Mio fratello Simple GIUNTI
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Mio fratello Simple GIUNTI
126 MARIE-AUDE MURAIL GIUNTI T R A M A S iamo nella periferia di Parigi, in una casa di giovani studenti, che a tutto pensano tranne che studiare e sono alle prese con due particolari personaggi: Kléber, diciassette anni, che ha deciso di allontanarsi dalla famiglia per prendersi cura del fratello, Simple, definito da tutti l’Idiota. Una specie di genio matto, che ragiona come un bambino alla veneranda età di ventidue anni. I due, legati da un profondo affetto, devono dimostrare all’assistente sociale, al giudice tutelare, ai famigliari e ai vicini di avere il pieno controllo della loro vita. Ad aiutarli, nella difficile impresa, ci sono i quattro studenti, un vecchio vicino, che non si fa mai gli affari suoi, e il Signor Migliotiglio, un simpatico coniglio di pezza, una sorta di coperta di Linus, compagno fedele delle imprese di Simple. Mille avventure, divertenti e drammatiche, tanti fraintendimenti e sconvolgenti verità, che i due fratelli affrontano con impagabile ironia. « È già stato messo in un istituto specializzato. Pensa che mio padre se n’è sbarazzato per potersi risposare. Simple era un ritardato mentale, ma a Malicroix lo hanno fatto diventare matto. Non reagiva più a niente. Allora l’ho portato via da lì. Ho detto a mio padre che mi sarei preso cura io di lui. Non lo riporterò mai a Malicroix, mai.» DAI 13 ANNI IN SU L A Mio fratello Simple 127 128 129 C O M M E N T O M arie-Aude Murail ha una capacità di sintesi e uno stile narrativo molto particolare. Nota in Francia per i suoi romanzi di carattere sociale, affronta temi scottanti con delicata e intelligente ironia, raccontando problemi attuali che risultano difficili se affrontati solo con la drammaticità ma che nelle sue mani si scoprono risolvibili. Dall’omosessualità, all’aborto fino all’orfanezza, niente la spaventa, perché per lei scrivere significa “stare agli avamposti”, combattere e conservare un ruolo militante e impegnato. Simple è un uomo anagraficamente parlando, ma nella sua testa gli ingranaggi non funzionano a pieno ritmo e allora il suo linguaggio, il suo essere nel mondo, i gesti, i tic, i giochi assomigliano tanto a quelli di un bambino. La diversità di Simple spaventa gli ignoranti ma spinge chi lo conosce ad affrontare con coraggio ogni difficoltà, perché lui si inserisce pienamente nelle vite degli altri portando rispetto e modificando il punto di vista. Simple invita i lettori a vedere oltre lo specchio, ad esercitare un giudizio e non un pregiudizio, ad andare oltre le apparenze, a condannare la falsità degli adulti e a proporre un cambiamento netto e rischioso. Per lui ogni giorno è un’avventura, non esistono routine o mode stupide, lui è un vero e proprio trickster, un briccone che disturba, infastidisce pur rimanendo sempre sulla soglia, non obbliga a cambiare ma dimostra quanto il cambiamento sia l’unico modo di contrastare la banalità del quotidiano. Non cambia se stesso ma ciò che gli sta intorno, non si oppone stupidamente ma cerca soluzioni imprevedibili e discutibili. Per la scrittrice la letteratura per ragazzi deve essere una parabola, deve quindi dare degli esempi, dimostrare che c’è sempre un’alternativa, che le strade sono tante e se capita di scegliere quella sbagliata non per forza questo ha una valenza negativa. Nelle sue mani la diversità appare come una risorsa fondamentale, lei ci dice che: “Con gli adolescenti le cose si complicano: il razzismo, l’omofobia, il sessismo possono insinuarsi in loro come una cisti, spesso per paura dell’Altro, della sua non-conformità e anche per una paura