Don Geppe Coha - Chicco di senape

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Don Geppe Coha - Chicco di senape
SEGNI DELLA FEDE NELLA CITTÀ SECOLARE
* La chiesa di Torino è impegnata in una operazione di “riassetto”, così riassunto nella
scheda per gli incontri del vescovo con le UP: “accorpamento di parrocchie e ristrutturazione delle unità pastorali”. Sembra prevalere questo approccio organizzativo, anche se poi si
parla di “prospettare una strategia pastorale per il futuro a medio-lungo termine, nell’orizzonte di missionarietà”
* Molte diocesi altrove hanno proceduto a réaménagement, remodelage… - riducendo tal volta drasticamente il numero di “parrocchie”, e per esempio introducendo, come mons.
Rouet a Poitiers, delle “equipe locali di animazione pastorale”, formate prevalentemente
da laici, che assicurano l'animazione anche nei piccoli comuni 1.
* La questione che ci interroga principalmente qui è però quella della città, e la scintilla da
cui è scoccata la riflessione è stato un articolo apparso lo scorso anno sulla Rivista del
Clero italiano a firma di Arnaud Join-Lambert2, docente di teologia pratica e liturgia a
Lovanio.
“La parrocchia non può sparire, altrimenti i cattolici finirebbero per rinunciare a quel che
costituisce il cuore della loro missione come la concepiscono da sempre: annunciare una
buona novella per tutti, in tutte le nazioni. Tale convinzione si ritrova in tutte le ricerche at tuali. La parrocchia qui considerata non è ridotta alla figura storica degli ultimi secoli, comprese le sue forme attuali. «La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha
una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la
creatività missionaria del pastore e della comunità». È la ragione per cui la parola ‘par rocchia’ può essere conservata, ma aggiungendo a essa un aggettivo, solido o liquido, per
designare sia la struttura ereditata dall’XI secolo, sia una realtà nuova di cui la precedente
sarebbe solo una parte. Vedremo che la grande sfida consiste nella concreta attuazione di
un ‘per tutti’”3.
Secondo l'autore, “Non facendo che rispondere ai bisogni religiosi di alcuni, le parrocchie
solide ignorano o trascurano de facto la sete spirituale della maggioranza”4.
“farsi carico in modo nuovo dell’antica missione della parrocchia-solida e assumere in
modo differenziato i componenti del ‘tutto’ e del ‘in un luogo’” 5.
“Al ‘tutto per tutti, in un luogo’ della parrocchia-solida, la parrocchia liquida aggiunge un ‘a
opera di tutti’, qui da intendere come la chiamata a tutti i battezzati e la possibilità per
ognuno di sviluppare ciò di cui è capace per l’annuncio del Vangelo” 6: figure ministeriali
diversificate.
In conclusione, afferma: “Il tempo della pastorale di cristianità che accorda il primato al cu rato di parrocchia e alle sue pecore su un piccolo territorio ben delimitato è definitivamente
trascorso. È l’ora della polivalenza, dei cambiamenti di orientamento, dei mutamenti rapidi.
Il merito di una riflessione intorno alla liquidità è quello di proporre alcune ipotesi perché il
Vangelo possa continuare a essere annunciato a tutti, nei minimi anfratti della società occi dentale, secondo le modalità di socializzazione e le espressioni culturali dei nostri tempi” 7.
1 cfr A. ROUET et al., Un nuovo volto di Chiesa. L'esperienza coraggiosa ed innovativa della diocesi di
Poitiers, Paoline, Milano 2007
2 A. JOIN-LAMBERT, Verso parrocchie ‘liquide’? Nuovi sentieri di un cristianesimo ‘per tutti’, in “Rivista del
Clero Italiano” 2015/3,209-223
3 Ibid., p. 215
4 Ibid., p. 216
5 Ibid., p. 218
6 Ibid., p. 220
7 Ibid., p. 221
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* un'esigenza in molti modi ripetuta già da anni ma che stenta a diventare vera nel nostro
pensare e agire: rinunciare a ogni velleità di cristianità. “Non è illusorio voler mantenere a
ogni costo la 'quadrettatura' della diocesi raccomandata dal concilio di Trento e prescritta
successivamente dal Codice del 1917 e del 1983? Elaborare il lutto della cristianità com porta come conseguenza ultima di farlo anche per la griglia parrocchiale rigida”, è la con vinzione espressa da A. Borras, pastoralista e canonista belga 8.
