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Sociolinguistica a.a. 2005-2006 II modulo didattico VI Standard e non standard 1 Standard e non-standard • Sia nell’analisi delle ‘variabili’ sociolinguistiche, già esaminate in riferimento ai parametri diafasici e diastratici/demografici, • sia a livello di ‘repertorio linguistico’, tanto sul piano micro-sociolinguistico (bi-/plurilinguismo) quanto sul macro-sociolinguistico (diglossia e possibili combinazioni tra plurilinguismo e diglossia), si è potuto verificare che l’architettura diasistematica delle lingue generalmente comprende almeno una forma linguistica standard e una o più varietà non standard. La dicotomia standard vs non-standard è quella che in termini non tecnici è più conosciuta e usata come l’opposizione fra le due grandi categorie “lingua” rispetto a “dialetto”. 2 Standard vs non-standard lingua vs dialetto 1a Differenze tra le due varietà: 1. differenze geo-politiche Tipologia territoriale Dialetto Lingua Ristretta Ampia Compatta, continua Frazionata, con territori separati. 3 Standard vs non-standard lingua vs dialetto 1b Alla tipologia territoriale fa riferimento il concetto di Überdachung “copertura”, elaborato dal linguista tedesco H. Kloss: 1. un dialetto si dice ‘dotato di tetto’ o ‘coperto’, se è parlato in un territorio la cui lingua ufficiale (Dachsprache “lingua tetto”) è strettamente imparentata con il dialetto stesso; 2. una varietà dialettale che non abbia sopra di sé la copertura di una lingua dello stesso tipo genetico si definisce invece dachlose (Aussen)mundart: (‘dialetto esterno senza tetto’). Ad esempio: • al 1° tipo appartengono i dialetti italiani parlati nella penisola italiana; • al 2° tipo i dialetti italiani parlati in Istria o nella Dalmazia e le varietà albanesi o croate del Molise e dell’Abruzzo. 4 Standard vs non-standard lingua vs dialetto 2a 2. Differenze di riferimento a sistemi giuridici e legali La lingua è generalmente collegata al concetto di ‘stato’ e di ‘nazione’, al contrario del dialetto. • Tale collegamento risale almeno alla fine del secolo scorso e al clima spiccatamente nazionalistico che contraddistinse la storia degli stati nazionali moderni nell’ultimo ventennio dell’Ottocento. • Il tenore delle definizioni di ‘nazione’ che si legge nei principali strumenti lessicografici moderni da una parte riflette questo stato di cose e, dall’altra, contribuisce a diffondere questo tipo di convinzioni. 5 Standard vs non-standard lingua vs dialetto 2b • Grande Dizionario della Lingua Italiana del Battaglia, s.v. ‘Nazione’: «Gruppo umano di presunta origine comune ed effettivamente caratterizzato da comunanza di lingua, di costumi e di istituzioni sociali ed eventualmente (ma non necessariamente) unificato o consociato (più o meno stabilmente e strettamente) in forma politica o prepolitica; comunità umana etnicolinguistica». • Dizionario Enciclopedico Italiano, s.v. ‘Nazione’ : «(a) Il complesso delle persone che hanno comunanza di origine, di lingua, di storia e che di tale unitarietà hanno coscienza anche indipendentemente dalla sua realizzazione in unità politica [...].(b) Più spesso si parla di n. con riferimento all'unità politica, realizzata in uno stato nazionale [...]». • Un panorama sostanzialmente omogeneo risulta dai lessici delle altre lingue europee moderne, con l'unica parziale eccezione del tedesco, la cui accentuazione dell'aspetto etnico piuttosto che linguistico del termine Nation è verosimilmente da imputare oltre che alla tarda formazione di uno stato unitario, ai particolari connotati assunti dalla storia linguistica dell'area germanofona tra XVI e XIX secolo. 6 Standard vs non-standard lingua vs dialetto 2c Una lingua generalmente è la varietà ufficiale o una delle varietà ufficiali di una data nazione, al contrario del dialetto; nei paesi moderni esiste comunque una scala con vari gradi di ‘ufficialità’ linguistica: • lingua ufficiale (tedesco in Germania, francese in Francia); • lingua ufficiale paritaria aggiunta (tedesco e fiammingo in Belgio, italiano, tedesco e francese in Svizzera); • lingua ufficiale regionale (catalano in Spagna); • lingua promossa non si riconosce lo stato di lingua ufficiale, ma le istituzioni si impegnano a promuoverla (come lo spagnolo negli Stati Uniti); • lingua tollerata cioè né promossa né ufficiale, ma che può essere liberamente impiegata (basco in Francia); • lingua proscritta, verso la quale esistono sanzioni o delle restrizioni (basco e catalano in Spagna durante il franchismo, dhimotikì in Grecia durante la dittatura dei colonnelli). 