celata di essere loro stessi dei non-conformi. Come si fa a lottare contro questa paura? Col riso, con un riso benevolo che fa abbassare la guardia.” P R O L U N G A M E N T I · Per scoprire l’anticonformismo: Jerry Spinelli, Stargirl, Mondadori, 2004 · Per una diversità singolare: Rodman Philbrick Basta guardare il cielo, Rizzoli, 2008 · Per vedere oltre le apparenze: Michael Morpurgo L’isola delle balene, Il Castoro, 2008 · Per analizzare i problemi delle nuove famiglie: Michel Lucet, Spaccato in due, EL, 1991 Michael de Guzman Testa di melone, Mondadori, 2005 Anne Fine, Padre a ore, Salani, 2007 130 L E G R A N D I D O M A N D E D E L 1. La diversità: spaventa, fa sempre paura. Nell’ignoto non ci sono confini e limiti e per questo è facile ridursi ad emarginare chi non appare come noi. È invece lento e complesso il sentiero che si persegue per avvicinarsi a ciò che non si conosce. Lo scontro è inevitabile? La diversità può essere una risorsa per arrivare a conoscere meglio se stessi? Non bisogna cercare in luoghi lontani, spesso il diverso si siede di fianco a noi, è il nostro compagno di banco. 2. La famiglia: è insostituibile, allargata, nucleare, monogenitoriale. I cari ci sostengono, ci educano, ma possono anche rifiutarci. I rapporti possono indebolirsi, ognuno tende alla propria indipendenza e spesso i genitori non comprendono l’abbandono. La famiglia può essere diversa? Basta l’affetto nella formazione di ognuno o la famiglia deve saper dare anche altro? Quando si è davvero pronti ad abbandonare il nido? 131 L I B R O 3. La perdita: non è solo una questione di abbandono. “Sento una particolare tenerezza per tre età della vita altamente metafisiche: i bambini da 3 a 5 anni, che domandano ai genitori, specialmente la notte, “Perché viviamo se dobbiamo morire?”; gli adolescenti tra i 12 e i 30 anni, che si domandano a che serve vivere se nessuno si accorge che siamo al mondo; le persone di 80 anni e passa, a cui piacerebbe tanto sapere se la morte è un altro modo di essere vivi.” 4. Le istituzioni: servono per regolarizzare i rapporti, per definire forme di convivenza, per sopportare il disagio e le difficoltà ma quando queste si inceppano, quando la burocrazia prevale sul buon senso, quando le regole appaiono incongrue è giusto trasgredirle? Un buon cittadino è solo colui che rispetta sempre le regole prestabilite? Quali sono le azioni che portano a un reale cambiamento della società civile? D E L L A S T E S S A A U T R I C E · Oh,boy!, Giunti, 2008 · Baby-sitter blues, Giunti, 2007 · Marie-Aude Murail, Elvire Murail, Lorris Murail, Golem, Mondadori, 2003 Intervista a Marie-Aude Murail di Lucie Cauwe | “Le Soir” C ome spesso accade nelle mie storie, è il piccolo che è il grande. Simple non è un vero idiota, è un bambino piombato nel corpo di un adulto. Per scrivere ho utilizzato moltissimo i mie quaderni di madre, queste vocine a cui ho consegnato l’infanzia dei miei figli. Ho osservato i bambini, le sciocchezze che fanno a tre anni (svuotare i bicchieri, fingere di fumare le sigarette, dire “puzzi”, fare la pipi nell’acqua della piscina..). Con Mio fratello Simple ho voluto celebrare lo spirito della prima infanzia. Al tempo stesso è un romanzo sull’identificazione dell’uomo o della donna che i ragazzi diventeranno. Simple incarna il bambino, il coniglio la trasgressione dell’adolescenza. Il mio primo incontro letterario con un idiota risale ai miei 18 anni. Era Barnaby Rudge di Dickens. Mi sono innamorata immediatamente! Tempo dopo vedendo il film Rain man, sono stata molto delusa dal finale in cui l’autistico tornava nell’istituto. Volevo apportare una correzione culturale a questa situazione.