La bozza di atto di indirizzo per il personale

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La bozza di atto di indirizzo per il personale
COMPARTO SANITÀ
ATTO DI INDIRIZZO
Personale dei livelli
Triennio contrattuale 2016 – 2018
Roma, 8 settembre 2016
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TITOLO I
LINEE GENERALI DI CONTESTO
Il Comitato di Settore assume la seguente direttiva finalizzata ad avviare le procedure per
il rinnovo del personale dei livelli per il triennio 2016 – 2018, con l’individuazione delle relative risorse ai sensi dell’art. 47 DLgs n.165/2001 e successive modificazioni.
1. Quadro di riferimento.
Il Comitato di Settore, nell’ambito del presente atto di indirizzo, prende atto dei contenuti e
degli obiettivi presenti nei documenti che si richiamano:
 la Legge 28 dicembre 2015 n.208 (Legge di stabilità 2016), con particolare riferimento alla modifica dell’art.41 del DLgs n.165/01 che ha ridisciplinato le competenze e i vincoli di mandato dei Comitati di Settore;
 la Legge 7 agosto 1015 n.124, che con la previsione della nuova collocazione del
personale dirigente dei ruoli amministrativo, tecnico e professionale del S.S.N. nel
ruolo unico della dirigenza regionale, ha prodotto il ridisegno degli ambiti negoziali,
come descritto nel successivo punto;
 il “contratto collettivo nazionale quadro per la definizione dei comparti e delle aree
di contrattazione collettiva nazionale”, sottoscritto da ARAN e Organizzazioni Sindacali il 4 aprile 2016, nel quale si rideterminano i comparti della contrattazione collettiva (art.2) ed in particolare quello della Sanità (art.6) e delle aree dirigenziali
(art.7).
2. Una premessa.
Il Comitato di Settore, tenendo conto che la nuova stagione contrattuale in sanità si colloca in uno scenario profondamente modificato rispetto a quello che ha prodotto il contratto
collettivo nazionale di lavoro 2009-2010, assume il presente atto di indirizzo considerando
i seguenti elementi di contesto generale utili al fine di delineare un rinnovo contrattuale
coerente per la crescita del modello organizzativo che il legislatore ha inteso dare alla
Pubblica Amministrazione.
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Si tratta di un rinnovo che giunge dopo ben due trienni di blocco della contrattazione disposto ex Legge D.L. n.78/2010 e ss. e si innesta in un sistema di lavoro pubblico considerevolmente modificato nella sua consistenza quali - quantitativa, nelle sue linee retributive e nella dinamica dell’ordinamento professionale, per effetto principalmente di interventi connessi a manovre di finanza pubblica.
Lo stesso ordinamento di lavoro pubblico è in fase di profonda trasformazione in connessione con l’attuazione delle deleghe prevista dalla Legge n. 124/2015 ed in particolare di
quelle riguardanti la dirigenza sanitaria e la complessiva revisione dell’impianto del D.Lgs
n. 165/2001.
Nel contesto del processo di modificazione avvenuto nel pubblico impiego, va sottolineata
come rilevante l’inversione della gerarchia delle fonti normative di cui vi è traccia nei CCNL
stipulati nel 2009, rappresentata nel rapporto tra Legge e contrattazione a favore della fonte unilaterale.
3. Le linee di contesto generale.
Il Comitato di Settore, preso atto del quadro descritto, intende collocare il presente atto di
indirizzo all’interno dei seguenti elementi evolutivi:
 rinnovi contrattuali vanno considerati come strumento funzionale all’attuazione del
patto per la salute e della conseguente valorizzazione del lavoro nel Servizio Sanitario Nazionale;
 nel recente periodo il S.S.N. è stato ambito di profonde modifiche nell’impianto organizzatorio istituzionale con notevole impatto sull’organizzazione complessiva delle Aziende, sul lavoro e finanche sullo “status” delle professioni operanti nel Servizio Sanitario medesimo;
 questo complesso insieme di modifiche e integrazioni è avvenuto in più fasi temporali e con interventi sia del Legislatore Nazionale e sia delle Regioni (intese singolarmente e nei loro Organismi di partecipazione) e, non ultimo, della Commissione
Europea attraverso alcune importanti Direttive;
 tale insieme si è inserito in un contesto normativo e contrattuale storicamente definito e consolidato, creando una stratificazione di disposizioni e la presenza di alcu3
ne disorganicità, ovvero incoerenze, alle quali questa stagione contrattuale deve
dare necessariamente risposta.
Gli interventi richiamati hanno tratto, a loro volta, origine e motivazione in ambiti diversi tra
cui si ricordano le nuove linee economiche e la necessità di rivedere i modelli organizzativi
(o alcune delle loro parti) a seguito delle modificate norme regolanti il “mondo professionale”.
La complessità del quadro, che si è venuta così a determinare, difficilmente è riscontrabile
in un altro comparto della Pubblica Amministrazione e dei servizi.
Per questo motivo l’esigenza primaria del rinnovo contrattuale 2016-2018, diventa l’ individuazione di una corretta soluzione per uniformare le disposizioni contrattuali al modificato
quadro normativo, tenendo presente che:
 tale esigenza trova conforto proprio nei risultati che si registrano a seguito del profondo riordino organizzatorio che si è verificato assieme, e a volte guidato,
dall’oramai pluriennale condizione di contenimento delle risorse unitamente ai costi;
 il nuovo assetto organizzatorio si fonda su un delicato equilibrio tra strutture e funzioni, dove accanto ad una rivista struttura ospedaliera per acuzie, articolata funzionalmente e strutturalmente per dipartimenti, si è consolidato un modello organizzativo per intensità di cure e dove il rapporto tra ospedale e territorio è segnato dalla coesistenza di strutture organizzate secondo i modelli preesistenti, magari con
forti differenziazioni tra singole realtà regionali;
 come previsto anche dal Patto per la Salute e dal D.M. n.70/2015 si stanno realizzando ospedali di comunità o reparti a bassa intensità di cura a gestione infermieristica, nonché si sta attuando, anche con il rinnovo degli specifici ACN della medicina generale, pediatria di libera scelta, specialistica ambulatoriale e farmaceutica, il
nuovo modello di cure primarie operante 24 ore al giorno e per 7 giorni alla settimana avendo come corollario la realizzazione dell’integrazione socio – sanitaria;
 questo assetto organizzativo, per molti versi e in molte realtà tutt’ora “in progress”,
ha già prodotto importanti risultati di impatto sul versante contrattuale e del personale, i più rilevanti dei quali appaiono essere una consistente riduzione degli incarichi di “alta gestione”;
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 occorre considerare l'evoluzione legislativa recentemente intervenuta per le Agenzie per la protezione dell'ambiente.