Già il diritto prevede altre possibili forme canoniche di presenza della chiesa. Prosegue:
“La chiesa locale diocesana ottiene certo in gran parte la sua visibilità grazie alla rete parrocchiale, ma questo non esaurisce evidentemente tutta la ricchezza della porzione di popolo di Dio che essa rende concreta in un luogo” 9.
* noi pensiamo a partire da rappresentazioni… anche riguardo alla parrocchia, il nostro
pensiero è in qualche modo orientato dalle rappresentazioni di cui disponiamo. Così sarebbe necessario un attento lavoro di analisi di queste immagini che ci abitano, e che na scono dalle nostre esperienze. Già qualche decennio fa, Anfossi e Villata qui a Torino parlavano di “modelli di parrocchia”. Oggi Villata ne elenca 8 10. Mi pare più utile la lettura di
Routhier11 che suggerisce queste rappresentazioni operanti oggi:
1. parrocchia come “luogo di inquadramento dei fedeli”;
2. parrocchia come “comunità cristiana” (“l'utopia comunitaria si è mostrata finora
incapace di istituire, o anche solo di rinnovare in profondità, la parrocchia” 12);
3. parrocchia come “grande servizio pubblico del religioso”
4. parrocchia come “cellula missionaria” (“non si può ripetere all'infinito che è la missione che presiede alle riorganizzazioni pastorali se non si è pronti a 'lasciare la
casa dei nostri padri' per inventare il nuovo” 13)
* Il documento di Aparecida14 dedica alcuni numeri alla città. Particolarmente significativo il
n. 514:
“La fede ci insegna che Dio vive nella città, in mezzo alle sue gioie, ai suoi desideri e alle
sue speranze, come anche nei suoi dolori e nelle sue sofferenze. Le ombre che segnano il
quotidiano delle città, come per esempio la violenza, la povertà, l’individualismo e l’esclusione, non possono impedirci di cercare e di contemplare il Dio della vita anche negli am bienti urbani. Le città sono luoghi di libertà e di opportunità. In esse le persone hanno la
possibilità di conoscere altre persone, di interagire e di convivere con esse. Nelle città è
possibile fare l'esperienza di nuovi vincoli di fraternità, solidarietà e universalità. In esse
l’essere umano è chiamato a camminare sempre più incontro all’altro, a convivere con il
diverso, ad accettarlo e ad essere accettato da lui”.
• Dio vive nella città – non è necessario mettercelo, ma facilitare la possibilità di incontrarlo
• la presenza di Dio si riconosce – secondo questo testo – dalla possibilità che vengono aperte
8 A. BORRAS, Le remodelage paroissial: un impératif canonique et une nécessité pastorale, in G.
ROUTHIER – A. BORRAS (dir.), Paroisses et ministère. Métanorphoses du paysage paroissial et avenir
de la mission, Médiaspaul, Montréal 2001, p. 90
9 Ibid., p. 91
10 G. VILLATA – T. CIAMPOLINI, La parrocchia innovativa. Progettare la pastorale a partire dal territorio,
EDB, Bologna 2016, pp. 55-60
11 G. ROUTHIER, La paroisse: ses figures, ses modèles et ses représentations, in G. ROUTHIER – A.
BORRAS (dir.), Paroisses et ministère. Métanorphoses du paysage paroissial et avenir de la mission,
Médiaspaul, Montréal 2001, pp. 197-251
12 Ibid., p. 222
13 Ibid., p. 239
14 così sinteticamente ci si riferisce al documento finale della V Conferenza Generale dell’Episcopato
Latinoamericano e del Caribe, svoltasi ad Aparecida nel 2007
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* c'è una esigenza di “prossimità”, che nell'esperienza evangelica del Samaritano è il “farsi vicino”, e anche “lo portò in un albergo e si prese cura di lui”, immagini che rimandano a
una destrutturazione – delocalizzazione dell'azione ecclesiale, e anche alla possibilità di
luoghi e persone a cui riferirsi.
* lo stile del dialogo come elemento essenziale per la missione: “Il dialogo è innanzitutto
uno stile di azione, un’attitudine e uno spirito che guida la condotta. Implica attenzione, ri spetto e accoglienza verso l’altro, al quale si riconosce spazio per la sua identità personale, per le sue espressioni, i suoi valori. Tale dialogo è la norma e lo stile necessari di tutta
la missione cristiana e di ogni parte di essa, si tratti della semplice presenza e testimonianza, o del servizio, o dello stesso annuncio diretto (cfr. CIC 787 § 1). Una missione che non
fosse permeata da spirito dialogico andrebbe contro le esigenze della vera umanità e contro le indicazioni del Vangelo”15.
