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Günday, due destini in accento diverso Riscoprire l'umanità attraverso la violenza D alla Turchia più arcaica alla Londra più multiculturale, dal sesso estremo alla letteratura più raffinata, per distillare storie affastellate su storie, sezionare la violenza del tempo odierno, a varie latitudini, e riscoprirsi uomini, facendo i conti anche con essa, dare (anche) un nuovo punto di vista sul dialogo e sulla contrapposizione fra est e ovest. C'è un romanzo che fa fare un viaggio simile, fra questi luoghi e pensieri. «Da allora non ci furono più parole tra Derdâ di Yatirca e Stanley di Londra, ma solo urla. Uno urlava di paura, l'altra urlava per incuterla. Qualsiasi cosa ci fosse tra l'Oriente e l'Occidente, era identico a quello che c'era tra Derdâ e Stanley. Minaccia e supplica. Punizione e ricompensa. Passività e violenza. Sadismo e masochismo». Questo è un breve brano che si può leggere a poco meno di un terzo di “A con Zeta” (447 pagine, 18 euro) dello scrittore turco, Hakan Günday, pubblicato da Marcos y Marcos, nella traduzione di Fulvio Bertuccelli, trentunenne messinese. Günday sembra avere tutto per restare a pieno titolo nella grande famiglia di Marcos y Marcos, nei riconoscibilissimi autori del catalogo, da Miriam Toews a Bruno Osimo, da Ricardo Menéndez Salmòn a Paolo Nori, da Pedro Lemebel a Cristiano Cavina, da Leon De Winter a Jaspef Fforde, per citare con gusto personalissimo. Günday è una bella sorpresa, un'altra conferma che la Turchia letteraria guarda oltre Orhan Pamuk, Nobel da emulare, da superare. Altro esempio recente della nuova letteratura turca è stato “Gli innocenti” di Burhan Sönmez, edito in Italia da Del Vecchio, che guardava ancora più all'occidente di “A con Zeta”, romanzo più in bilico fra la Turchia e ciò che è fuori dai suoi confini. Günday sa raccontare l'odio e l'amore – che riguarda individui come mondi opposti e lontani – ma soprattutto gli imprevedibili disegni del destino. Quelli che, ad esempio, riguardano due giovanissimi (il cui nome differisce solo per un accento circonflesso): portano la giovanissima Derdâ da un collegio del sud-est curdo della Turchia, a cui la madre Saniye la sottrae con l'inganno, ad essere venduta come sposa, da una casa londinese dove vive “sepolta” accanto a un marito violento, Bezir, ad esperienze sadomaso e alla tossicodipendenza, prima di giungere a una nuova vita, grazie a un'infermiera; i disegni del destino che portano il suo coetaneo Derda dal cimitero di Istanbul – in cui vive di espedienti, pulendo tombe e mendicando compassione dai visitatori – a un magazzino in cui si stampano illegalmente libri che poi finiscono sulle bancarelle, dal totale analfabetismo a una passione per le opere di Oğuz Atay, fra i padri del romanzo moderno turco, il cui valore però fu riconosciuto dopo la morte prematura. Tutti e due vivono per coronare una fuga dall'ottusità e dall'ignoranza, dall'assenza di sentimenti, attraverso passaggi tutt'altro che piacevoli (Derdâ, con tanto di burqa, sarà protagonista di alcuni filmati porno; Derda, che ha il padre in prigione, quando muore la madre, la fa a pezzi e la seppellisce, per non finire in orfanotrofio, e dice a tutti che lei è tornata al villaggio), a cui Günday, nemmeno quarantenne, dà fiato senza risparmiarsi, scrivendo un romanzo fluviale, allo stesso tempo intenso e irriverente, grottesco, dolce e spudorato, mai noioso. Alle spalle dei due protagonisti di “A con Zeta” e delle loro solitudini, convergenti nel poetico finale, c'è un universo in cui predominano la ferocia e la violenza, fisica e psicologica: la scena underground londinese, la criminalità internazionale, i conflitti fra turchi e curdi, ipotesi di attentati alla cultura occidentale da parte di alcuni estremisti. «È la vita in sé – spiega il narratore, mentre introduce la carriera da dominatrice di uomini masochisti di Derdâ – a essere traumatica. Tutta la vita, in ogni suo aspetto, ogni cosa, specialmente quelle che non sembrerebbero traumatiche, come nascere. In altre parole, la depressione post partum non è una patologia mentale che colpisce le gestanti, ma è la definizione più compiuta della vita stessa: istinto di sopravvivenza, malgrado l'orrore della vita. Gli inferni che Günday racconta gettano luce sul disgusto e sulla decadenza con cui il mondo fa i conti e che i suoi personaggi provano a dissolvere e a esorcizzare, anche attraverso il dolore, per fare i conti infine con la propria umanità, guardarla in faccia, riscoprirla e viverla. S.L.I. el mare magnum delle novità librarie, specialmente quelle italiane, c'è un romanzo che somiglia pochissimo ad altri e non va dietro a stereotipi e a mode. E questa è la prima nota di merito. Lo pubblica l'editore Longanesi (complimenti alla squadra di talent scout del direttore editoriale Giuseppe Strazzeri), ha suscitato interessi anche all'estero, ed è opera di un autore poco più che quarantenne che ha lasciato il mestiere d'avvocato, per tentare la strada della scrittura a tempo pieno. “La tentazione di essere felici” (268 pagine, 14,90 euro) di Lorenzo Marone è una scoperta. Ruvido e asociale, campione di cinismo, più vicino agli ottant'anni che ai settanta, Cesare Annunziata, abitante del quartiere Vomero di Napoli (la città partenopea rimane però abbastanza sullo sfondo), è un personaggio destinato a re- stare. Vedovo di Caterina, padre di due figli, Sveva, che ha un matrimonio disastrato alle spalle e di Dante, omosessuale, Cesare è tipo per nulla incline ai compromessi, dai modi bruschi, amaramente onesto anche con se stesso. E che con un colpo d'ala – ficcando il naso nella vita di una giovane coppia di vicini e, in particolare, nel dolore della donna, la fragile Emma soggiogata da un marito violento – insegna a combattere ogni giorno per essere felici. Sulla ricerca della felicità s'è spesso scritto troppo e a sproposito. Marone fa centro, invece. E con lui Cesare Annunziata, umano troppo umano nel mondo («non è un posto per buoni»), che non fa finta di non vedere e non è egoista come potrebbe sembrare. S.L.I. N Sulla ricerca della felicità s'è scritto troppo, ma Marone fa centro 21maggio2015 asud’europa 43