3 la struttura dell`occupazione e la nuova domanda di lavoro

Transcript

3 la struttura dell`occupazione e la nuova domanda di lavoro
3. LA STRUTTURA DELL’OCCUPAZIONE E LA NUOVA DOMANDA
DI LAVORO
Antonella Di Stefano
In questo capitolo si propone un’analisi della struttura occupazionale
dell’Abruzzo con l’intento di cogliere la realtà variegata, per tipologia e per
settore economico, per titolo di studio, per posizione nella professione. Le
informazioni statistiche sono tratte dai dati ISTAT delle Forze di Lavoro e
dei Censimenti. In ultimo si analizza la domanda di lavoro da parte delle imprese attraverso i risultati dell’indagine del Progetto Excelsior.
3.1 DINAMICA DELL’OCCUPAZIONE PER GENERE E MACROSETTORI
Tra il 1996 e il 2003 l’andamento dell’occupazione nei tre macrosettori dell’agricoltura, dell’industria e dei servizi si presenta in maniera diversificata, soprattutto se si considerano i dati del lavoro distinti per genere.
L’occupazione femminile, infatti, cresce molto più di quella maschile: il fenomeno ha valenza storica e persiste in quasi tutti gli anni di nostro interesse. Le donne nel mercato del lavoro passano da 155.000 del 1996 a 179.000
del 2003 registrando un aumento del 15,5%. Gli uomini aumentano solo del
2,4% (da 292 a 299 mila). Soffermandoci sulle dinamiche più recenti non si
può non notare il rallentamento del lavoro maschile, che inizia dal 2001, e la
crescita di quello femminile, a partire dal 1999. Se i dati, però, sono confortanti dal punto di vista incrementale non lo sono in valore assoluto: nel mercato abruzzese lavorano più uomini che donne in un rapporto che nel 1996
era di quasi il doppio e nel 2003 vede la presenza maschile superare del 67%
quella femminile.
Gli occupati del settore agricolo si sono ridotti del 36% in otto anni,
passando da 38.000 a 28.000. Tale calo è stato maggiore per gli uomini (32%) che per le donne (-19%). Gli occupati dell’industria hanno seguito un
andamento altalenante, risultando complessivamente in diminuzione con gli
unici valori in crescita nel 2000 e 2001. Negli otto anni considerati si assiste,
quindi, ad un ridimensionamento dell’occupazione industriale con un saldo
negativo di 2000 persone. Limitandoci agli ultimi anni i risultati non sono
migliori: dal mercato del lavoro fuoriescono in due anni 2000 donne e 6000
uomini, pari rispettivamente ad una variazione in termini percentuali del 5,9% e -5%.
Nel settore dei servizi, infine, si osserva una forte crescita dell’occu43
Graf. 3.1 - OCCUPATI PER SESSO IN ABRUZZO
(Indici 1996 = 100)
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
pazione complessiva, con il conseguente fenomeno della terziarizzazione del
mercato del lavoro. I lavoratori del terziario passano da 259 mila nel 1996 a
303 mila nel 2003, mettendo a segno un aumento del 17%. Alla crescita del
settore dei servizi contribuiscono prevalentemente le donne (+29% negli otto anni considerati).
Nel 1996 l’occupazione in agricoltura costituiva il 10,3% dell’occupazione totale delle donne, una quota maggiore di quella degli uomini pari al
7,5%. Nel corso degli anni la perdita dell’occupazione femminile e maschile
ha ridotto le quote rispettivamente a 7,3% e 5% dell’occupazione totale del
2003.
Nell’industria si nota una maggiore diminuzione della quota delle
donne occupate, -4,9 punti percentuali nel periodo 1996-2003, la quota di
occupazione maschile si è ridotta di 0,9 punti percentuali.
Nel periodo considerato la quota dell’occupazione maschile nel terziario è aumentata di 3,1 punti percentuali. La terziarizzazione dell’occupazione femminile è stata, invece, relativamente maggiore, crescendo di 7,9
punti percentuali. Tutto ciò porta alla considerazione che il più alto tasso di
occupazione femminile sia avvenuto con una maggiore concentrazione delle
donne in alcuni settori (prevalentemente del terziario) e con una loro esclusione dai settori (relativi all’industria) a predominio maschile.
