Mio fratello Simple GIUNTI

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Mio fratello Simple GIUNTI
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MARIE-AUDE MURAIL
GIUNTI
T R A M A
S iamo nella periferia di Parigi, in una casa di giovani
studenti, che a tutto pensano tranne che studiare e sono
alle prese con due particolari personaggi: Kléber,
diciassette anni, che ha deciso di allontanarsi
dalla famiglia per prendersi cura del fratello, Simple,
definito da tutti l’Idiota. Una specie di genio matto, che
ragiona come un bambino alla veneranda età
di ventidue anni. I due, legati da un profondo affetto,
devono dimostrare all’assistente sociale, al giudice
tutelare, ai famigliari e ai vicini di avere il pieno controllo
della loro vita. Ad aiutarli, nella difficile impresa, ci sono
i quattro studenti, un vecchio vicino, che non si fa mai
gli affari suoi, e il Signor Migliotiglio, un simpatico
coniglio di pezza, una sorta di coperta di Linus, compagno
fedele delle imprese di Simple. Mille avventure, divertenti
e drammatiche, tanti fraintendimenti e sconvolgenti
verità, che i due fratelli affrontano con impagabile ironia.
«
È già stato messo in un istituto specializzato.
Pensa che mio padre se n’è sbarazzato per potersi
risposare. Simple era un ritardato mentale,
ma a Malicroix lo hanno fatto diventare matto.
Non reagiva più a niente. Allora l’ho portato via da lì.
Ho detto a mio padre che mi sarei preso cura io di lui.
Non lo riporterò mai a Malicroix, mai.»
DAI 13 ANNI IN SU
L A
Mio fratello Simple
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C O M M E N T O
M arie-Aude Murail ha una capacità di sintesi e uno stile narrativo
molto particolare. Nota in Francia per i suoi romanzi di carattere
sociale, affronta temi scottanti con delicata e intelligente ironia,
raccontando problemi attuali che risultano difficili se affrontati solo
con la drammaticità ma che nelle sue mani si scoprono risolvibili.
Dall’omosessualità, all’aborto fino all’orfanezza, niente
la spaventa, perché per lei scrivere significa “stare agli avamposti”,
combattere e conservare un ruolo militante e impegnato.
Simple è un uomo anagraficamente parlando, ma nella sua testa
gli ingranaggi non funzionano a pieno ritmo e allora
il suo linguaggio, il suo essere nel mondo, i gesti, i tic, i giochi
assomigliano tanto a quelli di un bambino. La diversità di Simple
spaventa gli ignoranti ma spinge chi lo conosce ad affrontare
con coraggio ogni difficoltà, perché lui si inserisce pienamente
nelle vite degli altri portando rispetto e modificando il punto
di vista. Simple invita i lettori a vedere oltre lo specchio,
ad esercitare un giudizio e non un pregiudizio, ad andare oltre
le apparenze, a condannare la falsità degli adulti e a proporre
un cambiamento netto e rischioso. Per lui ogni giorno
è un’avventura, non esistono routine o mode stupide, lui è un vero
e proprio trickster, un briccone che disturba, infastidisce
pur rimanendo sempre sulla soglia, non obbliga a cambiare
ma dimostra quanto il cambiamento sia l’unico modo
di contrastare la banalità del quotidiano. Non cambia se stesso
ma ciò che gli sta intorno, non si oppone stupidamente ma cerca
soluzioni imprevedibili e discutibili.
Per la scrittrice la letteratura per ragazzi deve essere una parabola,
deve quindi dare degli esempi, dimostrare che c’è sempre
un’alternativa, che le strade sono tante e se capita di scegliere
quella sbagliata non per forza questo ha una valenza negativa.
Nelle sue mani la diversità appare come una risorsa fondamentale,
lei ci dice che: “Con gli adolescenti le cose si complicano:
il razzismo, l’omofobia, il sessismo possono insinuarsi in loro come
una cisti, spesso per paura dell’Altro, della sua non-conformità
e anche per una paura celata di essere loro stessi
dei non-conformi. Come si fa a lottare contro questa paura?
Col riso, con un riso benevolo che fa abbassare la guardia.”