Il Comitato di Settore Regioni – Sanità’, inoltre, ritiene che, nel quadro del rinnovo contrattuale vadano ricercate soluzioni che introducano importanti elementi utili a favorire la motivazione del professionista e, in quest’ambito, la revisione dell’assetto contrattuale del trinomio carriere – rapporto tra professioni – risorse (quantificazione e certezza) assume carattere centrale.
L’importanza dell’elemento motivazionale ovvero della ricerca di fattori finalizzati a motivare al meglio i professionisti rappresenta la giusta risposta per la valorizzazione del grande
patrimonio di professionalità e coglie, nella sua composizione complessiva, un elemento di
straordinaria ricchezza e nella sua articolazione interna il fattore determinante per il rilancio del sistema, fermo restando la indispensabile messa a punto delle linee di rapporto
contrattuale tra le professioni che deve essere improntato alla chiarezza e alla trasparenza
del quadro delle responsabilità.
In questa logica di necessario adeguamento dell’assetto contrattuale va considerata attentamente l’evoluzione scientifica, tecnologica e dei bisogni emergenti che ha investito e si
accompagna allo sviluppo ed all’evoluzione in atto da tempo in ambito delle professioni
sanitarie infermieristiche - ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione che
sono state oggetto e soggetto negli ultimi anni di una profonda riforma formativa ed ordinamentale.
Per queste motivazioni è indispensabile far sì che i rinnovi contrattuali diventino funzionali
e strumentali ai processi di riorganizzazione in atto nel S.S.N. ad iniziare dall’attuazione
delle scelte strategiche dal nuovo assetto per intensità di cure, favorendo la partecipazione, la condivisione, la compartecipazione ed il protagonismo soggettivo e propositivo dei
professionisti della salute e l’insieme degli operatori.
4. La struttura contrattuale e il sistema delle relazioni sindacali.
4.1. La struttura contrattuale.
Nella logica di innovazione del processo contrattuale, occorre rivedere la funzione e la
struttura del contratto stesso, delineando un CCNL che includa tutele, garanzie e minimi
contrattuali omogenei per tutto il personale e, nel contempo, ampli gli spazi di autonomia
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procedurale, assegnando una giusta rilevanza ai contenuti della contrattazione aziendale
(altrimenti definibile di 2° livello), all’interno di un puntuale e rinnovato quadro di regole e
certezze.
In altri termini, va potenziato il ruolo di indirizzo e di garanzia del CCNL, semplificando alcuni elementi che nel tempo si sono stratificati, assegnando un importante peso all’ambito
della contrattazione aziendale e rilanciando il ruolo di sostegno attuativo del “confronto regionale” all’interno dell’ambito assegnato allo stesso dal CCNL.
Occorre, in particolare, rispondere positivamente ad una delle criticità più rilevanti che si
sono osservate nel vigente modello contrattuale e cioè “la certezza attuativa”, che rappresenta una esigenza oggettiva di tutte le parti firmatarie del CCNL.
Questa criticità va superata prevedendo opportune modifiche del modello contrattuale, miranti a ridurre lo spazio interpretativo del livello aziendale alle disposizioni riservate alla
contrattazione nazionale, rafforzando le garanzie reciproche di applicazione dei contratti
individuali che devono affermarsi in una loro completa estensione sul territorio nazionale e
devono contenere con una stringente precisione l’insieme delle regole che governano, in
applicazione del CCNL, il rapporto tra singolo lavoratore e professionista e datore di lavoro, al fine di evitare i contenziosi e dare le dovute e reciproche certezze.
4.2. Il sistema delle relazioni sindacali.
Considerato che l’area dei livelli è stata investita da un profondo mutamento, voluto dal legislatore e confermato dall’accordo quadro sulle aree negoziali del 4 aprile 2016, di esso
va tenuto opportunamente conto in sede di prima applicazione individuando, se e per
quanto necessario, gli opportuni adattamenti di modello, assunta la consapevolezza del
carattere che deve assumere questo rinnovo contrattuale, in termini di fondamentale strumento tendente a favorire l’attuazione del “Patto per la Salute”, va determinato un modello
di relazioni sindacali che, fondandosi sui consolidati principi di “correttezza e buona fede”,
veda la partecipazione delle rappresentanze sindacali nelle varie fasi di riorganizzazione
del SSN, al fine di favorire la condivisione e consenso nonché il contributo di idee e sapere che rappresenta un valore assoluto.
Una partecipazione che, nel considerare la puntuale riaffermazione delle singole sfere di
responsabilità e competenza, preveda precise sedi e puntuali modalità di coinvolgimento
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dei soggetti firmatari del contratto collettivo e la chiara definizione delle materie oggetto di
ogni articolazione del sistema di relazioni sindacali, nell’ambito della normativa vigente.
Questa necessaria scelta è supportata dai seguenti elementi e richiami:
•
l’art. 5 del Patto per la Salute sancisce che: “Per un efficientamento del settore delle
cure primarie, si conviene che è importante una ridefinizione dei ruoli, delle competenze e delle relazioni professionali con una visione che assegna a ogni professionista responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi, abbandonando una logica gerarchica per perseguire una logica di governance responsabile
dei professionisti coinvolti prevedendo sia azioni normativo/contrattuali che percorsi
formativi a sostegno di tale obiettivo”;
•
questo concetto è stato rafforzato dall’articolo 22, sempre del Patto per la Salute
che prevede: “Al fine di garantire la nuova organizzazione dei servizi sanitari regionali, con particolare riferimento alla riorganizzazione delle rete ospedaliera, ai servizi territoriali e le relative forme di integrazione, alla promozione della salute e alla
presa in carico della cronicità e delle non autosufficienze e di garantire un collegamento alla più ampia riforma della Pubblica Amministrazione, si conviene sulla necessità di valorizzare le risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale e di favorire
l’integrazione multidisciplinare delle professioni sanitarie e i processi di riorganizzazione dei servizi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”;
•
l’Accordo ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il
Governo le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, recante istituzione
di una Cabina di regia per il coordinamento nazionale sulla regolazione della vita
professionale ed organizzativa degli operatori del sistema sanitario, individua le Organizzazioni Sindacali come protagonista fattivo dei processi di nuova organizzazione del S.S.N.
La consapevolezza che trattasi di una particolare e fondamentale fase di avvio di profonde
e radicali modifiche dell’organizzazione del lavoro nel settore, porta a considerare importante, al fine di favorire la comprensione e la condivisione, il coinvolgimento dei professionisti che operano nel SSN e delle loro organizzazioni sindacali, fermo restando il quadro di
responsabilità, competenze ed autonomie definite dal legislatore ed avendo cura di assi-
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curare l’allineamento tra la normativa nazionale e la disciplina contrattuale dei modelli di
relazione sindacale.