I dati a livello nazionale dell’occupazione nel periodo 1996-2003 mostrano un incremento più grande rispetto alla regione Abruzzo, sia per gli
uomini (+5,3%) che per le donne (+17,4%). In termini settoriali le maggiori
differenze si riscontrano nell’industria, in cui l’occupazione complessivamente aumenta del 4,9% contrariamente a quella regionale che diminuisce.
44
L’andamento delle quote permette di evidenziare che l’occupazione
agricola maschile si riduce meno della corrispondente quota regionale (fenomeno identico per la quota femminile). Vi è una diminuzione, poi, della quota degli occupati sia maschi che femmine nell’industria (nonostante in termini assoluti questi aumentino) ma in misura minore rispetto a quella regionale. La terziarizzazione, infine, dell’occupazione totale è meno intensa che
per l’Abruzzo.
In conclusione mentre l’occupazione femminile a livello regionale ha
subito un forte riorientamento dall’industria ai servizi, a livello nazionale ciò
è avvenuto in misura minore. D’altra parte per gli uomini in Italia non si può
nemmeno parlare di deindustrializzazione, essendo solo –0,2% la riduzione
della quota degli uomini occupati nel settore industriale per gli anni considerati.
3.2 LA RIPARTIZIONE DEGLI OCCUPATI PER SETTORI PRODUTTIVI
Per poter disaggregare il comparto industriale e dei servizi è necessario utilizzare i dati dei Censimenti del 1991 e del 2001 resi noti dall’Istat.
L’analisi dell’andamento delle branche del settore industriale viene
effettuata considerando i quattro comparti dell’estrazione dei minerali, attività manifatturiere, produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua e infine costruzioni.
Nel 1991 l’occupazione dell’industria abruzzese era composta per il
71,9% da addetti del manifatturiero, per il 26,6% da addetti delle costruzioni, per l’1,3% da addetti dell’estrazione dei minerali e 0,2% da addetti del
comparto energetico.
In dieci anni l’occupazione è aumentata del 7,5%, le quote tuttavia
non sono cambiate in maniera rilevante: leggere variazioni si sono avute nell’industria manifatturiera (+1,3%), nelle costruzioni (-0,6%) e estrazione dei
minerali (-0,7%).
Alla data dell’ultimo Censimento, all’interno del manifatturiero gli
addetti sono presenti maggiormente nei comparti tradizionali delle industrie
tessili e dell’abbigliamento (18,6%), della produzione di metallo (15%), dell’industrie alimentari e bevande (11,4%), ma anche nei comparti hi-tech della fabbricazione di macchine elettriche ed ottiche (10%).
Nell’Italia meridionale già dal 1991 era più bassa la percentuale di occupati del settore manifatturiero (66,4%) e più alta quella delle costruzioni
(31,8%). In dieci anni si è ridotta ancora la prima componente ed è aumentata la seconda, con una dinamica opposta a quella della regione Abruzzo.
A livello nazionale il sistema produttivo, in un decennio, ha presenta45
to una contrazione degli addetti nell’industria manifatturiera e un’espansione degli addetti delle costruzioni.
I dati relativi ai servizi mostrano chiaramente che l’incremento registrato, nel corso di dieci anni, nell’occupazione del terziario (+13,4%) ha riguardato quasi tutte le branche del settore. Un’espansione molto significativa si riscontra, in particolare, nel comparto che comprende attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e altre attività professionali (più 11.000
unità pari a +63%) e nel comparto dei trasporti, magazzinaggio e comunicazioni (più 5.300 unità, pari a +64%). Negativo è invece l’andamento del
commercio e dell’istruzione che evidenziano rispettivamente un decremento
pari a –6,2% e –32,9%.
Per concludere, si è registrata una riduzione di oltre otto punti percentuali del peso del settore commercio in termini di addetti, un aumento del
settore trasporti (+2,9) e del settore delle attività immobiliari, noleggio
informatica (+5,9). Gli altri settori non hanno risentito di forti variazioni.
I risultati dell’Abruzzo in termini percentuali sono simili a quelli dell’Italia meridionale, che vede incrementare gli occupati del terziario del
13,8%, ma inferiori a quelli dell’intero Paese (+17,8%) che registra un forte
incremento non solo dei lavoratori indipendenti, ma anche dei dipendenti.
3.3 OCCUPAZIONE PER TITOLO DI STUDIO
Sono 42 mila gli occupati abruzzesi con licenza elementare o senza titolo di studio nel 2003, i quali, però, si sono più che dimezzati nel corso degli otto anni presi in considerazione nel presente capitolo. Si assiste, infatti,
ad un continuo processo di scolarizzazione delle persone occupate, che parte
da un incremento del 58% di occupati con diploma di scuola superiore e arriva ad un incremento del 37% di persone con laurea o dottorato di ricerca.