* trarre le conseguenze dalla “cattolicità”. Come si può esprimere la nota della cattolicità
nella Chiesa locale? “Parlare di cattolicità della comunità ecclesiale, è riconoscere che
essa è chiamata a tradurre una diversità tesa verso l'unità, a vivere l'apertura all'universale
abbracciando le particolarità […] Siamo chiamati a dar prova di immaginazione sufficiente
e soprattutto di audacia pastorale per accogliere ciascuno così com'è, permettergli di camminare al suo ritmo...”16.
* verso una pastorale generativa (d'engendrement) [Borras: dalla logica dello sportello
alla logica del progetto], che “ci condurrà a elaborare dei progetti che avranno come priorità di trovare degli spazi di incontro con i nostri contemporanei […] ritrovare una mentalità
di compagni di viaggio sul cammino della fede, per condividere convinzioni, domande, una
ricerca … e non per insegnare né per dispensare senso” 17. Possiamo qui fare riferimento
al lavoro in atto da parte di E. Biemmi e della sua equipe, insieme a molti di parecchie
diocesi italiane, conosciuto con il titolo di “Secondo annuncio”.
* una pastorale capace di “percorrere le vie dell'incontro all'umano”… una pista che la
chiesa italiana ha aperto già con il convegno di Verona, e poi ha proseguito a Firenze
* tutto questo certo è da vivere nelle parrocchie. Ma non bastano le parrocchie! Si tratta di
approfondire proprio la questione del territorio (qui molti altri avranno cose più pertinenti da
dire, che ci aiuteranno), degli spazi e dei tempi propri della città, del “peso” istituzionale
che le strutture portano con sé…
Routhier: Si tratta di un cambiamento di paradigma. Non è solo questione di fare come prima ma con meno risorse, ma fare de nuovo.
C'è c'è un primo livello, è quello della “apostolica actuositatem” dei laici nella vita del mon do, della città [a proposito: quale formazione!? non solo gli “operatori pastorali”!]
C'è un secondo livello, quello del “mettere in circolazione” il vangelo nelle grandi arterie
della società: sanità, educazione, solidarietà, cultura, comunicazione…
C'è un terzo livello: la chiesa deve essere reperibile nei quartieri, ma non necessariamente
attraverso una parrocchia. Una “casa di quartiere, multifunzionale, allo stesso tempo casa
della carità, della cultura e cenacolo”18.
15 SEGRETARIATO PER I NON CRISTIANI [ora Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso],
L'atteggiamento della Chiesa di fronte ai seguaci di altre religioni (riflessioni e orientamenti su dialogo e
missione), Pentecoste 1984, n. 29
16 A. BORRAS, art. cit., p. 97.99
17 Ibid., p. 122
18 G. ROUTHIER, Inventer des lieux pour proposer l'Évangile et rassembler les croyants, in G. ROUTHIER
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* Il dispositivo pastorale di una diocesi deve comprendere spazi e livelli diversi per permettere di divenire cristiani e di “fare Chiesa”. Il Direttorio generale per la catechesi così descrive il processo dell'evangelizzazione:
“47. La Chiesa, pur contenendo in sé permanentemente la pienezza dei mezzi della salvezza, opera in modo graduale. Il decreto conciliare Ad Gentes ha ben chiarito la dinamica
del processo evangelizzatore: testimonianza cristiana, dialogo e presenza della carità (1112), annuncio del Vangelo e chiamata alla conversione (13), catecumenato e iniziazione
cristiana (14), formazione della comunità cristiana per mezzo dei sacramenti e dei ministe ri (15-18). (113) Questo è il dinamismo della impiantazione ed edificazione della Chiesa.
48. Conformemente a ciò, occorre concepire l'evangelizzazione come il processo attraverso il quale la Chiesa, mossa dallo Spirito, annuncia e diffonde il Vangelo in tutto il mondo.
