Noorda: un marchio per Milano? Impossibile, non ha più personalità

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Noorda: un marchio per Milano? Impossibile, non ha più personalità
Corriere della Sera - MILANO sezione: Pubblicita - data: 2009-03-29 num: - pag: 4
categoria: PUBBLICITA
Il dibattito sulla cultura «Va ritrovata l'identità storica. Imprenditori e politici si sono
chiusi in se stessi»
Noorda: un marchio per Milano?
Impossibile, non ha più personalità
Il designer: perduti buon gusto e senso di sfida. Prevale la logica degli
effetti speciali
«Quando arrivai qui, nel 1954, Milano era la capitale dei nuovi linguaggi, aveva
rispetto per storia e memoria»
«Un logo per la Milano di oggi? Ci ho pensato, ma non mi è venuto. Milano oggi non ha
personalità», dice Bob Noorda, il maestro della grafica amica che orienta milioni di passeggeri nei
tunnel del metrò. È sincero: a 82 anni non si parla per compiacere. Ringrazia il sindaco Moratti
che lo ha appena risarcito, dopo lo sgarbo di un restauro in metrò che ignorava il suo storico
design. «È stata gentile, ho apprezzato la sua sensibilità». Ma si intristisce se pensa alle sapienze
perdute di questa città. Basta guardarsi attorno: a Milano il bello sembra legato ai ricordi,
sostiene Noorda, a una stagione in cui il buon gusto veniva anche dai dirigenti d'azienda e da
alcuni politici. Oggi prevale l'effetto speciale e la logica di stupire vince sul rigore e
sull'essenziale, sul minimalismo ambrosiano che per anni è stato un distintivo, una scuola.
«Quando sono arrivato qui, nel 1954, si sentiva la voglia di sfida, Milano era la capitale del
disegno e dei nuovi linguaggi, aveva rispetto per la storia e la memoria, c'era il mito del pezzo, la
sapienza artigiana… ».
Non c'è un simbolo per il disordine, per una città frantumata, osserva Noorda, e il pensiero va a
quel bagonghi disegnato da Ontani, a quel mostriciattolo che quindici anni fa provocò le
dimissioni dell'assessore che lo aveva commissionato, perché la città non si riconosceva in un
patchwork, in un fritto misto, anche se dentro c'erano i miti e le antiche qualità.
E se quella di Ontani fosse stata preveggenza? Sorride, il mago dei loghi e mostra il percorso
fatto per arrivare allo stemma della regione Lombardia, quando Piero Bassetti era presidente:
l'analisi storica della commissione, i miti fondanti, la Lega Lombarda simboleggiata dal Carroccio,
il periodo dei Visconti e degli Sforza raffigurati dal biscione, la componente tecnico scientifica
legata a Leonardo, le caratteristiche della regione, nodo-snodo, forza centrifuga- forza centripeta,
dicotomie che evidenziano un carattere, una dimensione socioculturale: dinamismo, simmetria,
tecnologia, lealtà, iniziativa, operosità, speranza. «Vennero scartate tante ipotesi — ricorda
Noorda — e alla fine si propose il metodo di indagine leonardesco, si andò alla preistoria
lombarda, alla scoperta di incisioni rupestri in val Camonica: una era la rosa camuna.
Dall'incisione sulla roccia, si arrivò al logotipo, ideato con un modulo quadrato e un cerchio
inscritto ». Un simbolo astratto, che sottintende tante stratificazioni culturali.
La forma è un messaggio, come quello di certi marchi entrati nella storia: quella «p» con la
pancia allungata del cinturato Pirelli, per esempio, che vuol dire velocità affidabilità, efficienza. La
Pirelli è la prima azienda a credere nell'estro di Noorda, a quell'olandese che fa di Milano una
patria, «perche il design abita qui». Gli offre l'occasione di creare e progettare con il principio
della semplicità. E di un buon gusto tutto milanese. «Non ci si deve piegare alle mode correnti:
solo così si crea per il futuro». È uno schema narrativo nuovo, come è nuova l'immagine di
Milano, delle sue società e dei grandi gruppi impegnati nella crescita industriale. Milano è la città
dove si fatica e si cresce col merito; ci sono durezze, ma c'è anche solidarietà. E senso
d'appartenenza. A Noorda bastano pochi segni, semplici, essenziali, per farsi capire. La sua
tecnica si integra con la grandezza di Franco Albini, l'architetto che con Franca Helg ottiene
l'incarico di arredare la nuova metropolitana. È il 1962. «Di solito l'architetto si occupava di tutto,
ma Albini mi chiamò e disse: lavoriamo per una nuova segnaletica. Abbiamo tirato fuori la
famosa fascia rossa della linea uno e quella verde per la linea due. La svolta fu quella di ripetere
il nome della stazione ogni cinque metri in modo tale che il passeggero, con il treno ancora in
velocità, può vedere subito qual è la stazione ».
È una novità mondiale, una segnaletica dalla parte del cittadino: viene copiata, esportata,
diventa il progetto della metropolitana di New York e di San Paolo. L'allestimento di Albini, i
colori, le soluzioni tecniche per la metropolitana di Milano, finiscono nei manuali di architettura.
Ci sono i riconoscimenti, il compasso d'oro, la fama. Per Noorda comincia una stagione di
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successi. Nasce la fabbrica dei simboli. C'è il marchio Mondadori, il poster per la Triennale, il logo
della casa editrice Vallecchi, il marchio Enel, quello Aem, la rivisitazione del cane a sei zampe
del-l'Eni, il nuovo marchio Coop, la grafica per la casa editrice Feltrinelli. Entra nella modernità
con uno stile classico, semplice.
Tra i caratteri, preferisce il Bodoni. Nei suoi lavori cura le proporzioni, l'estetica, il contesto. Per
questo soffre, quando scopre che l'Atm, nella ristrutturazione delle stazioni del metrò, cancella
l'allestimento di Albini e la sua grafica, ignorando il pensiero che l'aveva ispirato.
«La segnaletica è un servizio pubblico, per questo contano le dimensioni, i caratteri, la leggibilità,
gli angoli di luce», spiega. Ci vuole rispetto per la memoria, per quello che altri hanno fatto prima
di te. «Non sono contrario ai ritocchi, dopo tanti anni a volte sono necessari. Ma ho considerato
stupido lo stravolgimento del senso di quel lavoro, senza essere nemmeno interpellato».
Letizia Moratti ha riconosciuto l'errore. Una settimana fa ha chiesto al presidente Atm, Catania, di
tener conto della grafica di Bob Noorda. Ma c'è anche l'allestimento di Franco Albini, stravolto.
Milano che cancella se stessa, il suo meglio, non è un bel logo. Il design, lo stile, è poco
considerato nella sua capitale. Ha ragione Noorda: è difficile disegnare un simbolo, quando non si
vede qual è.
Giangiacomo Schiavi ❜❜ Non c'è simbolo per la città frantumata. Il
pensiero va al bagonghi disegnato 15 anni fa da Ontani
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