Illegittima la costruzione di una piscina su area destinata a giardino

Transcript

Illegittima la costruzione di una piscina su area destinata a giardino
Illegittima la costruzione di una piscina
su area destinata a giardino
con atto d’obbligo assunto nei confronti del comune
quand’anche assentita dall’ente locale
se manca l’esplicito consenso
al mutamento delle obbligazioni
Consiglio di Stato (Sez. VI), sentenza 21 ottobre 2005, n. 5955.
La realizzazione di una piscina in cemento armato su un’area sottoposta a tutela
ambientale, che, con atto d’obbligo assunto nei confronti del comune, il proprietario si
sia impegnato a sistemare e a mantenere a giardino, determina un’illegittima
trasformazione dell’area medesima, quando la deroga all’atto d’obbligo non sia stata
consentita dall’autorità comunale in modo esplicito e univoco.
E tale consenso non può essere presunto dalla concessione (divenuta “permesso di
costruire” con il riassetto della legislazione urbanistico-edilizia in testo unico), pur se
rilasciata conseguentemente al nulla osta della sovrintendenza dei beni ambientali.
_____
Con l’enunciazione di questo principio il Consiglio di Stato ha giudicato privo di
fondatezza un ricorso proposto dal comune di Roma contro una sentenza del tar per il
Lazio aveva, che aveva annullato le concessioni con cui la piscina in questione era
stata assentita.
Secondo il Comune, mentre la realizzazione della piscina non avrebbe determinato una
trasformazione dell’area, che sarebbe rimasta pur sempre giardino, le prescrizioni
dell’atto d’obbligo sarebbero state modificabili da parte dello stesso Comune e ciò,
com’era avvenuto, anche con il rilascio delle concessioni edilizie.
I giudici d’appello hanno escluso anzitutto che la destinazione a giardino, una volta
realizzate la piscina, potesse dirsi rimasta inalterata, per il semplice fatto che una
volta costruita in un giardino una piscina il giardino non c’è piú, in tutto o in parte.
Ma, di là da questa considerazione, gli stessi giudici hanno obiettato che l’atto
d’obbligo, assunto dalla società costruttrice dell’intero complesso immobiliare in cui
era stata costruita la piscina, impegnava anche gli eredi e gli aventi causa della società
costruttrice e gravava espressamente «come onere reale sulla proprietà». Si trattava
quindi di un onere che avrebbe dovuto osservare anche il proprietario dell’area
vincolata, quale avente causa della società.
1
Inoltre i giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che l’atto d’obbligo prevedeva che
non sarebbe stato possibile cancellare o modificare le obbligazioni senza il benestare
del Comune.
Di qui la necessità affermata dalla sentenza in rassegna di un consenso espresso in
modo esplicito e univoco e la consequenziale impossibilità di presumerne la sussistenza
dal rilascio delle concessioni edilizie.
TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
2
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE SESTA
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
N. 5955
-
DEP. 21 OTTOBRE 2005
sul ricorso in appello n. 843/05, proposto da:
COMUNE DI ROMA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv.
Rodolfo Murra, ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, via del Tempio
di Giove, n. 21;
contro
CARROZZA FRANCESCO E SENATORE MARIA, rappresentati e difesi dall’avv.
Mario Sanino, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dello stesso in Roma, viale
Parioli, n. 180;
e nei confronti di
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del ministro in
carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
MICHELI ANITA, non costituita in giudizio;
e
sul ricorso in appello n. 995/05, proposto da:
MICHELI ANITA, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Bozzi, ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dello stesso in Roma, via degli Scipioni, n. 268/A;
contro
CARROZZA FRANCESCO E SENATORE MARIA, come sopra rappresentati, difesi e
domiciliati;
e nei confronti di
COMUNE DI ROMA, in persona del sindaco in carica, come sopra rappresentato,
difeso e domiciliato;
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del ministro in
carica, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
per l’annullamento
3
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione II bis, 11
novembre 2004, n. 12860;
visti i ricorsi in appello, con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori Carrozza e Senatore, del Ministero per
i beni e le attività culturali, e del Comune di Roma (nel ricorso in appello n. 995/05);
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti tutti gli atti della causa;
relatore all’udienza pubblica del 21 giugno 2005 il consigliere Carmine Volpe, e uditi
l’avv. R. Murra per il Comune di Roma, l’avv. G. Bozzi per la signora Micheli, l’avv.