P R O L U N G A M E N T I
· Per scoprire l’anticonformismo:
Jerry Spinelli, Stargirl,
Mondadori, 2004
· Per una diversità singolare:
Rodman Philbrick
Basta guardare il cielo, Rizzoli, 2008
· Per vedere oltre le apparenze:
Michael Morpurgo
L’isola delle balene, Il Castoro, 2008
· Per analizzare i problemi
delle nuove famiglie:
Michel Lucet, Spaccato in due,
EL, 1991
Michael de Guzman
Testa di melone, Mondadori, 2005
Anne Fine, Padre a ore,
Salani, 2007
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L E
G R A N D I
D O M A N D E
D E L
1. La diversità: spaventa, fa sempre
paura. Nell’ignoto non ci sono
confini e limiti e per questo è facile
ridursi ad emarginare
chi non appare come noi. È invece
lento e complesso il sentiero
che si persegue per avvicinarsi
a ciò che non si conosce. Lo scontro
è inevitabile? La diversità
può essere una risorsa per arrivare
a conoscere meglio se stessi?
Non bisogna cercare in luoghi
lontani, spesso il diverso si siede
di fianco a noi, è il nostro compagno
di banco.
2. La famiglia: è insostituibile,
allargata, nucleare,
monogenitoriale.
I cari ci sostengono, ci educano,
ma possono anche rifiutarci.
I rapporti possono indebolirsi,
ognuno tende alla propria
indipendenza e spesso i genitori
non comprendono l’abbandono.
La famiglia può essere diversa?
Basta l’affetto nella formazione
di ognuno o la famiglia deve saper
dare anche altro?
Quando si è davvero pronti
ad abbandonare il nido?
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L I B R O
3. La perdita: non è solo
una questione di abbandono.
“Sento una particolare tenerezza
per tre età della vita altamente
metafisiche: i bambini da 3 a 5 anni,
che domandano ai genitori,
specialmente la notte, “Perché
viviamo se dobbiamo morire?”;
gli adolescenti tra i 12 e i 30 anni,
che si domandano a che serve
vivere se nessuno si accorge
che siamo al mondo; le persone
di 80 anni e passa, a cui piacerebbe
tanto sapere se la morte è un altro
modo di essere vivi.”
4. Le istituzioni: servono
per regolarizzare i rapporti,
per definire forme di convivenza,
per sopportare il disagio
e le difficoltà ma quando queste
si inceppano, quando la burocrazia
prevale sul buon senso, quando
le regole appaiono incongrue
è giusto trasgredirle?
Un buon cittadino è solo colui
che rispetta sempre le regole
prestabilite? Quali sono le azioni
che portano a un reale cambiamento
della società civile?
D E L L A
S T E S S A
A U T R I C E
· Oh,boy!, Giunti, 2008
· Baby-sitter blues, Giunti, 2007
· Marie-Aude Murail, Elvire Murail, Lorris Murail,
Golem, Mondadori, 2003
Intervista a Marie-Aude Murail
di Lucie Cauwe | “Le Soir”
C ome spesso accade nelle mie storie, è il piccolo che è il grande. Simple non
è un vero idiota, è un bambino piombato nel corpo di un adulto. Per scrivere ho
utilizzato moltissimo i mie quaderni di madre, queste vocine a cui ho consegnato
l’infanzia dei miei figli. Ho osservato i bambini, le sciocchezze che fanno a tre
anni (svuotare i bicchieri, fingere di fumare le sigarette, dire “puzzi”, fare la pipi
nell’acqua della piscina..). Con Mio fratello Simple ho voluto celebrare lo spirito
della prima infanzia. Al tempo stesso è un romanzo sull’identificazione dell’uomo
o della donna che i ragazzi diventeranno. Simple incarna il bambino, il coniglio
la trasgressione dell’adolescenza.
Il mio primo incontro letterario con un idiota risale ai miei 18 anni. Era Barnaby
Rudge di Dickens. Mi sono innamorata immediatamente! Tempo dopo vedendo
il film Rain man, sono stata molto delusa dal finale in cui l’autistico tornava
nell’istituto. Volevo apportare una correzione culturale a questa situazione.