Questo risultato è probabilmente collegabile al processo di terziarizzazione e
al maggiore ingresso delle donne nel mondo del lavoro. Il terziario, infatti,
soprattutto quello legato ai servizi avanzati alle imprese, richiede professioni
maggiormente qualificate e le donne trovano più facilmente lavoro se sono
maggiormente scolarizzate.
Il dato è ancora più confortante se confrontato alla media nazionale:
gli occupati con licenza elementare e media diminuiscono in percentuale
meno rispetto al dato regionale e i laureati e diplomati subiscono un incremento inferiore.
46
Graf. 3.2 - OCCUPAZIONE PER TITOLO DI STUDIO
(var. % 1996-2003)
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
3.4 OCCUPAZIONE PER POSIZIONE NELLA PROFESSIONE
Ulteriori elementi di analisi arricchiscono questo quadro disaggregando i dati sull’occupazione per posizione nella professione. I lavoratori indipendenti nel 2003 sono in media 138 mila, mentre i lavoratori dipendenti
341 mila. I primi sono rappresentati per il 63% da lavoratori autonomi, per il
19% da liberi professionisti e per la restante quota da coadiuvanti. I lavatori
dipendenti sono ripartiti quasi ugualmente tra dirigenti e impiegati e operai e
assimilati. Le donne che lavorano alle dipendenze ricoprono essenzialmente
posizioni dirigenziali e impiegatizie (61%), mentre gli uomini sono in maggioranza operai (+45%).
Esaminando la dinamica degli ultimi anni si nota che l’espansione dell’occupazione è avvenuta grazie all’aumento dell’occupazione dipendente e
dei liberi professionisti, accompagnata dalla graduale riduzione dei lavoratori
in proprio. E’ importante sottolineare, inoltre, come il dato registrato a livello
regionale relativo alle dinamiche dell’occupazione dipendente, presenti delle
somiglianze con la dinamica verificatasi a livello nazionale. Tuttavia, però,
nell’economia nazionale il lavoro autonomo cresce, anche se in minor misura
del lavoro dipendente, a causa di un forte incremento dei liberi professionisti
in grado di compensare la riduzione dei lavoratori in proprio.
47
Graf. 3.3 - OCCUPATI PER POSIZIONE IN ABRUZZO
(valori in migliaia)
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
3.5 UN’INDAGINE INNOVATIVA SUL LAVORO: IL PROGETTO EXCELSIOR
Il sistema informativo Excelsior, promosso dall’Unioncamere in accordo con il Ministero del Lavoro e l’Unione Europea, nasce nel 1997 e si
colloca nel quadro delle informazioni pubbliche disponibili in Italia in tema
di lavoro e formazione.
Excelsior, la cui indagine annuale presso le imprese rappresenta una
fonte ricorrente per la conoscenza del mercato del lavoro, permette di prevedere i fabbisogni professionali espressi dalle diverse tipologie di imprese e
di monitorare alcune delle caratteristiche significative (età, istruzione, formazione, esperienza,ecc.) delle figure professionali.
La domanda di lavoro alla quale fa riferimento l’attività di monitoraggio di Excelsior esclude il pubblico impiego e il lavoro svolto in forma indipendente. Nella seguente trattazione si esclude inoltre il settore agricoltura,
la cui indagine realizzata con diversa metodologia non fornisce dati a livello
locale.
Le previsioni occupazionali delle imprese della Regione Abruzzo per
il 2004 evidenziano un saldo positivo pari a 6.380 unità. Si tratta di una crescita, quindi, del 2,9% del lavoro dipendente nelle imprese private extraagricole. Il saldo del +2,9% è determinato da un tasso di entrata dell’8,4%
(pari a 18.447 entrate) e di uscita del 5,5% (12.067 uscite).
Considerando l’aspetto territoriale emerge che la crescita più elevata
della base occupazionale anche per il 2004 è attesa al Sud (+2,6%), seguono
il Nord-Est (+1,3%), il Centro (+1,1%); il Nord-Ovest evidenzia la crescita
più contenuta (+0,7%) e questa tendenza si riscontra sia nelle piccole che
nelle medie grandi imprese. I dati relativi alle previsioni occupazionali su
48
scala regionale segnalano tassi di variazione più elevati nelle regioni meridionali, in particolare in Calabria (+3,6%), in Sicilia (+3,1%) e nel Molise
(+3,0%). Al di sotto del punto percentuale si trovano il Lazio (+0,9%), la
Toscana (+0,8%), la Lombardia (+0,7%) e il Piemonte (+0,6%).