7 Standard vs non-standard lingua vs dialetto 3a 3) Criterio soggettivo della correttezza e appropriatezza. dialetto • da evitare in determinati domini (soprattutto quelli formali) lingua • adatta a diversi domini (soprattutto quelli formali) • appreso spontaneamente, • varietà normata e ma non insegnato insegnata a scuola • non normato e, di conseguenza, non corretto • normato e, di conseguenza, corretta e dotata di prestigio 8 Standard vs non-standard lingua vs dialetto 3b Il criterio soggettivo della appropriatezza delle varietà è condizionato da diversi fattori, fra cui: 1. le concrete situazioni storiche e la politica linguistica a queste collegata (tutti i regimi in qualche maniera totalitari sia di destra che di sinistra si sono caratterizzati per una valorizzazione dello standard e per una parallela svalutazione e repressione dei dialetti); 2. l’orientamento delle istituzioni scolastiche in materia di insegnamento linguistico della L1 (quale norma e con quali mezzi glottodidattici); 3. il carattere più o meno (poli)funzionale e polivalente dello standard (appropriato solo per lo scritto oppure anche per l’orale e per diversi scopi comunicativi). 9 Standard vs non-standard lingua vs dialetto 4a 4) Criterio della mutua comprensibilità dialetto lingua • Parlanti dialetti diversi dello stesso dominio e lingua ‘tetto’ si comprendono fra loro. • Parlanti lingue diverse anche dello stesso dominio geografico o dello stesso gruppo genetico non si comprendono fra loro. Apparentemente questo criterio è quanto di più oggettivo si possa immaginare; tuttavia le cose sono più complicate di quanto non appaia a prima vista. 10 Standard vs non-standard lingua vs dialetto 4b • Innanzi tutto nello stesso dominio linguistico esistono varietà dialettali strutturalmente così diverse che la reciproca comprensione dei parlanti ne risulta fortemente compromessa (si pensi, nel dominio linguistico italiano a varietà come ad es. l’abruzzese, il bergamasco, il veneto o il siciliano). • In secondo luogo anche nel criterio della mutua comprensibilità giocano comunque un ruolo i fattori soggettivi. A tale proposito in letteratura (Wollf 1964) è citato il caso di due varietà linguistiche molto simili parlate nel Delta del Niger, il Nembe e il Kalabari: i Nembe dicono di comprendere senza difficoltà i Kalabari, mentre questi ultimi sostengono che la parlata dei Nembe è a loro incomprensibile a parte alcune parole; la situazione risulterebbe assurda se non si aggiungesse a questo quadro il fatto che i Kalabari sono un comunità ricca e potente mentre i Nembe non hanno né potere politico né economico. 11 Varietà standard Le etichette come varietà “alta”, varietà “ufficiale”, o anche semplicemente “lingua” corrispondono, soprattutto quando contrapposte ai corrispettivi poli bassi o substandard, con quello che in termini più appropriati possiamo definire come varietà standard. Una definizione di varietà standard: «[quel tipo che] nel corso della storia, in base al succedersi dei vari rapporti di forza dominanti, politici e sociali, si è legittimata e istituzionalizzata come mezzo di comprensione interregionale.[...] La varietà standard è codificata da una serie di norme che stabiliscono il suo uso corretto, [...] serve come lingua comune intersoggettiva e trova il suo uso più frequente nell'ambito di istituzioni statali e sociali, oltre che in tutti i contesti formali». (N. DITTMAR, Manuale di sociolinguistica, Bari, Laterza 1978, p. 160). 12 Processi di standardizzazione 1 • Una volta notate le analogie fra la definizione di standard e i connotati che Ferguson attribuisce alla varietà A/H delle situazioni diglottiche, è necessario esaminare quali sono le strategie attraverso le quali, in un certo dominio, si arriva alla formazione di una varietà linguistica standard. • Bisogna subito sfatare l’idea che fra uno stato nazionale e la rispettiva lingua esista una corrispondenza ‘meccanica’ e ‘naturale’, quale potrebbe essere sintetizzata nella formula "cuius regio/natio eius lingua". • Negli ultimi trenta o quaranta anni linguisti e sociolinguisti hanno dedicato studi approfonditi a questo complesso di problemi, sia in prospettiva storica, sia per i problemi di pianificazione linguistica in nazioni di recente creazione, sia, infine, per il chiarimento dei meccanismi linguistici che 13 entrano in gioco nella creazione di una lingua standard. Processi di standardizzazione 2 Le operazioni che rendono possibile il passaggio da una varietà naturale, come appunto il dialetto, ad una varietà linguistica nazionale —quello che i linguisti definiscono processo di standardizzazione linguistica— è stato ben sintetizzato da uno studioso norvegese, Einar Haugen, che, partendo anche dall'esperienza diretta delle recenti sorti della sua lingua nazionale, ha proposto un ciclo del genere: (a) (b) (c) (d) scelta di un modello normativo codificazione formale di tale modello estensione delle funzioni connesse accettazione del modello da parte della comunità dei parlanti. (Haugen 1966 [1972]). 