TITOLO II
DISPONIBILITA’ DELLE RISORSE
1. Definizione delle disponibilità delle risorse.
Il Comitato di settore prende visione ed atto della procedura prevista dal legislatore per la
definizione dei criteri e dei principi atti alla quantificazione delle disponibilità economiche
per la contrattazione nazionale collettiva nei comparti della Pubblica Amministrazione ed in
particolare l’art. 48, commi 1 e 2 del D.Lgs n.165/2001 e l’art. 1, commi 466 e 469 della
Legge n. 208/2015.
Il Comitato prende altresì atto dei contenuti del DPCM del 18 aprile 2016, prevedendo che
le risorse complessivamente disponibili per gli incrementi da riconoscere nell’ambito del
rinnovo contrattuale sia pari per il triennio, a:
 0,4% del monte salari relativo alle voci fisse della retribuzione, al netto
dell’indennità di vacanza contrattuale, da destinare alla rivalutazione delle medesime;
 0,4% del monte salari relativo alle voci variabili della retribuzione da destinare alla
rivalutazione delle medesime.
Il Comitato si riserva di integrare tale suddivisione a seguito di una eventuale diversa disponibilità economica che dovesse esser prevista dalla legge di stabilità.
Le Regioni, nel rispetto e soddisfatti i vincoli di finanza pubblica fissati per i rispettivi Servizi Sanitari, potranno destinare, esclusivamente al personale direttamente e proficuamente
coinvolto nei processi di ristrutturazione, miglioramento organizzativo e razionalizzazione,
parte delle economie aggiuntive conseguite con risparmi sui costi per le risorse umane ed
individuare specifici ed ulteriori criteri premiali per il personale coinvolto in progetti innovativi, principalmente mirati alla riduzione delle liste di attesa, alla piena e qualificata erogazione dei LEA e alle condizioni di lavoro. Per quanto attiene alle modalità di certificazione
della quantificazione del risparmio, possono essere previste deliberazioni annue del Col8
legio Sindacale; mentre, per quanto attiene il limite di utilizzo delle risorse così certificate,
esso viene fissato nel 50% delle stesse.
Tale previsione non si pone in contrasto con quanto previsto dal D.L. 78/2015 in quanto si
fa riferimento a risparmi ottenuti a parità di strutture.
Analogamente si procede con le risorse descritte al Titolo V, punto 2.
TITOLO III
ASSETTO PROFESSIONALE
1. Istituzione dell’area delle professioni socio-sanitarie.
La finalità del SSN, come definita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, cioè la tutela della salute come "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice
assenza di malattia" fa sì che debba essere attuata non solo in un sistema sanitario in
senso stretto, bensì dando corso ad un’articolata e complessa attività con più professionisti ed operatori per individuare e conseguentemente modificare quei fattori che influiscono
negativamente sulla salute individuale e collettiva promuovendo al contempo quelli favorevoli.
Per supportare tale strategia di promozione del benessere, che trova nel “Patto per la Salute” un forte stimolo attraverso l’integrazione socio-sanitaria, appare opportuno prefigurare nel CCNL la previsione di una specifica area delle professioni socio-sanitarie, in attesa
della piena attuazione di quanto previsto dall’art.3 octies del D.Lgs n.502/92 in quanto si
tratta di giusta scelta del legislatore in un settore, quale quello socio-sanitario, ad elevata
espansione per l’attuale quadro demografico ed epidemiologico.
La creazione di questa specifica area delle professioni socio-sanitarie comporterebbe il
superamento della desueta articolazione del personale nei quattro ruoli (sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo) prevista dal lontano DPR n.761 del 1979 non più aderente all’evoluzione scientifica, tecnologica, normativa e formativa intervenuta nel trentennio successivo e che ha prodotto l’attuale sistema nel quale prevale la mission di salute
più che di sanità in senso stretto.
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La conclusione dell’iter di superamento della suddivisone del personale nei quattro ruoli
deve prevedere un’esplicita modifica legislativa dove si colgano i reali contenuti propri di
ciascun profilo professionale.
E’ evidente che l’area delle professioni e degli operatori sociosanitari è una nuova configurazione professionale nell’ambito della quale occorre ricollocare i profili esistenti a rilevanza socio-sanitaria. Ne dovranno in ogni caso restare esclusi eventuali nuovi profili a rilevanza esclusivamente sociale.
Ad oggi l’unico profilo professionale istituito con una metodologia propria di quest’area è
l’operatore socio sanitario.
L’Operatore Socio-Sanitario iscritto in questa nuova area avrebbe una giusta collocazione,
risolvendo, alla radice, le questioni controverse legate al suo attuale inquadramento nel
ruolo tecnico da una parte e dall’altra porrebbe nella giusta dimensione, il rapporto di collaborazione con le professioni sanitarie e sociali ad iniziare da quella infermieristica.
La costituzione reale di quest’area delle professioni socio-sanitarie potrebbe dar corso a
nuove legittimità ed operatività professionali in un ambito di intervento nel quale iscrivere
alcune criticità attuali, relative a particolari profili che, nella suddivisione rigida in ruoli, non
sono riusciti a trovare una adeguata collocazione e ai quali, invece, appare necessario rispondere positivamente cogliendo l’esigenza di dare ad operatori e professionisti il riconoscimento formale anche nella contrattazione nazionale.
In questa area andrà individuato un inquadramento adeguato e coerente per tutti quei profili professionali che non sono riconosciuti appieno all’interno dell’attuale sistema professionale sanitario, ma che nella visione nuova di tutela della salute, ricoprono funzioni utili
ed efficaci per il “piano terapeutico” e per l’intera organizzazione del lavoro e che nel tavoli
di confronto della stagione contrattuale siano necessari al sistema di tutela della salute.
In altri termini si darebbe così vita ad un nuovo e discontinuo scenario caratterizzato da un
diverso pluralismo professionale più adeguato e funzionale non solo ad interpretare, ma
anche a soddisfare i bisogni di salute e rispondendo così positivamente all’evoluzione della organizzazione del lavoro nella prevista integrazione socio - sanitaria.
In attesa della istituzione dell’area delle professioni socio-sanitarie, come prevista dal
d.lgs. 502/92, al fine di adeguare l’articolazione dei professionisti e degli operatori del
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comparto sanità alla mutata evoluzione scientifica, tecnologica, formativa ed ordina mentale, è opportuno e necessario prevedere la seguente suddivisione del personale nelle seguenti aree funzionali:
 Area sanitaria, comprendente le professioni sanitarie infermieristiche – ostetrica,
tecniche della riabilitazione e della prevenzione e le arti sanitarie ausiliarie;
 Area dell’integrazione sociosanitaria comprendente gli operatori di interesse sanitario, oss compreso, il personale appartenente ai profili di assistente sociale, di educatore professionale, di puericultrice;
 Area dei fattori produttivi comprendente il personale amministrativo, tecnico e professionale;
 Area della ricerca (da istituire a seguito dei provvedimenti legislativi di cui al Titolo
VI, punto 2 degli atti di indirizzo).