M. Sanino per i signori Carrozza e Senatore, e l’avv. dello Stato Galluzzo per il
Ministero per i beni e le attività culturali;
ritenuto e considerato quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. Il primo giudice, con la sentenza suindicata, ha accolto il ricorso proposto dai signori
Francesco Carrozza e Maria Senatore avverso i seguenti atti:
a) concessione edilizia in sanatoria 22 marzo 2002, n. 49/CS, rilasciata dal Comune di
Roma alla signora Anita Micheli, con cui la stessa era stata autorizzata a scavare muri in
cemento armato per piscina;
b) concessione edilizia 27 marzo 2002, n. 343/C, rilasciata dal Comune di Roma alla
signora Micheli, con cui la stessa era stata autorizzata a eseguire lavori di
completamento della piscina consistenti nella realizzazione di due volumi tecnici
interrati;
c) per quanto di ragione, nulla osta della Soprintendenza per i beni ambientali e
architettonici 28 febbraio 2002, che aveva espresso parere favorevole sui detti lavori;
d) per quanto di ragione, silenzio assenso formatosi sulle denuncie di inizio attività
(D.I.A.) presentate dalla signora Micheli il 27 giugno e il 4 luglio 2002.
2.1. La sentenza viene appellata, con ricorso n. 843/05, dal Comune di Roma per i
seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della l. 28 febbraio 1985, n. 47; eccesso di
potere per errata percezione dei fatti di causa, omesso esame di un atto ritenuto decisivo
ai fini della statuizione, difetto di motivazione; eccesso di potere per motivazione
illogica e incongruente.
Il Comune sostiene che:
a) la realizzazione di una piccola piscina privata non determinerebbe la trasformazione
dell’area ove la struttura è collocata; area che resterebbe pur sempre giardino;
4
b) non esisteva alcuna previsione di destinare il tutto a verde; il giardino, poi, a causa
della realizzazione della piscina, non avrebbe perso la sua destinazione;
c) l’atto d’obbligo sarebbe stato previsto a favore del Comune di Roma. Cosí che le
relative prescrizioni sarebbero state modificabili da parte del Comune stesso, che, nella
specie, le avrebbe modificate proprio con il rilascio delle impugnate concessioni
edilizie.
2.2. La medesima sentenza viene appellata, con ricorso n. 995/05, dalla signora Micheli
per i seguenti motivi:
1) carenza di giurisdizione; eccesso di potere per travisamento dei fatti, e motivazione
carente, illogica e contraddittoria; violazione dell’art. 13 della l. n. 47/1985;
2) eccesso di potere per omesso esame di atto decisivo, travisamento dei fatti, e
motivazione illogica e contraddittoria.
La signora Micheli deduce che:
a) il giudice amministrativo non avrebbe giurisdizione, dato che trattasi di violazione di
un obbligo a carico del costruttore scaturente da un atto privato;
b) la realizzazione della piscina non avrebbe comportato il venir meno della
destinazione a giardino;
c) prima della realizzazione della piscina vi sarebbe stato un pavimento; la vasca
eseguita, poi, sarebbe di particolare pregio e bellezza. La situazione ambientale, quindi,
rispetto a quella preesistente, sarebbe addirittura migliorata.
Si sono costituiti in giudizio i signori Carrozza e Senatore, il Ministero per i beni e le
attività culturali, nonché il Comune di Roma (nel ricorso in appello n. 995/05).
La signora Micheli (nel ricorso in appello n. 995/05), i signori Carrozza e Senatore,
nonché il Ministero per i beni e le attività culturali (nel ricorso in appello n. 995/05)
hanno prodotto memorie, con le quali hanno ulteriormente illustrato le proprie difese. I
signori Carrozza e Senatore hanno riproposto i motivi assorbiti dal primo giudice,
concernenti difformità di progetto oltre che l’impossibilità di sanatoria.
3. Deve essere disposta, innanzitutto, la riunione dei due ricorsi in appello, siccome
proposti avverso la stessa sentenza.
L’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla signora Micheli, è priva di pregio.
Si tratta della legittimità di provvedimenti amministrativi di un ente locale, impugnati in
primo grado, emessi nell’esercizio di potere in materia urbanistica ed edilizia; materia,
tra l’altro, devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ne consegue
l’ininfluenza della natura dell’atto che ha posto l’obbligo a carico del costruttore.
4. I ricorsi in appello sono infondati.
La questione per cui è causa attiene alla realizzazione di una piscina in Roma, via
Lupatelli n. 82 (prima concessione) e al completamento della stessa con la sistemazione
5
esterna e la realizzazione di due volumi tecnici interrati (seconda concessione).
L’intervento si trova nel comprensorio “Valle dei Casali”, sottoposto a tutela ambientale
ai sensi della l. 8 agosto 1985, n. 431, e in immobile di proprietà della signora Micheli.