14 Processi di standardizzazione 3 Le definizioni dei quattro successivi momenti sono abbastanza trasparenti: (a) si tratta dell’individuazione, tra le varietà diatopiche presenti in un certo dominio, di quella che intraprenderà le fasi successive del processo; senza tale individuazione il processo non si avvierebbe; (b) una volta individuata la varietà diatopica da promuovere, questa è sottoposta a un processo di depurazione dei tratti troppo marcati sul piano dialettale e alla fissazione di canoni prescrittivi (‘norma’); (c) poiché di solito le varietà iniziali sono connesse con determinati domini e mezzi (informali e orali), è necessario che quella promossa a standard venga resa adatta alle diverse situazioni e registri in cui uno standard può essere richiesto; (d) perché il processo di standardizzazione abbia successo è necessario che la comunità linguistica di riferimento dia il proprio riconoscimento a tale standard. 15 Processi di standardizzazione 4 Ciò su cui è più interessante soffermarsi sono due diverse constatazioni: • la prima e l’ultima tappa (a. scelta del modello, d. sua accettazione sociale) sono operazioni connesse con la comunità linguistica, cioè con la società e con i suoi atteggiamenti culturali; • la seconda e la terza (b. codificazione del modello scelto e c. estensione delle sue funzioni) rappresentano operazioni più strettamente linguistiche. Inoltre: • le prime due (a., b.) concernono l'aspetto formale della lingua • le ultime due (c., d.) il suo aspetto funzionale. 16 Processi di standardizzazione 5 dialetti Varietà diatopiche “Abstand-” (‘per distanza’) processo di standardizzazione lingua a. scelta del modello b. codificazione formale c. ampliamento funzionale d. accettazione della comunità linguistica Varietà standard “Ausbau-” (‘per elaborazione’) realizzazioni dello standard marcate in senso: dia -topico/-stratico/-fasico/-mesico 17 Processi di standardizzazione 6 Sulla base di tali criteri è possibile delineare diversi tipi di standardizzazione dal punto di vista storico. • Innanzi tutto è di grande importanza se il processo di individuazione linguistica inizia presto o tardi: lingue con una lunga tradizione scritta e precoci tentativi di unificazione fanno rilevare per lo più un modello complesso di fasi di avvicinamento e mistione; questo vale anche per situazioni di solito caratterizzate come ‘monocentriche’ (Spagna, Francia, Inghilterra). •La distinzione tra processi monocentrici e pluricentrici è importante: i primi sono legati ad una località che di solito rappresenta il centro politico e culturale stabile per secoli, ed il processo di st. è assai omogeneo e lineare (francese, spagnolo, inglese, italiano); i secondi si basano invece sull'avvicinamento e sulla mistione di diverse varietà caratteristiche di regioni diverse (tedesco). 18 Processi di standardizzazione 7a Alcune conclusioni. 1. L’operazione per cui ad una nazione/stato nazionale si associa una certa lingua e per cui quest'ultima assume carattere sopraordinato rispetto alle varietà naturali dello stesso dominio linguistico (dialetti) è un'operazione che trova la sua istanza iniziale in ragioni sociali, politiche e culturali e che si attua attraverso particolari procedimenti linguistici. 2. La subordinazione del 'dialetto' alla 'lingua' —riflessa anche nel fatto che è possibile dire che il tal dialetto è dialetto della lingua X, ma non che la tale lingua è la lingua del dialetto Y— è un'operazione culturale prima che e oltre che linguistica, e questo risulta in tutta la sua evidenza se si considera che in dominî linguistici diversi è per lo più una varietà del tipo 'dialetto' che ha la meglio sugli altri concorrenti dello stesso dominio fino ad innalzarsi al livello di lingua. 3. m 19 Processi di standardizzazione 7b 3. La consapevolezza della validità, almeno a livello storico, di un tale modello giustifica alcuni giudizî fortemente ideologizzati formulati a proposito di questi processi. • G. Cardona afferma che «La lingua è quella di cui si servono le classi egemoni e il definirla tale è una delle legittimazioni del potere»; • Gramsci riflettendo sul problema della questione della lingua in Italia osservava: «...Ogni volta che affiora, in un modo o nell'altro, la quistione della lingua, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi, la necessità di stabilire rapporti più intimi e sicuri tra i gruppi dirigenti e la massa popolare-nazionale» (Letteratura e vita nazionale, p. 201). 20 Processi di standardizzazione 7c Bibliografia minima. • • • • • • Ammon U., Language-Variety/Standard-Variety/Dialekt, in “Sociolinguistics/Soziolinguistik, An International Handbuch of Sciences of Language and Society”, Berlin, Mouton-De Gruyter 1987, pp. 316-335. Consani C., Dialetti, lingue standard, stati nazionali, in “Itinerari” 1992/2, pp. 17-34 Consani C., Fattori linguistici e connotazioni sociali nella formazione delle lingue europee moderne. Per una prospettiva comparativa, in “Spazi di fine secolo”, Teramo, 2000, pp. 23-33. “International Journal of the Sociology of Language” (fascicolo 83/1990: tedesco) Scaglione A. (ed.), The Emergence of National Languages, Ravenna, Longo, 1984. “Sociolinguistica” vol. II 1988 21