Essa:
• spinta dalla carità, impregna e trasforma tutto l'ordine temporale, assumendo e rinnovando le culture;
• dà testimonianza tra i popoli del nuovo modo di essere e di vivere che caratterizza i
cristiani;
• proclama esplicitamente il Vangelo, mediante il «primo annuncio», chiamando alla
conversione;
• inizia alla fede e alla vita cristiana, mediante la «catechesi» e i «sacramenti di iniziazione», coloro che si convertono a Gesù Cristo, o quelli che riprendono il cammino della sua sequela, incorporando gli uni e riconducendo gli altri alla comunità cristiana;
• alimenta costantemente il dono della comunione nei fedeli mediante l'educazione
permanente della fede (omelia, altre forme del ministero della Parola), i sacramenti
e l'esercizio della carità;
• suscita continuamente la missione, inviando tutti i discepoli di Cristo ad annunciare
il Vangelo, con parole e opere, in tutto il mondo”.
Luoghi e tempi per i diversi momenti e passaggi… luoghi di chiesa diversi e complementari19.
“No, la Chiesa non è moribonda., e bisogna saper resistere agli spiriti tristi nutriti da un tenace complesso di piccola minoranza dispersa. Sì, la Chiesa è un po' fragilizzata, spesso
balbettante, e per adattarsi al mondo che cambia attorno a lei a gran velocità, senza sacri ficarsi alle mode e alle comodità, non deve mai rinunciare a riformarsi.
Le esperienze qui presentate ci mostrano che parecchi sanno assumersi dei rischi e dan no prova di vitalità, coraggio e innovazione. E che le parrocchie hanno bisogno, accanto a
sé, di realtà più o meno effimere, più o meno avanzate e più o meno originali che traducono forse meglio il Vangelo nel mondo moderno delle classiche attività cultuali” 20.
“Quando ero giovane, ero solito sedermi sulle panchine delle piazze, dove meditavo contemplando i bambini che giocavano e gli anziani che conversavano (e non solo guardando
gli alberi e gli uccelli). Ma, da più di vent'anni, amo pregare e meditare, soprattutto meditare Dio, seduto al tavolo di qualche caffè di Buenos Aires, leggendo il giornale e osservando la gente. Parimenti a tanti cristiani, anche io ho imparato a pregare viaggiando in autobus, in metropolitana o in treno e adoro meditare mentre cammino.
– A. BORRAS (dir.), Paroisses et ministère. Métanorphoses du paysage paroissial et avenir de la
mission, Médiaspaul, Montréal 2001, p. 397 (e una descrizione più accurata nelle pagine seguenti)
19 vedi le tante esperienze (“cantieri”) presentati in I. GRELLIER – P. ROHNER-HÉGÉ (dir.), Habiter la ville:
attention chantier!. L'Église dans la Cité, Ed. Olivetan, Lyon 2005
20 Ibid., p. 94
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Una spiritualità urbana assume, purifica e rinnova l'esperienza della città affinché sia un
terreno di incontro con Dio”21
Il ripetuto richiamo di papa Francesco a una conversione missionaria, ad andare verso le
periferie esistenziali, a rispondere alle sfide delle culture urbane (EG 71-75), che fa eco a
quanto anche i vescovi italiani hanno espresso (penso in particolare alla nota su Il volto
missionario delle parrocchie in un mondo che cambia), stimolano “ad essere audaci e
creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangeliz zatori” (EG 33).
geppe coha, 2 aprile 2016
BIBLIOGRAFIA
G. ROUTHIER – A. BORRAS (dir.), Paroisses et ministère. Métanorphoses du paysage
paroissial et avenir de la mission, Médiaspaul, Montréal 2001
I. GRELLIER – P. ROHNER-HÉGÉ (dir.), Habiter la ville: attention chantier!. L'Église dans
la Cité, Ed. Olivetan, Lyon 2005
A. ROUET et al., Un nuovo volto di Chiesa. L'esperienza coraggiosa ed innovativa della
diocesi di Poitiers, Paoline, Milano 2007
C. M. GALLI, Dio vive in città. Verso una nuova pastorale urbana alla luce del Documento
di Aparecida e del progetto missionario di Francesco, LEV, Città del Vaticano 2014
S. BEVANS – R. SCHROEDER, Dialogo profetico. La forma della missione per il nostro
tempo, EMI, Bologna 2014
A. JOIN-LAMBERT, Verso parrocchie ‘liquide’? Nuovi sentieri di un cristianesimo ‘per tutti’,
in “Rivista del Clero Italiano” 2015/3, 209-223
G. VILLATA – T. CIAMPOLINI, La parrocchia innovativa. Progettare la pastorale a partire
dal territorio, EDB, Bologna 2016
21 C. M. GALLI, Dio vive in città. Verso una nuova pastorale urbana alla luce del Documento di Aparecida e
del progetto missionario di Francesco, LEV, Città del Vaticano 2014, p. 164
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