Più specificatamente la previsione di una specifica area socio sanitaria, non appare in
contrasto con quanto disposto dall’articolo 3 octies del decreto legislativo n. 502 del 1992
e s.m. considerato che nell’attuale ordinamento giuridico le Regioni, nell’ambito
dell’organizzazione
dei
propri
servizi,
possono
prevedere
un’apposita
area
dell’integrazione socio sanitaria. Questa previsione risulta, peraltro, in linea con quanto
previsto dall’articolo 6 del Patto per la salute 2014-2016. In tal senso il decreto legislativo
n. 171 del 2016 ha dettato specifiche disposizioni per il conferimento dell’incarico di direttore dei sevizi socio sanitari, ove previsto dalle regioni.
Il Comitato di Settore con la previsione di tale Area, nell’ambito del contratto collettivo,
prevede quindi, di adeguare l’organizzazione del lavoro ai nuovi modelli organizzativi dei
servizi.
2. Collocazione contrattuale delle competenze avanzate e specialistiche delle professioni sanitarie infermieristiche – ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della
prevenzione.
In questo rinnovo contrattuale, in coerenza con quanto il Comitato di Settore aveva indicato nella precedente tornata contrattuale, va considerato il dettato di cui all’articolo 6 della
Legge n. 43/06.
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Va prevista quindi, l’istituzione della posizione di “professionista specialista” nonché quanto contenuto nei decreti istitutivi dei profili professionali ex terzo comma dell’art.6 del D.Lgs
n. 502/92 che prevedono l’istituzione di aree di formazione complementare post diploma.
Tale percorso virtuoso, già avviato in alcune Regioni, deve essere previsto e disciplinato
all’interno del CCNL, nel rispetto di quanto previsto dall’ordinamento vigente.
Il contratto nazionale descriverà, pertanto, analogamente a quanto già fatto per l’insieme
dei profili, le declaratorie delle competenze proprie delle posizioni di “professionista specialista” e di “professionista esperto” delle professioni sanitarie infermieristica - ostetrica,
tecnica, della riabilitazione e della prevenzione, nel rispetto di quanto previsto dal profilo
professionale, dal percorso formativo e dal codice deontologico, salvaguardando le specifiche competenze professionali degli altri professionisti, ai sensi dell’articolo 1, comma 2,
della Legge n. 42 del 1999.
In tale logica e per tale scopo va precisato che:
a) la posizione di “professionista specialista” è attribuita al professionista laureato delle
citate professioni sanitarie in possesso del master di primo livello di cui all’art. 6 della
Legge n.43/06;
b) la posizione di “professionista esperto è attribuita al professionista che ha acquisito
competenze avanzate, tramite percorsi formativi complementari regionali ed attraverso
l’esercizio di attività professionali, anche in virtù di protocolli concordati tra le rappresentanze delle professioni interessate, di quelle mediche e dell’area sanitaria più in
generale.
Al riguardo il Comitato di Settore ricorda che è compito dell’Osservatorio nazionale per le
professioni sanitarie, ricostituito presso il MIUR con il decreto interministeriale 10 marzo
del 2016 - nell’ambito del quale è presente anche il Ministero della salute - la definizione di
quali master specialistici possano rispondere agli effettivi bisogni del SSN.
Il Comitato di Settore auspica, al fine di dare completezza al quadro delineato, una modifica normativa che preveda ai fini dell’accesso alla posizione di “professionista specialista”
in alternativa al possesso del relativo master, l’aver svolto un percorso ultra quinquennale
verificabile all’interno dell’area di riferimento nonché la rivisitazione degli ordinamenti didattici delle lauree magistrali delle professioni sanitarie infermieristiche - ostetrica, tecnica,
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della riabilitazione e della prevenzione finalizzata anche ad una reale evoluzione professionale.
Va ribadito, infine, che in ogni caso tutte le competenze professionali vanno esercitate nel
rispetto dei profili, delle declaratorie, dei codici deontologici e della formazione acquisita,
fatte salve le competenze previste per gli altri professionisti, sino ad escludere, quelle improprie delle singole figure e profili professionali, con particolare riferimento a quelle domestico- alberghiere ovvero quelle di pertinenza di altre professioni e per esse previste.
L’assetto economico e normativo nel quale iscrivere il professionista specialista ed il professionista esperto andrà definito in sede di revisione dell’intera architettura delle funzioni
di coordinamento e di posizione organizzativa, per i quali si rinvia allo specifico punto.
Con riferimento al “professionista esperto” si precisa che non si tratta di un nuovo profilo
professionale, ma di un incarico che può essere attribuito al professionista già nell’ambito
dell’attuale sistema e che si è ritenuto opportuno prevedere in maniera esplicita al fine di
valorizzare le competenze acquisite dai professionisti sanitari, alla luce dell’evoluzione del
quadro normativo di riferimento, evidenziate in premessa.
A tal fine appare necessario ridefinire delle declaratorie di tutti i profili afferenti alla categoria D. Tale categoria dovrà avere caratteristiche di “contenitore dinamico” nel quale trovino collocazione tutti i profili professionali titolari di incarico di coordinamento/posizione organizzativa e specialista. La revisione avverrà con le risorse presenti nei fondi contrattuali
quindi non comporta un incremento delle stesse. L’operazione troverà copertura
nell’ambito delle risorse rese disponibili nell’apposito fondo contrattuale.
3. Personale amministrativo e tecnico.
Va colta l’esigenza di una puntuale verifica dell’architettura contrattuale dei profili del personale amministrativo e tecnico, cogliendo le modifiche dell’organizzazione del lavoro intervenute a seguito dei rilevanti processi riorganizzativi e di riforma tenendo conto delle
funzioni gestionali che detto personale amministrativo e tecnico verrà ad assumere alla luce della rivisitazione e riordino dell’area dirigenziale.
L’individuazione di un nuovo assetto delle carriere del personale amministrativo e tecnico
è necessaria anche in conseguenza ai processi di riordino del modello organizzativo (aree
vaste e centrale unica degli acquisti) e dell’attuale mercato del lavoro che impatta in ma13
niera rilevante sulle procedure di acquisizione del personale di questi profili, individuando il
pieno riconoscimento di nuovi profili correlati all’evoluzione dell’organizzazione del lavoro
nelle aziende sanitarie.
