min. 2) per una spesa di circa USD 350 al mese
- arredi da disegnare, costruire in loco o importare dall’Italia
Questa spesa varia con il materiale scelto per l’arredo
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Ricerca distribuzione in RP Cina
- commissione al CC gestore dello spazio comune per la gestione delle
pratiche di importazione dei prodotti da vendere e per la gestione
valutaria (la valuta di vendita è il RMB che deve essere convertito per
essere esportato come utile o in pagamento della merce).
La commissione varia, ma molto spesso viene considerata come
percentuale delle vendite effettuate (anche del 30%).
Il modo per operare con negozio in un CC non richiede la costituzione di società
secondo la normativa cinese, ma solo la firma di un accordo con il proprietario e
gestore del CC.
La costituzione di una società in loco, secondo la normativa che prevede le JV e
le WFOE per gli investitori stranieri, si rende utile quando la rete dei punti
vendita si allarga su tutto il territorio cinese e la società straniera vuole ridurre
i costi di importazione e le commissioni da pagare alle varie trading cinesi.
Per negozi monomarca esterni ai CC la formula ammessa è solo la JV.
Per questa modalità non vengono considerate azioni promozionali e
pubblicitarie, ma solo perchè dipendono dalla notorietà del marchio e quindi
dalla necessità o meno di farlo conoscere in territorio cinese.
b) la show room può essere una modalità meno costosa per essere presenti sul
mercato e cercare di affermare il prodotto ed il marchio attraverso intermediari,
privati e gruppi cinesi.
La show room è uno spazio in edifici ben organizzati, ma destinati non alla
vendita al pubblico, ma solo al contatto con gli operatori cinesi. I prodotti
esposti in una show room non sono venduti, ma costituiscono un campionario
a cui fanno riferimento i potenziali acquirenti business.
I costi della show room sono costituiti dall’affitto dello spazio e dal personale
addetto e possono aggirarsi su USD 3.000 al mese, tutto incluso.
Sono, anche in questo caso, esclusi i costi promozionali e pubblicitari che nel
caso della show room sono obbligatori per poter contattare gli operatori cinesi e
metterli a conoscenza della presenza della società.
Conclusioni
I prodotti dell’abbigliamento, ma anche delle calzature, italiani, sono
riconosciuti in RP Cina come prodotti alla moda, di buona qualità e cercati per il
valore aggiunto del “fattore moda-qualità”. I prezzi al consumo dei prodotti italiani
sono molto elevati (es. completi uomo da USD 1.200, calzature donna da USD 400),
ma solo per prodotti con marchio e internazionalmente conosciuti.
Il marchio è fondamentale per riuscire ad affermare il prodotto e farlo
riconoscere agli acquirenti cinesi. I prodotti con marchio meno conosciuto riescono
comunque a vendere i prodotti a prezzi alti, anche se meno alti di quelli dei marchi più
conosciuti, ma devono arrivare all’acquirente cinese in modo diretto, quindi con negozi
monomarca.
Le strategie di approccio al mercato sono limitate sia dalla tipologia dei canali
distributivi utilizzabili che dalle esigenze di affermazione di marchio.
Non è ancora possibile arrivare al mercato cinese senza marchio, in modo
indiretto, ma controllabile.
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Ricerca distribuzione in RP Cina
E’ la mancanza di canali distributivi affermati che utilizzano il proprio marchio
e caratterizzano il mercato con azioni promozionali specifiche, si pensi a Harrod’s di
Londra o a Blomingdale di New York, che rendono il mercato cinese un mercato in
sviluppo.
Nel mercato cinese non è facile, per un produttore italiano, trovare un
intermediario, un DS che importi il prodotto di abbigliamento e si assuma tutti i costi
di inserimento e promozionali, oltre a quelli relativi al prodotto.
Le dimensioni del mercato cinese sono però tali da invogliare a pensare e a
realizzare investimenti che in altri paesi sembrerebbero eccessivi.
La strategia di una presenza diretta è costosa soprattutto nei primi momenti ed
ha scoraggiato finora una massiccia presenza di imprese e di prodotti, ma le
possibilità offerte dagli acquirenti cinesi, disposti a pagare molto un prodotto italiano,
sono anche più allettanti di quelle di molti altri paesi.
Questa breve ricerca vuole costituire un momento di riflessione sulle possibilità
offerte dal mercato cinese e vorrebbe essere la base conoscitiva indispensabile per
elaborare un’azione strategica sul mercato della RP Cina.
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copyright Patrizia Tambosso – autrice del presente documento
ottobre 2002
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