All’interno della nostra regione, che come detto evidenzia una crescita dell’occupazione dipendente del 2,9%, la provincia di Teramo presenta
l’aspettativa di crescita più bassa di tutte le province abruzzesi (+2,7% contro 2,8% dell’Aquila e Chieti e 3,4% di Pescara).
Tornando alla regione Abruzzo, complessivamente prevede di realizzare assunzioni solo il 33,4% delle imprese. Occorre, comunque, tenere conto del fatto che un ulteriore 11,9% delle aziende intervistate si è dichiarato
pronto ad assumere al verificarsi di determinate condizioni, riconducibili essenzialmente ad una eventuale riduzione del costo del lavoro e della pressione fiscale. Le migliori prospettive di crescita dell’occupazione sono presentate dal settore delle costruzioni (+10,3%), seguito dalle industrie dei metalli
(+3,2%), industrie della carta (+2,5%) e alimentari (+1,6%). Negative sono
invece le previsioni di crescita per il settore dell’elettronica (-0,7%) e del
tessile e abbigliamento (-0,9%). Per quanto riguarda il settore dei servizi,
sono buone le previsioni per il commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli (+7,6%), alberghi, ristoranti e servizi turistici (+6,3%), servizi operativi alle imprese (+3,8%) e per informatica e telecomunicazioni (+3,6%). Più
modeste sono le aspettative di incremento per l’occupazione dipendente degli altri comparti dei servizi che risultano comunque tutte positive.
L’analisi dei dati per dimensione d’impresa evidenzia marcate differenze: il 54% dei nuovi posti di lavoro sarà creato nelle piccolissime imprese con meno di 10 dipendenti, il 20% nelle imprese che hanno da 10 a 49 dipendenti, il 13% nelle imprese che hanno da 50 a 249 dipendenti e un ulteriore 13% nelle imprese con oltre 249 dipendenti.
TAB. 3.1 - FLUSSI PREVISTI IN ENTRATA E USCITA PER CLASSI DIMENSIONALI
D'IMPRESA
Classi dimensionali
Valori assoluti
Entrate Uscite
Saldo
1-9 dipendenti
10-49 dipendenti
50-249 diopendenti
250 dipendenti e oltre
9.978
3.698
2.369
2.402
4.606
2.538
2.264
2.659
5.372
1.160
105
-257
Tasso previsto di
Entrata Uscita Crescita
15,8
6,6
4,9
4,6
7,3
4,5
4,6
5,1
8,5
2,1
0,2
-0,5
Fonte: Elaborazione Cresa su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior,
2004.
Ragionando in termini incrementali si desume che la piccolissima im49
presa fino a 9 dipendenti segnala un tasso di crescita dell’8,5%, la piccola
impresa con numero di dipendenti compreso tra 10 e 49 un tasso di crescita
del 2,1%, la media impresa (50-250 dipendenti) solo dello 0,2% e la grande
impresa non prevede una crescita occupazionale (-0,5%).
La tipologia di contratto che verrà fatta ai nuovi assunti sarà per il
60,2% a tempo indeterminato, per il restante 38,8% una forma di contratto
atipico, di cui il 3,8% l’ex contratto di formazione lavoro, il 27,1% a tempo
indeterminato e per l’8,1% contratto di apprendistato.
TAB. 3.2 - ASSUNZIONI PREVISTE PER TIPO DI CONTRATTO E PART TIME (valori %)
Tipo di contratto
Part time
Tempo Contratto Tempo Appren- Altri
% sul tot
indeterm. inserimento1 determ. distato contratti assunzioni
Totale generale
Industria
Servizi
60,2
60,4
60,0
3,8
3,9
3,6
27,1
27,1
27,2
8,1
8,2
8,0
0,7
0,4
1,2
11,5
3,1
22,4
Classi dimensionali
1-9 dipendenti
10-49 dipendenti
50-249 dipendenti
250 dipendenti e oltre
60,5
58,8
57,5
64,2
2,7
4,3
4,0
7,0
24,7
29,9
36,9
23,1
11,9
6,8
0,7
1,7
0,2
0,1
0,9
4,0
7,4
6,2
25,8
22,2
Fonte: Elaborazione Cresa su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior,
2004.