Va altresì posta attenzione, nella definizione dell’architettura contrattuale, della modifica
introdotta dal legislatore con la Legge n.124/2015 e successive decretazioni, con particolare riguardo all’elemento di impatto organizzativo che produce una filiera della carriera
amministrativa, tecnica e professionale non più rientrante appieno nel contesto contrattuale del settore sanità.
4. Le funzioni ed incarichi di organizzazione a carattere gestionale.
Va semplificata e sistematizzata la collocazione contrattuale delle “figure” o meglio delle
“posizioni” che hanno forti contenuti gestionali oltre che professionali.
Tale semplificazione deve necessariamente riguardare il rapporto e la collocazione dei
coordinamenti e delle posizioni organizzative (da ipotizzare in completa disponibilità
dell’Ente), ipotizzando uno stretto collegamento tra esse e i processi organizzativi sia in
termini di funzione (richiesta e svolta), sia in termini di incarico (e le sue dinamiche) e sia
in termini di rapporto tra le funzioni gestionali e quelle professionali che continuano ad essere svolte, ipotizzando, anche, talune pozioni organizzative (esempio quelle a valenza
dipartimentale) possano trovare finanziamento al di fuori della gestione dei fondi contrattuali.
Queste figure devono trovare esplicito riferimento in modelli organizzativi formalmente definiti ed essere soggetto facilitatore del modello organizzativo prescelto.
Per le eventuali posizioni organizzative che le singole Regioni possono autorizzare alle
singole aziende in sede di approvazione degli atti aziendali e in applicazione dei medesimi, il Comitato di Settore ritiene che esse siano finanziabili con risorse regionali derivate
da risparmi sul costo del personale ovvero nelle disponibilità del fondo sanitario regionale.
Il limite al ricorso a tale modalità quindi, trova ragione all’interno della disponibilità delle
Regioni ovvero dei risparmi prodotti dalla ridefinizione dei propri servizi sanitari regionali.
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TITOLO IV
ISTITUTI DEL RAPPORTO DI LAVORO
1. Valorizzazione della responsabilità professionale.
All’interno del quadro di insieme sopra delineato, particolare importanza va data alla revisione profonda delle tipologie e dei sistemi di graduazione degli incarichi e delle funzioni,
valorizzando l’esercizio effettivo del carattere di responsabilità, che va maggiormente posto in risalto creando un giusto ed equilibrato assetto che motivi il personale ed incentivi la
crescita umana e professionale.
Questo tema è trasversale a tutte le figure professionali ed è comune a tutte le aree negoziali. In particolare per esso si schematizzano i seguenti aspetti:
 istituzione di un sistema di incarichi graduato, con l’attribuzione di un conseguente
trattamento economico differenziato in funzione della specifica complessità;
 questo dovrà riguardare sia le attuali posizioni di coordinamento e sia i profili citati
nei precedenti punti, in particolare quello dello “specialista” (previsto dalla Legge
n.43/2006). Per entrambi dovranno essere previste retribuzioni di funzione in un
quadro di equilibrato assetto di riconoscimento degli incarichi;
 al fine di semplificare e rendere percettibili le singole funzioni esse vanno descritte
puntualmente con delle declaratorie contrattuali del tutto simili a quelle in essere
per la descrizione dei profili;
 vanno previsti, altresì, i rapporti contrattuali tra le tipologie al fine di rendere trasparenti e definite le linee di indirizzo sulle quali l’azione aziendale può esplicare la necessaria e propria scelta organizzativa;
 va valutata la possibilità di unificare gli incarichi di coordinamento, specialista e di
posizione all’interno di una specifica categoria. Per questa opzione vanno definiti i
criteri della dinamicità (acquisizione incarichi, revocabilità, flessibilità) e le procedure di valutazione.
 per il personale Arpa va verificato il sistema delle indennità di responsabilità con
particolare riguardo alle funzioni ispettive e di controllo in materia ambientale.
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L’atto di indirizzo non prevede di unificare gli incarichi di coordinamento e di posizione organizzativa dal punto di vista economico ma di inserirli, riorganizzandoli funzionalmente,
nel “contenitore dinamico” descritto al punto 2, Titolo III – personale dei livelli. Per il riordino così previsto al 5 alinea, vengono utilizzate le risorse disponibili nell’apposito fondo.
2. Revisione dei passaggi intra-categoria
Il Comitato di Settore, preso atto di quanto disposto dalla cosiddetta riforma “Brunetta” in
materia di riserva nei concorsi pubblici ovvero di dinamicità all’interno del settore sanità e
dei recenti orientamenti giurisprudenziali, ritiene necessario che il nuovo CCNL ridetermini
con assoluta chiarezza le disposizioni di dinamicità interne alle attuali categorie B e D con
riferimento ai livelli economici, rispettivamente, Bs e Ds, ovviamente contemperandole con
l’assetto generale descritto in precedenza.
Analogamente va posta attenzione al personale collocato nella catg. A tenendo conto, anche per esso, dell’impatto relativo alle modifiche introdotte dalla riforma “Brunetta” richiamata sulla dinamicità di carriera.
3. Strategie per la valorizzazione degli operatori senior
Il progressivo invecchiamento della popolazione, lo spostamento in avanti dell’età
pensionabile, la razionalizzazione delle assunzioni sono fattori che richiedono nuovi
strumenti di gestione delle risorse umane. Il CCNL dovrà individuare modalità di
valorizzazione, di riconoscimento e di tutela dell’operatore senior. La sperimentazione di
modelli organizzativi innovativi potrà essere sviluppata nell’ambito del livello di
coordinamento regionale. Ciò non comporta in nessun caso oneri economici in quanto
trattasi di indicazioni operative che il contratto dovrebbe prevedere in virtù del progressivo
invecchiamento della popolazione lavorativa.
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TITOLO V
FINANZIAMENTO DELLA PARTE VARIABILE DEL TRATTAMENTO ECONOMICO
1. Fondi contrattuali.
Vanno definite modalità di riconversione delle risorse tendendo ad una semplificazione
complessiva del percorso di costituzione, di computo e di utilizzazione delle medesime.
Vanno individuate opportune nuove disposizioni riguardanti in particolare:
 revisione del sistema dei fondi finalizzata alla creazione di un fondo unico fermo restando le finalizzazioni di spesa ed in particolare quelle collegate alle condizioni di
lavoro e al disagio;
 vanno stabilite modalità di riconversione delle risorse tendendo ad una semplificazione sia nella costruzione e sia nella loro utilizzazione;
 revisione del sistema di finanziamento della progressioni orizzontali e il suo rapporto, nel comparto sanità con il finanziamento delle posizioni organizzative corrispondenti ai singoli modelli organizzativi formalmente adottati dalle Aziende;
 riconsiderazione delle risorse destinate alle condizioni disagio alla luce delle modifiche intervenute nel sistema;
 quantificazione annuale delle risorse per la retribuzione di produttività partendo da
base zero e costruzione in base ad indicatori connessi alla condizione economica
della azienda e alla capacità di definire obiettivi e adottare efficienti sistemi di valutazione.