Al momento del rilascio dell’originaria concessione edilizia dell’immobile, la società
costruttrice, con atto d’obbligo registrato l’11 agosto 1972 e trascritto in pari data, si era
impegnata, tra i vari obblighi, anche “a sistemare e mantenere permanentemente a
giardino gli spazi di distacco del fabbricato” [“ed a giardino pensile i solai di copertura
invadenti i distacchi con coltre di terra vegetale di almeno 60 (sessanta) centimetri]”, “a
salvaguardare tutti i cipressi posti lungo la scalinata privata nonché gli altri alberi
esistenti sul lotto” e “a rispettare le quote di progetto a sistemazione avvenute”.
Il primo giudice ha ritenuto che, in virtú del detto atto d’obbligo, non fosse possibile
mutare la destinazione a giardino. Cosí che l’opera edilizia doveva considerasi
realizzata in violazione di una prescrizione urbanistica che non ne consentiva la
realizzazione. Di qui l’illegittimità delle impugnate concessioni edilizie.
La sezione ritiene che la realizzazione di una piscina in cemento armato, previo
sbancamento del terreno, delle dimensioni di circa 70 mq. con una profondità variabile
da 0,80 a 2,40 mt., e delle altre opere, compresi gli annessi volumi tecnici (si veda la
nota del responsabile del procedimento del Comune di Roma, geometra Massimo
Miglio, in data 29 ottobre 2001), abbia determinato la trasformazione dell’area;
violando in tal modo l’obbligo di sistemare e mantenere permanentemente la stessa a
giardino. La destinazione a giardino, una volta realizzate la piscina e le altre opere di cui
trattasi, non può dirsi che sia rimasta inalterata, per il semplice fatto che una volta
eseguita su di un giardino una piscina il giardino non c’è piú, in tutto o in parte. A
prescindere dalla situazione pregressa alla realizzazione della piscina e dalla bellezza
della vasca, tutti elementi che non esimono dal rispetto dell’obbligo di cui si è detto. Tra
l’altro, la realizzazione delle opere ha comportato la rimozione di alcune piante (si veda
la nota della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio depositata
dall’Avvocatura generale dello Stato il 19 febbraio 2005); il che costituisce di per sé
inosservanza dell’obbligo di sistemare e mantenere permanentemente l’area a giardino.
L’atto d’obbligo di cui si è detto era stato previsto a carico della società costruttrice,
dell’intero immobile in cui si trova la proprietà della signora Micheli, come condizione
al rilascio della licenza di costruzione. L’atto d’obbligo impegnava anche gli eredi e gli
aventi causa della società costruttrice e, come detto espressamente, gravava “come
onere reale sulla proprietà”. Esso, quindi, deve essere osservato anche dalla signora
Micheli, in qualità di avente causa, e al suo rispetto hanno interesse tutti gli altri
proprietari del fabbricato aventi causa dalla società costruttrice.
Non è esatto che l’atto d’obbligo sarebbe stato previsto a favore del Comune.
Nell’atto d’obbligo veniva detto che “le obbligazioni...non potranno essere cancellate o
modificate senza il benestare del Comune di Roma” e che “non ottemperando la
suddetta Società all’impegno che...assume verso il Comune di Roma, e che graverà
come onere reale sulla proprietà, sarà in facoltà del Comune di Roma di provvedere a
quanto forma oggetto del presente atto, rivalendosi delle spese incontrate contro di essa
Società, suoi eredi ed aventi causa”.
6
Le esposte formule comportano solo che per modificare le obbligazioni assunte occorre
il consenso del Comune, il quale deve essere espresso in modo esplicito e univoco e non
può essere presunto nel rilascio delle impugnate concessioni edilizie. Il consenso del
Comune, poi, di per sé non basta, occorrendo anche la volontà degli eredi e degli aventi
causa della società costruttrice, originaria obbligata.
5. Pertanto, i ricorsi in appello, previa riunione, devono essere respinti. L’infondatezza
dei gravami esime la sezione dall’esaminare le censure assorbite in primo grado e
riproposte dai signori Carrozza e Senatore. Le spese e gli onorari del presente grado di
giudizio, sussistendo giusti motivi, possono essere compensati.
Per questi motivi
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta:
a) riunisce e respinge i ricorsi in appello;
b) compensa tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio;
c) ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Cosí deciso in Roma il 21 giugno 2005 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
sezione sesta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Giorgio Giovannini
presidente
Sabino Luce
consigliere
Luigi Maruotti
consigliere
Carmine Volpe
consigliere, estensore
Domenico Cafini
consigliere
Presidente
GIORGIO GIOVANNINI
Consigliere
CARMINE VOLPE
Segretario
ANNAMARIA RICCI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il..21/10/2005
7