1
Ex contratto di formazione lavoro.
Il part-time è scelto solo per l’11,5% delle assunzioni totali, percentuale che scende al 3,1% nell’industria e sale al 22,4% nei servizi. Sono le
grandi imprese con più di 50 dipendenti a farne maggiormente uso e questo
spiega il suo scarso utilizzo nel nostro territorio, in cui ad assumere sono
principalmente le piccole imprese.
L’età non è rilevante per il 37,9% delle figure professionali previste in
entrata. Per il resto sono preferiti giovani fino a 29 anni, diventa meno probabile l’assunzione per le persone che hanno più di 30 anni. Devono avere
esperienza nel 56% dei casi e la laurea o il diploma nel 27,2% delle entrate
previste. La formazione professionale è richiesta ad un altro 20,6% e il restante 52,3% può avere solo la licenza elementare.
Un altro fenomeno riscontrato nei dati Excelsior è la necessità di formazione post-entry: il 64,9% delle nuove assunzioni riceverà dalle imprese
specifiche iniziative di formazione aggiuntiva, prevista soprattutto per le persone con maggiore istruzione (laureati e diplomati). Tra le modalità di formazione dopo l’assunzione prevale l’affiancamento, che risulta inoltre la meno
50
Graf. 3.4 - ASSUNZIONI PREVISTE PER TITOLO DI STUDIO
(Anno 2004)
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
influenzata dal livello di istruzione. I corsi soprattutto interni sono molto diffusi per i laureati, ne usufruiscono il 45,3% di essi, probabilmente in accordo
alla qualificazione teorica dei nuovi assunti. Il dato scende a 23,8% per i diplomati e a 17,6% per coloro che hanno la qualifica professionale.
Le imprese non sono solo consumatrici di formazione permanente, ma
anche fornitrici. Oltre, infatti, ad effettuare corsi interni ai dipendenti e ad
offrire affiancamento al personale in entrata, ospitano studenti per stages e
tirocini. La disponibilità a realizzare l’alternanza scuola-lavoro è ovviamente collegata alle dimensioni dell’impresa: ha ospitato tirocinanti e “stagisti”
il 55,3% delle grandi imprese, il 50,4% delle medie imprese, il 20,8% delle
imprese con un numero di dipendenti tra 10-49 e il 5,6% delle piccolissime
imprese. In totale le imprese formative sono solo l’8,8%, ma è necessario tenere in considerazione il fatto che la quasi totalità delle imprese medio e
grandi non si limita ad ospitare una sola persona, ma mette a disposizione
più posti contemporaneamente nel corso dell’anno. Il confronto territoriale
pone l’Abruzzo in una situazione di svantaggio rispetto alla nazione,
(+10,6%) ma non rispetto alla ripartizione sud e isole (7,5%).
La crescita più elevata della base occupazionale anche per il 2004 è
attesa al Sud (+2,6%), seguono il Nord-Est (+1,3%), il Centro (+1,1%); il
Nord-Ovest evidenzia la crescita più contenuta (+0,7%) e questa tendenza si
riscontra sia nelle piccole che nelle medie grandi imprese. I dati relativi alle
previsioni occupazionali su scala regionale segnalano tassi di variazione più
elevati nelle regioni meridionali, in particolare in Calabria (+3,6%), in Sicilia (+3,1%) e nel Molise (+3,0%). Al di sotto del punto percentuale si trovano il Lazio (+0,9%), la Toscana (+0,8%), la Lombardia (+0,7%) e il Piemonte (+0,6%).
51
L’Abruzzo evidenzia una crescita dell’occupazione dipendente del
2,9%, valore al di sopra della ripartizione a cui appartiene, nonostante la diminuzione di mezzo punto percentuale rispetto al 2003. La provincia di Teramo presenta l’aspettativa di crescita più bassa di tutte le province abruzzesi (+2,7% contro 2,8% dell’Aquila e Chieti e 3,4% di Pescara).
52
Metodologia del Progetto Excelsior
Il Progetto Excelsior è un’indagine che ha come campo di osservazione
l’universo delle imprese private iscritte al Registro delle Imprese delle Camere di Commercio con almeno un dipendente. Sono escluse le unità operative
della pubblica amministrazione, le aziende pubbliche del settore sanitario, le
unità scolastiche e universitarie pubbliche, le organizzazioni associative.