Fermo restando quanto posto al primo punto appare necessaria un’armonizzazione sul
territorio nazionale delle modalità di finanziamento degli istituti contrattuali legati alla gestione dei fondi e alla loro necessaria trasposizione nel nuovo assetto contrattuale.
Si conferma inoltre la necessità peraltro condivisa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con nota del 05/08/2016, di semplificazione nella costituzione dei fondi, nel computo e nelle modalità di utilizzo delle relative risorse confermando altresì che tale semplificazione non può che avvenire con le risorse destinate ai fondi medesimi non prevedendo
quindi impiego di risorse aggiuntive.
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2. La compartecipazione del personale nella lotta agli sprechi nel sistema sanitario.
Il Comitato di Settore ritiene che all’interno di una rinnovata e riaffermata politica di contenimento della spesa coniugata ad un investimento nella risorsa principale del Settore che
è rappresentata dal patrimonio delle professionalità, vada puntualmente verificata
l’opzione prevista dall’art. 6 della Legge n.111/2011 che recita così:
“ omissis 5. In relazione ai processi di cui al comma 4, le eventuali economie aggiuntive
effettivamente realizzate rispetto a quelle già previste dalla normativa vigente, dall'articolo
12 e dal presente articolo ai fini del miglioramento dei saldi di finanza pubblica, possono
essere utilizzate annualmente, nell'importo massimo del 50 per cento, per la contrattazione integrativa, di cui il 50 per cento destinato alla erogazione dei premi previsti dall'articolo
19 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150”.
E’ pertanto uno strumento legislativo in grado di incentivare la partecipazione attiva dei
professionisti e degli operatori, con la previsione per la quale una quota dei risparmi derivanti da processi di ristrutturazione, riorganizzazione e innovazione possa essere destinata, secondo criteri definiti dalla contrattazione integrativa, al personale direttamente coinvolto e alla stessa contrattazione decentrata, idea forza già prevista dall’ art. 38, comma 4,
lettera b) del CCNL Sanità 1998/2001 e l’art. 30, comma 2, lettera b) del CCNL Sanità
2002/2005 e relativamente al personale medico e degli altri profili dirigenziali l’art. 9 Coordinamento Regionale CCNL 2002 – 2005 biennio economico 2002 – 2003 Area III e
IV e precisamente al comma 1. dell’art. 9 lettere D. F e G. e l’art. 55, comma 1, lettera d,
comma 2 del CCNL 8 giugno 2000, che disciplinano la possibilità di incremento dei salari
individuali ed indirettamente dei fondi del salario accessorio, in presenza di processi di razionalizzazione della spesa.
La previsione descritta rappresenta la conferma delle disposizioni tutt’ora vigenti e che trovano origine nell’art. 38 per il comparto e nell’analogo art. 52 dell’area della dirigenza medica-veterinaria dei CC.CC.NN.LL. 1998/2001. Non si tratta quindi né di risorse né di costi
aggiuntivi ma di semplice riaffermazione delle disposizioni contrattuali già in essere.
Il questa logica e all’interno di un nuovo modello di relazioni sindacali va potenziato
l’ambito contrattuale che favorisca:
 il raggiungimento degli obiettivi di produttività ed efficienza delle Aziende Sanitarie
tale da potenziare il margine della produttività medesima;
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 lo sviluppo della partecipazione e la condivisione al processo di aziendalizzazione
in grado di determinare nei distretti, negli ospedali, nei dipartimenti di prevenzione e
nelle funzioni direzionali, azioni volte a rendere più adeguato ed appropriato
l’intervento di tutela della salute individuale e collettiva;
 l’individuazione “delle migliori pratiche” che contribuiscano al coinvolgimento ed alla
responsabilizzazione delle parti sociali come condizione per favorire e concretizzare
istituti partecipativi e, parimenti, aumentare la produttività coinvolgendo i lavoratori
nei risultati economici aziendali attraverso l’erogazione economica del contro valore
del maggior impegno profuso, che si qualifichi come vero e proprio “dividendo
aziendale”
da
ripartire
tra
Azienda
e
“risorsa
umana
e
professionale”.
Lo sviluppo della contrattazione integrativa di secondo livello dovrà apprezzare il fatto che
a figure professionali sempre più specializzate, autonome e responsabilizzate, sia necessario corrispondere un conseguentemente adeguamento delle retribuzioni tendendo ad un
sistema retributivo, che sappia individuare un giusto riconoscimento a capacità e competenze, che sappia valorizzare il merito favorendo la crescita professionale di chi vuole fare
di più.
Ne consegue l’indispensabilità di costruire un sistema che consideri le modifiche
dell’organizzazione del lavoro e l’evoluzione delle professionalità come patrimonio di valorizzazione del lavoro e di tutti i professionisti, ciascuno con la sua professionalità, ruolo e
responsabilità, con un connotato meritocratico che sia supportato da un modello di valutazione oggettiva, trasparente e permanente che preveda forme di un qualche coinvolgimento degli utenti.
TITOLO VI
RISERVA ED ALTRE DISPOSIZIONI
1. Altre disposizioni.
Vanno armonizzate le nuove disposizioni di Legge con l’evolversi del modello di intervento
sanitario e della professione sanitaria medesima. In quest’ambito, va considerato e rimodulato l’insieme degli istituti contrattuali attualmente vigenti tra cui si sottolinea il tema della
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formazione, della disciplina dei permessi per visite, prestazioni specialistiche, terapie ed
esami diagnostici (art. 55 septies, comma 5 ter, del D.Lgs 165/2001) alla luce delle recenti
pronunce giurisdizionali e quello relativo all’orario di lavoro in rapporto alle disposizioni di
cui al D.Lgs n. 66/2003 e successivi pronunciamenti della Comunità Europea; tema
quest’ultimo già oggetto di linee di indirizzo di questo Comitato di Settore approvate in data 4 novembre 2015, che si allegano. Il CCNL dovrà altresì armonizzare le disposizioni in
materia di rapporto di lavoro a part time e tempo determinato, alla luce delle modifiche
normative, introdotte rispettivamente dalla Legge n. 133/2008 e dal D. Lgs. n. 81/2015.
Per quanto riguarda i dipendenti delle Arpa si pone l’esigenza del superamento dei limiti di
ruolo e quantitativi attualmente presenti nella disciplina contrattuale (tetto massimo di turni
mensili e limite per profilo professionale impiegabile) superando l’esclusione, in via ordinaria, del personale del ruolo tecnico.
2. Riserva.
Il Comitato di Settore si riserva di integrare il presente atto di indirizzo ovvero di costituirne
uno apposito relativamente alla immissione, nei contratti collettivi nazionali di lavoro del
settore sanità, del personale della ricerca, finora non contrattualizzato, degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) e Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS) a
seguito delle decisioni in materia del legislatore per le quali si è avviato recentemente la
procedura di consultazione delle parti interessate. Tale riserva è stata espressa in quanto
le Regioni sono state coinvolte dal Ministero della Salute ad iniziative atte alla definizione
di un processo di contrattualizzazione del personale operante nella ricerca. La riserva verrà sciolta, con le procedure di rito, con ulteriore direttiva qualora l’iter legislativo previsto
dal Ministero della Salute giunga a conclusione. Ovviamente la riserva non comporta nessun impegno di spesa bensì rappresenta la volontà del Comitato di Settore di adeguare le
proprie direttive ad un importante percorso legislativo già avviato.
Roma,
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Allegato
CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
COMITATO DI SETTORE COMPARTO REGIONI – SANITÁ (Artt. 54, 56 e 59 D.Lgs. 150/2009 )
ATTO DI INDIRIZZO PER L’ATTUAZIONE DEL DISPOSTO DELL’ARTICOLO 14,
COMMA 1, DELLA L. 30 OTTOBRE 2014, N. 161
L’articolo 14, comma 1, della L. 30 ottobre 2014, n. 161 dispone l‘abrogazione, decorsi dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della stessa legge (vale a dire dal 25 novembre 2015), dell’articolo 17
comma 6 bis del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 e dell’articolo 41, comma 13, del D.L. 25 giugno 2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
I commi abrogati stabilivano la disapplicazione nei confronti del personale del ruolo sanitario del
Servizio sanitario nazionale delle disposizioni di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 66/2003, che sancisce,
tra l’altro, il diritto per il lavoratore ad undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore e, con
riferimento specifico al personale delle aree dirigenziali degli enti ed aziende del SSN, la disapplicazione anche dell’articolo 4 della medesima fonte normativa, recante disposizioni in materia di durata massima dell’orario di lavoro.
Il comma 2 dell’articolo 14 della L. 161/2014 dispone poi che per fare fronte alle esigenze derivanti
dalle disposizioni di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano garantiscono la continuità nell'erogazione dei servizi sanitari e l'ottimale funzionamento delle strutture, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili sulla base della legislazione vigente attuata attivando anche
processi di riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture e dei servizi dei propri enti sanitari.
Peraltro il comma 3 dell’articolo 14 stabilisce che, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 17
del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i contratti collettivi nazionali di lavoro
del comparto sanità disciplinano le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero del
personale del Servizio sanitario nazionale preposto ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento
e alle cure, prevedendo altresì equivalenti periodi di riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare, ovvero, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, adeguate misure di
protezione del personale stesso .
Lo stesso comma 3 stabilisce che, nelle more del rinnovo dei contratti collettivi vigenti, le disposizioni contrattuali in materia di durata settimanale dell’orario di lavoro e di riposi cessano di avere
applicazione con decorrenza dalla data di abrogazione dell’articolo 41, comma 13, del D.L.
112/2008 e dell’articolo 17, comma 6 bis, del D.Lgs. 66/2003.
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L’abrogazione delle deroghe legislative alla durata del periodo minimo di riposo e la contestuale
decadenza di tutte le previsioni dei contratti collettivi in materia di riposi può rendere problematico
se non impossibile in molte enti del SSN assicurare con il personale in servizio le prestazioni assistenziali ed, in particolare, garantire i turni di lavoro ad invarianza di spesa come
stabilito dal disposto legislativo, anche dopo l’attivazione delle misure dirette alla ottimizzazione
delle risorse umane ed alla riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture.
Ciò rende indispensabile la tempestiva apertura delle trattative tra l’ARAN e le organizzazioni sindacali al fine di pervenire ad una nuova disciplina contrattuale che introduca le necessarie deroghe
alle disposizioni contenute nel D.Lgs. 66/2003 pur nel rispetto dei principi della protezione e della
sicurezza dei lavoratori.
Risulta altresì opportuno che la contrattazione nazionale individui le ragioni che consentono di elevare, in sede di contrattazione integrativa, da quattro mesi a sei o a dodici mesi il periodo di riferimento per il calcolo della durata massima settimanale di quarantotto ore dell’orario di lavoro di cui
all’articolo 4 del D.Lgs. 66/2003.
Premesso quanto sopra, il Comitato di Settore assume le seguenti direttive, rispettivamente per le
aree di contrattazione della dirigenza medica veterinaria ed SPTA e per l’area del Comparto.
DIRETTIVA AREA MEDICA-VETERINARIA ED SPTA
In attuazione di quanto previsto dall’articolo 14, comma 3, della L. 30 ottobre 2014, n. 161, la contrattazione nazionale dovrà disciplinare le deroghe al disposto dell’articolo 7 del D.Lgs. 8 aprile
2003, n. 66 che fissa il riposo del lavoratore in undici ore consecutive ogni ventiquattro ore.