Le unità considerate sono l’impresa, l’unità locale e l’unità provinciale. Le definizioni delle suddette unità sono coerenti con quelle utilizzate
dall’ISTAT.
Non tutte però sono attive alla data di riferimento, né di tutte si conoscono le variabili di stratificazione – attività economica, numero di addetti
dipendenti e indipendenti, indirizzo delle unità locali – necessarie per la costruzione del disegno campionario.
Per identificare le imprese che si possono considerare attive e quelle
che, avendo almeno un addetto dipendente, sono comprese nel campo di osservazione, nonché per completare ed eventualmente correggere le informazioni sulle variabili di stratificazione, si é proceduto al confronto puntuale
tra le posizioni del Registro e quelle di altre anagrafi amministrative. In
particolare, sono utilizzati i dati dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) e dell’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro
(INAIL) e la fonte Anagrafe Tributaria e Agenzia per le Entrate.
L’attività di integrazione statistica dei diversi archivi amministrativi
porta alla definizione di:
- elenchi di imprese e di unità provinciali, corredate delle variabili di stratificazione: attività economica, numero di addetti e di dipendenti, localizzazione (regione e province), forma giuridica ed età dell’impresa;
- tabelle relative alla struttura delle imprese, delle unità locali e provinciali
e dei relativi addetti ad una certa data, per attività economica, dimensione, localizzazione, forma giuridica (queste tabelle hanno un contenuto
informativo di per sé rilevante ed al tempo stesso – nella versione relativa
alle unità provinciali con dipendenti – hanno costituito la base per le operazioni di riporto all’universo dei risultati dell’indagine Excelsior).
L’indagine - come da tradizione - segue due distinte modalità di rilevazione:
• la prima, per le imprese fino a 250 dipendenti attraverso intervista telefonica (con adozione della metodologia C.A.T.I.) rivolta a oltre 90.000
imprese, precedentemente selezionate e rispondenti ai requisiti di significatività statistica del disegno campionario;
53
• la seconda, seguita per tutte le imprese con oltre 250 dipendenti, con intervista diretta e assistenza alla compilazione a cura degli uffici studi e
statistica delle Camere di Commercio; l’universo relativo a queste imprese é risultato, a livello nazionale, pari a circa 3.000 imprese.
Tutti i questionari sono controllati per verificare la coerenza tra le diverse informazioni rilevate. Tali controlli sono effettuati sia sui dati quantitativi (numero di addetti, numero di entrate ecc…), sia sui dati qualitativi
(professioni segnalate, titoli di studio ecc.).
Per quanto riguarda le imprese con almeno 100 dipendenti i questionari pervenuti sono stati controllati puntualmente, anche in relazione ad
elementi desumibili da altre fonti (siti web, visure camerali, articoli di giornale, fonti ed elenchi settoriali o territoriali).
La ricostruzione dell’universo delle imprese, delle unità locali, e dei
principali caratteri di stratificazione (dimensione, localizzazione e attività
economica) a livello di singola impresa ha consentito di disporre di dati
analitici utili per stratificare adeguatamente l’universo di indagine.
Sui diversi strati (domini), stabiliti a priori, per i quali viene calcolato il numero delle imprese, delle unità locali provinciali e degli addetti dipendenti si determinano le numerosità campionarie; ciascun dominio é stato
ottenuto incrociando:
- 27 settori di attività economica;
- 4 classi dimensionali stabilite in base al numero di dipendenti (1-9 dipendenti, 10-49, 50-249, 250 e oltre)
- 20 regioni.
La definizione del campione a livello provinciale ha privilegiato settori “tipici” e caratterizzanti l’economia provinciale e ha escluso settori
non significativi. I settori di attività variano di conseguenza da una provincia all’altra, risultando in alcuni casi molto analitici in riferimento ad una
specifica attività economica.
In sede di indagine le unità non rispondenti sono sostituite con unità
che presentavano la minima “distanza” dall’unità campionata, distanza opportunamente calcolata su una batteria di variabili di stratificazione. La
frazione campionaria sondata sull’universo effettivo delle imprese é stata
pari, nell’ultima indagine, all’8% per le imprese con meno di 100 dipendenti e del 51% per quelle con 100-249 dipendenti intervistate telefonicamente;
é risultata pari al 70% circa per quelle di dimensione maggiore. Una volta
terminata la raccolta e il controllo dei dati, si passa alla procedura di stima
e riporto all’universo dei risultati ottenuti.
54