In particolare la predetta disciplina dovrà:
a) essere riferita esclusivamente al personale addetto ai servizi relativi all’accettazione, al trattamento ed alle cure delle strutture ospedaliere;
b) essere finalizzata a garantire la continuità assistenziale;
c) consentire riposi inferiori alle undici ore esclusivamente previo esperimento da parte delle regioni e degli enti del SSN di tutte le misure organizzative che consentano la razionalizzazione
delle strutture e l’ottimizzazione delle risorse umane a disposizione attraverso, tra l’altro, una
opportuna riorganizzazione dei turni e di piani di lavoro e la previsione del servizio di guardia
per aree funzionali omogenee al di fuori delle tipologie assistenziali nelle quali l’allegato 2 ai
CC.CC.NN.LL. del 3.11.2005 prevede la guardia per unità operativa;
d) individuare, in rapporto alla finalità di cui al punto b), le tipologie di fattispecie ricorrendo le
quali può essere consentita la deroga alle disposizioni in materia di riposo giornaliero; in particolare:
 al fine di assicurare la continuità terapeutica, dovrà essere contemplata la possibilità di
prevedere la presenza del dirigente medico operante nei servizi di degenza anche precedentemente all’ inizio del servizio di guardia attiva notturna, a condizione di garantire allo
stesso dirigente almeno otto ore consecutive di riposo tra i due periodi di attività;
 dovranno essere consentiti riposi inferiori ad undici ore in presenza di eventi eccezionali e
non prevedibili, o assenze improvvise, determinati, ad esempio, da prolungamenti di interventi chirurgici, malattie o infortuni, situazioni di urgenza, etc;
e) indicare i criteri per l’individuazione delle “ragioni oggettive” che possono impedire la fruizione
di un periodo di riposo compensativo pari a undici ore, individuando nel contempo adeguate misure
di protezione del personale interessato;
f) individuare, in relazione al rispetto delle undici ore di riposo consecutivo, gli istituti esclusi dal
computo dell’orario di lavoro in quanto le relative attività non sono riconducibili alla definizione
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dello stesso orario di lavoro data dall’articolo 1, comma 2, lett. a) del medesimo decreto (ad esempio attività di carattere volontaristico, la partecipazione ai corsi di formazione, a determinate commissioni, a comitati scientifici, etc);
g) definire le modalità di computo del riposo in rapporto alle attività lavorative rese dal personale in
servizio di pronta disponibilità tenendo presente che tali attività sospendono e non interrompono il
riposo;
h) individuare, ferma restando la necessità di reintegro dell’equilibrio psico fisico del dirigente anche in funzione della tutela degli utenti, le tipologie di attività libero professionale che in rapporto al
concetto di orario di lavoro definito dall’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. 66/2003 e dell’articolo 2
della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003 devono essere escluse
dal computo dello stesso orario di lavoro al fine della determinazione della durata del riposo giornaliero di undici ore;
i) stabilire che i criteri per l’attuazione delle clausole della contrattazione collettiva nazionale in materia di deroghe al riposo giornaliero siano definiti in sede di contrattazione integrativa;
Inoltre, con riferimento all’articolo 4 del D.lgs. 66/2003, la contrattazione nazionale dovrà indicare
la possibilità da parte della contrattazione integrativa di elevare da quattro mesi fino a sei mesi, ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, il limite di quattro mesi, previsto come periodo di riferimento per il calcolo della durata media di
quarantotto ore settimanali dell’orario di lavoro. In particolare le predette ragioni dovranno riguardare:
 la carenza di personale;
 la necessità di garantire la continuità assistenziale distinguendo servizi con turni h 24
e h 12;
 il rispetto del vincolo economico relativo alla spesa del personale di cui all’articolo
2, commi 71 e 72 della L. 191/2009, come modificata dall’articolo 1 legge 190/2014.
Qualora non fosse possibile pervenire in tempi ragionevolmente brevi alla stipula di un contratto di
lavoro, si invita l’ARAN ad attivare la procedura prevista dall’articolo 17, comma 2 del D.Lgs.
66/2003 per l’adozione da parte del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione,
di concerto con il Ministro del Lavoro, di un decreto che, nelle more della disciplina collettiva, determini le deroghe alle previsioni di cui all’articolo 7 dello stesso D.Lgs. 66/2003.
DIRETTIVA AREA COMPARTO
In attuazione di quanto previsto dall’ articolo 14, comma 3 della L. 30 ottobre 2014, n. 161, la contrattazione nazionale dovrà disciplinare le deroghe al disposto dell’articolo 7 del D.Lgs. 8 aprile
2003, n. 66 che fissa il riposo del lavoratore in undici ore consecutive ogni ventiquattro ore .
In particolare la predetta disciplina dovrà:
a) essere riferita esclusivamente al personale addetto ai servizi relativi all’accettazione, al trattamento ed alle cure delle strutture ospedaliere;
b) essere finalizzata a garantire la continuità assistenziale;
c) consentire riposi inferiori alle undici ore esclusivamente previo esperimento da parte delle regioni e degli enti del SSN di tutte le misure organizzative che consentano la razionalizzazione delle
strutture e l’ottimizzazione delle risorse umane a disposizione, anche attraverso una opportuna riorganizzazione dei turni e di piani di lavoro
d) individuare in rapporto alla finalità di cui al punto b) le tipologie di fattispecie ricorrendo le quali può essere consentita la deroga alle disposizioni in materia di riposo giornaliero; in particolare
dovranno essere consentiti riposi inferiori ad undici ore in presenza di eventi eccezionali e non pre23
vedibili, o assenze improvvise , determinati, ad esempio, da prolungamenti di interventi chirurgici,
malattie o infortuni, situazioni di urgenza, etc.
e) indicare i criteri per l’individuazione delle “ragioni oggettive” che possono impedire la fruizione
di un periodo di riposo compensativo pari a undici ore, individuando nel contempo adeguate misure
di protezione del personale interessato; in ogni caso dovrà essere prevista la possibilità di riposi
compensativi inferiori alle undici ore per i profili presenti in numero limitato e aventi competenze
non delegabili ad altri profili;
f) individuare, in relazione al rispetto delle undici ore di riposo consecutivo, gli istituti esclusi dal
computo dell’orario di lavoro in quanto le relative attività non sono riconducibili alla definizione
dello stesso orario di lavoro data dall’articolo 1, comma 2, lett. a) del medesimo decreto (ad esempio attività di carattere volontaristico, la partecipazione ai corsi di formazione, a determinate commissioni, a comitati scientifici, etc);
g) definire le modalità di computo del riposo in rapporto alle attività lavorative rese dal personale
in servizio di pronta disponibilità tenendo presente che tali attività sospendono e non interrompono
il riposo;
h) stabilire che i criteri per l’attuazione delle clausole della contrattazione collettiva nazionale in
materia di deroghe al riposo giornaliero siano definiti in sede di contrattazione integrativa.
Inoltre, con riferimento all’articolo 4 del D.lgs. 66/2003, la contrattazione nazionale dovrà indicare
la possibilità da parte della contrattazione integrativa di elevare da quattro mesi fino a sei mesi, ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, il limite di quattro mesi, previsto come periodo di riferimento per il calcolo della durata media di
quarantotto ore settimanali dell’orario di lavoro. In particolare le predette ragioni dovranno riguardare:
 la carenza di personale;
 la necessità di garantire la continuità assistenziale distinguendo servizi con turni h 24
e h 12;
 il rispetto del vincolo economico relativo alla spesa del personale di cui all’articolo
2, commi 71 e 72 della L. 191/2009, come modificata dall’articolo 1 legge 190/2014.
Qualora non fosse possibile pervenire in tempi ragionevolmente brevi alla stipula di un contratto di
lavoro, si invita l’ARAN ad attivare la procedura prevista dall’articolo 17, comma 2 del D.Lgs.
66/2003 per l’adozione da parte del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione,
di concerto con il Ministro del Lavoro, di un decreto che, nelle more della disciplina collettiva, determini le deroghe alle previsioni di cui all’articolo 7 dello stesso D.Lgs. 66/2003.
Roma, 4 novembre 2015
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